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Decisa la chiusura della soap “Una Vita”, i fan protestano

La soap opera in onda su Canale 5, Una Vita, chiude definitivamente i battenti.

Una notizia inattesa ha sconvolto i fan della celebre telenovela Una Vita: dopo sei anni di attività, la rete iberica LA1 ha scelto infatti di porre fine alle storie ambientate a Calle Acacias, “costringendo” di fatto i telespettatori a dire addio ai tanti personaggi a cui si sono affezionati. Al momento, l’esigenza principale di TVE è quella di dare una nuova linfa vitale al suo palinsesto quotidiano, ma ciò ha fatto comunque storcere il naso a chi ha creduto nel progetto di Acacias 38 – il nome originale della produzione – fin dal suo inizio, rendendolo di fatto un appuntamento atteso, in Spagna ma anche in Italia.

In Italia, la soap ha preso il via su Canale 5 a giugno 2015, dopo aver debuttato in terra iberica il 15 aprile dello stesso anno. Tra i personaggi più iconici della produzione, che ha avuto inizio con la storia d’amore tra Manuela (Sheyla Farina) e German (Roger Berruezo) ostacolata dalla perfida Cayetana Sotelo Ruz (Sara Miquel), bisogna sicuramente annoverare quello di Ursula Dicenta, interpretata magistralmente da Montse Alcoverro. Arrivata nel quartiere da semplice istitutrice per supportare Cayetana in seguito alla morte della piccola Carlota (Andrea Lopez), la dark lady ha saputo ritagliarsi sempre più spazio nelle vicende di Acacias, macchiandosi di atroci delitti, compreso quello della sua stessa figlia Olga (Sara Sierra), che ha dovuto sacrificare per salvare Blanca (Elena Gonzalez), l’altra sua erede.

Un passato, quello della Dicenta, caratterizzato da eventi funesti: cresciuta in Russia, la giovane Ursula è stata infatti abbandonata dai suoi familiari, i quali non hanno creduto fosse stata violentata da alcuni ladri, preferendo cacciarla di casa e dimenticandosi della sua esistenza. Un dolore che la donna ha scelto di combattere cancellando da sé ogni tipo di empatia verso il prossimo. D’altronde, lei che non aveva mai ricevuto amore, non sapeva nemmeno come darlo agli altri. Motivo per cui ciascuno dei suoi rapporti, compresi quelli con Cayetana, l’ex sacerdote Telmo (Dani Tatay) e Genoveva Salmeron (Clara Garrido), ha finito per logorarsi. Una ricerca incessante di affetto, mai colmata fino in fondo, che, nelle prossime settimane, la porterà a gettare la spugna, finché non arriverà anche per lei il triste epilogo. Un addio inevitabile, ma che ha reso la personalità della Dicenta ancora più “inscalfibile”.

Un po’ come è accaduto, seppur per ragioni diverse, alla pittrice Maite Zaldua, in arrivo tra qualche settimana anche in Italia. Interpretata da Ylenia Baglietto, la donna introdurrà nuovamente nella telenovela la tematica dell’omosessualità, dato che avvierà una relazione “proibita”, almeno per il periodo, con la timida Camino Pasamar (Aria Bedmar). Fortemente caratterizzata da un animo progressista, la Zaldua saprà imporre il suo punto di vista in un mondo estremamente maschilista. Un modo di essere coraggioso che, inevitabilmente, la farà soffrire: non a caso, grazie ai vari tranelli della suocera Felicia (Susana Soleto), passerà dei difficili momenti in carcere, dove verrà anche picchiata, e si dovrà allontanare per qualche tempo dalla sua amata Camino.

Comunque sia, come i più attenti ricorderanno, i temi LGBT+ sono già stati toccati in diverse occasioni dalla soap. Tuttavia, Ylenia è molto orgogliosa di questo risvolto per il suo personaggio, che ha dato un punto di vista forte e d’impatto alle donne, ma anche agli uomini, omosessuali che si trovano nella stessa situazione della “sua” Maite e di Camino. In fondo, lo scopo di una produzione importante come Acacias 38 è proprio questo: trasmettere messaggi per far sì che il pubblico possa riconoscersi nelle varie trame che vengono affrontante per dare loro la giusta lettura.

In virtù di questo, è decisamente straniante immaginare un futuro senza Una Vita. Al momento, pare che le riprese verranno interrotte nel mese di marzo, cosa che farà sì che l’addio su LA1 avvenga intorno a fine maggio (o al più tardi nelle prime settimane di giugno). Né gli attori e né gli addetti al lavoro, quando è stata annunciata la brutta notizia, si aspettavano che Acacias avesse i giorni contanti. Lo stupore iniziale, che ha cancellato la gioia dei festeggiamenti dei sei anni sul set, si è tramutato presto in una “battaglia” a suon di petizioni on line: ad esempio, i numerosi telespettatori stanno, attualmente, cercando di salvare la loro produzione preferita, ma tutto lascia presagire che i riflettori di Acacias, purtroppo, si spegneranno.

Davvero un peccato per una soap che, nei suoi quasi 1500 episodi, ha anche ricostruito un riquadro abbastanza veritiero delle epoche storiche che ha attraversato. Partita nel 1899, grazie a vari salti temporali, Acacias 38 ha potuto raccontare anche il periodo precedente alla Prima guerra mondiale, con tanto di accenni alla politica e agli avvenimenti storici realmente avvenuti, per poi concludere il suo ciclo nel 1920, come stanno mostrando gli episodi attualmente in onda nella penisola iberica. Storyline dove non sono mai mancati i grandi amori: da Manuela e German, passando per gli amatissimi Pablo (Alba Brunet) e Pablo (Carlos Serrano Clark), senza scordarsi di Teresa (Alejandra Meco) e Mauro (Gonzalo Trujillo), Telmo e Lucia (Alba Gutierrez), Blanca e Diego (Ruben de Eguia) e tanti altri.

In ogni caso, quando si parla del successo della soap ideata da Aurora Guerra e Miquel Peidro, già autori de El Secreto de Puente Viejo, è impossibile non citare un eterno contrasto che è stato perennemente al centro della scena: la differenza sociale tra i signori e i loro domestici, tutti residenti nella soffitta del civico 38, da sempre punto focale della narrazione. Senza Fabiana (Inma Perez Quiros), Casilda (Marita Zafra), Servante (David V. Muro) e tutti gli altri inservienti la trama non sarebbe stata la stessa. Il pubblico avrebbe dovuto rinunciare, ad esempio, alla stagione che proprio Canale 5 sta trasmettendo in queste settimane: l’avvocato Felipe Alvarez Hermoso (Marc Parejo) ha infatti perso letteralmente la testa per la brasiliana Marcia Sampaio (Trisha Fernandez), anche se inconsapevole del suo apparente legame matrimoniale con il losco Santiago Becerra (Aleix Melé).

Ad ogni modo, l’addio per gli italiani è ancora lontano: ogni giorno, la rete ammiraglia Mediaset – fatta eccezione per la domenica – trasmette infatti soltanto metà puntata della soap. Tenendo conto di questa programmazione, mancano quindi ancora più di 600 appuntamenti con le storie dello sfortunato quartiere, in cui non sono mancati tradimenti, efferati omicidi e rapporti sentimentali in grado di far sognare circa tre milioni di telespettatori. Numeri che, in più di un’occasione, hanno permesso agli abitanti di Acacias di superare altre produzioni storiche come Beautiful. Una Vita sarà dunque parte integrante del palinsesto almeno fino a metà del 2022. Restano così diversi mesi al pubblico prima di congedarsi dai personaggi che gli tengono compagnia, ormai, da sei anni.

Ora come ora, l’interrogativo principale è soltanto uno: con quali modalità gli autori concluderanno ogni storyline? A Puente Viejo, causa il sopraggiungere della pandemia che non ha permesso di girare alcune scene principali, una bomba ha messo fine alla quotidianità del paesello. E’ improbabile che anche Acacias possa avere lo stesso epilogo. La speranza è dunque che tutti i volti cari possano, in qualche maniera, raggiungere la tanto agognata felicità, a partire da Lolita (Rebeca Alemany) che, ahimè, ha perso il suo amato Antonio (Alvaro Quintana) nell’ennesimo attentato anarchico. Una sorta avversa che è toccata anche a Ramon (Juanma Navas) con Carmen (Maria Blanco), la sua terza moglie.

Chi si sintonizza di fronte alla tv per guardare una soap, anche se drammatica come Acacias 38, auspica sempre in un bel lieto fine. Lo stesso che nessuno credeva di vedere nel 2021, ma le cose ad oggi stanno così. Speriamo quindi che almeno quello accontenti un po’ tutti quanti.

*Con la preziosa collaborazione di Roberto Mallò

Giornalista e fondatore dell’agenzia Massmedia Comunicazione, è il motore dietro gran parte delle nostre interviste. Con un occhio per i dettagli e un talento nel porre le domande giuste, contribuisce significativamente al nostro contenuto.

Attualità

Camera approva pene più severe per reati contro gli...

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“Dedico alle vittime mute e invisibili, soprattutto agli animali di cui non si è mai parlato e mai si parlerà, il frutto di questo grande e incessante impegno”. Esulta l’on. Michela Vittoria Brambilla, presidente dell’Intergruppo per i Diritti degli animali e della Lega italiana per la Difesa degli animali e dell’ambiente, per l’approvazione nell’aula di Montecitorio della pdl AC30, di cui è prima firmataria e relatrice, che finalmente garantisce maggiore tutela penale agli animali: “Una rivoluzione”.

“Il testo – ricorda la deputata di Noi moderati – aumenta le pene, sia detentive che pecuniarie, per i principali reati e illeciti a danno degli animali: l’uccisione, il maltrattamento, l’organizzazione di combattimenti. Di fronte all’obiettiva gravità di certe condotte, tutti – partiti, associazioni, società civile – reclamavano sanzioni più severe, più deterrenza”. Tra le principali novità la rubrica del titolo IX bis del Codice penale: non più “Dei delitti contro il sentimento dell’uomo per gli animali”, ma, in linea con la recente riforma costituzionale, “Dei delitti contro gli animali”. Viene tutelato non più il sentimento dell’uomo ma direttamente l’animale. Aumentano le pene per l’uccisione di animali (544-bis): si passa da quattro mesi di reclusione nel minimo e due anni nel massimo a sei mesi nel minimo e tre anni nel massimo, sempre congiunti ad una multa – finora non prevista – da 5 mila a 30 mila euro. “Se il fatto è commesso adoperando sevizie o prolungando volutamente le sofferenze dell’animale” si passa a un anno nel minimo e quattro nel massimo, con una multa raddoppiata da 10 mila a 60 mila euro: si potrà finire in carcere. Aumentano le pene per il maltrattamento degli animali (544-ter): si passa da tre mesi nel minimo e diciotto nel massimo a sei mesi nel minimo e due anni nel massimo, accompagnati sempre dalla multa (tra i 5 mila e i 30 mila euro) che oggi è alternativa alla reclusione.

Aumentano le pene pecuniarie per chi organizza spettacoli e manifestazioni con sevizie e strazio per gli animali (544-quater): aumenta significativamente la multa da 5 mila a 15 mila euro nel minimo, da 15 mila a 30 mila nel massimo. Aumentano le pene per la violazione del divieto di combattimenti o di competizioni non autorizzate tra animali (544-quinquies): la pena detentiva aumenta da uno a due nel minimo e da tre a quattro anni nel massimo. Sarà punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 5 mila a 30 mila euro anche chi partecipa a qualsiasi titolo ai combattimenti o alle competizioni. Aumentano le pene per l’uccisione o il danneggiamento degli animali altrui (art. 638): il reato diventa finalmente perseguibile d’ufficio, come quelli del titolo IX bis. La pena passa da sei mesi a un anno nel minimo e da un anno a quattro anni nel massimo, ai quali un ordine del giorno chiede di aggiungere la multa da 10 mila a 60 mila euro. L’articolo sarà applicabile all’uccisione o al danneggiamento anche di un solo bovino o equino. Per tutti questi reati contro gli animali sono previste nuove aggravanti, con l’introduzione dell’articolo 544-septies: se i fatti sono commessi alla presenza di minori, se i fatti sono commessi nei confronti di più animali, se il fatto è diffuso attraverso strumenti informatici e telematici. Il divieto di tenere il cane alla catena, finora previsto solo da alcune leggi regionali, è introdotto a livello nazionale e sorretto da adeguate sanzioni (da 500 a 5 mila euro).

“Questo – sottolinea l’on. Brambilla – è il cambiamento che in molti attendevano, credo che se ne coglierà presto la portata. Alla percezione di sostanziale impunità, che accompagna chi commette crimini contro gli animali, corrisponde un sentimento di profonda indignazione in ampi settori dell’opinione pubblica, di tutti gli orientamenti politici e culturali, un sentimento che non era e non è possibile ignorare. A chi invece sogna l’impunità solo perché le vittime sono animali e non possono neanche parlare, dico che continui a sognare o si trasferisca in un altro Paese, perché qui per l’impunità non c’è spazio”.

“Da quattro legislature – conclude – porto avanti, e ne sono orgogliosa, questa battaglia di civiltà, che non ha colore politico, come dimostra il lavoro trasversale che facciamo nell’Intergruppo parlamentare per i diritti degli animali. Avevo promesso giustizia agli ultimi tra gli ultimi, ai tanti animali seviziati e uccisi da mani scellerate. Ricordo il cane Angelo torturato a morte nel Cosentino, il cane Aron bruciato a Palermo, il gatto Leone scuoiato vivo nel Salernitano, il gatto Green ucciso a botte in Veneto. E poi ci sono gli altri che non potrei citare tutti neppure se avessi a disposizione molte ore. Oggi posso dire di avere raggiunto un traguardo, di aver ottenuto pene più elevate, di aver mantenuto la promessa. E garantisco che non mi fermerò qui, proseguirò su tutti i fronti che richiedono l’attenzione di chi veramente ama e rispetta gli animali, nostri fratelli minori, nostri compagni di viaggio sull’arca planetaria”.

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Attualità

Nuovo Codice della Strada: tutto quello che cambia dal 2024...

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Il giorno in cui il Senato ha dato il via libera definitivo al Nuovo Codice della Strada è arrivato. Una riforma che ci tocca tutti, chi più e chi meno e che introduce novità importanti per garantire una maggiore sicurezza sulle nostre strade. Tutto è pensato per ridurre gli incidenti, disciplinare meglio nuovi mezzi di trasporto come i monopattini elettrici e – diciamocelo – dare una stretta a chi proprio non riesce a seguire le regole.

Ma andiamo con ordine, perché di novità ce ne sono tante e meritano tutte un po’ della nostra attenzione.

Guida in stato di ebbrezza: tolleranza zero e nuove pene severe

Lo sappiamo tutti: mettersi al volante dopo aver bevuto o sotto l’effetto di droghe è una pessima idea. Le pene sono severe, ecco, ma ora sono ancora più dure. Perché? Beh, non c’è da stupirsi: i numeri parlano chiaro e sono terribili. Troppe vite spezzate, troppi incidenti che si potevano evitare. Che sia una birra di troppo o qualcosa di peggio, le conseguenze sono serie, pesanti e ti colpiscono dritto nel portafoglio, oltre che nella vita.

Tassi alcolemici e sanzioni: Facciamola semplice. Se hai un tasso tra 0,5 e 0,8 g/l, preparati a pagare fino a 2.170 euro e addio patente per almeno 3-6 mesi. Superi questa soglia? Peggio per te: la multa arriva fino a 6.000 euro, patente sospesa fino a due anni e nei casi più gravi, potresti finire dietro le sbarre per un anno. Non è uno scherzo.

Ah, e poi c’è la novità dell’Alcolock. Cos’è, ti chiedi? Un dispositivo che non ti fa neanche accendere la macchina se hai bevuto. Zero tolleranza, sul serio. Sarà obbligatorio per chi è stato già beccato a guidare ubriaco. Forse, finalmente, riusciremo a evitare che qualcuno ci ricaschi.

Uso del cellulare alla guida: più che una distrazione, un pericolo

Non ci giriamo attorno: il cellulare alla guida è una piaga. Tutti lo sappiamo ma quanti riescono davvero a resistere alla tentazione di dare un’occhiata veloce al messaggio arrivato o alla notifica che vibra? Bene, ora ci sarà un motivo in più per resistere, perché le multe sono salite.

– Chi viene colto in flagrante rischia una multa tra 250 e 1.697 euro. Non solo: la patente può essere sospesa da una settimana fino a 15 giorni. E per chi insiste e viene beccato più volte? Si parla di multe fino a 2.588 euro, con sospensione della patente da uno a tre mesi e la decurtazione di 10 punti.

L’obiettivo è chiarissimo: meno distrazioni, più attenzione. Le distrazioni al volante sono un pericolo non solo per chi guida ma per tutti gli altri utenti della strada. E qui il messaggio è chiaro: basta scuse.

Neopatentati: restrizioni più lunghe per imparare meglio

I neopatentati sono considerati una categoria a rischio e non è difficile capire il perché: poca esperienza, magari un pizzico di spavalderia. Per questo, le limitazioni sono state estese.

– Il periodo in cui i neopatentati non possono guidare veicoli di elevata potenza è passato da uno a tre anni. Tre anni in cui dovranno fare pratica con auto che non superino una potenza specifica massima di 75 kW/t e comunque non oltre i 105 kW, che corrispondono a circa 142 cavalli.

È una scelta che può sembrare restrittiva, ma che mira a far crescere i nuovi conducenti in sicurezza, senza la pressione di dover gestire auto troppo potenti prima di essere veramente pronti.

Monopattini elettrici: più sicurezza, meno anarchia

Negli ultimi anni, i monopattini elettrici hanno letteralmente invaso le città italiane. Veloci, pratici, ma anche un po’ pericolosi, soprattutto per la mancanza di regole chiare. Bene, ora le regole ci sono e sono abbastanza stringenti.

  • Targa e assicurazione obbligatorie: tutti i monopattini dovranno avere una targa e un’assicurazione. Sì, proprio così, non sono più chiacchiere. Basta con l’anarchia totale: ora, se succede qualcosa, bisogna sapere chi è stato, chi deve rispondere. Serve per responsabilizzare chi guida, ma soprattutto per avere un nome e un cognome in caso di incidente.
  • Casco obbligatorio per tutti: Che tu sia un ragazzino o un adulto, il casco va messo. Punto. Non importa l’età, importa la sicurezza. E poi, niente strade super trafficate: solo quelle urbane e solo se il limite è sotto i 50 km/h. Insomma, ci vuole un po’ di testa.

Le sanzioni? Non sono uno scherzo. Parliamo di multe da 100 a 400 euro se vai in giro senza assicurazione e da 200 a 800 euro se ti mancano cose essenziali come i freni o le frecce. Più regole, più sicurezza, meno rischi. E meno problemi per tutti.

Autovelox e infrazioni: più precisione nei controlli

L’uso degli autovelox è stato spesso criticato, soprattutto quando sembrava più uno strumento per fare cassa che per garantire la sicurezza. Ora, con la riforma, si punta a un uso più mirato e preciso.

– Gli autovelox potranno rilevare più infrazioni contemporaneamente: oltre alla velocità, potranno segnalare la mancanza di revisione o il mancato pagamento dell’assicurazione. Saranno installati solo in zone ad alta incidentalità e vietati in strade urbane con limiti sotto i 50 km/h o extraurbane sotto i 90 km/h.

L’idea è di usarli dove davvero servono, non per riempire le casse dei Comuni ma per evitare tragedie.

Abbandono di animali: pene più severe per tutelare tutti

Una delle novità più importanti riguarda l’abbandono di animali lungo le strade. Questo comportamento non è solo crudele, ma è anche pericoloso per gli automobilisti. Chi abbandona un animale e provoca un incidente rischia fino a sette anni di carcere. La patente potrà essere sospesa da sei mesi a un anno.

È un messaggio forte: gli animali non si abbandonano, e chi lo fa non mette a rischio solo la vita di un essere indifeso ma anche quella degli altri utenti della strada.

Obiettivi della riforma: un futuro più sicuro per tutti

Con queste modifiche, il messaggio è chiaro: basta incidenti evitabili, basta rischi inutili. Serve una stretta vera, una mano ferma che riporti ordine sulle strade. Pene più severe, regole nuove per quei mezzi che finora erano un po’ fuori controllo e controlli più rigorosi. Tutto questo per cercare di ridurre il numero di tragedie che, troppo spesso, si potrebbero evitare. Le nostre strade devono tornare a essere sicure. Per tutti.

Però, diciamocelo: una legge, da sola, non può bastare. Serve anche il nostro impegno, quello di tutti. Non è solo questione di seguire le nuove regole: è questione di responsabilità, di prendersi cura gli uni degli altri quando siamo al volante. La sicurezza stradale è una sfida comune, qualcosa che riguarda ognuno di noi. E sì, con un po’ di impegno da parte di tutti, possiamo davvero fare la differenza.

Quindi, occhi aperti, testa sulle spalle e cuore in quello che facciamo: la strada è di tutti e ognuno di noi ha il dovere di renderla più sicura.

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Attualità

Chi vuole parlare d’amore? La nuova docuserie che...

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Ragazzi, amori, sesso e verità senza filtri. Da martedì 19 novembre, arriva in esclusiva su RaiPlay una nuova docuserie dal titolo intrigante: “Chi vuole parlare d’amore?“. Le registe Isabel Achaval e Chiara Bondì, entrambe amiche e mamme, si sono lanciate in un’avventura per capire davvero cosa passa per la testa dei ragazzi quando si parla di sentimenti. Cos’è cambiato dall’epoca in cui loro stesse erano adolescenti? E cos’è invece rimasto lo stesso?

Immaginate due donne che camminano per le strade di Roma, con un microfono in mano e mille domande che fanno battere il cuore. Si fermano davanti ai ragazzi nei posti più autentici: fuori dalle scuole, nelle piazze dove ci si perde in chiacchiere fino a tardi, in biblioteca. Vogliono capire cosa c’è davvero dietro quegli sguardi quando si parla di amore. Così nasce “Chi vuole parlare d’amore?”. Non è solo un’indagine sociale, è molto di più: è un viaggio profondo, un tuffo nelle emozioni più vere, senza filtri, senza barriere.

La verità? Spesso i ragazzi parlano poco di queste cose. Un po’ perché sono timidi, un po’ perché hanno paura di non essere capiti. E va bene, è normale. Ma Isabel e Chiara non si fermano. Loro vogliono andare oltre, vogliono capire davvero. E così, puntata dopo puntata, esplorano ogni aspetto della vita sentimentale e sessuale dei giovani. Senza moralismi, senza pregiudizi, senza filtri. Si comincia dai “Primi amori” – quei primi batticuori che ti travolgono e ti fanno sentire come se niente altro al mondo contasse. Poi si passa agli “Amori difficili”, quelli che ti mettono alla prova e si arriva fino alla scoperta del sesso. Una puntata in cui si parla anche di educazione sessuale, con tutte quelle domande che i ragazzi spesso non trovano il coraggio di fare, né a scuola né a casa. Ecco, qui possono finalmente farle.

In questa docuserie non ci sono risposte preconfezionate: ci sono ragazzi veri, con le loro storie e i loro dubbi. C’è chi si chiede cosa sia il vero amore, chi si sente insicuro rispetto alla propria identità sessuale, chi fatica a capire cosa significhi avere una relazione sana nell’era del digitale. Le questioni di identità, di orientamento e il rapporto con il mondo digitale sono tutti temi che emergono, a volte con leggerezza, altre con più difficoltà.

Il bello è che questo viaggio non lo fanno da soli. In ogni episodio c’è una guida speciale: psichiatri, scrittrici, ginecologhe e persino filosofi, come Vittorio Lingiardi, Maria Grazia Calandrone e Violeta Benini, che aiutano a dare profondità e chiarezza a temi che spesso sembrano complicati da affrontare. È un percorso che si conclude guardando avanti, con l’episodio sul “Futuro”, in cui si parla di desideri, di speranze e perché no, della poesia che può educare ai sentimenti.

“Chi vuole parlare d’amore?” è un’occasione per fermarsi e riflettere su come cambiano le emozioni, su cosa significa oggi amare, essere vulnerabili, crescere. Noi crediamo che questo progetto rappresenti un punto di partenza per aprire un dialogo vero, senza barriere. Parlarne non dovrebbe mai essere un tabù, anzi, è un primo passo bellissimo per iniziare a capirsi e non possiamo che supportare un’iniziativa così importante, che arriva da Rai Contenuti Digitali.

Dal 19 novembre, su RaiPlay. Lasciatevi conquistare da questi racconti. Chissà, magari ci ritroveremo un po’ tutti in quelle storie.

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