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Giorgio Napolitano: una vita politica e un’eredità duratura

La recente scomparsa di Giorgio Napolitano ha lasciato un vuoto profondo nel panorama politico italiano. Con una carriera che ha abbracciato più di sei decenni, Napolitano si è imposto come una figura di riferimento nella storia italiana. In questo articolo esamineremo la vita di Giorgio Napolitano, il suo ruolo come Presidente della Repubblica Italiana e le reazioni del mondo della politica alla notizia della sua morte.

La gioventù di Napolitano

Giorgio Napolitano nacque il 29 giugno 1925 a Napoli, in un’Italia dominata dal regime fascista di Benito Mussolini. Fin dalla giovane età dimostrò un forte impegno politico e una spiccata determinazione nella lotta per la giustizia sociale. Nel 1947 si laurea in giurisprudenza presso l’Università di Napoli. Proprio nel periodo universitario incontra molti degli amici che avrebbero poi costituito di lì a breve la dirigenza del gruppo comunista napoletano.

La carriera politica di Giorgio Napolitano

Nel 1945 Napolitano si unì al Partito Comunista Italiano (PCI), un movimento politico di sinistra. La sua abilità oratoria e la sua intelligenza gli fecero rapidamente guadagnare un posto di rilievo all’interno del partito. Durante gli anni ’60 e ’70, Napolitano ricoprì diversi incarichi di governo, dimostrando la sua competenza nella gestione delle questioni politiche ed economiche. Tra il ’60 e il 62 è responsabile della sezione lavoro di massa, mentre tra il 1966 e il 1969 assume il ruolo di coordinatore dell’ufficio di segreteria e dell’ufficio politico del PCI. La sua carriera nel partito culmina negli anni dal 1976 al 1979, periodo durante il quale diviene responsabile della politica economica del partito. Nel 1992 Napolitano viene eletto presidente della Camera dei Deputati, mentre nel ’96, una volta tornato in Parlamento dopo l’esperienza da presidente della Camera, Romano Prodi lo sceglie come ministro dell’interno del suo governo. Nel 2005, infine, viene nominato senatore a vita dall’allora presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi.

La Presidenza di Giorgio Napolitano

Nel 2006, Giorgio Napolitano fu eletto Presidente della Repubblica Italiana, diventando il primo ex membro del PCI a ricoprire questa carica. La sua elezione rappresentò un momento storico per l’Italia e sottolineò la sua capacità di unire le diverse fazioni politiche del paese.

Durante il suo mandato di sette anni, Napolitano si distinse per la sua capacità di affrontare alcune delle sfide più pressanti dell’Italia. Nel 2007 si trova a gestire la crisi di governo in seguito alle dimissioni di Romano Prodi.

Uno dei momenti più critici fu la crisi economica del 2008, che colpì duramente il paese. Napolitano lavorò instancabilmente per promuovere politiche economiche che avrebbero affrontato la recessione e sostenuto la crescita. Nel novembre del 2011, quando il governo Berlusconi IV conferma di non avere più la maggioranza parlamentare alla Camera, Napolitano si accorda con Berlusconi per arrivare alle dimissioni del suo governo.

La sua presidenza fu anche caratterizzata da un forte impegno per l’unità nazionale. Napolitano lavorò per superare le divisioni politiche e favorire il dialogo tra i partiti, cercando di garantire la stabilità politica in un momento in cui l’Italia ne aveva più che mai bisogno.

Le reazioni del mondo della Politica

La notizia della morte di Giorgio Napolitano ha scosso il mondo della politica italiana e internazionale. leader politici e non solo hanno espresso il loro cordoglio per la perdita di questa figura iconica.

Il Presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella ha dichiarato: “La sua morte mi addolora profondamente e, mentre esprimo alla sua memoria i sentimenti più intensi di gratitudine della Repubblica, rivolgo ai familiari il cordoglio dell’intera nazione”.

A livello internazionale, i leader europei hanno elogiato Napolitano per il suo ruolo nella promozione della stabilità in Italia e nell’approfondimento dei legami transatlantici. La sua visione progressista e il suo impegno per i valori democratici hanno fatto di lui un punto di riferimento anche oltre i confini italiani. Emmanuel Macron dice di lui: “Figura eminente della politica italiana, europeo convinto, l’ex Presidente Giorgio Napolitano ci ha lasciato. Esprimo le mie più sentite condoglianze al popolo italiano”.

Anche il papa si è espresso in seguito alla scomparsa dell’ex presidente della Repubblica, rivolgendo alla moglie le seguenti parole: “La scomparsa di suo marito ha suscitato in me sentimenti di commozione e al tempo stesso di riconoscenza per questo uomo di Stato che, nello svolgimento delle sue alte cariche istituzionali, ha manifestato grandi doti di intelletto e sincera passione per la vita politica italiana nonché vivo interesse per le sorti delle nazioni”.

L’eredità di Giorgio Napolitano

La morte di Giorgio Napolitano segna la fine di un’era nella politica italiana. La sua eredità è vasta e duratura. Rimarrà nella memoria collettiva come un politico di principi, un leader che ha sempre cercato di servire il bene comune prima di tutto. La sua carriera, che ha attraversato momenti storici cruciali, è un esempio di dedizione, onestà e impegno per il servizio pubblico.

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Attualità

Nuovo Codice della Strada: tutto quello che cambia dal 2024...

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Il giorno in cui il Senato ha dato il via libera definitivo al Nuovo Codice della Strada è arrivato. Una riforma che ci tocca tutti, chi più e chi meno e che introduce novità importanti per garantire una maggiore sicurezza sulle nostre strade. Tutto è pensato per ridurre gli incidenti, disciplinare meglio nuovi mezzi di trasporto come i monopattini elettrici e – diciamocelo – dare una stretta a chi proprio non riesce a seguire le regole.

Ma andiamo con ordine, perché di novità ce ne sono tante e meritano tutte un po’ della nostra attenzione.

Guida in stato di ebbrezza: tolleranza zero e nuove pene severe

Lo sappiamo tutti: mettersi al volante dopo aver bevuto o sotto l’effetto di droghe è una pessima idea. Le pene sono severe, ecco, ma ora sono ancora più dure. Perché? Beh, non c’è da stupirsi: i numeri parlano chiaro e sono terribili. Troppe vite spezzate, troppi incidenti che si potevano evitare. Che sia una birra di troppo o qualcosa di peggio, le conseguenze sono serie, pesanti e ti colpiscono dritto nel portafoglio, oltre che nella vita.

Tassi alcolemici e sanzioni: Facciamola semplice. Se hai un tasso tra 0,5 e 0,8 g/l, preparati a pagare fino a 2.170 euro e addio patente per almeno 3-6 mesi. Superi questa soglia? Peggio per te: la multa arriva fino a 6.000 euro, patente sospesa fino a due anni e nei casi più gravi, potresti finire dietro le sbarre per un anno. Non è uno scherzo.

Ah, e poi c’è la novità dell’Alcolock. Cos’è, ti chiedi? Un dispositivo che non ti fa neanche accendere la macchina se hai bevuto. Zero tolleranza, sul serio. Sarà obbligatorio per chi è stato già beccato a guidare ubriaco. Forse, finalmente, riusciremo a evitare che qualcuno ci ricaschi.

Uso del cellulare alla guida: più che una distrazione, un pericolo

Non ci giriamo attorno: il cellulare alla guida è una piaga. Tutti lo sappiamo ma quanti riescono davvero a resistere alla tentazione di dare un’occhiata veloce al messaggio arrivato o alla notifica che vibra? Bene, ora ci sarà un motivo in più per resistere, perché le multe sono salite.

– Chi viene colto in flagrante rischia una multa tra 250 e 1.697 euro. Non solo: la patente può essere sospesa da una settimana fino a 15 giorni. E per chi insiste e viene beccato più volte? Si parla di multe fino a 2.588 euro, con sospensione della patente da uno a tre mesi e la decurtazione di 10 punti.

L’obiettivo è chiarissimo: meno distrazioni, più attenzione. Le distrazioni al volante sono un pericolo non solo per chi guida ma per tutti gli altri utenti della strada. E qui il messaggio è chiaro: basta scuse.

Neopatentati: restrizioni più lunghe per imparare meglio

I neopatentati sono considerati una categoria a rischio e non è difficile capire il perché: poca esperienza, magari un pizzico di spavalderia. Per questo, le limitazioni sono state estese.

– Il periodo in cui i neopatentati non possono guidare veicoli di elevata potenza è passato da uno a tre anni. Tre anni in cui dovranno fare pratica con auto che non superino una potenza specifica massima di 75 kW/t e comunque non oltre i 105 kW, che corrispondono a circa 142 cavalli.

È una scelta che può sembrare restrittiva, ma che mira a far crescere i nuovi conducenti in sicurezza, senza la pressione di dover gestire auto troppo potenti prima di essere veramente pronti.

Monopattini elettrici: più sicurezza, meno anarchia

Negli ultimi anni, i monopattini elettrici hanno letteralmente invaso le città italiane. Veloci, pratici, ma anche un po’ pericolosi, soprattutto per la mancanza di regole chiare. Bene, ora le regole ci sono e sono abbastanza stringenti.

  • Targa e assicurazione obbligatorie: tutti i monopattini dovranno avere una targa e un’assicurazione. Sì, proprio così, non sono più chiacchiere. Basta con l’anarchia totale: ora, se succede qualcosa, bisogna sapere chi è stato, chi deve rispondere. Serve per responsabilizzare chi guida, ma soprattutto per avere un nome e un cognome in caso di incidente.
  • Casco obbligatorio per tutti: Che tu sia un ragazzino o un adulto, il casco va messo. Punto. Non importa l’età, importa la sicurezza. E poi, niente strade super trafficate: solo quelle urbane e solo se il limite è sotto i 50 km/h. Insomma, ci vuole un po’ di testa.

Le sanzioni? Non sono uno scherzo. Parliamo di multe da 100 a 400 euro se vai in giro senza assicurazione e da 200 a 800 euro se ti mancano cose essenziali come i freni o le frecce. Più regole, più sicurezza, meno rischi. E meno problemi per tutti.

Autovelox e infrazioni: più precisione nei controlli

L’uso degli autovelox è stato spesso criticato, soprattutto quando sembrava più uno strumento per fare cassa che per garantire la sicurezza. Ora, con la riforma, si punta a un uso più mirato e preciso.

– Gli autovelox potranno rilevare più infrazioni contemporaneamente: oltre alla velocità, potranno segnalare la mancanza di revisione o il mancato pagamento dell’assicurazione. Saranno installati solo in zone ad alta incidentalità e vietati in strade urbane con limiti sotto i 50 km/h o extraurbane sotto i 90 km/h.

L’idea è di usarli dove davvero servono, non per riempire le casse dei Comuni ma per evitare tragedie.

Abbandono di animali: pene più severe per tutelare tutti

Una delle novità più importanti riguarda l’abbandono di animali lungo le strade. Questo comportamento non è solo crudele, ma è anche pericoloso per gli automobilisti. Chi abbandona un animale e provoca un incidente rischia fino a sette anni di carcere. La patente potrà essere sospesa da sei mesi a un anno.

È un messaggio forte: gli animali non si abbandonano, e chi lo fa non mette a rischio solo la vita di un essere indifeso ma anche quella degli altri utenti della strada.

Obiettivi della riforma: un futuro più sicuro per tutti

Con queste modifiche, il messaggio è chiaro: basta incidenti evitabili, basta rischi inutili. Serve una stretta vera, una mano ferma che riporti ordine sulle strade. Pene più severe, regole nuove per quei mezzi che finora erano un po’ fuori controllo e controlli più rigorosi. Tutto questo per cercare di ridurre il numero di tragedie che, troppo spesso, si potrebbero evitare. Le nostre strade devono tornare a essere sicure. Per tutti.

Però, diciamocelo: una legge, da sola, non può bastare. Serve anche il nostro impegno, quello di tutti. Non è solo questione di seguire le nuove regole: è questione di responsabilità, di prendersi cura gli uni degli altri quando siamo al volante. La sicurezza stradale è una sfida comune, qualcosa che riguarda ognuno di noi. E sì, con un po’ di impegno da parte di tutti, possiamo davvero fare la differenza.

Quindi, occhi aperti, testa sulle spalle e cuore in quello che facciamo: la strada è di tutti e ognuno di noi ha il dovere di renderla più sicura.

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Attualità

Chi vuole parlare d’amore? La nuova docuserie che...

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Ragazzi, amori, sesso e verità senza filtri. Da martedì 19 novembre, arriva in esclusiva su RaiPlay una nuova docuserie dal titolo intrigante: “Chi vuole parlare d’amore?“. Le registe Isabel Achaval e Chiara Bondì, entrambe amiche e mamme, si sono lanciate in un’avventura per capire davvero cosa passa per la testa dei ragazzi quando si parla di sentimenti. Cos’è cambiato dall’epoca in cui loro stesse erano adolescenti? E cos’è invece rimasto lo stesso?

Immaginate due donne che camminano per le strade di Roma, con un microfono in mano e mille domande che fanno battere il cuore. Si fermano davanti ai ragazzi nei posti più autentici: fuori dalle scuole, nelle piazze dove ci si perde in chiacchiere fino a tardi, in biblioteca. Vogliono capire cosa c’è davvero dietro quegli sguardi quando si parla di amore. Così nasce “Chi vuole parlare d’amore?”. Non è solo un’indagine sociale, è molto di più: è un viaggio profondo, un tuffo nelle emozioni più vere, senza filtri, senza barriere.

La verità? Spesso i ragazzi parlano poco di queste cose. Un po’ perché sono timidi, un po’ perché hanno paura di non essere capiti. E va bene, è normale. Ma Isabel e Chiara non si fermano. Loro vogliono andare oltre, vogliono capire davvero. E così, puntata dopo puntata, esplorano ogni aspetto della vita sentimentale e sessuale dei giovani. Senza moralismi, senza pregiudizi, senza filtri. Si comincia dai “Primi amori” – quei primi batticuori che ti travolgono e ti fanno sentire come se niente altro al mondo contasse. Poi si passa agli “Amori difficili”, quelli che ti mettono alla prova e si arriva fino alla scoperta del sesso. Una puntata in cui si parla anche di educazione sessuale, con tutte quelle domande che i ragazzi spesso non trovano il coraggio di fare, né a scuola né a casa. Ecco, qui possono finalmente farle.

In questa docuserie non ci sono risposte preconfezionate: ci sono ragazzi veri, con le loro storie e i loro dubbi. C’è chi si chiede cosa sia il vero amore, chi si sente insicuro rispetto alla propria identità sessuale, chi fatica a capire cosa significhi avere una relazione sana nell’era del digitale. Le questioni di identità, di orientamento e il rapporto con il mondo digitale sono tutti temi che emergono, a volte con leggerezza, altre con più difficoltà.

Il bello è che questo viaggio non lo fanno da soli. In ogni episodio c’è una guida speciale: psichiatri, scrittrici, ginecologhe e persino filosofi, come Vittorio Lingiardi, Maria Grazia Calandrone e Violeta Benini, che aiutano a dare profondità e chiarezza a temi che spesso sembrano complicati da affrontare. È un percorso che si conclude guardando avanti, con l’episodio sul “Futuro”, in cui si parla di desideri, di speranze e perché no, della poesia che può educare ai sentimenti.

“Chi vuole parlare d’amore?” è un’occasione per fermarsi e riflettere su come cambiano le emozioni, su cosa significa oggi amare, essere vulnerabili, crescere. Noi crediamo che questo progetto rappresenti un punto di partenza per aprire un dialogo vero, senza barriere. Parlarne non dovrebbe mai essere un tabù, anzi, è un primo passo bellissimo per iniziare a capirsi e non possiamo che supportare un’iniziativa così importante, che arriva da Rai Contenuti Digitali.

Dal 19 novembre, su RaiPlay. Lasciatevi conquistare da questi racconti. Chissà, magari ci ritroveremo un po’ tutti in quelle storie.

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Attualità

Matteo Fraziano trionfa a “Tu si que vales...

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Ci sono serate che restano impresse nella memoria e quella del 16 novembre scorso, con la finale di Tu si que vales 2024, è stata senza dubbio una di queste. In diretta TV, milioni di spettatori hanno visto trionfare un giovane artista, Matteo Fraziano, che con la sua arte delle ombre cinesi ha conquistato cuori e applausi. È un talento che nasce dal niente, quasi per caso, e finisce per toccare le corde più profonde dell’anima.

La magia delle ombre e un giovane romano autodidatta

A soli 23 anni, Matteo Fraziano, romano, ha sorpreso tutti con la sua abilità straordinaria di trasformare mani e luce in pura poesia visiva. Parliamo di ombre cinesi, una forma d’arte antica che pochi oggi padroneggiano davvero, e che lui ha appreso da autodidatta. Ha passato notti insonni davanti a una lampada, le dita che disegnavano figure in continuo divenire, a sperimentare senza sosta, inseguendo una passione che sembrava tanto strana quanto irresistibile.

È stato un percorso solitario“, ha raccontato Matteo poco dopo la vittoria, con il sorriso stanco di chi ha vissuto un sogno diventare realtà. La sua dedizione è stata totale, un viaggio fatto di prove e errori, che lo ha portato, passo dopo passo, a padroneggiare una tecnica che trasforma semplici giochi di luce in autentiche emozioni. E come se non bastasse, Matteo è anche uno studente di psicologia: tra libri e ombre, ha trovato un modo tutto suo per comprendere e interpretare le emozioni umane.

Un percorso indimenticabile a “Tu si que vales”

Quando Matteo è salito sul palco per la prima volta, il pubblico è rimasto senza parole. Le sue mani diventavano animali, persone, scene che raccontavano storie di ogni genere. Maria De Filippi ha voluto fortemente che Matteo arrivasse fino in finale e l’ha dimostrato attivando la sua clessidra senza esitazioni. Già da allora, per chi lo guardava, era chiaro: Matteo non è solo tecnica. Lui ha la capacità unica di creare emozioni da qualcosa di così semplice come la luce e le mani. “Era evidente sin dall’inizio che aveva qualcosa di speciale“, ha sottolineato Rudy Zerbi durante la semifinale.

La finale di Tu si que vales è stata un vero spettacolo di talenti. C’erano i Ssaulabi, un gruppo di ballerini acrobatici provenienti dalla Corea, e i The Phobias, un collettivo teatrale che esplora le paure umane attraverso il mimo e la recitazione. Ma tra tutte queste incredibili performance, Matteo si è distinto. Con la sua arte delle ombre, ha dipinto il palco di emozioni vere, regalando al pubblico momenti che nessuno dimenticherà.

Un talento premiato con il cuore del pubblico

Alla fine, il pubblico non ha avuto dubbi, il voto è stato chiaro. Matteo Fraziano ha stravinto, senza mezzi termini, perché quello che ha fatto, quello che ha mostrato, è arrivato dritto al cuore, senza filtri, senza fronzoli. Nel momento della premiazione, Matteo era lì, con la voce che gli tremava dall’emozione e ha detto poche parole, ma potentissime: “Questo è per mia madre, che ha sempre creduto in me“. Centomila euro in gettoni d’oro, sì, ma il valore vero era in quelle parole semplici, genuine, piene di amore. E in quel momento, lo abbiamo sentito tutti, quell’amore. Ci ha scaldato il cuore, ci ha fatto sentire parte di qualcosa di grande.

La passione che ha conquistato l’Italia

Matteo non è diventato un artista per caso. La sua è una storia di dedizione. Cresciuto in un quartiere popolare di Roma, è stato un video su internet a farlo innamorare delle ombre cinesi. E così, inizia il suo percorso: giornate intere passate a perfezionare una tecnica che sembrava quasi dimenticata, senza un maestro, senza una scuola. Un percorso da autodidatta che lo ha portato a fare piccoli spettacoli in teatri locali, fino al palco di uno dei programmi più seguiti in Italia.

All’inizio non sapevo nemmeno se ci fosse un futuro per me con le ombre cinesi“, ha raccontato Matteo. Ma la sua passione era troppo grande per fermarsi. Oggi, il suo sogno è quello di portare quest’arte nei teatri di tutto il mondo, dimostrando che un’arte così antica può ancora incantare, stupire e soprattutto emozionare.

Il futuro di Matteo: nuove sfide e grandi sogni

Il successo ottenuto a Tu si que vales ha aperto a Matteo numerose porte. I social media sono esplosi, con l’hashtag #MatteoFraziano che è subito diventato virale. “È incredibile come qualcosa di così semplice possa toccare così tanti cuori“, ha scritto un utente su Twitter (X). E proprio grazie a questo clamore, si parla già di possibili collaborazioni importanti: festival internazionali, compagnie teatrali, forse anche uno spettacolo tutto suo.

Il giovane artista, dal canto suo, sembra avere le idee chiare: “Voglio portare l’arte delle ombre nei teatri di tutto il mondo. Voglio far vedere alla gente che anche una forma d’arte semplice e antica può ancora raccontare qualcosa di nuovo“.

Un’edizione di “Tu si que vales” che resterà nei cuori

La finale di Tu si que vales 2024 è stata una serata memorabile, ricca di talenti straordinari e sorprese. Domenico De Martino, con la sua simpatia e la sua energia contagiosa, ha conquistato la “Scuderia di Gerry Scotti” aggiudicandosi un viaggio a Parigi, un premio simbolico ma significativo per chi ha saputo strappare sorrisi a tutti.

Matteo Fraziano, invece, ha fatto qualcosa che è andato oltre, qualcosa di più profondo, qualcosa che ti prende e ti scuote. Ha dimostrato che anche in questo mondo tutto pieno di tecnologia, in mezzo a talent show che sembrano copie l’uno dell’altro, c’è ancora spazio per la magia. Quella magia vera, quella che non riesci nemmeno a descrivere a parole, ma che la senti, la senti dentro di te. Le sue ombre, semplici giochi di luce, erano molto più di quello che vedevi: c’era qualcosa che andava oltre lo schermo, oltre la performance. Un tocco di magia che ci ha fermato tutti per un attimo, ci ha fatto sentire qualcosa di vero.

Per questo, la sua vittoria non è stata solo un trofeo, non era solo un premio. No, era molto di più. Era la prova che i sogni, quelli veri, quelli che ci portiamo nel cuore, possono ancora vivere. Era per chi ci crede ancora, per chi sa che l’arte ha questo potere straordinario di emozionare, di toccare, di stupire. E forse, chissà, anche di cambiare un po’ il mondo.

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