Bollettino Coronavirus di Martedì 18 Maggio 2021, rapporto positivi/tamponi all’1,69%
In data 18 maggio l’incremento nazionale dei casi è +0,10% (ieri +0,08%) con 4.167.025 contagiati totali, 3.727.220 dimissioni/guarigioni (+11.831) e 124.497 deceduti (+201); 315.308 infezioni in corso (-7.583). Ricoverati con sintomi -485 (11.539); terapie intensive -65 (1.689) con 86 nuovi ingressi del giorno. Elaborati 262.864 tamponi totali (ieri 118.924) di cui 125.370 molecolari (ieri 76.870) e 137.494 test rapidi (ieri 42.054) con 78.223 casi testati (ieri 41.226); 4.452 positivi (target 4.311); rapporto positivi/tamponi totali 1,69% (ieri 2,90% – target 2%); rapporto positivi/casi testati 5,69% (ieri 8,38% – target 3%).
Nuovi casi soprattutto in: Lombardia 598;Campania 598; Piemonte 437; Toscana 407; Puglia 407; Lazio 348; Emilia Romagna 331; Veneto 306; Sicilia 291. In Lombardia curva +0,07% (ieri +0,08%) con 33.030 tamponi totali (ieri 20.822) di cui 14.703 molecolari (ieri 17.755) e 18.327 test rapidi (ieri 3.067) con 11.961 casi testati (ieri 8.984); 598 positivi (target 1.000); rapporto positivi/tamponi totali 1,81% (ieri 3,24% – target 2%); rapporto positivi/casi testati 4,99% (ieri 7,51% – target 3%); 826.762 contagiati totali; ricoverati -36 (1.992); terapie intensive -18 (353) con 16 nuovi ingressi del giorno; 33.391 decessi (+31).
Affrontiamo oggi il delicato tema della percezione dei numeri: cosa ben diversa da quello che i numeri dicono nella realtà, se analizzati in modo asettico. L’occasione ci viene offerta da una notizia largamente ripresa dai media: il record di decessi registrato in India, 4.329 nelle ultime 24 ore, presentato come una catastrofe. La premessa doverosa, come abbiamo ripetuto più volte, è che ogni singola morte è una sconfitta inaccettabile per chi ha studiato al fine di salvare vite umane. E, quindi, da questo punto di vista, i 4.329 decessi giornalieri dell’India sono davvero una catastrofe. Se però cambiamo approccio, e cerchiamo di valutarli da un punto di vista strettamente epidemiologico e della statistica medica, vediamo che la nostra percezione istintiva ci porta a conclusioni diverse dalla realtà. Come prima cosa contestualizziamo i numeri: l’India ha circa1,4 miliardi di abitanti; se rapportiamo i 4.329 decessi alla popolazione residente, vediamo come corrispondano a 185 nell’arco delle 24 ore per il nostro Paese (60 milioni di abitanti). Un dato non dissimile da quello che abbiamo faticosamente raggiunto proprio in questi giorni, dopo mesi di lentissima riduzione: nel periodo 11-17 maggio la media giornaliera dei deceduti è infatti scesa a quota 180, soprattutto grazie alla crescente messa in protezione delle fasce più anziane della popolazione.
In sintesi: visti nel proprio contesto di riferimento, i 4.329 decessi dell’India corrispondono ai nostri 180: ma (e qui entra in gioco la percezione emotiva) consideriamo i primi un disastro e i secondi un risultato positivo che dimostra come l’epidemia sia finalmente sotto controllo, per cui possiamo e dobbiamo procedere a ulteriori allentamenti. Questo nonostante un impatto sulla popolazione esattamente identico. Facciamo un altro esempio, usando un altro Paese con 1,4 miliardi di abitanti: la Cina. Da inizio pandemia i decessi “ufficiali” (l’unico dato al quale possiamo rifarci) sono stati 4.636: un numero molto simile a quello certificato dalle autorità indiane in un solo giorno. In quest’ottica torniamo a parlare di disastro, questa volta con solidi numeri a conforto. Tuttavia se utilizziamo i decessi della Cina per verificare il tasso di letalità del Sars-CoV-2 (morti su infetti totali, al momento 90.894 sempre “ufficiali”) arriviamo al risultato di 5,1%. Molto più alto del 2,9% registrato in Italia (al 17 maggio 124.296 decessi su 4.162.576 casi). La differenza è ovviamente nel denominatore, ma se confrontiamo solo il tasso di letalità, esercizio peraltro spesso praticato da molti in quest’ultimo anno, arriviamo a una conclusione che ci porta fuori strada.
E una prova ulteriore ci arriva dal tasso di letalità dell’India (fonte Oms) che al momento è fermo all’1,08%: ovvero poco più di un terzo di quello dell’Italia. Insomma, se vediamo i numeri in questo modo non riusciamo più a capire, di primo acchito, dove le cose vadano bene e dove siano un disastro: anche se in realtà, nel corso di una pandemia, il disastro è ovunque perché il virus circola senza rispettare i confini. Da questo rapidissimi e semplici esempi ricaviamo alcune lezioni pratiche: 1) I numeri non vanno mai presi singolarmente, ma contestualizzati. 2) Non devono essere letti estrapolandoli dal proprio contesto di riferimento, per poi valutarli usando la lente di ingrandimento delle emozioni e delle percezioni istantanee. 3) Non ci si deve accontentare di “prendere atto” di un risultato, in particolare quando è diverso da quello atteso. E qui torniamo all’Italia: la forte riduzione dei nuovi casi, quando le riaperture avrebbero al contrario indicato una ripresa del contagio, è il classico caso di un risultato ottimo per tutti del quale occorre però trovare la spiegazione. Limitarsi a registrarlo potrebbe nascondere elementi importanti non solo per capire cosa sta davvero accadendo, ma soprattutto cosa potrebbe accadere in futuro. Il compito dell’epidemiologia è proprio questo: ne parleremo in modo diffuso nell’analisi approfondita di questa settimana.
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Covid, forte legame tra smog e virus: lo studio
Ricerca Enea-Università di Roma Tor Vergata
Uno studio Enea - Università di Roma Tor Vergata ha evidenziato una forte affinità tra il particolato atmosferico (Pm2.5) e la proteina Spike del virus Sars-Cov-2 responsabile del Covid. I risultati, che descrivono l’interazione tra le polveri sottili e il virus attraverso simulazioni di dinamica molecolare eseguite con il supercalcolatore Cresco6, sono stati pubblicati sulla rivista online Science of The Total Environment e rientrano nell’ambito del progetto Pulvirus.
“Durante la fase iniziale della pandemia la Lombardia e, in generale, tutta l’area della Pianura Padana sono state colpite più duramente dall’infezione virale rispetto al resto del Paese. Parliamo di una parte d’Italia tra le più inquinate e questo ha portato la comunità scientifica a ipotizzare un possibile ruolo del particolato atmosferico nella diffusione del virus”, spiega Caterina Arcangeli, ricercatrice Enea del Laboratorio Salute e Ambiente e coautrice dello studio insieme ai colleghi Barbara Benassi, Massimo Santoro e Milena Stracquadanio e ai ricercatori del Dipartimento di Biologia dell’Università di Roma Tor Vergata Alice Romeo, Federico Iacovelli e Mattia Falconi.
Lo studio è partito dalla verifica e dimostrazione della presenza del genoma del virus responsabile del Covid-19 su almeno il 50% dei campioni di filtri per il Pm2.5 raccolti nella città di Bologna nell’inverno del 2021. “A seguire abbiamo realizzato al computer modelli molecolari semplificati di Pm2.5 e di Sars-Cov-2 e abbiamo valutato la loro interazione mediante simulazioni ad alte prestazioni eseguite con il supercalcolatore Cresco6”, aggiunge Arcangeli.
Le simulazioni - spiega una nota - hanno mostrato chiaramente che i glicani (zuccheri) presenti sulla superficie della proteina Spike giocano un ruolo importante nell’interazione tra virus e particolato, mediando il contatto diretto con la corrispondente superficie del nucleo di carbonio del Pm2.5. Inoltre, dallo studio emerge anche una stretta correlazione tra Pm2.5 e virus anche rispetto alle caratteristiche chimiche del particolato fine, il cui contenuto in carbonio elementare sembra avere una funzione guida nell’interazione con il Sars-Cov-2.
“Sebbene l’affinità tra Pm2.5 e Sars-Cov-2 appaia plausibile, la simulazione non permette di valutare se queste interazioni siano sufficientemente stabili per trasportare il virus nell’atmosfera o se il virione mantenga la sua infettività dopo il trasporto. La possibilità che il virus possa essere ‘sequestrato’ dal Pm, con conseguente riduzione di infettività e diffusione, o inattivato da questa forte interazione con il particolato non può essere quindi esclusa”, prosegue la ricercatrice Enea.
La forza delle simulazioni al computer effettuate da questo studio risiede nella capacità di modellare diversi tipi di particolato, variando sia la concentrazione che la composizione chimica degli inquinanti atmosferici. Queste simulazioni possono, dunque, rappresentare uno strumento utile per valutare rapidamente l’eventuale interazione delle polveri sottili con virus, batteri o altri bersagli cellulari rilevanti. “Questa possibilità potrebbe dimostrarsi utile per contrastare o controllare la diffusione di future malattie trasmesse per via aerea in regioni altamente inquinate e fornire informazioni utili per elaborare piani di controllo dell'inquinamento dell’aria”, conclude Arcangeli.
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Doug Pitt: l’uomo oltre il nome famoso
Nel mondo delle celebrità, spesso i riflettori sono puntati su nomi familiari come Brad Pitt, ma dietro ogni grande figura c’è un intero universo di individui che contribuiscono in modo significativo al loro settore e alla società nel suo complesso. Uno di questi casi è quello di Doug Pitt, fratello minore dell’acclamato attore Brad Pitt. Ma Doug è molto di più di “il fratello di”. È un imprenditore di successo, un filantropo appassionato e una figura che merita sicuramente di essere conosciuta più a fondo. Personalità sfaccettata e di grande successo, ha un nome costruito grazie alle sue aziende votate alla tecnologia e alle numerose attività di filantropo nel corso degli anni.
Dal fratello di Brad Pitt all’individuo di successo
Nato il 2 novembre 1966 a Springfield, nel Missouri, Doug Pitt è soprattutto conosciuto perché condivide lo stesso sangue con l’attore hollywoodiano Brad Pitt. Spesso cresciuto all’ombra del più celebre fratello maggiore, Doug ha intrapreso una strada di successo contando sulle proprie capacità e i propri interessi. Dopo aver completato gli studi all’università della sua contea, infatti, ha iniziato una carriera tutta in salita nei settori immobiliare e finanziario, mostrando sin da subito il suo talento nel mondo degli affari. Risale all’aprile del 1991 la fondazione della sua prima azienda, la ServiceWorld Computer, occupata nella fornitura di servizi informatici. A soli 25 anni inizia così la scalata che lo porterà nel mirino del club dei milionari.
Nel 2007 decide di cedere il 75 per cento degli interessi dell’azienda a Miami Nations Enterprises rimanendone però il proprietario e principale partner operativo. Nel 2012 fonda quindi TSI Integrated Services in collaborazione con TSI Global. Nel 2013 Pitt e Miami Nations Enterprises decidono di fondere ServiceWorld con TSI Global. Nel 2017 Pitt ricompra la sua prima società di computer creando la nuova Pitt Development Group, società specializzata in sviluppi commerciali e territoriali. Con questa azienda si è proposto come leader indiscusso nel settore.
Imprenditore e Filantropo
Doug Pitt non è solamente un uomo d’affari di successo, ma un filantropo impegnato che usa i suoi mezzi a disposizione per intervenire in aree critiche del mondo. “Care to Learn”, di cui è il fondatore, è un’organizzazione benefica che fornisce risorse essenziali a bambini che vivono in contesti difficili. L’organizzazione si concentra su bisogni fondamentali come cibo, vestiti e attrezzature scolastiche, permettendo ai più giovani di crescere e imparare in un ambiente positivo e accogliente.
Doug è anche collaboratore di Waterboys.com, WorldServe International e Africa 6000 International (a cui partecipa anche la sorella Julie), organizzazioni impegnate nella fornitura di acqua potabile nei paesi africani più in difficoltà, come Tanzania e Kenya. Nel 2010 l’allora presidente della Tanzania Jakaya Kikwete lo ha insignito del titolo di Ambasciatore di buona volontà per la Repubblica Unita di Tanzania. Con questo titolo opera in qualità di intermediario per tutte quelle aziende che vogliono contribuire alla rinascita economica e culturale del paese. Nel 2011 il presidente americano Bill Clinton lo ha premiato con l’Humanitarian Leadership Award.
Dietro le quinte dell’industria del vino
Oltre al suo coinvolgimento nel settore immobiliare e nell’ambito delle opere di beneficenza, Doug Pitt ha anche sviluppato una passione per il mondo del vino. È coinvolto nella gestione di “Pitt Vineyards”, un’azienda vinicola che produce vini di alta qualità. Questa dedizione per il vino riflette la sua grande curiosità e il suo interesse per settori imprenditoriali differenti.
Una vita riservata
La famiglia di primo piano non ha impedito a Doug Pitt di mantenere un profilo relativamente basso nel mondo dei media. Ha cercato, infatti, di proteggere la sua privacy e di concentrarsi sul suo lavoro e sulle sue passioni, piuttosto che sfruttare la sua connessione familiare per attirare l’attenzione dei riflettori. Nel 1990 ha sposato Lisa Pitt, conosciuta all’università, e insieme hanno tre figli: Landon, Sydney e Reagan.
Nonostante abbia sempre cercato di non farsi notare, in certe occasioni è apparso sui media presentandosi in modo scherzoso come il fratello del più celebre Brad. Ha girato diversi spot pubblicitari, come quello per Virgin Mobile Australia, e in alcuni ha vestito persino i panni del fratello, come nella pubblicità per Mother’s Brewing Company. In diverse interviste rilasciate (come quella all’emittente Nova FM) ha anche ammesso di essere scambiato per il fratello almeno 3 volte a settimana da sconosciuti che lo incontrano per strada. Questo perché i due fratelli oltre a condividere carriere di successo, hanno effettivamente un fisico e dei lineamenti molto simili.
L’eredità di Doug Pitt
La storia di Doug Pitt dimostra come dietro a ogni individuo ci siano esperienze, imprese e passioni diverse che meritano di essere riconosciute. Pur essendo spesso additato come “il fratello di Brad Pitt”, la sua dedizione per il mondo degli affari, il suo coinvolgimento nella beneficenza e la sua capacità di perseguire le sue passioni lo rendono un esempio di impegno e di successo. Il suo lavoro nel settore imprenditoriale e filantropico dimostra come sia possibile creare un’eredità significativa indipendentemente dal nome di famiglia e che ognuno ha il potenziale per influenzare positivamente sulla vita degli altri.
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È finalmente nelle sale cinematografiche il film “Tic Toc”
E continua anche il suo tour promozionale con vari appuntamenti.
Girato a Terni negli studios di Papigno, la commedia è stata diretta dal regista Davide Scovazzo mentre la produzione è stata affidata ad Anteprima Eventi Production e Management S.r.l. di Massimiliano Caroletti. Il film vanta un cast di eccezionali attori noti al pubblico tra cui Eva Henger, Maurizio Mattioli, Sergio Vastano, Fausto Leali, Donatella Pompadour, Valentino Marini, Paolo Pasquali alias Doctor Vintage, Cristiano Sabatini alias Bike Chef, Simone Bargiacchi alias Antonio Lo cascio, Samuel Comandini Alisa Zio_ Command, Fabio Stirlani alias Stirlo , Dimitri Tincano, Jennifer Caroletti, Antonella Scarpa alias Himorta, Vanessa Padovani alias Miss Mamma Sorriso, Chaimaa Cherbal, Claudia Letizia ,Elena Colombi , Paola Caruso, Luigi Iocca, Giuseppe Lisco, Rosy Campanale, Daniel Bellinchiodo, Francesco Aquila, Michela Motoc.
E proprio Eva Henger con Massimiliano Caroletti insieme alla figlia Jennifer, al suo debutto sul grande schermo, sono ospiti della prestigiosa kermesse cinematografica Ischia Global Fest, e incontreranno il pubblico prima della proiezione con Doctor Vintage, anche lui nel cast della pellicola, nella serata del 13 luglio.
Filo conduttore del film il rapporto con i social. Tic Toc è una commedia che intreccia tante vicende e scopre tante realtà partendo dalla storia di quattro intraprendenti scansafatiche che per guadagnare qualche soldo decidono di rapire Eva Henger. Un progetto che frana a causa del Covid e che innesca un susseguirsi di intoppi divertenti: “Un gruppo di Sinti, una sorta di gang Fedeli al triste, ma vero, gioco di parole “è tutto LORO quello che luccica”, i quattro passano giornate ad invidiare le superstar di oggi , ovvero gli, e soprattutto le, Influencers, attribuendo a ognuno e a ognuna di loro vite principesche, fatte di limousines, jet privati, champagne della migliore categoria, ville gigantesche e stuoli di servitori, tutto ciò che, nella loro miseria, è loro negato dalla vita, in una maniera che, dal loro punto di vista, reputano ingiusta ed immorale. Stufi di raccogliere le briciole di quello che loro credono essere solo un mondo dorato e pieno di privilegi, i quattro mascalzoni vengono a sapere che la star Eva Henger inaugurerà una Escape Room (cosa che loro non hanno idea di cosa sia) a Terni, per cui a Zagaja, ma ben presto condiviso dagli altri pur se con qualche perplessità soprattutto da parte di Bike Chef, viene la “brillante” idea: appostarsi poco prima dell’entrata della Escape Room e rapire la Diva, che per lui è anche il suo sogno erotico da sempre, in modo da chiedere il riscatto ai suoi numerosi sponsor”, ha spiegato l’ideatore Fabio Stirlani. La trama affronta in chiave drammatica argomenti comici che riflettono l’attualità.
Un film che segna il grande ritorno al cinema di Eva Henger che per l’occasione ha interpretato se stessa. Un ruolo cucito alla perfezione su di lei: “Ho interpretato me stessa. Pensavo fosse facile, invece è stato difficilissimo. Quando si interpreta la propria persona ci si rende conto di non conoscerla realmente. Ho dovuto metterci dell’ironia, verve e passione, anche perché sarà un film comico, che farà ridere molto”. Assieme a lei sul set la figlia Jennifer Caroletti interessata a seguire le orme della madre.