In data 30 dicembre l’incremento nazionale dei casi è +0,78% (ieri +0,54%) con 2.083.689 contagiati totali, 1.445.690 dimissioni/guarigioni (+19.960) e 73.604 deceduti (+575); 564.395 infezioni in corso (-4.333). Elaborati 169.045 tamponi totali (ieri 128.740) con 63.748 casi testati (ieri 45.702); 16.202 positivi (target 4.311); rapporto positivi/tamponi totali 9,58% (ieri 8,70% – target 2%); rapporto positivi/casi testati 25,41% (ieri 24,53% – target 3%). Ricoverati con sintomi -96 (23.566); terapie intensive -21 (2.528) con 175 nuovi ingressi del giorno.
Nuovi casi soprattutto in Veneto 2.986; Lombardia 1.673; Puglia 1.470; Emilia Romagna 1.427; Lazio 1.333; Sicilia 1.084; Piemonte 1.046; Campania 930. In Lombardia curva +0,35% (ieri +0,17%) con 23.878 tamponi totali (ieri 11.607) e 6.791 nuovi casi testati (ieri 3.842); 1.673 positivi (target 1.000); rapporto positivi/tamponi totali 7,0% (ieri 7,26% – target 2%); rapporto positivi/nuovi casi testati 24,63% (ieri 21,94% – target 3%); 475.044 contagiati totali; ricoverati -17 (3.617); terapie intensive -17 (481) con 21 nuovi ingressi del giorno; 25.038 decessi (+80). Oggi, su sollecitazione di alcuni lettori, analizziamo il presunto “studio shock” sul reale numero dei contagiati di Wuhan, traendone qualche indicazione di carattere più generaleIl Chinese Center for Disease Control and Prevention ha rilasciato i risultati di una ricerca di sieroprevalenza condotta un mese dopo la fine della prima ondata. Si tratta di una fonte ufficiale, facilmente consultabile e strettamente collegata alla National Health Commission: quindi nessun report segreto o indagine nascosta.
Lo studio ha coinvolto la città di Wuhan, alcune zone della Provincia dell’Hubei e altre 6 Province cinesi (Pechino, Liaoning, Shanghai, Jiansu, Guandong e Sichuan) per un totale di 34.000 soggetti nei quali è stata testata la presenza di anticorpi al Sars-CoV-2. Wuhan (11 milioni di abitanti) si è confermata l’epicentro dell’epidemia, con il 4,43% della popolazione venuta a contatto con il virus, contro lo 0,44% della restante parte della Provincia dell’Hubei: ovvero nella sola città capoluogo 487.300 positivi, contro i 47.684 casi ufficiali di metà aprile. Il numero degli infettati reali era quindi 10,2 volte superiore a quello dei positivi ufficiali. Se confrontiamo questo dato con quelli derivanti da studi analoghi condotti in altri Paesi notiamo come non ci sia nessun “risultato schock”, ma la semplice conferma di quanto sia difficile tracciare il Sars-CoV-2. In Spagna (46,9 milioni di abitanti) la prima indagine di sieroprevalenza è stata condotta tra aprile e metà maggio, quindi in un momento temporale (chiusura della prima ondata) direttamente confrontabile con quello riflesso dai dati cinesi: a metà maggio il 5% della popolazione spagnola era già venuto a contatto con il virus. Ossia 2.345.000 soggetti contro i 243.282 ufficiali: il numero degli infettati reali era quindi 9,6 volte superiore a quello dei positivi ufficiali. In Italia l’indagine di sieroprevalenza è stata condotta più tardi rispetto alla fine della prima ondata, con dati chiusi al 15 luglio 2020: ma ha comunque stimato in 1.482.000 il numero degli italiani venuti a contatto con il Sars-CoV-2, contro i 243.506 rilevati ufficialmente alla stessa data (6,0 volte).
Per un confronto più corretto possiamo utilizzare i dati della Regione più colpita: la Lombardia (10 milioni 60.000 abitanti) che proprio come Wuhan è stata l’epicentro della prima ondata. Lo studio di sieroprevalenza ha stimato che il 7,5% della popolazione al 15 luglio fosse venuta a contatto con il virus: ovvero 754.500 soggetti, contro i 95.236 ufficiali (7,9 volte). Dati analoghi si possono riscontrare nelle indagini condotte in Francia e Germania, come in molti altri Paesi occidentali. L’incremento della capacità di testing ha tuttavia permesso di abbattere questo rapporto. L’ultima indagine condotta in Spagna, chiusa il 29 novembre, ha individuato gli anticorpi nel 9,9% del campione esaminato, corrispondente a 4.643.100 positivi totali a livello nazionale: valore 2,8 volte superiore al dato ufficiale (1.628.208) comunicato alla stessa data dal Ministerio de Sanidad spagnolo. Da questi dati possiamo ricavare due informazioni chiave: 1) La capacità di tracciare il virus (in generale, non solo in Italia) ha permesso di individuare un numero crescente di positivi: passando dal 10% circa di inizio epidemia a un valore attuale stimabile intorno al 30% circa. 2) Il 70% dei positivi sfugge ancora al nostro controllo: ed è quindi fondamentale mantenere un altissimo livello di test eseguiti per tracciare il maggior numero possibile di casi presenti sul territorio.
In Italia non lo stiamo facendo: come abbiamo visto ieri il numero dei tamponi è in fortissimo calo da inizio novembre, con la media giornaliera scesa da 214.788 a soli 128.217 del periodo 22-28 dicembre. In Uk, sempre tra il 22 e il 28 dicembre, sono stati eseguiti 2.745.373 tamponi molecolari, con una media giornaliera di 392.196: 3,05 volte in più rispetto all’Italia. Sempre tra il 22 e il 28 dicembre in Italia sono stati individuati 92.223 nuovi casi (media giornaliera 13.174) in Uk 256.220 (media giornaliera 36.602): 2,77 volte in più rispetto all’Italia. Davvero abbiamo meno casi, o semplicemente non li stiamo tracciando come dovremmo? La risposta ci arriverà, nelle prossime settimane, dai dati sui ricoveri, sui nuovi ingressi nelle terapie intensive e sui decessi.
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Covid, forte legame tra smog e virus: lo studio
Ricerca Enea-Università di Roma Tor Vergata
Uno studio Enea - Università di Roma Tor Vergata ha evidenziato una forte affinità tra il particolato atmosferico (Pm2.5) e la proteina Spike del virus Sars-Cov-2 responsabile del Covid. I risultati, che descrivono l’interazione tra le polveri sottili e il virus attraverso simulazioni di dinamica molecolare eseguite con il supercalcolatore Cresco6, sono stati pubblicati sulla rivista online Science of The Total Environment e rientrano nell’ambito del progetto Pulvirus.
“Durante la fase iniziale della pandemia la Lombardia e, in generale, tutta l’area della Pianura Padana sono state colpite più duramente dall’infezione virale rispetto al resto del Paese. Parliamo di una parte d’Italia tra le più inquinate e questo ha portato la comunità scientifica a ipotizzare un possibile ruolo del particolato atmosferico nella diffusione del virus”, spiega Caterina Arcangeli, ricercatrice Enea del Laboratorio Salute e Ambiente e coautrice dello studio insieme ai colleghi Barbara Benassi, Massimo Santoro e Milena Stracquadanio e ai ricercatori del Dipartimento di Biologia dell’Università di Roma Tor Vergata Alice Romeo, Federico Iacovelli e Mattia Falconi.
Lo studio è partito dalla verifica e dimostrazione della presenza del genoma del virus responsabile del Covid-19 su almeno il 50% dei campioni di filtri per il Pm2.5 raccolti nella città di Bologna nell’inverno del 2021. “A seguire abbiamo realizzato al computer modelli molecolari semplificati di Pm2.5 e di Sars-Cov-2 e abbiamo valutato la loro interazione mediante simulazioni ad alte prestazioni eseguite con il supercalcolatore Cresco6”, aggiunge Arcangeli.
Le simulazioni - spiega una nota - hanno mostrato chiaramente che i glicani (zuccheri) presenti sulla superficie della proteina Spike giocano un ruolo importante nell’interazione tra virus e particolato, mediando il contatto diretto con la corrispondente superficie del nucleo di carbonio del Pm2.5. Inoltre, dallo studio emerge anche una stretta correlazione tra Pm2.5 e virus anche rispetto alle caratteristiche chimiche del particolato fine, il cui contenuto in carbonio elementare sembra avere una funzione guida nell’interazione con il Sars-Cov-2.
“Sebbene l’affinità tra Pm2.5 e Sars-Cov-2 appaia plausibile, la simulazione non permette di valutare se queste interazioni siano sufficientemente stabili per trasportare il virus nell’atmosfera o se il virione mantenga la sua infettività dopo il trasporto. La possibilità che il virus possa essere ‘sequestrato’ dal Pm, con conseguente riduzione di infettività e diffusione, o inattivato da questa forte interazione con il particolato non può essere quindi esclusa”, prosegue la ricercatrice Enea.
La forza delle simulazioni al computer effettuate da questo studio risiede nella capacità di modellare diversi tipi di particolato, variando sia la concentrazione che la composizione chimica degli inquinanti atmosferici. Queste simulazioni possono, dunque, rappresentare uno strumento utile per valutare rapidamente l’eventuale interazione delle polveri sottili con virus, batteri o altri bersagli cellulari rilevanti. “Questa possibilità potrebbe dimostrarsi utile per contrastare o controllare la diffusione di future malattie trasmesse per via aerea in regioni altamente inquinate e fornire informazioni utili per elaborare piani di controllo dell'inquinamento dell’aria”, conclude Arcangeli.
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Doug Pitt: l’uomo oltre il nome famoso
Nel mondo delle celebrità, spesso i riflettori sono puntati su nomi familiari come Brad Pitt, ma dietro ogni grande figura c’è un intero universo di individui che contribuiscono in modo significativo al loro settore e alla società nel suo complesso. Uno di questi casi è quello di Doug Pitt, fratello minore dell’acclamato attore Brad Pitt. Ma Doug è molto di più di “il fratello di”. È un imprenditore di successo, un filantropo appassionato e una figura che merita sicuramente di essere conosciuta più a fondo. Personalità sfaccettata e di grande successo, ha un nome costruito grazie alle sue aziende votate alla tecnologia e alle numerose attività di filantropo nel corso degli anni.
Dal fratello di Brad Pitt all’individuo di successo
Nato il 2 novembre 1966 a Springfield, nel Missouri, Doug Pitt è soprattutto conosciuto perché condivide lo stesso sangue con l’attore hollywoodiano Brad Pitt. Spesso cresciuto all’ombra del più celebre fratello maggiore, Doug ha intrapreso una strada di successo contando sulle proprie capacità e i propri interessi. Dopo aver completato gli studi all’università della sua contea, infatti, ha iniziato una carriera tutta in salita nei settori immobiliare e finanziario, mostrando sin da subito il suo talento nel mondo degli affari. Risale all’aprile del 1991 la fondazione della sua prima azienda, la ServiceWorld Computer, occupata nella fornitura di servizi informatici. A soli 25 anni inizia così la scalata che lo porterà nel mirino del club dei milionari.
Nel 2007 decide di cedere il 75 per cento degli interessi dell’azienda a Miami Nations Enterprises rimanendone però il proprietario e principale partner operativo. Nel 2012 fonda quindi TSI Integrated Services in collaborazione con TSI Global. Nel 2013 Pitt e Miami Nations Enterprises decidono di fondere ServiceWorld con TSI Global. Nel 2017 Pitt ricompra la sua prima società di computer creando la nuova Pitt Development Group, società specializzata in sviluppi commerciali e territoriali. Con questa azienda si è proposto come leader indiscusso nel settore.
Imprenditore e Filantropo
Doug Pitt non è solamente un uomo d’affari di successo, ma un filantropo impegnato che usa i suoi mezzi a disposizione per intervenire in aree critiche del mondo. “Care to Learn”, di cui è il fondatore, è un’organizzazione benefica che fornisce risorse essenziali a bambini che vivono in contesti difficili. L’organizzazione si concentra su bisogni fondamentali come cibo, vestiti e attrezzature scolastiche, permettendo ai più giovani di crescere e imparare in un ambiente positivo e accogliente.
Doug è anche collaboratore di Waterboys.com, WorldServe International e Africa 6000 International (a cui partecipa anche la sorella Julie), organizzazioni impegnate nella fornitura di acqua potabile nei paesi africani più in difficoltà, come Tanzania e Kenya. Nel 2010 l’allora presidente della Tanzania Jakaya Kikwete lo ha insignito del titolo di Ambasciatore di buona volontà per la Repubblica Unita di Tanzania. Con questo titolo opera in qualità di intermediario per tutte quelle aziende che vogliono contribuire alla rinascita economica e culturale del paese. Nel 2011 il presidente americano Bill Clinton lo ha premiato con l’Humanitarian Leadership Award.
Dietro le quinte dell’industria del vino
Oltre al suo coinvolgimento nel settore immobiliare e nell’ambito delle opere di beneficenza, Doug Pitt ha anche sviluppato una passione per il mondo del vino. È coinvolto nella gestione di “Pitt Vineyards”, un’azienda vinicola che produce vini di alta qualità. Questa dedizione per il vino riflette la sua grande curiosità e il suo interesse per settori imprenditoriali differenti.
Una vita riservata
La famiglia di primo piano non ha impedito a Doug Pitt di mantenere un profilo relativamente basso nel mondo dei media. Ha cercato, infatti, di proteggere la sua privacy e di concentrarsi sul suo lavoro e sulle sue passioni, piuttosto che sfruttare la sua connessione familiare per attirare l’attenzione dei riflettori. Nel 1990 ha sposato Lisa Pitt, conosciuta all’università, e insieme hanno tre figli: Landon, Sydney e Reagan.
Nonostante abbia sempre cercato di non farsi notare, in certe occasioni è apparso sui media presentandosi in modo scherzoso come il fratello del più celebre Brad. Ha girato diversi spot pubblicitari, come quello per Virgin Mobile Australia, e in alcuni ha vestito persino i panni del fratello, come nella pubblicità per Mother’s Brewing Company. In diverse interviste rilasciate (come quella all’emittente Nova FM) ha anche ammesso di essere scambiato per il fratello almeno 3 volte a settimana da sconosciuti che lo incontrano per strada. Questo perché i due fratelli oltre a condividere carriere di successo, hanno effettivamente un fisico e dei lineamenti molto simili.
L’eredità di Doug Pitt
La storia di Doug Pitt dimostra come dietro a ogni individuo ci siano esperienze, imprese e passioni diverse che meritano di essere riconosciute. Pur essendo spesso additato come “il fratello di Brad Pitt”, la sua dedizione per il mondo degli affari, il suo coinvolgimento nella beneficenza e la sua capacità di perseguire le sue passioni lo rendono un esempio di impegno e di successo. Il suo lavoro nel settore imprenditoriale e filantropico dimostra come sia possibile creare un’eredità significativa indipendentemente dal nome di famiglia e che ognuno ha il potenziale per influenzare positivamente sulla vita degli altri.
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È finalmente nelle sale cinematografiche il film “Tic Toc”
E continua anche il suo tour promozionale con vari appuntamenti.
Girato a Terni negli studios di Papigno, la commedia è stata diretta dal regista Davide Scovazzo mentre la produzione è stata affidata ad Anteprima Eventi Production e Management S.r.l. di Massimiliano Caroletti. Il film vanta un cast di eccezionali attori noti al pubblico tra cui Eva Henger, Maurizio Mattioli, Sergio Vastano, Fausto Leali, Donatella Pompadour, Valentino Marini, Paolo Pasquali alias Doctor Vintage, Cristiano Sabatini alias Bike Chef, Simone Bargiacchi alias Antonio Lo cascio, Samuel Comandini Alisa Zio_ Command, Fabio Stirlani alias Stirlo , Dimitri Tincano, Jennifer Caroletti, Antonella Scarpa alias Himorta, Vanessa Padovani alias Miss Mamma Sorriso, Chaimaa Cherbal, Claudia Letizia ,Elena Colombi , Paola Caruso, Luigi Iocca, Giuseppe Lisco, Rosy Campanale, Daniel Bellinchiodo, Francesco Aquila, Michela Motoc.
E proprio Eva Henger con Massimiliano Caroletti insieme alla figlia Jennifer, al suo debutto sul grande schermo, sono ospiti della prestigiosa kermesse cinematografica Ischia Global Fest, e incontreranno il pubblico prima della proiezione con Doctor Vintage, anche lui nel cast della pellicola, nella serata del 13 luglio.
Filo conduttore del film il rapporto con i social. Tic Toc è una commedia che intreccia tante vicende e scopre tante realtà partendo dalla storia di quattro intraprendenti scansafatiche che per guadagnare qualche soldo decidono di rapire Eva Henger. Un progetto che frana a causa del Covid e che innesca un susseguirsi di intoppi divertenti: “Un gruppo di Sinti, una sorta di gang Fedeli al triste, ma vero, gioco di parole “è tutto LORO quello che luccica”, i quattro passano giornate ad invidiare le superstar di oggi , ovvero gli, e soprattutto le, Influencers, attribuendo a ognuno e a ognuna di loro vite principesche, fatte di limousines, jet privati, champagne della migliore categoria, ville gigantesche e stuoli di servitori, tutto ciò che, nella loro miseria, è loro negato dalla vita, in una maniera che, dal loro punto di vista, reputano ingiusta ed immorale. Stufi di raccogliere le briciole di quello che loro credono essere solo un mondo dorato e pieno di privilegi, i quattro mascalzoni vengono a sapere che la star Eva Henger inaugurerà una Escape Room (cosa che loro non hanno idea di cosa sia) a Terni, per cui a Zagaja, ma ben presto condiviso dagli altri pur se con qualche perplessità soprattutto da parte di Bike Chef, viene la “brillante” idea: appostarsi poco prima dell’entrata della Escape Room e rapire la Diva, che per lui è anche il suo sogno erotico da sempre, in modo da chiedere il riscatto ai suoi numerosi sponsor”, ha spiegato l’ideatore Fabio Stirlani. La trama affronta in chiave drammatica argomenti comici che riflettono l’attualità.
Un film che segna il grande ritorno al cinema di Eva Henger che per l’occasione ha interpretato se stessa. Un ruolo cucito alla perfezione su di lei: “Ho interpretato me stessa. Pensavo fosse facile, invece è stato difficilissimo. Quando si interpreta la propria persona ci si rende conto di non conoscerla realmente. Ho dovuto metterci dell’ironia, verve e passione, anche perché sarà un film comico, che farà ridere molto”. Assieme a lei sul set la figlia Jennifer Caroletti interessata a seguire le orme della madre.