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Intervista esclusiva a Guia Jelo: «Io voglio che i miei figli siano fieri di me»

L’attrice siciliana poliedrica Guia Jelo è impegnata, in questi mesi, su diversi set, ma non dimentica il suo amore per il teatro, dato che è anche direttrice artistica per Videobank del teatro Nino Martoglio a Benfasso (CT). Un amore, quello per la recitazione, che ha ripercorso insieme a noi nelle pagine di Sbircia la Notizia Magazine.

Con la collaborazione di Roberto Mallò per Massmedia Comunicazione.

Guia, il prossimo 30 dicembre uscirà il film  La Befana Vien di Notte 2 – Le Origini. Qual è il suo ruolo? Chi sono gli altri attori che fanno parte del cast?

“La Befana Vien Di Notte 2 – Le Origini è un film pieno di fantasia, di forza espressiva, interpretativa. Tutto quello che io ho studiato con Strehler, il mio passato, tutto il mio percorso di ragazzina. Sembro una bambina matta in questo ruolo, Donna Isa. Sono molto attaccata all’estro di Paola Randi, che è la regista, che è molto nella mia traiettoria, nelle mie corde, e soprattutto, anche in tandem, con Nicola Guaglianone che è l’autore, colui che mi ha voluto. Però io so che è stata una richiesta da parte del mio <<maritino>>, dove abbiamo un rapporto tutto di liti, buffo e strano. E’ una coppia molto comica, sulle righe, che definirei iperbolica. Marito interpretato da Alessandro Haber, mio fraterno amico. Persona e artista amato dalla mia famiglia e da me, come se lui lo sapesse anche se non glielo ho mai detto. Lui mi ha suggerito alla Lucky Red. Tra gli interpreti, quello che più conta è che Monica Bellucci è una particolarissima befana, tutta nostra e italiana, vestita da una costumista strepitosa, che è Mary Montalto. La nomino perché quando mi ha vista arrivare alla prova costumi le è preso un colpo, perché si aspettava, e così era scritto nel personaggio, un donnone, un femminone, giunonico, matrona romana, e invece è arrivata questa mosca, una donnina . E’ un ruolo comico, chiaramente, a cui sono molto affezionata. Anche perché mi ha fatto scoprire, già sapevo di essere amata, da Haber”.

So che era la prima volta che lavorava con Fabio De Luigi. Come si è trovata con lui?

“Fabio De Luigi è una persona leggera come le nuvole, delicata, tiepida, come quel sole di maggio sul mare di Acitrezza. Mi commuovo. E’ così che lo dipingo. Nello stesso tempo è una forza, un impeto. E’ un uomo molto sensuale, molto forte, molto giusto, molto saggio. Io ho fatto tante mamme di tanti attori, più o meno importanti. Tutti i miei figli d’arte li ho amati tanto, come la Arcuri, di cui sono stata madre tre volte. Comunque sia, questa maternità con Fabio De Luigi mi è venuta nuova perché mi sono sentita di avere un figlio, perché lui mi ha fatto sentire così veramente, e di averlo avuto da ragazzina. Non mi ha mai fatto sentire vecchia sul set. E’ stato sempre molto galante. Sia sul piano umano, diciamo spirituale del sentimento, e quando dico sentimento non intendo i luoghi comuni dell’attrazione del sesso, assolutamente no. Per sentimento io intendo che investe il volersi bene con l’anima. Lui mi ha dato il rispetto della mia anzianità facendomi sentire però una sua coetanea. Mi ha dato il rispetto di chi ha un curriculum e una vita immensa artistica, ma nello stesso tempo, a livello suo, che è noto ed io non tanto. Non lo diventerò con questo film? E non importa, ho comunque fatto un bellissimo film. La voglia di successo e di sfondare c’è, di diventare per un attimo famosi anche alla mia età, lo ammetto, ma quello che apre la chiave e la porta del mio lavoro è che io voglio che i miei figli siano fieri di me. Voglio che pensino: ‘ La nostra mammina, quando eravamo piccoli, era sempre in giro per i teatri però adesso guarda che è diventata’. Questo conta”.

E’ anche protagonista di “Lupo bianco”, che è inserito nel ciclo legalità e temi sociali e umanitari per il MIU. Non a caso parla della vita del filantropo cavaliere al merito della Repubblica Carlo Olmo. Ci può parlare meglio di questo progetto?

“Non esattamente , il protagonista è’ Sebastiano Somma (al fianco di Morgana Forcella che interpreta il ruolo del cavaliere Carlo Olmo ) . Io interpreto un bellissimo cameo in un suo sogno , un’arcana realtà cinese . Quello che mi piace di questo personaggio è che lui ci ha voluto raccontare questa storia, perché è vita e non un romanzetto, con un film forte che ci motiva. Ma ci tiene a precisare, con una mitezza e una modestia, che non è un eroe. Lui dice che è un uomo normale. Tutti gli uomini dovrebbero fare quello che ha fatto lui. Anche lui mi apprezza perche’ anche Io sono Cavaliere per motivi artistici , perché ho fatto un po’ di volontariato, che preferisco solo accennare, ma anche io penso che sia normale potendolo fare. Non biasimo chi non fa niente; a volte si sta male e non si può. Però lui dice di essere un uomo normale”.

A quali altri lavori si sta dedicando in questo periodo?

“Sto finendo di girare, con moltissima felicità, Le Più Belle Frasi di Osho con lo Neri Marcorè per il quale, per i sentimenti che provo per lui e la grande ammirazione umana, tralascio quella artistica ma non la sottovaluto , mi ci vorrò dedicare , in un ‘intero articolo parlando solo di lui. Scandagliando la sua personalità con il suo ingresso nel mio cuore , lo adoro dalla testa ai piedi . E la regia è’ di Laura Moscardin. Verrà distribuito da RaiPlay. Per passare poi a The Bad Guy con la regia di Giancarlo Fontana e Giuseppe Stasi. E’ pazzesco, meraviglioso. Io sono un magistrato particolare. Non posso svelare che cosa accade a questo magistrato. Non posso dire nemmeno se appartiene ai buoni o ai cattivi. Posso dire che la genialità di Fontana e Stasi mi ha molto colpito e mi valorizza giorno dopo giorno e la ritengo il bastone della mia vecchiaia. Sono stanca, perché mi sono divisa tra due set, ma ognuno di loro mi dà degli amori diversi. Qui sono con Luigi Lo Cascio. Non posso dire altro se non ‘W lo spessore e la grandezza di noi attori siciliani’. Io lo paragono a De Niro. Con questo gli do tanto ed è nostro”.

Di recente, è stata anche al Festival del Cinema di Venezia. Immagino sia stata una grande emozione…

“Lupo Bianco per me sarà indimenticabile a parimerito, perché io non levo niente a Venezia rispetto a Cannes, al 1994, quando mano con la mano con Aurelio Grimaldi, un abito bianco quasi senza trucco semplicissima, io sono andata nei tappeti rossi di Cannes , candidata alla Palma d’Oro assieme a Virna Lisa e Uma Thurman, l’attrice di Pulp Fiction. Poi ha vinto Virna Lisi, quindi mi inchino e mi levo tanto di cappello su questo. Parlare di questo film significa per me, arrivata a 70 anni, l’essere andata a Venezia. Grazie, assolutamente lo devo dire, anche all’introduzione di questo premio, che ha vinto il Film, Carlo Olmo e tutti noi. Ringrazio tantissimo Francesca Rettondini, assieme al suo ufficio stampa, nonché mio grande ammiratore, Giuseppe Zagaria. E non posso non ringraziare Antonio Chiaramonte , eroico produttore del film . Voglio ringraziare il regista Tony Gangitano che mi ha voluto.

Un’altra delle sue grandi passioni è il teatro. Ci sono progetti legati ad esso?

“Stiamo cercando di riprendere il lavoro su Nino Martoglio, <<Stonchiti>>. E’ molto bello, con la regia di Turi Giordano. Sono co-protagonista insieme a Fabio Costanzo e poi ci sono i musicisti Flaminia Chiechio, Davide Sciacca, Anselmo Petrosino. Ci tengo moltissimo. I costumi sono di Rosy Bellomia. Ma c’è tutto. Stiamo cercando di riprenderlo, ma sono divisa su vari set e attualmente sta mancando per via dei miei enormi impegni. E poi, io non sono più tornata al Teatro Stabile di Catania. In tanti anni della mia carriera, mi sento una colonna di quel teatro, insieme a tanti veterani. Non ho mai detto: ‘Non sono al Teatro Stabile di Catania’. Mi pare una cosa assurda. E’ come se io dovessi dire: ‘Non ho più casa’. Io ho il mio teatro, che è il Nino Martoglio, ma che il Teatro Stabile di Catania ci abbia esclusi a noi anziani è una cosa dolorosissima. Però io non gliene voglio. Non mi sento rottamata, ecco. Rispetto le scelte artistiche. Si è voluto dare, forse, una sferzata per fare gli originali, i diversi, ma non so fino a che punto questo giova. Quello sì. Non mi sono offesa, no, ma addolorata, dispiaciuta. E lo dico senza falsa modestia. Non è positivo per il teatro perdere chi fa le code al botteghino, chi attira la benevolenza di quello che noi veterani sappiamo dare e sappiamo ricevere: amore. Ce l’hanno tolto. E’ positivo? Quando c’è qualcosa che distrugge l’amore, di qualunque specie di amore si parla, non è mai positivo. Questo mi addolora, ma tornerò. E’ una sfida, ma spero presto. A 80 anni dove sono questi ruoli? Già non ce ne sono più”. 

E’ anche direttore del teatro Nino Martoglio di Belpasso Catania. Sicuramente un ostacolo da superare è stata la pandemia. Come vi siete organizzati per la ripresa?

“Voglio riaprire il teatro Nino Martoglio. Con la Videobank, io sono direttore artistico, abbiamo intenzione di fare qualcosa, se le istituzioni ci aiutano, per valorizzare il territorio, con progetti dove la mia forza che si è sempre sposata con la fragilità , si affiancherà e perché no , con attori etnei di una bravura e una presa sul pubblico , indiscutibile . Questo è il mio primo scopo come direttore artistico. Perché nel territorio noi abbiamo delle risorse che sono nazionali, perché la Sicilia è nazione. Quindi smettiamola di dire: l’attore locale, l’attrice locale, l’autore locale. Ma scherziamo? La Sicilia è Italia. Però il territorio e noi abbiamo il diretto di essere valorizzati anche a km zero. Quindi, faremo anche questo. La crisi del Covid, ovviamente, ci ha fatto male perché non abbiamo avuto nessun sostegno dallo Stato, che ha pensato a sostenere gli Enti Pubblici, quello di loro appartenenza. Con questo, non biasimo lo Stato. E’ una regola. Però ci rimboccheremo le maniche per cercare di fare vibrare ancora questo mio sipario”.

A breve esordirà dietro la macchina da presa per girare un mediometraggio. Di che cosa si tratta? Come mai ha deciso di dedicarsi alla regia?

“Come dicevo prima, Lupo Bianco è il top di questo momento, perché mi lega ad Antonio Chiaramonte, Cinemaset, con cui io diciamo sono in procinto, assolutamente in predicato, sono nella speranza direi concreta di fare un film, un mediometraggio per Miur, con la mia regia, con un mio soggetto; io come autrice, poi la sceneggiatura contiamo di affidarla ad Aurelio Grimaldi se tutto va bene. Soprattutto se ha tempo perché è super impegnato: è un regista importante e soprattutto uno sceneggiatore di grandissimo spessore. E’ un mediometraggio, il cui titolo non lo dico perché è molto forte, perché serve per raccontare alla società e al mondo e all’opinione pubblica , la tragedia del bullismo . Quanto bisogno c’è di dare una sferzata, di aiutare per poter debellare il fenomeno del bullismo. E’ anche un inno all’animalismo, vi si intreccia infatti  una storia impregnata del mio grandissimo amore equino , anche un modo, come curare l’anima delle persone che l’hanno macchiata, hanno delle ombre, sono andate al buio con la propria anima facendo il bullo. Ecco, attraverso la cura di un animale, di un cavallo, questo solo posso accennare. Ci saranno dei momenti molto struggenti. Posso anche aggiungere che è dedicato a Giovanni Pascoli. Ha a che fare, diciamo, con La Cavallina Storna, che racconta la madre che glielo chiede chi è stato ad uccidere il proprio figlio. C’è tutto per la scuola: parlo della famiglia, della società, delle forze dell’ordine. Tutti devono contribuire il modo a debellare questa cosa che, ahimè, porta sovente ai suicidi”.

Quando è iniziata la sua passione per la recitazione?

“La mia passione per questo lavoro è stata sempre immensa, grande, determinata, caparbia. Sono stata sempre in posizione verticale, mai ho adoperato il mio corpo, la mia dignità, la mia anima per lavorare. Mai. Non posso rimproverare o biasimare nessun uomo perché io non ci sono stata alle loro avance. O sono fortunata oppure ho capitato degli uomini che si rassegnano facilmente, che hanno desistito immediatamente. Ho sempre lottato per il mio lavoro, sofferto. E’ stata una fatica immensa. Un salire, per poi cadere, per poi risalire. Sempre a piedi e con le scarpe rotte. Sono stata sempre nella grande fatica, ma posso guardarmi allo specchio ed essere orgogliosa di me”.

Ci sono stati dei momenti, nel corso della sua carriera professionale, in cui si è arresa e ha pensato che, probabilmente, avrebbe dovuto dedicarsi ad altro? Come li ha affrontati?

“Sono stati due i momenti in cui volevo lasciare tutto. Uno è stato quando ho visto per la prima volta mio figlio Vincenzo Filippo, da adolescente, che si faceva la barba allo specchio. Ero li e ho detto: ‘Non me lo sono goduta mio figlio’. L’ho fatto che avevo 18 anni, siamo cresciuti insieme. Abbiamo un rapporto immenso io e lui, però in quel momento volevo lasciare tutto. E mi ricordo che gli dissi: ‘Ti stai facendo la barba? Il bambino mio che si fa la barba’. Ho pensato subito che fosse cresciuto. ‘Mettiti subito sul vasino, ti voglio guardare sul vasino, ti prego’. Sono stata male, l’ho presa ironicamente, ma sono stata male. Volevo lasciare. La seconda volta somiglia molto, direi che è identica, ma è stata quando mia cognata, che in quel momento era sempre dietro a lei, mi ha detto che mia figlia Giovanna Adelaide Giorgianni -costumista e scenografa bravissima che non so se me la merito – era diventata donna. In quei giorni ero in tournee con Turi Ferro. Sono stata malissimo, ancora più male di quando lo sono stata per mio figlio. E volevo lasciare perché io non le ero vicino. Questi sono sacrifici immensi che una madre del mio tipo fa. Adesso i tempi sono diversi. Ho più agio per poter stare con i nipoti e con i miei figli. Adesso non mi dicono più la frase: ‘Mamma quando torni?’. In quelle terribili segreterie telefoniche, perché all’epoca non c’erano i cellulari”.

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Giornalista e fondatore dell’agenzia Massmedia Comunicazione, è il motore dietro gran parte delle nostre interviste. Con un occhio per i dettagli e un talento nel porre le domande giuste, contribuisce significativamente al nostro contenuto.

Coronavirus

Covid, forte legame tra smog e virus: lo studio

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Ricerca Enea-Università di Roma Tor Vergata

Covid, forte legame tra smog e virus: lo studio

Uno studio Enea - Università di Roma Tor Vergata ha evidenziato una forte affinità tra il particolato atmosferico (Pm2.5) e la proteina Spike del virus Sars-Cov-2 responsabile del Covid. I risultati, che descrivono l’interazione tra le polveri sottili e il virus attraverso simulazioni di dinamica molecolare eseguite con il supercalcolatore Cresco6, sono stati pubblicati sulla rivista online Science of The Total Environment e rientrano nell’ambito del progetto Pulvirus.

“Durante la fase iniziale della pandemia la Lombardia e, in generale, tutta l’area della Pianura Padana sono state colpite più duramente dall’infezione virale rispetto al resto del Paese. Parliamo di una parte d’Italia tra le più inquinate e questo ha portato la comunità scientifica a ipotizzare un possibile ruolo del particolato atmosferico nella diffusione del virus”, spiega Caterina Arcangeli, ricercatrice Enea del Laboratorio Salute e Ambiente e coautrice dello studio insieme ai colleghi Barbara Benassi, Massimo Santoro e Milena Stracquadanio e ai ricercatori del Dipartimento di Biologia dell’Università di Roma Tor Vergata Alice Romeo, Federico Iacovelli e Mattia Falconi.

Lo studio è partito dalla verifica e dimostrazione della presenza del genoma del virus responsabile del Covid-19 su almeno il 50% dei campioni di filtri per il Pm2.5 raccolti nella città di Bologna nell’inverno del 2021. “A seguire abbiamo realizzato al computer modelli molecolari semplificati di Pm2.5 e di Sars-Cov-2 e abbiamo valutato la loro interazione mediante simulazioni ad alte prestazioni eseguite con il supercalcolatore Cresco6”, aggiunge Arcangeli.

Le simulazioni - spiega una nota - hanno mostrato chiaramente che i glicani (zuccheri) presenti sulla superficie della proteina Spike giocano un ruolo importante nell’interazione tra virus e particolato, mediando il contatto diretto con la corrispondente superficie del nucleo di carbonio del Pm2.5. Inoltre, dallo studio emerge anche una stretta correlazione tra Pm2.5 e virus anche rispetto alle caratteristiche chimiche del particolato fine, il cui contenuto in carbonio elementare sembra avere una funzione guida nell’interazione con il Sars-Cov-2.

“Sebbene l’affinità tra Pm2.5 e Sars-Cov-2 appaia plausibile, la simulazione non permette di valutare se queste interazioni siano sufficientemente stabili per trasportare il virus nell’atmosfera o se il virione mantenga la sua infettività dopo il trasporto. La possibilità che il virus possa essere ‘sequestrato’ dal Pm, con conseguente riduzione di infettività e diffusione, o inattivato da questa forte interazione con il particolato non può essere quindi esclusa”, prosegue la ricercatrice Enea.

La forza delle simulazioni al computer effettuate da questo studio risiede nella capacità di modellare diversi tipi di particolato, variando sia la concentrazione che la composizione chimica degli inquinanti atmosferici. Queste simulazioni possono, dunque, rappresentare uno strumento utile per valutare rapidamente l’eventuale interazione delle polveri sottili con virus, batteri o altri bersagli cellulari rilevanti. “Questa possibilità potrebbe dimostrarsi utile per contrastare o controllare la diffusione di future malattie trasmesse per via aerea in regioni altamente inquinate e fornire informazioni utili per elaborare piani di controllo dell'inquinamento dell’aria”, conclude Arcangeli.

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Coronavirus

Doug Pitt: l’uomo oltre il nome famoso

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Nel mondo delle celebrità, spesso i riflettori sono puntati su nomi familiari come Brad Pitt, ma dietro ogni grande figura c’è un intero universo di individui che contribuiscono in modo significativo al loro settore e alla società nel suo complesso. Uno di questi casi è quello di Doug Pitt, fratello minore dell’acclamato attore Brad Pitt. Ma Doug è molto di più di “il fratello di”. È un imprenditore di successo, un filantropo appassionato e una figura che merita sicuramente di essere conosciuta più a fondo. Personalità sfaccettata e di grande successo, ha un nome costruito grazie alle sue aziende votate alla tecnologia e alle numerose attività di filantropo nel corso degli anni.

Dal fratello di Brad Pitt all’individuo di successo

Nato il 2 novembre 1966 a Springfield, nel Missouri, Doug Pitt è soprattutto conosciuto perché condivide lo stesso sangue con l’attore hollywoodiano Brad Pitt. Spesso cresciuto all’ombra del più celebre fratello maggiore, Doug ha intrapreso una strada di successo contando sulle proprie capacità e i propri interessi. Dopo aver completato gli studi all’università della sua contea, infatti, ha iniziato una carriera tutta in salita nei settori immobiliare e finanziario, mostrando sin da subito il suo talento nel mondo degli affari. Risale all’aprile del 1991 la fondazione della sua prima azienda, la ServiceWorld Computer, occupata nella fornitura di servizi informatici. A soli 25 anni inizia così la scalata che lo porterà nel mirino del club dei milionari.

Nel 2007 decide di cedere il 75 per cento degli interessi dell’azienda a Miami Nations Enterprises rimanendone però il proprietario e principale partner operativo. Nel 2012 fonda quindi TSI Integrated Services in collaborazione con TSI Global. Nel 2013 Pitt e Miami Nations Enterprises decidono di fondere ServiceWorld con TSI Global. Nel 2017 Pitt ricompra la sua prima società di computer creando la nuova Pitt Development Group, società specializzata in sviluppi commerciali e territoriali. Con questa azienda si è proposto come leader indiscusso nel settore.

Imprenditore e Filantropo

Doug Pitt non è solamente un uomo d’affari di successo, ma un filantropo impegnato che usa i suoi mezzi a disposizione per intervenire in aree critiche del mondo. “Care to Learn”, di cui è il fondatore, è un’organizzazione benefica che fornisce risorse essenziali a bambini che vivono in contesti difficili. L’organizzazione si concentra su bisogni fondamentali come cibo, vestiti e attrezzature scolastiche, permettendo ai più giovani di crescere e imparare in un ambiente positivo e accogliente.

Doug è anche collaboratore di Waterboys.comWorldServe International e Africa 6000 International (a cui partecipa anche la sorella Julie), organizzazioni impegnate nella fornitura di acqua potabile nei paesi africani più in difficoltà, come Tanzania e Kenya. Nel 2010 l’allora presidente della Tanzania Jakaya Kikwete lo ha insignito del titolo di Ambasciatore di buona volontà per la Repubblica Unita di Tanzania. Con questo titolo opera in qualità di intermediario per tutte quelle aziende che vogliono contribuire alla rinascita economica e culturale del paese. Nel 2011 il presidente americano Bill Clinton lo ha premiato con l’Humanitarian Leadership Award.

Dietro le quinte dell’industria del vino

Oltre al suo coinvolgimento nel settore immobiliare e nell’ambito delle opere di beneficenza, Doug Pitt ha anche sviluppato una passione per il mondo del vino. È coinvolto nella gestione di “Pitt Vineyards”, un’azienda vinicola che produce vini di alta qualità. Questa dedizione per il vino riflette la sua grande curiosità e il suo interesse per settori imprenditoriali differenti.

Una vita riservata

La famiglia di primo piano non ha impedito a Doug Pitt di mantenere un profilo relativamente basso nel mondo dei media. Ha cercato, infatti, di proteggere la sua privacy e di concentrarsi sul suo lavoro e sulle sue passioni, piuttosto che sfruttare la sua connessione familiare per attirare l’attenzione dei riflettori. Nel 1990 ha sposato Lisa Pitt, conosciuta all’università, e insieme hanno tre figli: Landon, Sydney e Reagan.

Nonostante abbia sempre cercato di non farsi notare, in certe occasioni è apparso sui media presentandosi in modo scherzoso come il fratello del più celebre Brad. Ha girato diversi spot pubblicitari, come quello per Virgin Mobile Australia, e in alcuni ha vestito persino i panni del fratello, come nella pubblicità per Mother’s Brewing Company. In diverse interviste rilasciate (come quella all’emittente Nova FM) ha anche ammesso di essere scambiato per il fratello almeno 3 volte a settimana da sconosciuti che lo incontrano per strada. Questo perché i due fratelli oltre a condividere carriere di successo, hanno effettivamente un fisico e dei lineamenti molto simili.

L’eredità di Doug Pitt

La storia di Doug Pitt dimostra come dietro a ogni individuo ci siano esperienze, imprese e passioni diverse che meritano di essere riconosciute. Pur essendo spesso additato come “il fratello di Brad Pitt”, la sua dedizione per il mondo degli affari, il suo coinvolgimento nella beneficenza e la sua capacità di perseguire le sue passioni lo rendono un esempio di impegno e di successo. Il suo lavoro nel settore imprenditoriale e filantropico dimostra come sia possibile creare un’eredità significativa indipendentemente dal nome di famiglia e che ognuno ha il potenziale per influenzare positivamente sulla vita degli altri.

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Coronavirus

È finalmente nelle sale cinematografiche il film “Tic Toc”

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E continua anche il suo tour promozionale con vari appuntamenti.

Girato a Terni negli studios di Papigno, la commedia è stata diretta dal regista Davide Scovazzo mentre la produzione è stata affidata ad Anteprima Eventi Production e Management S.r.l. di Massimiliano Caroletti. Il film vanta un cast di eccezionali attori noti al pubblico tra cui Eva Henger, Maurizio Mattioli, Sergio Vastano, Fausto Leali, Donatella Pompadour, Valentino Marini, Paolo Pasquali alias Doctor Vintage, Cristiano Sabatini alias Bike Chef, Simone Bargiacchi alias Antonio Lo cascio, Samuel Comandini Alisa Zio_ Command, Fabio Stirlani alias Stirlo , Dimitri Tincano, Jennifer Caroletti, Antonella Scarpa alias Himorta, Vanessa Padovani alias Miss Mamma Sorriso, Chaimaa Cherbal, Claudia Letizia ,Elena Colombi , Paola Caruso, Luigi Iocca, Giuseppe Lisco, Rosy Campanale, Daniel Bellinchiodo, Francesco Aquila, Michela Motoc.

E proprio Eva Henger con Massimiliano Caroletti insieme alla figlia Jennifer, al suo debutto sul grande schermo, sono ospiti della prestigiosa kermesse cinematografica Ischia Global Fest, e incontreranno il pubblico prima della proiezione con Doctor Vintage, anche lui nel cast della pellicola, nella serata del 13 luglio.

Filo conduttore del film il rapporto con i social. Tic Toc è una commedia che intreccia tante vicende e scopre tante realtà partendo dalla storia di quattro intraprendenti scansafatiche che per guadagnare qualche soldo decidono di rapire Eva Henger. Un progetto che frana a causa del Covid e che innesca un susseguirsi di intoppi divertenti: “Un gruppo di Sinti, una sorta di gang Fedeli al triste, ma vero, gioco di parole “è tutto LORO quello che luccica”, i quattro passano giornate ad invidiare le superstar di oggi , ovvero gli, e soprattutto le, Influencers, attribuendo a ognuno e a ognuna di loro vite principesche, fatte di limousines, jet privati, champagne della migliore categoria, ville gigantesche e stuoli di servitori, tutto ciò che, nella loro miseria, è loro negato dalla vita, in una maniera che, dal loro punto di vista, reputano ingiusta ed immorale. Stufi di raccogliere le briciole di quello che loro credono essere solo un mondo dorato e pieno di privilegi, i quattro mascalzoni vengono a sapere che la star Eva Henger inaugurerà una Escape Room (cosa che loro non hanno idea di cosa sia) a Terni, per cui a Zagaja, ma ben presto condiviso dagli altri pur se con qualche perplessità soprattutto da parte di Bike Chef, viene la “brillante” idea: appostarsi poco prima dell’entrata della Escape Room e rapire la Diva, che per lui è anche il suo sogno erotico da sempre, in modo da chiedere il riscatto ai suoi numerosi sponsor”, ha spiegato l’ideatore Fabio Stirlani. La trama affronta in chiave drammatica argomenti comici che riflettono l’attualità.

Un film che segna il grande ritorno al cinema di Eva Henger che per l’occasione ha interpretato se stessa. Un ruolo cucito alla perfezione su di lei: “Ho interpretato me stessa. Pensavo fosse facile, invece è stato difficilissimo. Quando si interpreta la propria persona ci si rende conto di non conoscerla realmente. Ho dovuto metterci dell’ironia, verve e passione, anche perché sarà un film comico, che farà ridere molto”. Assieme a lei sul set la figlia Jennifer Caroletti interessata a seguire le orme della madre.

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