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“Il Medico risponde”

Mancanza di respiro, la Dispnea

DOMANDA

Dottore buonasera, lei molto bravo veramente bravissimo e gentilissimo.Io mi sentire male perchè o problema di difficoltà a respirare cualche volta,si cualche volta o mancanza di respiro di aria di fiato,come si chiama dipnea insomma mi pare che a detto la amica mia, che così chiama cuesta malattia e non so se scritto bene io la parola. Mi dice cualche cosa anche lei?Molte cose tutto perfavore, non sento tanto bene e tiste per cuesta malattia dipnea di respiro. Grazie veramente tanto e molto gentile e preciso lei,ok allora aspetto di leggere io, ok.Grazie felice serata dottore a lei e tuutta sua famiglia gentile.
Yelena Bogolyubova

RISPOSTA

A cura del Dr. Ferdinando Martinez

ATTENZIONE: "Le informazioni contenute in questa rubrica medica, non devono ASSOLUTAMENTE, in alcun modo, sostituire il rapporto Medico di Famiglia/Assistito. Si raccomanda per buona regola, di chiedere SEMPRE il parere del proprio Medico di Famiglia, o Specialista di fiducia, il quale conosce in dettaglio la storia clinica del proprio Paziente. La nostra rubrica, non avendo fatto un'anamnesi di chi ci scrive, impossibile online, ha il solo ed esclusivo scopo  informativo, decliniamo quindi tutte le responsabilità nel mettere in pratica qualsiasi chiarimento o indicazione riportata al solo scopo esplicativo e divulgativo. Qualsiasi domanda umanamente  intrattabile via web, verrà automaticamente cestinata. Grazie per la gentile comprensione."

Salve Yelena, grazie a lei per la sua gentilezza nei miei confronti ne sono lusingato. Certo, mi accingo subito a darle delucidazioni inerenti alla sua interessantissima questione.

La mancanza di respiro, chiamata dispnea, indica, ahimè, spiacevoli difficoltà respiratorie.
Questa sensazione soggettiva, come il dolore, a volte è difficile da quantificare e spesso è necessario ricorrere ai test di funzionalità respiratoria (FR), test che misurano il respiro.

La respirazione, come il battito del cuore, avviene senza esserne consapevoli, è un automatismo. Non appena ogni movimento respiratorio diventa uno sforzo, la sensazione di disagio si instaura e la respirazione diventa difficoltosa. È questo disturbo respiratorio che si chiama dispnea, è collegato a un’anomalia nella catena di trasporto dell’ossigeno dalla bocca alle cellule muscolari. Molte situazioni patologiche (insufficienza respiratoria o cardiaca, anemia, diabete…) o non patologiche (sovrappeso, stile di vita sedentario…) possono essere la causa.

La dispnea è un sintomo (come tosse, dolore…), non è quindi una malattia in sé, ma il segnale di una disfunzione in uno o più degli elementi che consentono il trasporto dell’ossigeno dalla bocca alle cellule muscolari: apparato respiratorio, pompa cardiaca, apparato muscoli circolatori e infine periferici.

È importante differenziare una dispnea acuta che testimonia sempre una patologia in evoluzione, da una dispnea vecchia che accompagna o una malattia cronica progredita gradualmente nel corso di diversi anni, o semplicemente uno stile di vita sedentario con un decondizionamento che finisce per interferire con la minima attività fisica.

La sensazione di essere senza fiato si manifesta in modo molto diverso da un individuo all’altro, a seconda della sua età, della sua attività fisica abituale, delle proprie esigenze, insomma del proprio stile di vita. Sentirsi a corto di fiato dopo aver scalato una montagna non ha lo stesso significato che se questa mancanza di fiato si manifestasse per sforzi così minimi come quelli della vita quotidiana (vestirsi, pettinarsi, mangiare …). Allo stesso modo, non essere più in grado di correre o ballare non avrà le stesse ripercussioni a 20 o 70 anni! È quindi un sintomo che pone il problema del limite tra normale e patologico.

Yelena, prima di definire qualsiasi dispnea, è essenziale una valutazione minima.
I risultati sono prima clinici e poi biologici, respiratori e cardiovascolari.
A seconda dei risultati, il medico può ordinare esami aggiuntivi più complessi.
Dovrebbe parlare con il suo medico dell’età dei sintomi (la dispnea acuta richiede una diagnosi rapida) della loro modalità di insorgenza, dei fattori scatenanti (posizione, sforzi …)e dei segni di accompagnamento (dolore, espettorato, palpitazioni. ..).

Il suo medico eseguirà un’auscultazione e talvolta chiederà ulteriori esami a seconda dei sintomi associati e dell’esame clinico:

  • elettrocardiogramma, ecocardiografia
  • radiografia dei polmoni, analisi del sangue
  • esplorazioni funzionali respiratorie
  • scanner, risonanza magnetica
  • fibroscopia bronchiale
Ma quali sono i fattori aggravanti?

Stile di vita (stile di vita sedentario), morfologia (obesità, magrezza), profilo psicologico (ansia, depressione), situazioni patologiche (anemia, diabete, malattie della tiroide, ecc.) Possono essere causa di dispnea o peggiorare le cose.

Sovrappeso e obesità

In alcuni casi, la valutazione medica, per quanto completa possa essere, non trova una specifica causa soddisfacente per spiegare la dispnea oltre al sovrappeso.
La dispnea legata al sovrappeso è già spiegata, chiaramente, dal fatto che, per ogni movimento, la massa da mobilitare è maggiore della media. È come se camminassimo costantemente con uno zaino pieno di 10, 20, 30 kg o più, in ogni momento della nostra vita quotidiana. Molto rapidamente, lo sforzo fisico diventa doloroso e le persone obese spontaneamente adotteranno uno stile di vita sempre più sedentario, che modificherà il loro funzionamento muscolare e porterà al decondizionamento, a sua volta fonte di aggravamento della dispnea.

Ma oltre a questi fenomeni, ci sono anche nella persona in sovrappeso cambiamenti nella meccanica ventilatoria. Il sovraccarico addominale, in particolare, interferirà con il buon funzionamento del diaframma, muscolo fondamentale per l’ispirazione. Se il diaframma è ostacolato nella sua mobilità, la respirazione diventerà difficile e causerà dispnea.
Infine, lo scambio di ossigeno e anidride carbonica è meno facilitato nelle persone in sovrappeso. Le persone obese producono più anidride carbonica da metabolismo ossidativo rispetto agli individui con peso normale.

Inattività fisica

Lo stile di vita sedentario è senza dubbio la causa più comune di dispnea senza una vera causa medica conclamata. Il semplice fatto di non avere un’attività fisica regolare può essere responsabile di quello che viene chiamato decondizionamento e che viene considerato dai fisiologi, come una vera e propria malattia muscolare, caratterizzata da una diminuzione quantitativa e qualitativa delle fibre muscolari. Questo decondizionamento si trova spesso anche associato a malattie croniche (respiratorie, cardiovascolari, diabete…). Ancora una volta, rendersi conto del valore di un esercizio fisico regolare può migliorare rapidamente la dispnea.

Sindrome da apnea notturna

Una sindrome da apnea notturna altera la qualità del sonno e porta a sonnolenza diurna, limitando ulteriormente l’attività fisica e mentale, spesso, una scarsa ossigenazione del sangue. Perdere peso e tornare a una regolare attività fisica di resistenza può, spesso, migliorare la dispnea.

Cause cardiache?

La dispnea è molto comune nelle malattie cardiache e talvolta è difficile determinare la parte del cuore e dei polmoni.
Cuore e polmoni sono strettamente collegati, sia anatomicamente che funzionalmente.
Il cuore è classicamente assimilato a una pompa, il cui scopo è spingere il sangue negli angoli più piccoli del corpo grazie alle arterie e alle arteriole. Il sangue trasporta ossigeno, che è il principale carburante per muscoli e organi.
L’uso dell’ossigeno produce anidride carbonica che viene trasportata ai polmoni, che purifica il sangue da questa anidride carbonica e lo arricchisce ad ogni respiro in ossigeno in modo che il ciclo possa ricominciare.

I polmoni e il sistema cardiovascolare partecipano quindi in modo intricato al trasporto dell’ossigeno per consentire la respirazione cellulare.

Quando il cuore non funziona bene a causa di valvole cardiache anormali o insufficienza cardiaca, la debolezza del cuore e le variazioni di pressione nei vasi influenzeranno i polmoni e interferiranno con la respirazione. L’angina pectoris e il suo dolore da sforzo possono essere accompagnati da dispnea.

Per quanto riguarda l’infarto miocardico, che di solito è accompagnato da dolore e senso di costrizione toracica, la dispnea è acuta e si manifesta in un contesto di emergenza.

Possono essere coinvolti anche ipertensione arteriosa quando è datata e incontrollata, disturbi del ritmo cardiaco, fibrillazione atriale “quando il cuore “batte” in testa”…

Cause polmonari?

Qualsiasi malattia respiratoria può essere causa di anormale mancanza di respiro, che è tanto più difficile perché la patologia diviene cronica.
Il polmone è un organo “elastico” che si gonfia e si sgonfia facilmente. Se questa libertà di movimento è ostacolata da un’ostruzione dei bronchi o da una perdita di elasticità polmonare, la respirazione richiederà uno sforzo anormale, mal percepito dal paziente. Problemi di scambi gassosi negli alveoli, debolezza muscolare, esperienza emotiva, accentueranno la sensazione di mancanza di respiro.

Ci sono molte affezioni respiratorie, che colpiscono i bronchi, i polmoni, la pleura o la gabbia toracica, che possono progredire fino alla cronicità: asma, bronchite cronica, enfisema…
Questa progressione verso la cronicità (al contrario delle malattie acute che guariscono) può portare a insufficienza respiratoria cronica. In questo caso i polmoni non sono più in grado di assicurare il loro lavoro di ossigenazione del sangue, prima per sforzi significativi, poi per esercizi sempre meno intensi, finché questa insufficienza si manifesta anche al riposo.

Qualunque sia la malattia respiratoria iniziale, la dispnea che provoca porterà il paziente ad adattare il proprio stile di vita ed a limitare inizialmente sforzi significativi. Più la patologia progredirà, più la dispnea diventerà importante e più gli sforzi saranno limitati, fino a quando la mancanza di respiro apparirà anche a riposo.

Questa spirale infernale porterà ad una modificazione del funzionamento dei muscoli e del loro metabolismo (vale a dire delle reazioni chimiche che accompagnano la contrazione muscolare). Questo è chiamato decondizionamento responsabile a sua volta dell’aumento della dispnea. La graduale ripresa dell’attività fisica, sotto stretto controllo medico, può portare gradualmente ad un miglioramento della dispnea, indipendentemente ma parallelamente al trattamento dell’affezione respiratoria.

Accanto a queste patologie croniche, le situazioni acute possono essere accompagnate anche da dispnea, che è tanto più intensa e difficile da sopportare perché, improvvisamente, si stabiliscono in un soggetto che in precedenza aveva una vita perfettamente normale. Generalmente, queste dispnee acute sono accompagnate da altri segni: dolore toracico, tosse, ipertermia, senso di oppressione… Molte condizioni possono essere responsabili: asma in piena crisi, distacco della pleura (pneumotorace), infiammazione della pleura (pleurite ) o malattie infettive (polmonite). Anche l’embolia polmonare è una causa comune di dispnea improvvisa.

Quale trattamento?

Il trattamento della dispnea implica ovviamente la presa in carico della sua causa scatenante.
Nel contesto delle patologie croniche, la lenta riabilitazione proiettata verso l’attività fisica stabilisce una fase importante. La graduale ripresa dell’attività di resistenza migliora aiuta positivamente la dispnea.

Nel contesto delle patologie croniche, il concetto di trattamento di base è essenziale e spesso difficile da accettare. L’assunzione di farmaci tutto l’anno è spesso percepita come un vincolo, soprattutto perché alcuni farmaci hanno effetto solo dopo diversi giorni, settimane o addirittura dopo numerosi mesi di trattamento!
In ogni caso, questa assunzione regolare di farmaci è spesso l’unica valida ed efficace garanzia per stabilizzare ed equilibrare la patologia cronica.

Come con qualsiasi sintomo, il miglioramento della dispnea è un buon riflesso di un perfetto equilibrio. Spesso, purtroppo, nonostante un trattamento ben bilanciato, la dispnea persiste. Tende, infatti, a portare ad una limitazione dell’attività fisica del paziente. Questa diminuzione della normale funzionalità fisica indurrà di per sé cambiamenti nell’attività enzimatica muscolare e peggiorerà la dispnea. Esiste quindi un altro modo per gestire la dispnea, oltre a qualsiasi farmaco: la fondamentale riabilitazione cardio-respiratoria.
Secondo la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), si tratta di tutte le attività necessarie per garantire ai pazienti una condizione fisica, mentale e sociale ottimale, consentendo loro di occupare un posto il più normale possibile nella società.
I programmi di supporto includono l’ottimizzazione delle cure mediche, la cessazione del fumo, la riqualificazione dell’esercizio fisico, l’educazione terapeutica, la fisioterapia, la dieta, il supporto psicologico e sociale.

Quali essenziali informazioni possono facilitare l’incontro con il Medico?

Yelena si ricordi che, per facilitare la consultazione con il suo medico curante o specialista, non dimentichi nulla per ottimizzare il suo colloquio, mi permetto di suggerirle una chicca, dei consigli da adottare scrupolosamente che saranno molto utili e fondamentali al suo medico per una corretta diagnosi. Si prepari quindi, annoti le risposte sincere ed oculate alle seguenti importanti domande e si rechi al più presto possibile dal suo medico di famiglia o specialista di fiducia, lo faccia con sollecitudine, non perda ulteriore tempo inutile, la salute è sacra.

  • Yelena, da quanto tempo ha il cosiddetto fiato corto?
  • Quando si manifesta il suo respiro affannoso: a riposo, sotto sforzo, a digiuno, dopo aver ingerito del cibo, durante qualsiasi lavoro della vita quotidiana, mentre effettua esercizi fisici intensi o non?
  • La posizione che assume, influenza la sua mancanza di respiro? Riscontra d’essere più senza fiato quando va a letto? Deve dormire mezza seduta o con più cuscini per provare sollievo? Deve alzarsi stando in totale posizione eretta più volte durante la notte per prendere fiato?
  • Sente il ​​suo respiro accelerare o rallentare ?
  • La sua mancanza di respiro è accompagnata da altri segni tipo: tosse, respiro sibilante, forte salivazione, dolore, febbre, stanchezza, mal di testa, senso di soffocamento?
  • Hai difficoltà a prendere aria (inspirare) o, ad espellerla (espirare)?
  • Le è mai stato diagnosticato di soffrire di ipertensione, angina o altre malattie cardiache?
  • Conduce uno stile di vita sedentario o si allena regolarmente?
  • Assume regolarmente farmaci? Se si, quali ?
  • Quali sono la sua altezza ed il suo peso?
Se ha già avuto un consulto medico/specialistico, cosa è successo dall’ultima visita?
  • I sintomi sono migliorati o anzi peggiorati?
  • Annovera nuovi sintomi, quali?
  • Ha seguito correttamente e diligentemente il trattamento consigliatole?
  • Ha seguito i consigli sullo stile di vita che le sono stati consigliati?

Yelena annoti con massimo zelo tutte le risposte e le porti preziosamente con se facendole attentamente visionare, senza indugio, al suo medico di famiglia o specialista di fiducia. Mi tenga aggiornato e non dubiti nel ricontattarmi in futuro.
Le auguro una meravigliosa domenica.

Rumores fuge, ne incipias novus auctor haberi: nam nulli tacuisse nocet, nocet esse locutum…Fuggi le chiacchiere, per non essere reputato un loro fomentatore: a nessuno nuoce aver taciuto, nuoce aver parlato… (Catone il Maggiore)

Aspettiamo le vostre domande, inviatecele via mail a info@sbircialanotizia.it

Docente di Medicina Clinica e Chirurgia Generale: si occupa principalmente della nostra rubrica “Il medico risponde”, ma anche della creazione di articoli riguardanti il campo della medicina. Tutti gli articoli vanno considerati a scopo esclusivamente informativo.

Salute e Benessere

Università: teatro in corsia, alla Sapienza progetto...

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Rosalba Panzieri, ideatrice del progetto, 'si deve ripartire da una relazione autentica in cui arte e scienza cooperano per sostenere la persona malata'

Rosalba Panzieri

Domani durante il convegno il Teatro e la cura all'Università Sapienza di Roma, attraverso il teatro e la letteratura Rosalba Panzieri - scrittrice e attrice e ideatrice del progetto di umanizzazione della medicina - sarà presenterà agli studenti la Cartella clinica umanizzata, un protocollo di sperimentazione per sostenere la psiche della persona malata e favorire il rapporto medico paziente. Il progetto cartella clinica umanizzata, sostenuto da Cnr, Fnomceo, riprende il tour di sperimentazione negli ospedali italiani e sarà presentato agli studenti anche attraverso una performance teatrale dell’autrice.

"Arte e medicina sono strumenti contigui e primari di cura e questo evento di studio e di incontro con i cittadini e si connotano come una risorsa e una riflessione necessaria per promuovere e sostenere una nuova cultura di dialogo tra arte e scienza, tra medico e paziente. Infatti - spiega Rosalba Panzieri - soltanto superando la separazione e la frammentazione tanto dei saperi quanto degli individui è possibile dare una formazione e una risposta evoluta alla richiesta di cura". Il convegno è organizzato dalla professoressa Sonia Bellavia, ordinario di storia del teatro, in collaborazione con Rosalba Panzieri, Alessandro Frolli, professore associato Psicologia Sviluppo e Comunicazione di Unint e la dottoressa Palma Guida, docente presso Unint, insieme a Roberto Calabrese, psicologo e musicoterapeuta. "Il convegno è stato pensato per far dialogare tra loro, in modo virtuoso, discipline diverse, per una rivalutazione globale dell’umano e rendere partecipi gli studenti", ha sottolineano Sonia Bellavia.

Paolo Petralia, già direttore Generale del Gaslini di Genova e vice presidente vicario della Fiaso, interverrà nella giornata di sabato, "nella relazione medico-paziente si esprime la necessità del prendersi cura, che precede e moltiplica gli effetti delle cure”. Cristoforo Pomara, professore di Medicina Legale all’Università di Catania, altro relatore della giornata di sabato, ricorda che "come sancito dalla legge, la comunicazione è tempo di cura ed è lo strumento più efficace nella prevenzione dei conflitti". Conclude Panzieri, "uno degli scopi primari del progetto è creare una nuova cultura dell’uomo che rivoluziona, e al contempo restituisce alle origini, la relazione medico-paziente. Soltanto ripartendo da una relazione autentica in cui arte e scienza cooperano per sostenere la persona malata è possibile superare la personalizzazione restituire una cura che sia rispondente al concetto di salute sancito dalla nostra costituzione".

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Curiosità

Cioccolato fondente: Benefici sorprendenti per cuore, mente...

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Chi non ama l’idea di mordere un quadretto di pura delizia scura? Ma aspettate, non è solo questione di golosità: è molto più di questo. Dietro quell’aroma intenso e quel sapore unico si nasconde un piccolo tesoro di benefici per la nostra salute. Parliamo di un piacere che sa essere alleato del nostro corpo, della mente e anche dell’umore. Ma vediamo di cosa si tratta e come mai il cioccolato fondente meriti davvero tutto questo amore.

Il cioccolato fondente: più di un dolce

Il cioccolato fondente non è solo un altro dessert sul tavolo. Se guardiamo un po’ più a fondo, ci accorgiamo che è davvero speciale e non solo per quel sapore un po’ amaro che rimane sul palato. Deriva dai semi del cacao, una pianta straordinaria, con un contenuto di cacao che di solito supera il 70%. Sì, avete capito bene, è proprio questo che lo rende diverso dalle altre varianti, come quello al latte o quello bianco. Insomma, più è scuro, meglio è.

Il cioccolato fondente, quello vero, quello che metti in bocca e ti fa chiudere gli occhi senza neanche rendertene conto, non ha bisogno di altro. Pochi ingredienti, ma quelli che contano davvero. Massa di cacao, burro di cacao, un po’ di zucchero, giusto quel tanto che serve per bilanciare l’amaro. E se siamo fortunati, magari un pizzico di vaniglia, quel piccolo tocco che lo rende ancora più speciale, come un segreto tutto tuo. Ah, e certo, c’è anche la lecitina di soia. Ma sai cosa? È lì solo per fare in modo che tutto si leghi, che resti insieme come dovrebbe. E basta. Nient’altro. La sua magia è proprio questa. Nella semplicità. Niente superfluo, solo l’essenziale. Come tutte quelle cose belle che non fanno rumore, che non devono urlare per farsi notare. La bellezza vera è sempre nascosta nella semplicità, in quel piccolo gesto che ti fa vibrare dentro. E il cioccolato fondente è esattamente questo. La prova più dolce che, a volte, meno è davvero di più.

Allora, cosa c’è davvero in quei 100 grammi di cioccolato fondente, quello buono, quello con il 70-85% di cacao? Beh, ci sono circa 600 calorie. Sì, lo so, può sembrare tanto, ma aspetta un attimo. Non è solo una questione di numeri. Dentro c’è molto, molto di più. Ci sono le fibre, e non sono poche: 10-12 grammi di pura soddisfazione. Quelle fibre che ti riempiono, che ti fanno sentire sazio, come se dicessero: “Ehi, adesso va bene così”. E poi, incredibile ma vero, ci sono anche le proteine. Sì, 7-8 grammi di proteine, in un dolcetto! Chi l’avrebbe mai detto? È quasi un regalo. E i grassi? Certo, ci sono anche loro, ma sono quelli buoni, quelli che il tuo corpo apprezza. Come l’acido oleico, lo stesso che trovi nell’olio d’oliva. È roba buona, capisci? Poi… ci sono i minerali: ferro, magnesio, rame, manganese. Tutto ciò di cui il tuo corpo ha bisogno, racchiuso in un piccolo morso delizioso. Incredibile, vero?! Un autentico concentrato di energia e salute. Un piccolo tesoro nascosto, un gesto di gentilezza che fai a te stesso. Ogni volta che ne prendi un pezzetto, è come dire a te stesso: “Oggi mi voglio bene“. Ed è proprio questo, alla fine, che fa la differenza. Prendersi cura di sé, un morso alla volta.

Gli antiossidanti: i veri supereroi del cacao

Ma chi l’avrebbe mai detto che il cioccolato potesse essere un vero supereroe? Non sto scherzando. Sotto quella scorza scura e quel gusto intenso, c’è una vera e propria forza della natura. Il cioccolato fondente è pieno zeppo di antiossidanti. Sì, quei piccoli guerrieri invisibili, come i polifenoli, i flavanoli e le catechine, pronti a combattere contro i radicali liberi. Sapete chi sono i radicali liberi? Quelle molecole impazzite che vagano per il nostro corpo, danneggiando le cellule e facendoci invecchiare più in fretta. Beh, il cioccolato, con i suoi flavonoidi, agisce come uno scudo. Ci protegge. Aiuta il nostro corpo a resistere ai guai. Meno rughe, meno malattie. Meno rischio di diabete, di problemi al cuore e, perché no, magari anche di quei malanni che fanno davvero paura, come certi tipi di cancro. Ogni morso è come un piccolo alleato che entra in battaglia per noi. Chi lo avrebbe mai immaginato, vero? Un superfood che si gusta, che si sente, e che ci fa anche del bene.

Immaginate questo: uno studio del Journal of the American Heart Association ci dice che il cioccolato fondente, quello buono, con tanto cacao, è addirittura più potente dei mirtilli o del melograno quando si tratta di antiossidanti. Roba da non credere, vero? Ma è proprio così. Ogni singolo boccone è come un piccolo regalo che facciamo al nostro corpo, un gesto che va ben oltre la golosità. Un morso che ci coccola e, allo stesso tempo, ci protegge. Chi avrebbe mai pensato che il piacere potesse essere così salutare?

Un cuore più forte con il fondente

Ok, parliamo di cose concrete. Il cioccolato fondente fa anche un gran bene al cuore. Sì, proprio così. Sono i flavanoli i veri eroi qui, quelli che fanno la differenza. Hanno questo superpotere: stimolano la produzione di ossido nitrico. Ora, non voglio essere troppo tecnico, ma l’ossido nitrico è quella molecola che rilassa i vasi sanguigni, li allarga un po’, lasciando scorrere meglio il sangue e quindi, abbassando la pressione. Praticamente come una carezza che il cioccolato fa al nostro sistema circolatorio. Magia? No, pura e semplice scienza, ma con un pizzico di meraviglia.

Ma sapete qual è l’altro superpotere del cioccolato fondente? Aiuta a migliorare il colesterolo, quello buono. Proprio l’HDL, quello che fa bene al nostro cuore. E nel frattempo combatte l’LDL, il colesterolo cattivo, quello che fa guai nelle arterie. Meno placche, meno rischi. Insomma, meno preoccupazioni per il nostro cuore. Non è una cosa da poco, eh? E pensate che uno studio pubblicato su Nature dice che mangiare cioccolato fondente regolarmente può ridurre il rischio di malattie cardiovascolari del 37%. Vi rendete conto? Tutto questo per un quadretto di cioccolato. Io dico che ogni tanto, un pezzettino, ce lo meritiamo davvero.

Un boost per il cervello: concentrati e felici

Anche la nostra testa ne trae beneficio e alla grande. Quei composti bioattivi che si trovano nel cacao? Sono come un’iniezione di energia per il cervello. Migliorano il flusso di sangue alla testa e questo significa più memoria, più concentrazione. Sai quei giorni in cui hai bisogno di essere sveglio e attento? Bene, il cioccolato è tuo amico. C’è anche un po’ di caffeina e teobromina, quelle piccole sostanze che danno quella carica giusta, quella spinta quando serve davvero. Non è magia ma… quasi.

I flavanoli, nel cacao, sono come quei vecchi amici che ci stanno accanto nei momenti difficili, quelli che ci danno una mano a restare svegli, attenti, vivi. Sono piccole magie che fanno la differenza, davvero. Sono dei perfetti alleati nel ridurre quel declino cognitivo che, inevitabilmente, arriva con l’età… Ma non solo superficialmente: aiutano anche a tenere lontane quelle malattie che fanno paura, come l’Alzheimer! Il cioccolato fondente è come un abbraccio per il cervello, un compagno che ci fa restare lucidi, che ci aiuta a ricordare chi siamo, a restare noi stessi più a lungo. Un pezzetto e ti senti quasi protetto, come se qualcuno stesse dicendo: ‘Tranquillo, ci sono io‘.

Il cioccolato fondente e il buonumore: una dolce medicina

Il cioccolato ci rende felici, su questo non c’è dubbio. Ma avete mai davvero pensato al perché? Non è solo per quel sapore inconfondibile, quel mix perfetto di dolcezza e amarezza che ci avvolge e ci fa sorridere. C’è qualcosa di più profondo. Il cioccolato fondente è come un piccolo mago che lavora dietro le quinte, stimola la produzione di endorfine, quegli ormoni che ci fanno sentire bene, che ci regalano quella sensazione di “va tutto bene, per un attimo è tutto a posto“. E non finisce qui, oh no. Aiuta anche il rilascio di serotonina, quella sostanza che ti fa sentire sereno, in pace, come se fossi avvolto in una coperta calda durante una giornata fredda.

Il cioccolato ha un piccolo segreto romantico che non tutti conoscono. C’è un pizzico di magia nascosta dentro ogni morso: la feniletilamina. Sì, lo so, sembra un termine complicato, ma fidatevi, è più semplice di quanto sembri. Questa è quella sostanza chimica che il nostro cervello produce quando ci innamoriamo. Avete presente quel batticuore, quel brivido che ti corre lungo la schiena quando vedi qualcuno di speciale? Bene, è un po’ come se il cioccolato potesse farci provare qualcosa di simile. Ogni volta che ne mordiamo un pezzo, il nostro corpo reagisce, come se ci stessimo innamorando di nuovo. Ecco perché, quando siamo giù, una tavoletta di cioccolato è molto più di un semplice dolce. È una piccola promessa che, anche solo per un attimo, tutto tornerà ad andare bene. Non risolverà tutti i problemi, certo, ma quel piccolo morso riesce a farci sentire, almeno per un attimo, un po’ più leggeri, un po’ più sereni.

La pelle ringrazia: un beneficio inaspettato

E chi l’avrebbe mai detto? Il cioccolato fa bene anche alla pelle! Sì, proprio così. Ci sono quegli antiossidanti nel cacao che sembrano fatti apposta per proteggerci dai danni del sole, come se ci dessero uno scudo in più contro quei fastidiosi raggi UV. Ci sono pure studi – sì, roba seria, condotti in Germania – che ci dicono che una dieta ricca di flavanoli può rendere la pelle più resistente al sole, più idratata, più densa. Insomma, più forte. Ebbene sì, è un alleato anche per quello che vediamo ogni giorno nello specchio.

Questi antiossidanti sono veri combattenti, riducono lo stress ossidativo che è dietro a tante infiammazioni e, sì, anche a quel fastidioso problema chiamato acne. Quindi, pensateci: il cioccolato potrebbe significare anche una pelle più sana, più luminosa. Una piccola coccola che, aiuta anche a far risplendere il viso. Non è meraviglioso?

Controllo del peso: sembra un paradosso?

Lo so, sembra strano, vero? Parliamo di cioccolato, e chi mai penserebbe che possa aiutarci a controllare il peso? Ma il fondente, quello buono, ha delle sorprese. È pieno di fibre, e quelle fibre ci danno quel senso di sazietà che ci fa dire ‘ok, basta così’. Ci aiutano a non cedere ai mille spuntini fuori pasto, a quel bisogno di mangiare qualcosa solo per riempire un vuoto. Certo, non è un lasciapassare per mangiarne a chili, è pur sempre calorico. Ma se lo usiamo con un po’ di testa, può essere davvero un alleato, un piccolo trucco per sentirsi appagati senza esagerare.

Ma aspetta, alcuni studi ci raccontano che i flavanoli del cacao aiutano a migliorare la sensibilità all’insulina. Vuol dire che il nostro corpo gestisce meglio lo zucchero nel sangue, lo regola, lo tiene sotto controllo. Non è forse incredibile? Questo è un aiuto vero e proprio, soprattutto per chi ha qualche problema con l’insulina o per chi è a rischio di diabete. Un piccolo morso e magari, un grande aiuto. Sì, davvero un alleato inaspettato.

Non dimentichiamo la moderazione

Tutto ha un limite, anche il cioccolato. Nonostante tutti questi benefici, è bene ricordare che il cioccolato fondente contiene calorie, grassi e zuccheri. Quindi, come ogni cosa nella vita, è questione di equilibrio.

Ok, lo so, tutto ha un limite, anche il cioccolato. Per quanto sia buono e pieno di benefici, non possiamo esagerare. Gli esperti ci dicono di non superare i 30 grammi al giorno. Sì, lo so, non è tantissimo, ma è abbastanza per darci quel piccolo momento di gioia senza far danni. E poi, scegliete sempre quello buono, con tanto cacao, almeno il 70% o più. Così vi godete tutto il meglio senza esagerare con gli zuccheri. Ah e attenti alla caffeina: se siete un po’ sensibili, il cioccolato può darvi quella carica che diventa agitazione, magari anche un po’ di insonnia.

E le allergie? Ah, sì, parliamone. Non è uno di quei dettagli che possiamo ignorare. C’è chi è allergico al cacao stesso, pensa un po’, e poi ci sono tutte quelle altre cose che magari non ci pensi: la lecitina di soia, le tracce di frutta a guscio, tutte quelle piccole aggiunte che per qualcuno possono fare la differenza tra un momento di piacere e uno di fastidio o peggio. Il cioccolato fondente è un capolavoro, sì, ma è importante conoscere cosa c’è dentro. Bisogna leggere bene l’etichetta, prendere quel minuto in più per assicurarsi che sia tutto a posto, soprattutto se sai di avere qualche intolleranza o allergia. Perché la cosa bella del cioccolato è che va gustato senza preoccupazioni, con la testa tranquilla e il cuore leggero. Quindi, occhio agli ingredienti e poi goditelo, davvero, senza pensieri.

Un piccolo momento di benessere

Il cioccolato fondente, dunque, ti aiuta a stare meglio, ti fa bene al cuore, ti coccola il cervello, solleva l’umore e, incredibile ma vero, fa bene anche alla pelle. Sì, basta davvero poco, solo un pezzettino, ma buono. Un cioccolato di qualità, scelto con cura. Non bisogna esagerare, è vero, ma goderselo piano, con moderazione. Perché è così che le cose buone fanno la differenza.

E allora, perché non prenderci un attimo per noi? Un quadratino di cioccolato fondente al giorno, niente di complicato, solo un piccolo gesto che ci regala un po’ di felicità. Quel pezzettino che sciogliendosi in bocca ti fa sorridere, che sembra dire: “Tranquillo, va tutto bene“. Non è solo il sapore, è un modo per volerci bene, per prenderci cura di noi stessi, senza troppi fronzoli. Un momento semplice, ma pieno di significato. Ogni morso è un atto d’amore che facciamo alla nostra mente, al nostro cuore. Lasciatevi andare, concedetevi questo piccolo piacere senza pensarci troppo, con tutto l’entusiasmo che merita.

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Salute e Benessere

Malattie cardiovascolari bimbi, da pediatri 5 consigli per...

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Malattie cardiovascolari bimbi, da pediatri 5 consigli per prevenirle

Le malattie cardiovascolari iniziano in età pediatrica ed è proprio durante l’infanzia che occorre prevenirle, individuando precocemente i fattori di rischio. A lanciare l’allarme è la Società italiana di Pediatria (Sip) in occasione del suo congresso nazionale, in corso a Firenze. "A partire dagli 8-10 anni, nei bambini con fattori di rischio, come obesità o predisposizione familiare, è importante monitorare il profilo lipidico attraverso gli screening per le dislipidemie, che misurano i livelli di colesterolo e trigliceridi, entrambi fattori di rischio per malattie cardiovascolari", ricordano i pediatri che hanno elaborato 5 consigli per prevenire le malattie cardiovascolari in età pediatrica.

I consigli: 1) Prevenire il sovrappeso. Promuovere stili di vita sani, con un'alimentazione equilibrata, attività fisica a partire dal bambino più piccolo, evitare il fumo (anche passivo); 2) Monitorare la pressione arteriosa. A partire dai 5 anni, includere la misurazione della pressione nei bilanci di salute del pediatra di famiglia; 3) Se il bambino è in sovrappeso o con ipertensione è bene eseguire esami approfonditi; 4) Valutare la predisposizione familiare. Raccogliere un’anamnesi familiare aggiornata e, in caso di familiarità per patologie cardiovascolari precoci o disturbi del metabolismo glucidico (diabete) o lipidico (aumento del colesterolo o dei trigliceridi) oppure ipertensione arteriosa sottoporre i bambini a una valutazione approfondita; 5) Colesterolo alto. A partire dagli 8-10 anni, introdurre gli screening delle dislipidemie nei bambini con fattori di rischio come obesità o predisposizione familiare.

'Prime alterazioni vascolari sono già evidenti nei vasi di molti soggetti nella prima decade di vita'

L’ipertensione arteriosa e le dislipidemie sono, con il diabete mellito, tra i più frequenti e importanti fattori di rischio per lo sviluppo di malattie cardiovascolari. "Fortunatamente gli eventi cardiovascolari si manifestano clinicamente quasi esclusivamente nell’età adulta. Tuttavia, le prime alterazioni vascolari, le strie lipidiche, sono già evidenti nei vasi di molti soggetti nella prima decade di vita e molti fattori di rischio, quali ipertensione e dislipidemie, se ricercati, sono già presenti in un numero non trascurabile di bambini e ragazzi. Secondo alcuni studi condotti sia su scala italiana che internazionale, l’ipertensione arteriosa nella popolazione pediatrica si attesta intorno al 4-5%. Nei bambini obesi, però, l’incidenza arriva fino al 20-25%", sottolinea Marco Giussani, segretario Gruppo di studio Sip dell’Ipertensione arteriosa e del rischio cardiovascolare.

Quando preoccuparsi? "In alcuni casi, il cuore del bambino può presentare condizioni come il 'soffio innocente', che non richiedono interventi e si risolvono con l’età. Tuttavia, situazioni di dubbio vanno indirizzate a un centro cardiologico pediatrico per escludere problemi gravi", spiega Gianni Bona, Clinica Pediatrica dell'Università del Piemonte Orientale.

'Un bambino con un peso eccessivo è già un problema'

Ciò che invece deve destare preoccupazione è il sovrappeso, che ormai riguarda una percentuale sempre più vasta di bambini e adulti, tanto da parlare di pandemia metabolica. "Un bambino con un peso eccessivo è già un problema, poiché non di rado la sua condizione resterà invariata anche dopo l’adolescenza. In alcune regioni d’Italia, circa il 40% della popolazione tra gli 8 e i 10 anni è in sovrappeso. E questo deve creare preoccupazione", avverte Gianni Bona, Clinica pediatrica dell'Università del Piemonte Orientale. Queste condizioni di rischio, se non trattate, nella maggior parte dei casi si trascinano dall’età pediatrica a quella adulta. Ipertensione arteriosa e dislipidemie sono, di gran lunga, più frequenti tra i bambini e gli adolescenti in eccesso ponderale. «La prevenzione deve puntare a individuare precocemente nei singoli bambini i principali fattori di rischio cardiovascolare per trattarli con un intervento personalizzato che, nella maggior parte dei casi, sarà solo dietetico-comportamentale», interviene ancora Giussani.

Screening cardiovascolari: quando e perché iniziare. "A partire dai 5 anni, è consigliabile misurare annualmente la pressione arteriosa a tutti i bambini. Se i parametri di pressione, peso, altezza e Bmi sono normali, non è necessario uno screening cardiaco specifico. In caso di sovrappeso o ipertensione, invece, sono raccomandati esami più approfonditi, come un'ecocardiografia e test ematici (glicemia, colesterolo, trigliceridi)", precisa la Sip. Anche nei bambini normopeso, ma con una predisposizione familiare per le malattie cardiovascolari, è importante effettuare uno screening che includa gli stessi esami. "La familiarità può raddoppiare il rischio di malattie cardiovascolari, per cui è essenziale condurre un’anamnesi familiare aggiornata, includendo anche i parenti di secondo grado", conclude Bona.

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