In data 24 febbraio l’incremento nazionale dei casi è +0,57% (ieri +0,47%) con 2.848.564 contagiati totali, 2.362.465 dimissioni/guarigioni (+14.599) e 96.666 deceduti (+318); 389.433 infezioni in corso (+1.485). Ricoverati con sintomi -78 (18.217); terapie intensive +11 (2.157) con 178 nuovi ingressi del giorno. Elaborati 340.247 tamponi totali (ieri 303.850) di cui 181.448 molecolari (ieri 143.228) e 158.799 test rapidi (ieri 160.622) con 105.805 casi testati (ieri 89.156); 16.424 positivi (target 4.311); rapporto positivi/tamponi totali 4,82% (ieri 4,38% – target 2%); rapporto positivi/casi testati 15,52% (ieri 14,93%, target 3%).
Nuovi casi soprattutto in: Lombardia 3.310; Campania 2.185; Piemonte 1.453; Emilia Romagna 1.427; Lazio 1.188. In Lombardia curva +0,56% (ieri +0,42%) con 50.268 tamponi totali (ieri 35.149) di cui 34.159 molecolari (ieri 22.540) e 16.109 test rapidi (ieri 12.609) con 12.549 casi testati (ieri 9.478); 3.310 positivi (target 1.000); rapporto positivi/tamponi totali 6,58% (ieri 7,05% – target 2%); rapporto positivi/casi testati 26,37% (ieri 26,16% – target 3%); 586.561 contagiati totali; ricoverati +29 (3.946); terapie intensive -2 (406) con 24 nuovi ingressi del giorno; 28.184 decessi (+38).
Diamo oggi, in rapida sequenza, qualche risposta sintetica alle domande di alcuni lettori su tre distinti argomenti: come (e se) è possibile controllare un’epidemia; varianti virali; lettura e utilizzo corretto dei dati. Andiamo per ordine. 1) Il primo obiettivo da raggiungere mentre si fronteggia un’epidemia, non solo quella di Covid-19, è mantenere (o riportare) il numero dei contagi “al di sotto” della soglia limite delle capacità di tracciamento. Solo tracciando il virus in modo efficiente (isolando i positivi, i contatti dei positivi e i contatti dei contatti) è possibile interrompere le catene di trasmissione e controllare la diffusione del contagio. 2) Con “al di sotto” si intende un margine di manovra utile (almeno il 30% rispetto alla soglia limite) nel caso in cui ci si trovasse di fronte a un improvviso rialzo dei nuovi casi. In Italia la soglia limite è stata indicata chiaramente dall’Iss: 50 nuovi casi alla settimana per 100.000 abitanti, che possiamo tradurre in 4.311 nuovi casi di media giornaliera. L’obiettivo è dunque contenere i nuovi casi quotidiani nel range 2.500-3.000, per poter gestire un eventuale rialzo improvviso mantenendo il tracciamento sul territorio. 3) Senza tornare stabilmente sotto soglia, e quindi senza aver ripreso il pieno controllo del contagio e delle catene di trasmissione, qualsiasi misura di contrasto (lockdown totale incluso) è destinata ad avere effetti solo transitori, indipendentemente dai colori o dalle sfumature con cui la dipingiamo. 4) Tutte le restrizioni adottate negli ultimi mesi non hanno riportato l’epidemia sotto la soglia necessaria per riprendere il contact tracing: per questo hanno avuto solo effetti temporanei, con ripetute altalene del numero dei nuovi casi. L’ultimo valore sotto la soglia media giornaliera è stato registrato il 7 ottobre 2020 (con 3.676 positivi) alla vigilia dell’esplosione della seconda ondata.
Secondo argomento, le varianti virali: 1) Non sono una novità delle ultime settimane: hanno iniziato a prodursi da quando il Sars-CoV-2 ha iniziato a infettare l’uomo a causa degli errori che, inevitabilmente, i virus commettono ogni volta che si replicano. La gran parte di questi errori genera mutazioni del tutto inutili per la diffusione del contagio: in qualche caso invece, come è accaduto con le varianti inglese, sudafricana e brasiliana, le mutazioni cambiano in modo evidente il comportamento del virus. 2) Le forme virali che prendono il sopravvento sono quelle in grado di diffondersi più rapidamente e con maggiore efficienza: inutile sperare che una variante più lenta e meno efficiente nel superare le nostre difese possa prendere il sopravvento. Nel tempo, e non sappiamo quanto ne servirà con il Sars-CoV-2, tendono a diventare prevalenti le varianti che colpiscono moltissime persone causando infezioni lievi o asintomatiche. Se a qualcuno vengono in mente i virus del raffreddore (per esempio i rinovirus, gli adenovirus e alcuni coronavirus che consideriamo “buoni”) è sulla strada giusta. 3) La variante inglese (come quelle sudafricana e brasiliana) non è più contagiosa perché ha imparato a spostare le mascherine oppure a sopravvivere ai disinfettanti. E nemmeno, come abbiamo sentito nei giorni scorsi, perché infetta a distanze siderali rispetto al Sars-CoV-2 originario. La Medicina sta lavorando su due ipotesi: una maggiore carica virale nei soggetti infetti (in termini semplici, una maggiore quantità di virus con cui veniamo a contatto) e un periodo di tempo più lungo (fino a 10 giorni) in cui il soggetto infettato può trasmettere il contagio. In entrambi i casi si ha come risultato una crescita del numero dei contagiati. 4) Le misure di protezione e precauzione che dovremmo avere imparato a utilizzare (distanziamento, lavaggio frequente delle mani, mascherine a coprire naso “e” bocca, non naso “o” bocca) funzionano con pari efficacia anche contro le varianti. Usiamole.
Ultimo argomento, la lettura e l’utilizzo corretto dei dati. 1) Qualsiasi indicazione derivante dai numeri, anche e soprattutto quando viene utilizzata per confrontare situazioni diverse tra loro, non deve prescindere dal confronto più importante: quello con i parametri di riferimento. 2) Un esempio pratico chiarisce meglio il punto precedente. La Provincia di Brescia, sottoposta a restrizioni crescenti per il forte rialzo dei contagi, ha un rapporto positivi/tamponi totali che oscilla intorno al 15%: questo dato, per evidenziare l’anomalia, viene spesso messo a confronto con il rapporto positivi/tamponi totali dell’intera Regione (circa il 7% negli ultimi 5 giorni) come se quello fosse il valore corretto. Una scelta fuorviante: perché il dato della Lombardia, a sua volta, potrebbe essere messo a confronto con quello nazionale che negli ultimi 5 giorni si muove in area 4-5%. Ma anche in questo caso saremmo in un contesto sbagliato, perché il vero (e unico) confronto utile deve essere fatto con l’obiettivo da raggiungere: ovvero il 2%, che indichiamo nella parte introduttiva dedicata ai numeri. In estrema sintesi: Italia, Lombardia e Provincia di Brescia sono tutte oltre il parametro corretto e contro un’epidemia non vale la regola del “mal comune mezzo gaudio”. 3) Pensare di poter decidere allentamenti e restrizioni sulla base dei ricoveri in ospedale significa scegliere di utilizzare un indicatore tardivo (ci dice come sono andate le cose un paio di settimane prima) anche più del criticatissimo indice Rt. Che, almeno, può essere calcolato anche con i metodi istantanei: da mesi utilizziamo il Kohlberg-Neyman modificato, che alla sera del 23 febbraio segnava 1.08 a livello nazionale, 1.20 per il Veneto e 1.37 per la Lombardia. Nessuno (vedi il precedente punto 2) è messo bene: il parametro di riferimento infatti non è il più basso dei tre, ma l’ormai noto 1.0 che segna il punto di separazione tra contrazione ed espansione dell’epidemia.
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Covid, forte legame tra smog e virus: lo studio
Ricerca Enea-Università di Roma Tor Vergata
Uno studio Enea - Università di Roma Tor Vergata ha evidenziato una forte affinità tra il particolato atmosferico (Pm2.5) e la proteina Spike del virus Sars-Cov-2 responsabile del Covid. I risultati, che descrivono l’interazione tra le polveri sottili e il virus attraverso simulazioni di dinamica molecolare eseguite con il supercalcolatore Cresco6, sono stati pubblicati sulla rivista online Science of The Total Environment e rientrano nell’ambito del progetto Pulvirus.
“Durante la fase iniziale della pandemia la Lombardia e, in generale, tutta l’area della Pianura Padana sono state colpite più duramente dall’infezione virale rispetto al resto del Paese. Parliamo di una parte d’Italia tra le più inquinate e questo ha portato la comunità scientifica a ipotizzare un possibile ruolo del particolato atmosferico nella diffusione del virus”, spiega Caterina Arcangeli, ricercatrice Enea del Laboratorio Salute e Ambiente e coautrice dello studio insieme ai colleghi Barbara Benassi, Massimo Santoro e Milena Stracquadanio e ai ricercatori del Dipartimento di Biologia dell’Università di Roma Tor Vergata Alice Romeo, Federico Iacovelli e Mattia Falconi.
Lo studio è partito dalla verifica e dimostrazione della presenza del genoma del virus responsabile del Covid-19 su almeno il 50% dei campioni di filtri per il Pm2.5 raccolti nella città di Bologna nell’inverno del 2021. “A seguire abbiamo realizzato al computer modelli molecolari semplificati di Pm2.5 e di Sars-Cov-2 e abbiamo valutato la loro interazione mediante simulazioni ad alte prestazioni eseguite con il supercalcolatore Cresco6”, aggiunge Arcangeli.
Le simulazioni - spiega una nota - hanno mostrato chiaramente che i glicani (zuccheri) presenti sulla superficie della proteina Spike giocano un ruolo importante nell’interazione tra virus e particolato, mediando il contatto diretto con la corrispondente superficie del nucleo di carbonio del Pm2.5. Inoltre, dallo studio emerge anche una stretta correlazione tra Pm2.5 e virus anche rispetto alle caratteristiche chimiche del particolato fine, il cui contenuto in carbonio elementare sembra avere una funzione guida nell’interazione con il Sars-Cov-2.
“Sebbene l’affinità tra Pm2.5 e Sars-Cov-2 appaia plausibile, la simulazione non permette di valutare se queste interazioni siano sufficientemente stabili per trasportare il virus nell’atmosfera o se il virione mantenga la sua infettività dopo il trasporto. La possibilità che il virus possa essere ‘sequestrato’ dal Pm, con conseguente riduzione di infettività e diffusione, o inattivato da questa forte interazione con il particolato non può essere quindi esclusa”, prosegue la ricercatrice Enea.
La forza delle simulazioni al computer effettuate da questo studio risiede nella capacità di modellare diversi tipi di particolato, variando sia la concentrazione che la composizione chimica degli inquinanti atmosferici. Queste simulazioni possono, dunque, rappresentare uno strumento utile per valutare rapidamente l’eventuale interazione delle polveri sottili con virus, batteri o altri bersagli cellulari rilevanti. “Questa possibilità potrebbe dimostrarsi utile per contrastare o controllare la diffusione di future malattie trasmesse per via aerea in regioni altamente inquinate e fornire informazioni utili per elaborare piani di controllo dell'inquinamento dell’aria”, conclude Arcangeli.
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Doug Pitt: l’uomo oltre il nome famoso
Nel mondo delle celebrità, spesso i riflettori sono puntati su nomi familiari come Brad Pitt, ma dietro ogni grande figura c’è un intero universo di individui che contribuiscono in modo significativo al loro settore e alla società nel suo complesso. Uno di questi casi è quello di Doug Pitt, fratello minore dell’acclamato attore Brad Pitt. Ma Doug è molto di più di “il fratello di”. È un imprenditore di successo, un filantropo appassionato e una figura che merita sicuramente di essere conosciuta più a fondo. Personalità sfaccettata e di grande successo, ha un nome costruito grazie alle sue aziende votate alla tecnologia e alle numerose attività di filantropo nel corso degli anni.
Dal fratello di Brad Pitt all’individuo di successo
Nato il 2 novembre 1966 a Springfield, nel Missouri, Doug Pitt è soprattutto conosciuto perché condivide lo stesso sangue con l’attore hollywoodiano Brad Pitt. Spesso cresciuto all’ombra del più celebre fratello maggiore, Doug ha intrapreso una strada di successo contando sulle proprie capacità e i propri interessi. Dopo aver completato gli studi all’università della sua contea, infatti, ha iniziato una carriera tutta in salita nei settori immobiliare e finanziario, mostrando sin da subito il suo talento nel mondo degli affari. Risale all’aprile del 1991 la fondazione della sua prima azienda, la ServiceWorld Computer, occupata nella fornitura di servizi informatici. A soli 25 anni inizia così la scalata che lo porterà nel mirino del club dei milionari.
Nel 2007 decide di cedere il 75 per cento degli interessi dell’azienda a Miami Nations Enterprises rimanendone però il proprietario e principale partner operativo. Nel 2012 fonda quindi TSI Integrated Services in collaborazione con TSI Global. Nel 2013 Pitt e Miami Nations Enterprises decidono di fondere ServiceWorld con TSI Global. Nel 2017 Pitt ricompra la sua prima società di computer creando la nuova Pitt Development Group, società specializzata in sviluppi commerciali e territoriali. Con questa azienda si è proposto come leader indiscusso nel settore.
Imprenditore e Filantropo
Doug Pitt non è solamente un uomo d’affari di successo, ma un filantropo impegnato che usa i suoi mezzi a disposizione per intervenire in aree critiche del mondo. “Care to Learn”, di cui è il fondatore, è un’organizzazione benefica che fornisce risorse essenziali a bambini che vivono in contesti difficili. L’organizzazione si concentra su bisogni fondamentali come cibo, vestiti e attrezzature scolastiche, permettendo ai più giovani di crescere e imparare in un ambiente positivo e accogliente.
Doug è anche collaboratore di Waterboys.com, WorldServe International e Africa 6000 International (a cui partecipa anche la sorella Julie), organizzazioni impegnate nella fornitura di acqua potabile nei paesi africani più in difficoltà, come Tanzania e Kenya. Nel 2010 l’allora presidente della Tanzania Jakaya Kikwete lo ha insignito del titolo di Ambasciatore di buona volontà per la Repubblica Unita di Tanzania. Con questo titolo opera in qualità di intermediario per tutte quelle aziende che vogliono contribuire alla rinascita economica e culturale del paese. Nel 2011 il presidente americano Bill Clinton lo ha premiato con l’Humanitarian Leadership Award.
Dietro le quinte dell’industria del vino
Oltre al suo coinvolgimento nel settore immobiliare e nell’ambito delle opere di beneficenza, Doug Pitt ha anche sviluppato una passione per il mondo del vino. È coinvolto nella gestione di “Pitt Vineyards”, un’azienda vinicola che produce vini di alta qualità. Questa dedizione per il vino riflette la sua grande curiosità e il suo interesse per settori imprenditoriali differenti.
Una vita riservata
La famiglia di primo piano non ha impedito a Doug Pitt di mantenere un profilo relativamente basso nel mondo dei media. Ha cercato, infatti, di proteggere la sua privacy e di concentrarsi sul suo lavoro e sulle sue passioni, piuttosto che sfruttare la sua connessione familiare per attirare l’attenzione dei riflettori. Nel 1990 ha sposato Lisa Pitt, conosciuta all’università, e insieme hanno tre figli: Landon, Sydney e Reagan.
Nonostante abbia sempre cercato di non farsi notare, in certe occasioni è apparso sui media presentandosi in modo scherzoso come il fratello del più celebre Brad. Ha girato diversi spot pubblicitari, come quello per Virgin Mobile Australia, e in alcuni ha vestito persino i panni del fratello, come nella pubblicità per Mother’s Brewing Company. In diverse interviste rilasciate (come quella all’emittente Nova FM) ha anche ammesso di essere scambiato per il fratello almeno 3 volte a settimana da sconosciuti che lo incontrano per strada. Questo perché i due fratelli oltre a condividere carriere di successo, hanno effettivamente un fisico e dei lineamenti molto simili.
L’eredità di Doug Pitt
La storia di Doug Pitt dimostra come dietro a ogni individuo ci siano esperienze, imprese e passioni diverse che meritano di essere riconosciute. Pur essendo spesso additato come “il fratello di Brad Pitt”, la sua dedizione per il mondo degli affari, il suo coinvolgimento nella beneficenza e la sua capacità di perseguire le sue passioni lo rendono un esempio di impegno e di successo. Il suo lavoro nel settore imprenditoriale e filantropico dimostra come sia possibile creare un’eredità significativa indipendentemente dal nome di famiglia e che ognuno ha il potenziale per influenzare positivamente sulla vita degli altri.
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È finalmente nelle sale cinematografiche il film “Tic Toc”
E continua anche il suo tour promozionale con vari appuntamenti.
Girato a Terni negli studios di Papigno, la commedia è stata diretta dal regista Davide Scovazzo mentre la produzione è stata affidata ad Anteprima Eventi Production e Management S.r.l. di Massimiliano Caroletti. Il film vanta un cast di eccezionali attori noti al pubblico tra cui Eva Henger, Maurizio Mattioli, Sergio Vastano, Fausto Leali, Donatella Pompadour, Valentino Marini, Paolo Pasquali alias Doctor Vintage, Cristiano Sabatini alias Bike Chef, Simone Bargiacchi alias Antonio Lo cascio, Samuel Comandini Alisa Zio_ Command, Fabio Stirlani alias Stirlo , Dimitri Tincano, Jennifer Caroletti, Antonella Scarpa alias Himorta, Vanessa Padovani alias Miss Mamma Sorriso, Chaimaa Cherbal, Claudia Letizia ,Elena Colombi , Paola Caruso, Luigi Iocca, Giuseppe Lisco, Rosy Campanale, Daniel Bellinchiodo, Francesco Aquila, Michela Motoc.
E proprio Eva Henger con Massimiliano Caroletti insieme alla figlia Jennifer, al suo debutto sul grande schermo, sono ospiti della prestigiosa kermesse cinematografica Ischia Global Fest, e incontreranno il pubblico prima della proiezione con Doctor Vintage, anche lui nel cast della pellicola, nella serata del 13 luglio.
Filo conduttore del film il rapporto con i social. Tic Toc è una commedia che intreccia tante vicende e scopre tante realtà partendo dalla storia di quattro intraprendenti scansafatiche che per guadagnare qualche soldo decidono di rapire Eva Henger. Un progetto che frana a causa del Covid e che innesca un susseguirsi di intoppi divertenti: “Un gruppo di Sinti, una sorta di gang Fedeli al triste, ma vero, gioco di parole “è tutto LORO quello che luccica”, i quattro passano giornate ad invidiare le superstar di oggi , ovvero gli, e soprattutto le, Influencers, attribuendo a ognuno e a ognuna di loro vite principesche, fatte di limousines, jet privati, champagne della migliore categoria, ville gigantesche e stuoli di servitori, tutto ciò che, nella loro miseria, è loro negato dalla vita, in una maniera che, dal loro punto di vista, reputano ingiusta ed immorale. Stufi di raccogliere le briciole di quello che loro credono essere solo un mondo dorato e pieno di privilegi, i quattro mascalzoni vengono a sapere che la star Eva Henger inaugurerà una Escape Room (cosa che loro non hanno idea di cosa sia) a Terni, per cui a Zagaja, ma ben presto condiviso dagli altri pur se con qualche perplessità soprattutto da parte di Bike Chef, viene la “brillante” idea: appostarsi poco prima dell’entrata della Escape Room e rapire la Diva, che per lui è anche il suo sogno erotico da sempre, in modo da chiedere il riscatto ai suoi numerosi sponsor”, ha spiegato l’ideatore Fabio Stirlani. La trama affronta in chiave drammatica argomenti comici che riflettono l’attualità.
Un film che segna il grande ritorno al cinema di Eva Henger che per l’occasione ha interpretato se stessa. Un ruolo cucito alla perfezione su di lei: “Ho interpretato me stessa. Pensavo fosse facile, invece è stato difficilissimo. Quando si interpreta la propria persona ci si rende conto di non conoscerla realmente. Ho dovuto metterci dell’ironia, verve e passione, anche perché sarà un film comico, che farà ridere molto”. Assieme a lei sul set la figlia Jennifer Caroletti interessata a seguire le orme della madre.