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Il medico risponde: Come possiamo prevenire l’osteoartrosi?

“Il Medico risponde”

Possiamo prevenire l’osteoartrosi? Come? Quali terapie?

DOMANDA

Professore salve sono Mariarosa, innanzitutto i miei più sinceri complimenti per le sue interessanti risposte così dettagliate che non mi stanco mai di leggere e rileggere tante volte come un vangelo. Io le faccio una domanda che mi coinvolge in prima persona e spero per favore che risponda anche a me sia sulla mia mail personale ed anche sul giornale su internet Sbircia la notizia magazine. Mi raccomando, io non ho Facebook, non se lo dimentichi, mi risponda come le ho chiesto, grazie. La mia domanda è questa: possiamo prevenire l’osteoartrosi? Come? Quali terapie?
Grazie dell’attenzione e sinceri complimenti ancora infiniti.
Mariarosa un’affezionatissima lettrice su internet di Sbircia la notizia magazine.

RISPOSTA

A cura del Dr. Ferdinando Martinez

ATTENZIONE: "Le informazioni contenute in questa rubrica medica, non devono ASSOLUTAMENTE, in alcun modo, sostituire il rapporto Medico di Famiglia/Assistito. Si raccomanda per buona regola, di chiedere SEMPRE il parere del proprio Medico di Famiglia, o Specialista di fiducia, il quale conosce in dettaglio la storia clinica del proprio Paziente. La nostra rubrica, non avendo fatto un'anamnesi di chi ci scrive, impossibile online, ha il solo ed esclusivo scopo  informativo, decliniamo quindi tutte le responsabilità nel mettere in pratica qualsiasi chiarimento o indicazione riportata al solo scopo esplicativo e divulgativo. Qualsiasi domanda umanamente  intrattabile via web, verrà automaticamente cestinata. Grazie per la gentile comprensione."

Salve Mariarosa, grazie per i complimenti sinceri, mi creda, lei mi confonde, “inter sidera versor”. Bene, mi accingo a dare seguito alla sua interessante mail, rispondendole sia via mail che, come di consueto anche sul giornale. Vorrei gentilmente ribadirle che, non tutte le notizie pubblicate sulla testata giornalistica di Sbircia la Notizia Magazine, vengono condivise su Facebook o altri Social Network, ma per motivi professionali, solo una minima parte di esse. Quindi resti informata, collegandosi quotidianamente sulle nostre pagini online e, troverà di sicuro, ciò che più le aggrada. Grazie per averci preferito fra tutti.

Possiamo prevenire l’osteoartrosi e come?

Mariarosa lei sicuramente saprà che l’osteoartrosi, la malattia più comune in reumatologia, è la principale causa di disabilità dopo i 40 anni. Si manifesta in dolori articolari e perdita di mobilità che possono interessare tutte le articolazioni: colonna vertebrale, dita, ginocchio e anca. Le altre articolazioni (spalla, gomito, polso, caviglia) sono più raramente colpite. Le articolazioni, le aree di giunzione tra due ossa, sono costituite dalla cartilagine che poggia sull’osso, il tutto circondato dalla capsula articolare. All’interno di questa capsula, la membrana sinoviale produce il lubrificante che facilita il movimento dell’articolazione.

La funzione della cartilagine è essenziale: permette alle ossa di scivolare l’una sull’altra senza attriti. Ma nel caso dell’osteoartrosi, a seguito di fattori scatenanti, la cartilagine si frammenta. I detriti entrano in contatto con la membrana sinoviale, innescando una risposta infiammatoria. Questo fenomeno favorisce la frammentazione della cartilagine e porta ad un circolo vizioso, la distruzione della cartilagine si estende così a tutte le strutture dell’articolazione.

La distruzione della cartilagine è un processo patologico legato a diversi fattori. In effetti, non c’è solo un’artrosi, ma diversi tipi:

  • L’osteoartrosi post-traumatica è legata alla ripetizione di piccoli traumi o ad un incidente sportivo o professionale intenso e brutale, rottura dei 4 legamenti crociati, i due legamenti crociati anteriore e posteriore e i due legamenti collaterali, mediale e laterale; lesioni dei 2 menischi, menisco mediale o interno e menisco laterale. Ad esempio, la metà dei pazienti che hanno subito una meniscectomia svilupperà l’artrosi del ginocchio entro dieci anni dal trauma;
  • L’artrosi associata alla sindrome metabolica e all’obesità spesso colpisce più articolazioni contemporaneamente, questa è chiamata artrosi generalizzata. Colpisce le persone in sovrappeso e in particolare i pazienti sopra i 50 anni;
  • Con l’avanzare dell’età, l’osteoartrosi è frequente ed è dovuta all’invecchiamento della cartilagine e delle cellule ossee. Attualmente, i trattamenti agiscono sui sintomi e alleviano il dolore, ma nessuna terapia può bloccare ed abolire definitivamente la distruzione della cartilagine ma, ne può rallentare la degenerazione. Le misure di prevenzione sono quindi essenziali per combattere l’osteoartrosi. Nello stesso modo in cui chiamiamo “picco di massa ossea” la quantità massima di massa ossea raggiunta, generalmente intorno ai 20-30 anni, potremmo parlare di “massima qualità della cartilagine”. Per evitare l’artrosi, questo picco di qualità dovrebbe essere mantenuto il più a lungo possibile, preservando la cartilagine dall’infanzia stessa. Pertanto, la prevenzione dell’osteoartrosi richiede un’istruzione oculata per proteggere le articolazioni da sempre.
Educare responsabilmente bambini e adolescenti da sempre

Mentre il pubblico giovanile ammira e vorrebbe emulare le alte prestazioni sportive dei migliori calciatori e atleti, vale la pena ricordare che quest’ultimi, sono poderosamente allenati, forti, muscolosi ed i loro movimenti potrebbero causare gravi traumi a principianti o persone impreparate. È quindi necessario educare i bambini e gli adolescenti in centri specializzati, nelle palestre, nei club sportivi, ma anche a scuola, verso una migliore pratica sportiva, compresi i riscaldamenti e gli esercizi per stabilizzare le articolazioni tutto ciò sotto la direttiva di un valido professionista certificato.

Cinque idee sbagliate su questa degenerazione articolare

Mariarosa, per risparmiare queste articolazioni, quindi, non dovremmo troppo sforzarle intensamente, ma ciò non significa che non dovremmo nemmeno muoverle. La pratica di un’attività fisica leggera e regolare è consigliata per avere una cartilagine di migliore qualità. Contro l’artrosi del ginocchio, molteplici studi hanno dimostrato che camminare è di gran lunga benefico. Ad esempio, in media 6000 passi al giorno proteggerebbero le articolazioni, durante la passeggiata da adattare, ovviamente, il numero dei passi e dell’andatura in base alle proprie capacità di resistenza.

La prevenzione dell’osteoartrite implica anche la prevenzione dei fattori di rischio associati, in particolare l’obesità ed il sovrappeso sono deleteri per le cartilagini. Una persona obesa avrà infatti tre volte più probabilità di avere l’artrosi in rapporto ad un normopeso o uno sportivo.

Quali terapie consigliabili?
Terapie farmacologiche

I farmaci più comunemente usati per il trattamento dell’osteoartrosi sono:
  • Gli antidolorifici semplici: il paracetamolo , sebbene ancora spesso prescritto, sarebbe inefficace o inefficace, indipendentemente dalla dose, per il dolore da artrite. Allevierebbe solo circa il 4% dei pazienti. Questa è la conclusione di una recente meta-analisi di alcuni studi randomizzati controllati che confrontano l’efficacia di paracetamolo e FANS rispetto al placebo nella gestione del dolore artritico, migliaia di partecipanti, seguiti in media per 12 settimane e fino a un anno.
  • I farmaci antinfiammatori (FANS): aspirina, diclofenac, tenoxicam, ecc. ; secondo una recente metanalisi, diclofenac (150 mg al giorno) e / o etoricoxib (30, 60 o 90 mg al giorno) sarebbero i prodotti più efficaci nel ridurre il dolore da artrite (fino al 95% al ​​100% ) contro circa il 20% per il paracetamolo; I FANS, tuttavia, hanno effetti indesiderati;
  • Farmaci antinfiammatori steroidei (corticosteroidi): utilizzati principalmente nelle infiltrazioni intra-articolari. Sono poco utilizzati per l’osteoartrosi comune a causa delle gravi controindicazioni ed effetti collaterali.
  • Farmaci condroprotettivi (cartilagine/protettivi) detti anche “antiartritici sintomatici ad azione lenta” (Aasal) glucosamina , condroitina, diacereina. Non “ricostruiscono” la cartilagine distrutta, ma ne rallentano il degrado. La “condroitina sodica”, ad esempio, è una molecola utilizzata a lungo termine trattamento rinnovabile di sei mesi, che inibisce l’elastasi, un enzima coinvolto nella degradazione della cartilagine. Gli effetti clinici sono possibili dopo alcune settimane di trattamento, ma incoerenti.
  • L’acido ialuronico, come agente visco-integratore nelle iniezioni intra-articolari di prodotti a base di acido ialuronico , ad esempio nel ginocchio, con lo scopo di “lubrificare” l’articolazione. È considerato sicuro se eseguito secondo una seria metodica a determinati cicli.
  • L’equiseto in erboristeria: in Cina uno studio in doppio cieco ha testato l’utilizzo di un preparato contenente equiseto, trovando probabili risultati promettenti . Si usa da solo, in polvere o in combinazione equiseto-rame.
  • Ozono nelle iniezioni intra-articolari di ozono si aprirebbero interessanti prospettive aggiuntive. Tuttavia, tranne in alcuni Paesi, tra cui la Germania e l’Italia, la sua efficacia terapeutica e la sua relativa innocuità non sono state ancora ufficialmente riconosciute non ottenendo quindi il rilascio dell’Autorizzazione all’Immissione in Commercio (AIC) da parte dell’AIFA o della Commissione Europea.
  • Peptidi: Peptinov, una startup sta lavorando a un trattamento a base di peptidi.

Terapie non farmacologiche

  • La fisioterapia è utile e spesso indispensabile perché può ritardare l’insorgenza dell’anchilosi articolare attraverso la mobilizzazione dell’articolazione. Per alleviare l’artrite articolare, è anche essenziale rafforzare i muscoli circostanti.
  • Medicina alternativa: l’osteoartrosi è una delle patologie per le quali i pazienti fanno più uso di medicine cosiddette complementari, leggere, alternative o naturali, chiropratica , osteopatia , chinesiologia , fisioterapia , massaggi , cure idrominerali, agopuntura , elettroterapia.

La scelta di una o più di queste terapie varia a seconda del contesto socio-culturale ed etnico. Utili nella lotta al dolore, non si sono dimostrati efficaci nel corso della malattia.

  • Calore: in tutte le sue forme, impacchi, bagni, ecc. Riduce sensibilmente il dolore.
  • Integratori alimentari studi in vitro hanno evidenziato che alcune vitamine A, C, D ed E e forse il rame potrebbero aiutare a limitare o addirittura prevenire alcuni dolori. L’azione del rame potrebbe essere spiegata dall’effetto di questo metallo sulla superossido dismutasi (un enzima che inattiva i radicali liberi ).
  • Cure termali sono molto utili, la vita ben regolata e igienica condotta dal curista mette a riposo le articolazioni, mentre massaggi e sedute di fisioterapia tonificano i muscoli. Alcune terme offrono acqua sulfurea, calda e leggermente radioattiva, altre acqua contenente cloruro di sodio e altre infine fango. Le acque vengono utilizzate in docce a getto, docce idromassaggio, docce subacquee, bagni molto caldi, in piscine per riabilitazion. La piscina è particolarmente favorevole per la riabilitazione attiva, poiché l’articolazione è alleviata dal peso del corpo.
  • Terapia occupazionale ha l’obiettivo di garantire l’indipendenza della persona nelle attività della vita quotidiana, sia recuperando le capacità perse dopo l’intervento, sia offrendo ausili tecnici, sedile doccia, bagno, spazzola lunga per lavare i piedi, ecc ..

Mariarosa, sappia che, al fine di prevedere lo sviluppo dell’osteoartrosi durante le prime fasi, si sta cercando di identificare biomarcatori e nuovi bersagli terapeutici. L’obiettivo è determinare i fattori clinici, biologici o radiografici predittivi dell’osteoartrosi delle dita, da una coorte di 400 pazienti.

Si stanno anche conducendo ricerche all’interno di una rete di alcuni noti autorevoli laboratori a livello internazionale che lavorano sull’osteoartrite. Questi studi, condotti su esseri umani e animali, mirano a comprendere meglio il ruolo di ciascun fattore di rischio nella progressione dell’osteoartrosi. Il futuro ci aprirà porte mai aperte prima? Nell’attesa di quel tanto vagheggiato giorno, continueremo responsabilmente con la dovuta costanza, a praticare una piacevole attività fisica, leggera e regolare, per avere una cartilagine di migliore qualità strutturale.

Grazie Mariarosa per la sua preferenza, le auguro una meravigliosa Domenica.

Aspettiamo le vostre domande, inviatecele via mail a info@sbircialanotizia.it

Docente di Medicina Clinica e Chirurgia Generale: si occupa principalmente della nostra rubrica “Il medico risponde”, ma anche della creazione di articoli riguardanti il campo della medicina. Tutti gli articoli vanno considerati a scopo esclusivamente informativo.

Curiosità

Cioccolato fondente: Benefici sorprendenti per cuore, mente...

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Chi non ama l’idea di mordere un quadretto di pura delizia scura? Ma aspettate, non è solo questione di golosità: è molto più di questo. Dietro quell’aroma intenso e quel sapore unico si nasconde un piccolo tesoro di benefici per la nostra salute. Parliamo di un piacere che sa essere alleato del nostro corpo, della mente e anche dell’umore. Ma vediamo di cosa si tratta e come mai il cioccolato fondente meriti davvero tutto questo amore.

Il cioccolato fondente: più di un dolce

Il cioccolato fondente non è solo un altro dessert sul tavolo. Se guardiamo un po’ più a fondo, ci accorgiamo che è davvero speciale e non solo per quel sapore un po’ amaro che rimane sul palato. Deriva dai semi del cacao, una pianta straordinaria, con un contenuto di cacao che di solito supera il 70%. Sì, avete capito bene, è proprio questo che lo rende diverso dalle altre varianti, come quello al latte o quello bianco. Insomma, più è scuro, meglio è.

Il cioccolato fondente, quello vero, quello che metti in bocca e ti fa chiudere gli occhi senza neanche rendertene conto, non ha bisogno di altro. Pochi ingredienti, ma quelli che contano davvero. Massa di cacao, burro di cacao, un po’ di zucchero, giusto quel tanto che serve per bilanciare l’amaro. E se siamo fortunati, magari un pizzico di vaniglia, quel piccolo tocco che lo rende ancora più speciale, come un segreto tutto tuo. Ah, e certo, c’è anche la lecitina di soia. Ma sai cosa? È lì solo per fare in modo che tutto si leghi, che resti insieme come dovrebbe. E basta. Nient’altro. La sua magia è proprio questa. Nella semplicità. Niente superfluo, solo l’essenziale. Come tutte quelle cose belle che non fanno rumore, che non devono urlare per farsi notare. La bellezza vera è sempre nascosta nella semplicità, in quel piccolo gesto che ti fa vibrare dentro. E il cioccolato fondente è esattamente questo. La prova più dolce che, a volte, meno è davvero di più.

Allora, cosa c’è davvero in quei 100 grammi di cioccolato fondente, quello buono, quello con il 70-85% di cacao? Beh, ci sono circa 600 calorie. Sì, lo so, può sembrare tanto, ma aspetta un attimo. Non è solo una questione di numeri. Dentro c’è molto, molto di più. Ci sono le fibre, e non sono poche: 10-12 grammi di pura soddisfazione. Quelle fibre che ti riempiono, che ti fanno sentire sazio, come se dicessero: “Ehi, adesso va bene così”. E poi, incredibile ma vero, ci sono anche le proteine. Sì, 7-8 grammi di proteine, in un dolcetto! Chi l’avrebbe mai detto? È quasi un regalo. E i grassi? Certo, ci sono anche loro, ma sono quelli buoni, quelli che il tuo corpo apprezza. Come l’acido oleico, lo stesso che trovi nell’olio d’oliva. È roba buona, capisci? Poi… ci sono i minerali: ferro, magnesio, rame, manganese. Tutto ciò di cui il tuo corpo ha bisogno, racchiuso in un piccolo morso delizioso. Incredibile, vero?! Un autentico concentrato di energia e salute. Un piccolo tesoro nascosto, un gesto di gentilezza che fai a te stesso. Ogni volta che ne prendi un pezzetto, è come dire a te stesso: “Oggi mi voglio bene“. Ed è proprio questo, alla fine, che fa la differenza. Prendersi cura di sé, un morso alla volta.

Gli antiossidanti: i veri supereroi del cacao

Ma chi l’avrebbe mai detto che il cioccolato potesse essere un vero supereroe? Non sto scherzando. Sotto quella scorza scura e quel gusto intenso, c’è una vera e propria forza della natura. Il cioccolato fondente è pieno zeppo di antiossidanti. Sì, quei piccoli guerrieri invisibili, come i polifenoli, i flavanoli e le catechine, pronti a combattere contro i radicali liberi. Sapete chi sono i radicali liberi? Quelle molecole impazzite che vagano per il nostro corpo, danneggiando le cellule e facendoci invecchiare più in fretta. Beh, il cioccolato, con i suoi flavonoidi, agisce come uno scudo. Ci protegge. Aiuta il nostro corpo a resistere ai guai. Meno rughe, meno malattie. Meno rischio di diabete, di problemi al cuore e, perché no, magari anche di quei malanni che fanno davvero paura, come certi tipi di cancro. Ogni morso è come un piccolo alleato che entra in battaglia per noi. Chi lo avrebbe mai immaginato, vero? Un superfood che si gusta, che si sente, e che ci fa anche del bene.

Immaginate questo: uno studio del Journal of the American Heart Association ci dice che il cioccolato fondente, quello buono, con tanto cacao, è addirittura più potente dei mirtilli o del melograno quando si tratta di antiossidanti. Roba da non credere, vero? Ma è proprio così. Ogni singolo boccone è come un piccolo regalo che facciamo al nostro corpo, un gesto che va ben oltre la golosità. Un morso che ci coccola e, allo stesso tempo, ci protegge. Chi avrebbe mai pensato che il piacere potesse essere così salutare?

Un cuore più forte con il fondente

Ok, parliamo di cose concrete. Il cioccolato fondente fa anche un gran bene al cuore. Sì, proprio così. Sono i flavanoli i veri eroi qui, quelli che fanno la differenza. Hanno questo superpotere: stimolano la produzione di ossido nitrico. Ora, non voglio essere troppo tecnico, ma l’ossido nitrico è quella molecola che rilassa i vasi sanguigni, li allarga un po’, lasciando scorrere meglio il sangue e quindi, abbassando la pressione. Praticamente come una carezza che il cioccolato fa al nostro sistema circolatorio. Magia? No, pura e semplice scienza, ma con un pizzico di meraviglia.

Ma sapete qual è l’altro superpotere del cioccolato fondente? Aiuta a migliorare il colesterolo, quello buono. Proprio l’HDL, quello che fa bene al nostro cuore. E nel frattempo combatte l’LDL, il colesterolo cattivo, quello che fa guai nelle arterie. Meno placche, meno rischi. Insomma, meno preoccupazioni per il nostro cuore. Non è una cosa da poco, eh? E pensate che uno studio pubblicato su Nature dice che mangiare cioccolato fondente regolarmente può ridurre il rischio di malattie cardiovascolari del 37%. Vi rendete conto? Tutto questo per un quadretto di cioccolato. Io dico che ogni tanto, un pezzettino, ce lo meritiamo davvero.

Un boost per il cervello: concentrati e felici

Anche la nostra testa ne trae beneficio e alla grande. Quei composti bioattivi che si trovano nel cacao? Sono come un’iniezione di energia per il cervello. Migliorano il flusso di sangue alla testa e questo significa più memoria, più concentrazione. Sai quei giorni in cui hai bisogno di essere sveglio e attento? Bene, il cioccolato è tuo amico. C’è anche un po’ di caffeina e teobromina, quelle piccole sostanze che danno quella carica giusta, quella spinta quando serve davvero. Non è magia ma… quasi.

I flavanoli, nel cacao, sono come quei vecchi amici che ci stanno accanto nei momenti difficili, quelli che ci danno una mano a restare svegli, attenti, vivi. Sono piccole magie che fanno la differenza, davvero. Sono dei perfetti alleati nel ridurre quel declino cognitivo che, inevitabilmente, arriva con l’età… Ma non solo superficialmente: aiutano anche a tenere lontane quelle malattie che fanno paura, come l’Alzheimer! Il cioccolato fondente è come un abbraccio per il cervello, un compagno che ci fa restare lucidi, che ci aiuta a ricordare chi siamo, a restare noi stessi più a lungo. Un pezzetto e ti senti quasi protetto, come se qualcuno stesse dicendo: ‘Tranquillo, ci sono io‘.

Il cioccolato fondente e il buonumore: una dolce medicina

Il cioccolato ci rende felici, su questo non c’è dubbio. Ma avete mai davvero pensato al perché? Non è solo per quel sapore inconfondibile, quel mix perfetto di dolcezza e amarezza che ci avvolge e ci fa sorridere. C’è qualcosa di più profondo. Il cioccolato fondente è come un piccolo mago che lavora dietro le quinte, stimola la produzione di endorfine, quegli ormoni che ci fanno sentire bene, che ci regalano quella sensazione di “va tutto bene, per un attimo è tutto a posto“. E non finisce qui, oh no. Aiuta anche il rilascio di serotonina, quella sostanza che ti fa sentire sereno, in pace, come se fossi avvolto in una coperta calda durante una giornata fredda.

Il cioccolato ha un piccolo segreto romantico che non tutti conoscono. C’è un pizzico di magia nascosta dentro ogni morso: la feniletilamina. Sì, lo so, sembra un termine complicato, ma fidatevi, è più semplice di quanto sembri. Questa è quella sostanza chimica che il nostro cervello produce quando ci innamoriamo. Avete presente quel batticuore, quel brivido che ti corre lungo la schiena quando vedi qualcuno di speciale? Bene, è un po’ come se il cioccolato potesse farci provare qualcosa di simile. Ogni volta che ne mordiamo un pezzo, il nostro corpo reagisce, come se ci stessimo innamorando di nuovo. Ecco perché, quando siamo giù, una tavoletta di cioccolato è molto più di un semplice dolce. È una piccola promessa che, anche solo per un attimo, tutto tornerà ad andare bene. Non risolverà tutti i problemi, certo, ma quel piccolo morso riesce a farci sentire, almeno per un attimo, un po’ più leggeri, un po’ più sereni.

La pelle ringrazia: un beneficio inaspettato

E chi l’avrebbe mai detto? Il cioccolato fa bene anche alla pelle! Sì, proprio così. Ci sono quegli antiossidanti nel cacao che sembrano fatti apposta per proteggerci dai danni del sole, come se ci dessero uno scudo in più contro quei fastidiosi raggi UV. Ci sono pure studi – sì, roba seria, condotti in Germania – che ci dicono che una dieta ricca di flavanoli può rendere la pelle più resistente al sole, più idratata, più densa. Insomma, più forte. Ebbene sì, è un alleato anche per quello che vediamo ogni giorno nello specchio.

Questi antiossidanti sono veri combattenti, riducono lo stress ossidativo che è dietro a tante infiammazioni e, sì, anche a quel fastidioso problema chiamato acne. Quindi, pensateci: il cioccolato potrebbe significare anche una pelle più sana, più luminosa. Una piccola coccola che, aiuta anche a far risplendere il viso. Non è meraviglioso?

Controllo del peso: sembra un paradosso?

Lo so, sembra strano, vero? Parliamo di cioccolato, e chi mai penserebbe che possa aiutarci a controllare il peso? Ma il fondente, quello buono, ha delle sorprese. È pieno di fibre, e quelle fibre ci danno quel senso di sazietà che ci fa dire ‘ok, basta così’. Ci aiutano a non cedere ai mille spuntini fuori pasto, a quel bisogno di mangiare qualcosa solo per riempire un vuoto. Certo, non è un lasciapassare per mangiarne a chili, è pur sempre calorico. Ma se lo usiamo con un po’ di testa, può essere davvero un alleato, un piccolo trucco per sentirsi appagati senza esagerare.

Ma aspetta, alcuni studi ci raccontano che i flavanoli del cacao aiutano a migliorare la sensibilità all’insulina. Vuol dire che il nostro corpo gestisce meglio lo zucchero nel sangue, lo regola, lo tiene sotto controllo. Non è forse incredibile? Questo è un aiuto vero e proprio, soprattutto per chi ha qualche problema con l’insulina o per chi è a rischio di diabete. Un piccolo morso e magari, un grande aiuto. Sì, davvero un alleato inaspettato.

Non dimentichiamo la moderazione

Tutto ha un limite, anche il cioccolato. Nonostante tutti questi benefici, è bene ricordare che il cioccolato fondente contiene calorie, grassi e zuccheri. Quindi, come ogni cosa nella vita, è questione di equilibrio.

Ok, lo so, tutto ha un limite, anche il cioccolato. Per quanto sia buono e pieno di benefici, non possiamo esagerare. Gli esperti ci dicono di non superare i 30 grammi al giorno. Sì, lo so, non è tantissimo, ma è abbastanza per darci quel piccolo momento di gioia senza far danni. E poi, scegliete sempre quello buono, con tanto cacao, almeno il 70% o più. Così vi godete tutto il meglio senza esagerare con gli zuccheri. Ah e attenti alla caffeina: se siete un po’ sensibili, il cioccolato può darvi quella carica che diventa agitazione, magari anche un po’ di insonnia.

E le allergie? Ah, sì, parliamone. Non è uno di quei dettagli che possiamo ignorare. C’è chi è allergico al cacao stesso, pensa un po’, e poi ci sono tutte quelle altre cose che magari non ci pensi: la lecitina di soia, le tracce di frutta a guscio, tutte quelle piccole aggiunte che per qualcuno possono fare la differenza tra un momento di piacere e uno di fastidio o peggio. Il cioccolato fondente è un capolavoro, sì, ma è importante conoscere cosa c’è dentro. Bisogna leggere bene l’etichetta, prendere quel minuto in più per assicurarsi che sia tutto a posto, soprattutto se sai di avere qualche intolleranza o allergia. Perché la cosa bella del cioccolato è che va gustato senza preoccupazioni, con la testa tranquilla e il cuore leggero. Quindi, occhio agli ingredienti e poi goditelo, davvero, senza pensieri.

Un piccolo momento di benessere

Il cioccolato fondente, dunque, ti aiuta a stare meglio, ti fa bene al cuore, ti coccola il cervello, solleva l’umore e, incredibile ma vero, fa bene anche alla pelle. Sì, basta davvero poco, solo un pezzettino, ma buono. Un cioccolato di qualità, scelto con cura. Non bisogna esagerare, è vero, ma goderselo piano, con moderazione. Perché è così che le cose buone fanno la differenza.

E allora, perché non prenderci un attimo per noi? Un quadratino di cioccolato fondente al giorno, niente di complicato, solo un piccolo gesto che ci regala un po’ di felicità. Quel pezzettino che sciogliendosi in bocca ti fa sorridere, che sembra dire: “Tranquillo, va tutto bene“. Non è solo il sapore, è un modo per volerci bene, per prenderci cura di noi stessi, senza troppi fronzoli. Un momento semplice, ma pieno di significato. Ogni morso è un atto d’amore che facciamo alla nostra mente, al nostro cuore. Lasciatevi andare, concedetevi questo piccolo piacere senza pensarci troppo, con tutto l’entusiasmo che merita.

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Salute e Benessere

Malattie cardiovascolari bimbi, da pediatri 5 consigli per...

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Malattie cardiovascolari bimbi, da pediatri 5 consigli per prevenirle

Le malattie cardiovascolari iniziano in età pediatrica ed è proprio durante l’infanzia che occorre prevenirle, individuando precocemente i fattori di rischio. A lanciare l’allarme è la Società italiana di Pediatria (Sip) in occasione del suo congresso nazionale, in corso a Firenze. "A partire dagli 8-10 anni, nei bambini con fattori di rischio, come obesità o predisposizione familiare, è importante monitorare il profilo lipidico attraverso gli screening per le dislipidemie, che misurano i livelli di colesterolo e trigliceridi, entrambi fattori di rischio per malattie cardiovascolari", ricordano i pediatri che hanno elaborato 5 consigli per prevenire le malattie cardiovascolari in età pediatrica.

I consigli: 1) Prevenire il sovrappeso. Promuovere stili di vita sani, con un'alimentazione equilibrata, attività fisica a partire dal bambino più piccolo, evitare il fumo (anche passivo); 2) Monitorare la pressione arteriosa. A partire dai 5 anni, includere la misurazione della pressione nei bilanci di salute del pediatra di famiglia; 3) Se il bambino è in sovrappeso o con ipertensione è bene eseguire esami approfonditi; 4) Valutare la predisposizione familiare. Raccogliere un’anamnesi familiare aggiornata e, in caso di familiarità per patologie cardiovascolari precoci o disturbi del metabolismo glucidico (diabete) o lipidico (aumento del colesterolo o dei trigliceridi) oppure ipertensione arteriosa sottoporre i bambini a una valutazione approfondita; 5) Colesterolo alto. A partire dagli 8-10 anni, introdurre gli screening delle dislipidemie nei bambini con fattori di rischio come obesità o predisposizione familiare.

'Prime alterazioni vascolari sono già evidenti nei vasi di molti soggetti nella prima decade di vita'

L’ipertensione arteriosa e le dislipidemie sono, con il diabete mellito, tra i più frequenti e importanti fattori di rischio per lo sviluppo di malattie cardiovascolari. "Fortunatamente gli eventi cardiovascolari si manifestano clinicamente quasi esclusivamente nell’età adulta. Tuttavia, le prime alterazioni vascolari, le strie lipidiche, sono già evidenti nei vasi di molti soggetti nella prima decade di vita e molti fattori di rischio, quali ipertensione e dislipidemie, se ricercati, sono già presenti in un numero non trascurabile di bambini e ragazzi. Secondo alcuni studi condotti sia su scala italiana che internazionale, l’ipertensione arteriosa nella popolazione pediatrica si attesta intorno al 4-5%. Nei bambini obesi, però, l’incidenza arriva fino al 20-25%", sottolinea Marco Giussani, segretario Gruppo di studio Sip dell’Ipertensione arteriosa e del rischio cardiovascolare.

Quando preoccuparsi? "In alcuni casi, il cuore del bambino può presentare condizioni come il 'soffio innocente', che non richiedono interventi e si risolvono con l’età. Tuttavia, situazioni di dubbio vanno indirizzate a un centro cardiologico pediatrico per escludere problemi gravi", spiega Gianni Bona, Clinica Pediatrica dell'Università del Piemonte Orientale.

'Un bambino con un peso eccessivo è già un problema'

Ciò che invece deve destare preoccupazione è il sovrappeso, che ormai riguarda una percentuale sempre più vasta di bambini e adulti, tanto da parlare di pandemia metabolica. "Un bambino con un peso eccessivo è già un problema, poiché non di rado la sua condizione resterà invariata anche dopo l’adolescenza. In alcune regioni d’Italia, circa il 40% della popolazione tra gli 8 e i 10 anni è in sovrappeso. E questo deve creare preoccupazione", avverte Gianni Bona, Clinica pediatrica dell'Università del Piemonte Orientale. Queste condizioni di rischio, se non trattate, nella maggior parte dei casi si trascinano dall’età pediatrica a quella adulta. Ipertensione arteriosa e dislipidemie sono, di gran lunga, più frequenti tra i bambini e gli adolescenti in eccesso ponderale. «La prevenzione deve puntare a individuare precocemente nei singoli bambini i principali fattori di rischio cardiovascolare per trattarli con un intervento personalizzato che, nella maggior parte dei casi, sarà solo dietetico-comportamentale», interviene ancora Giussani.

Screening cardiovascolari: quando e perché iniziare. "A partire dai 5 anni, è consigliabile misurare annualmente la pressione arteriosa a tutti i bambini. Se i parametri di pressione, peso, altezza e Bmi sono normali, non è necessario uno screening cardiaco specifico. In caso di sovrappeso o ipertensione, invece, sono raccomandati esami più approfonditi, come un'ecocardiografia e test ematici (glicemia, colesterolo, trigliceridi)", precisa la Sip. Anche nei bambini normopeso, ma con una predisposizione familiare per le malattie cardiovascolari, è importante effettuare uno screening che includa gli stessi esami. "La familiarità può raddoppiare il rischio di malattie cardiovascolari, per cui è essenziale condurre un’anamnesi familiare aggiornata, includendo anche i parenti di secondo grado", conclude Bona.

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Salute e Benessere

Infertilità maschile, trovati batteri in liquido seminale...

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Un aumento di ceppi di Prevotella e Pseudomonas e l'incremento di Lactobacillus iners fattori di rischio per la concentrazione spermatica nel liquido seminale

Spermatozoi e ovulo (Fotogramma)

L’eccesso di alcuni ceppi di Pseudomonas, Prevotella e Lattobacilli nel liquido seminale "sarebbe in grado di alterare la concentrazione degli spermatozoi favorendo un micro-ambiente infiammatorio, nemico della fertilità maschile". A dimostrarlo due review condotte dai ricercatori dell’Università di Napoli 'Federico II', insieme a colleghi brasiliani e danesi, e dagli esperti dell’Università di Padova, pubblicate di recente su 'Frontiers in Endocrinology' e 'Cells'. Dai due lavori, che hanno preso in considerazione rispettivamente 37 ricerche e 27 studi, è emerso come "un aumento di ceppi di Prevotella e Pseudomonas e l’incremento di Lactobacillus iners siano fattori di rischio per la concentrazione spermatica nel liquido seminale causandone una riduzione sotto la soglia minima stabilita" dall’Organizzazione mondiale della sanità e necessaria per la fertilità maschile.

Gli esperti della Società italiana di Andrologia (Sia), in occasione del VI Congresso Natura, Ambiente, Uomo (Nau) che si tiene oggi e domani nelle Langhe, focalizzeranno l’attenzione su questo tema di primaria importanza, in quanto "si stima che un numero ridotto di spermatozoi sia causa o concausa di almeno il 30% dei casi di infertilità di coppia - ricorda la Sia - Sono infatti numerosi gli studi che hanno rilevato come negli ultimi 50 anni ci sia stato un significativo declino globale della concentrazione e della conta spermatica totale, il cui numero si è dimezzato negli ultimi decenni e il cui ritmo di riduzione è più che raddoppiato dal 2000".

“Un tempo si riteneva che il liquido seminale fosse naturalmente privo di batteri; qualsiasi microbo trovato tra gli spermatozoi era considerato un segno di infezione. Ma le ricerche più recenti, seppur ancora in fase iniziale, stanno ora dimostrando che lo sperma ha una propria comunità microbica, proprio come ad esempio già individuato per l’intestino e la vagina – spiega Alessandro Palmieri, presidente Sia e professore di Urologia all’Università Federico II di Napoli -. Il microbioma dello sperma può contenere un ampio insieme di microbi, la maggior parte proviene dalle ghiandole del tratto riproduttivo superiore, compresi i testicoli, le vescicole seminali e la prostata. Tali batteri, se in equilibrio, lavorano per il nostro benessere, ma se in eccesso potrebbero avere un potenziale ruolo nell’infertilità”.

"Da tempo l’alterazione del microbioma riproduttivo femminile è stata associata a esiti ridotti o negativi della gravidanza, ma ora sempre più studi stanno evidenziando come anche gli uomini che presentano alterazioni nell’ottimale fisiologia spermatica abbiano una differente composizione del microbiota rispetto agli individui fertili e come questa possa essere associata a condizioni di oligozoospermia, quando cioè lo sperma maschile contiene un numero di spermatozoi più basso del normale – sottolinea Palmieri - In particolare, l’analisi a cui hanno partecipato i ricercatori dell’Università di Napoli 'Federico II', che ha preso in considerazione 37 studi condotti tra il 1980 e il 2023 su oltre 9300 uomini, ha rilevato un eccesso di ceppi di Prevotella e Lactobacillus negli individui con ridotto numero di spermatozoi, rispetto a uomini con conta spermatica normale. Risultati confermati dalla review condotta dai ricercatori dell’Università di Padova, su 27 lavori raccolti sulla piattaforma 'PubMed' fino al 2023, che ha identificato anche la presenza di alte concentrazioni di ceppi di Pseudomonas. Le ricerche hanno rilevato che, soprattutto l’eccesso di Lactobacillus, può produrre acido lattico, portando potenzialmente a un ambiente infiammatorio a livello locale che può influire in modo negativo sul numero degli spermatozoi”.

“I dati che si stanno accumulando, e il livello di prove in questo campo, è certamente in constante crescita, ma lo studio del microbiota del liquido seminale rappresenta ancora un aspetto trascurato della diagnostica dedicata all’analisi dell’infertilità maschile. Ha però grandi potenzialità nel migliorare la comprensione delle forme cosiddette 'idiopatiche' o 'sine causa' - sottolinea il presidente Sia -. Queste conoscenze potrebbero cambiare le cure e aprire la strada a nuove strategie terapeutiche per correggere le alterazioni dei parametri spermatici e migliorare la fertilità maschile”, conclude Palmieri.

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