Design Miami 2023: Where We Stand, tutte le mostre e le installazioni
La diciannovesima edizione di Design Miami 2023 torna dal 6 al 10 dicembre, con oltre 40 presentazioni e più di 20 collaborazioni realizzate dai brand. Il tema curatoriale di quest'anno è "Where We Stand", una celebrazione del design, non solo per metterne in luce il ruolo che svolge nel riflettere e rispondere al mondo intorno a noi, ma anche come invito a considerare come possa aiutarci in questo momento complesso e troppo spesso divisivo.
Il design, infatti, può essere uno strumento potente per raccontare storie - e le storie ci permettono di accedere all'umanità altrui. Celebrando oggetti provenienti da tutto il mondo ispirati ai luoghi, alle comunità e al patrimonio, l'edizione di quest'anno di Design Miami punta a stimolare conversazioni sui legami che ci uniscono e su come essi possano creare i nostri percorsi futuri.
L'edizione di quest'anno accoglie quindi una serie di esposizioni ed installazioni coinvolgenti, tutte in risposta al tema curatoriale. Al centro di Where We Stand c'è l'importanza di coltivare il legame umano, raccontato attraverso oggetti che riflettono una serie di esperienze provenienti da tutto il mondo.
L'artista e designer ucraina Victoria Yakusha torna a Design Miami per presentare una nuova collezione in edizione limitata intitolata The Land of Light. Per creare le sue opere, Yakusha si è rivolta ad un antica tecnica ucraina utilizzata per la finitura delle pareti. Ogni pezzo è stato realizzato con il materiale vivo Ztista, una miscela sostenibile di argilla, fieno e materiali riciclati. Applicato in più di cinque strati su una struttura in legno, Ztista crea una superficie strutturata e vibrante. Il risultato sono una serie di oggetti che vanno oltre la funzionalità, una collezione di design che riflette lo spirito e la saggezza della terra da cui provengono.
Maison Gerard risponderà al tema curatoriale Where We Stand attraverso l'esplorazione della connessione umana, puntando i riflettori su donne designer contemporanee provenienti da otto Paesi. La designer di Tel Aviv, Ayala Serfaty, nota per i suoi progetti di illuminazione, presenta il suo primo tavolo, Janus. La designer libanese Aline Hazarian presenterà una collezione composta da tavoli, specchi e appliques in bronzo.Carol Egan esporrà invece le opere della sua nuova collezione PowerStructure, ispirata al dinamismo della natura.
Continuando a concentrarsi sulle donne designer, Hostler Burrows presenterà nuovi lavori di una selezione di artisti e designer nordici contemporanei, da quelli emergenti a quelli affermati. Tra le opere di spicco: una sedia in ceramica con perline interamente realizzata a mano da Marianne Huotari; le nuove sculture in vetro di Hanna Hansdotter e le recenti opere scultoree di Kristina Riska.
Nell'affrontare il tema curatoriale Where We Stand, molte gallerie hanno deciso di esporre opere che celebrano forme e materiali naturali. Adrian Sassoon farà il suo debutto a Design Miami con una presentazione di opere contemporanee in vetro e metallo provenienti dal suo roster di designer internazionali. Con il titolo Nature by Design, l'esposizione mette in mostra oggetti che si ispirano al mondo naturale.
La diciannovesima edizione di Design Miami 2023 torna dal 6 al 10 dicembre, con oltre 40 presentazioni e più di 20 collaborazioni realizzate dai brand. Il tema curatoriale di quest'anno è "Where We Stand", una celebrazione del design, non solo per metterne in luce il ruolo che svolge nel riflettere e rispondere al mondo intorno a noi, ma anche come invito a considerare come possa aiutarci in questo momento complesso e troppo spesso divisivo.
Il design, infatti, può essere uno strumento potente per raccontare storie - e le storie ci permettono di accedere all'umanità altrui. Celebrando oggetti provenienti da tutto il mondo ispirati ai luoghi, alle comunità e al patrimonio, l'edizione di quest'anno di Design Miami punta a stimolare conversazioni sui legami che ci uniscono e su come essi possano creare i nostri percorsi futuri.
L'edizione di quest'anno accoglie quindi una serie di esposizioni ed installazioni coinvolgenti, tutte in risposta al tema curatoriale. Al centro di Where We Stand c'è l'importanza di coltivare il legame umano, raccontato attraverso oggetti che riflettono una serie di esperienze provenienti da tutto il mondo.
L'artista e designer ucraina Victoria Yakusha torna a Design Miami per presentare una nuova collezione in edizione limitata intitolata The Land of Light. Per creare le sue opere, Yakusha si è rivolta ad un antica tecnica ucraina utilizzata per la finitura delle pareti. Ogni pezzo è stato realizzato con il materiale vivo Ztista, una miscela sostenibile di argilla, fieno e materiali riciclati. Applicato in più di cinque strati su una struttura in legno, Ztista crea una superficie strutturata e vibrante. Il risultato sono una serie di oggetti che vanno oltre la funzionalità, una collezione di design che riflette lo spirito e la saggezza della terra da cui provengono.
Maison Gerard risponderà al tema curatoriale Where We Stand attraverso l'esplorazione della connessione umana, puntando i riflettori su donne designer contemporanee provenienti da otto Paesi. La designer di Tel Aviv, Ayala Serfaty, nota per i suoi progetti di illuminazione, presenta il suo primo tavolo, Janus. La designer libanese Aline Hazarian presenterà una collezione composta da tavoli, specchi e appliques in bronzo.Carol Egan esporrà invece le opere della sua nuova collezione PowerStructure, ispirata al dinamismo della natura.
Continuando a concentrarsi sulle donne designer, Hostler Burrows presenterà nuovi lavori di una selezione di artisti e designer nordici contemporanei, da quelli emergenti a quelli affermati. Tra le opere di spicco: una sedia in ceramica con perline interamente realizzata a mano da Marianne Huotari; le nuove sculture in vetro di Hanna Hansdotter e le recenti opere scultoree di Kristina Riska.
Nell'affrontare il tema curatoriale Where We Stand, molte gallerie hanno deciso di esporre opere che celebrano forme e materiali naturali. Adrian Sassoon farà il suo debutto a Design Miami con una presentazione di opere contemporanee in vetro e metallo provenienti dal suo roster di designer internazionali. Con il titolo Nature by Design, l'esposizione mette in mostra oggetti che si ispirano al mondo naturale.
Come i progetti di illuminazione di Vezzini&Chen. Il duo presenta una collezione che si muove su una linea sottile tra funzionalità e concettualità.I progetti di illuminazione in vetro scultoreo lavorato a mano esplorano i temi della ripetizione, della texture e della geometria, ispirandosi alla biodiversità del mare. L'argentiere Hiroshi Suzuki espone le sue opere ispirate agli elementi. Create martellando lastre d'argento, Suzuki realizza oggetti sinuosi, che si ispirano al ritmo che osserva in natura, come l'impeto del vento o il propagarsi di una fiamma.
La galleria Sarah Myerscough di Londra presenta una nuova serie di vasi stampati in 3D di Gareth Neil, intitolata Echo. Utilizzando sabbia naturale, Neil crea una serie di vasi dalle forme esagerate, dalla miniatura al monumentale. L'esposizione include anche una serie di luci a sospensione intagliate di Nic Webb.
Lo studio Aqua Creations presenta Bodies of Water, una mostra ispirata alle forme organiche e scultoree presenti in natura e nel mondo acquatico. Una collezione di pezzi unici di design
appositamente commissionati per l'edizione di quest'anno di Design Miami. Lampade da terra, lampade a sospensione, installazioni a parete, opere scultoree e mobili, ogni progetto invita a celebrare la bellezza del mondo naturale.
Tra i punti salienti della diciannovesima edizione di Design Miami c'è la celebrazione delle tecniche antiche, della tradizione e dell'artigianato. Ateliers Courbet presenta un'esposizione di pezzi di design di otto artisti, tutti volti a valorizzare l'economia circolare e l'artigianato tradizionale: dal divano Meridienne di Pieter Maes, realizzato a mano, ispirato alle pieghe e alle curve organiche del corpo umano, al letto Wabi Sabi di Ethan Stebbins, realizzato a mano, utilizzando le tecniche giapponesi ad incastro.
Atelier Ecru debutta a Design Miami con un'esposizione di oggetti di design da collezione che riflettono il meglio dell'artigianato belga. Anche Diletante42 presenta opere iconiche che mostrano il meglio del design brasiliano. Come il prototipo della Bowl Chair dell'architetto modernista Lina Bo Bardi. Meticolosamente realizzato grazie ad un'esauriente ricerca sui disegni tecnici e sugli schizzi personali della Bardi, il prototipo rappresenta una testimonianza unica della sua visione creativa.
æquō, la galleria indiana, farà il suo debutto a Design Miami con una selezione di pezzi della nuova collezione Panna del direttore creativo Florence Louisy, che comprende una serie di oggetti scultorei, che sono un profondo tributo al ricco patrimonio artigianale indiano.
Molte gallerie hanno risposto a Where We Stand celebrando le icone storiche e il loro inestimabile contributo all'attuale panorama del design, come Bernard Goldberg Fine Arts che presenta importanti progetti dell'inizio del XX secolo, tra cui un lampadario di Frank Lloyd Wright commissionato per la libreria Browne's Bookstore.
Ed infine Ginori 1735 presenta per la prima volta a Design Miami Reborn Project, il progetto creativo coordinato da Frédéric Chambre, che propone ad artisti e designer internazionali di reintepretare i servizi tavola e gli oggetti iconici in porcellana della Manifattura trasformandoli in irreplicabili e straordinarie opere d'arte e di design.
Cultura
Morta Adele Corradi, ‘la professoressa diversa’...
Aveva 99 anni. Aiutò il sacerdote negli anni difficili e avvincenti della Scuola di Barbiana
Adele Corradi, la professoressa che dal 1963 aiutò don Lorenzo Milani a fare scuola nel piccolo borgo di Barbiana, nel comune di Vicchio del Mugello (Firenze) fino 1967, anno della scomparsa del sacerdote, è morta questa mattina all'età di 99 anni a Firenze, dove era nata il 9 dicembre 1924. Corradi seguì anche l'intero lavoro di redazione collettiva del volume "Lettera a una professoressa", firmato come Scuola di Barbiana. Sulla sua esperienza e conoscenza di don Milani, negli anni più difficili e avvincenti della Scuola, Corradi, che per tutta la vita lavorativa è stata insegnante di scuola media fino all'età di 67 anni, ha pubblicato il libro "Non so se don Lorenzo" (Feltrinelli, 2012). Era "la professoressa diversa da tutte le altre", a cui don Milani dedicò una copia della più celebre delle sue lettere.
L'annuncio della scomparsa è stato dato dalla Fondazione don Lorenzo Milani con un comunicato sul proprio sito internet: "Ci stringiamo intorno al dolore della grande famiglia del priore di Barbiana e di quanti hanno voluto bene ad Adele, consigliera ed anche per noi maestra". "Adele Corradi ha voluto bene al suo priore ed ha passato tutta la sua esistenza a difenderlo dalle periodiche accuse, a fare conoscere il suo insegnamento e la sua scuola", aggiunge la Fondazione.
Nel suo libro "Non so se don Lorenzo" si legge a tal proposito: "A me pare orribilmente offensivo anche soltanto tentare di difenderlo. Don Milani si difende da solo. Con tutto quello che ha fatto. E con tutto quello che ha scritto. Ma bisogna leggerlo tutt’intero, non limitarsi a estrapolare una frasetta interpretandola a vanvera. Leggendo il suo testamento, si comprende che per don Lorenzo l’amore di Dio si potesse vedere solo attraverso l’amore per le sue creature. A Barbiana si viveva nell’attenzione: don Lorenzo i suoi ragazzi non li perdeva mai di vista. E, nonostante la fortissima personalità del maestro, non si creava mai dipendenza psicologica".
Adele Corradi ha raccontato: "Mi diedero una supplenza, la prima supplenza della scuola statale, per l'appunto a Borgo San Lorenzo. La preside mi parlò di questa scuola di Barbiana, dove i ragazzi facevano cose straordinarie: studiavano, facevano orario continuato". Così ebbe il desiderio di visitare quella scuola e quando arrivò per la prima volta a Barbiana, don Milani, come sempre il pomeriggio, iniziò la lezione con la lettura del giornale. "Volevo conoscere questa scuola perché ero lì a combattere con ragazzi che non avevano voglia di far nulla e mi chiedevo: come fa questo tizio a ottenere questi risultati, ha qualche ricetta? Un mese dopo ci tornai. Arrivai che stavano facendo lezione e mi misi seduta ad ascoltare. Mezz'ora dopo, i ragazzi facevano dieci minuti di pausa. Don Milani mi disse: 'Ha qualche ragione particolare, signora, per essere ritornata oggi?' 'Sì' - dissi - 'vi volevo chiedere come fate a insegnare a scrivere l'italiano' - perché in un articolo avevo letto: 'nella nostra scuola si scrive quando siamo ispirati. Non insegna nessuno'".
Così Adele chiese aiuto a don Milani e lui gli rispose che proprio quel giorno avrebbero iniziato un metodo di scrittura che sarebbe servito a qualcosa: "Stavano iniziando la lettera a Mario Lodi. Nella lettera dei ragazzi si descrive cos'è Barbiana. In quella di don Milani si spiega com’era stata scritta". Adele cominciò a seguire la scuola di Barbiana e don Milani però volle farle capire che non era importante solo il metodo. "Una delle cose che si imparavano era la scrittura collettiva, che rispettava il pensiero degli altri. E così sono rimasta a Barbiana". Infatti, poco dopo, si trasferì in una casa vicino alla parrocchia. La mattina la passava nella scuola media di Borgo San Lorenzo e la sera insegnava a Barbiana.
Di sé stessa Corradi aveva detto: "Per tutta la mia vita lavorativa sono stata insegnante di lettere nella scuola media. Sono andata in pensione a 67 anni. Devo confessare che ero un'insegnante identica alla destinataria della 'Lettera ad una professoressa'. I rimproveri che i ragazzi di Barbiana rivolgono a quell'insegnante me li meritavo tutti. Per questo non c'è una parola della 'Lettera' che non sottoscriverei. L'incontro con la Scuola di Barbiana e con don Milani ha scavato un solco nella mia vita. Mi sono vista come non mi ero mai vista. E non solo come insegnante, ma come persona". (di Paolo Martini)
Cultura
ASP —Massimiliano Ossini: “Sul K2 ho capito il...
Il conduttore racconta la sua scalata della 'montagna selvaggia' nel suo ultimo libro
Un'esperienza al limite della sopravvivenza. Un viaggio duro, difficile, pericoloso. Una scalata che mette alla prova la capacità di resistere. Un'avventura da mozzare il fiato che, però, ha molto da insegnare e che nasconde un messaggio prezioso. Ovvero che, nella vita di tutti i giorni così come nelle prove più estreme, è necessario a volte rinunciare a compiere quel passo in più che "potrebbe essere fatale" e fermarsi. È l'insegnamento che Massimiliano Ossini, volto noto del piccolo schermo, ha tratto dalla 'prova impossibile' cui si è dedicato nello scorso mese di luglio: documentare in prima persona la spedizione di alcune alpiniste italiane e pakistane che hanno scelto di sfidare gli 8.611 metri della seconda montagna della Terra, il K2. Un'esperienza che il conduttore di 'Unomattina' su Rai 1 e ora concorrente di 'Ballando con le Stelle' descrive nel libro 'K2. Un passo dalla vetta, un passo dalla vita', pubblicato da Rai Libri e sugli scaffali da pochi giorni.
Questa esperienza, racconta Ossini all'AdnKronos, insegna il valore "di saper rinunciare e di fermarsi in qualsiasi situazione: in una scalata in montagna o nella vita di tutti i giorni. I social vorrebbero che fossimo i primi in tutto, in tutte le situazioni, a scuola o al lavoro. Ci vorrebbero tutti supereroi, stravolgendo la realtà. Ecco, durante questo viaggio, abbiamo capito sulla nostra pelle quanto sia importante la rinuncia che non è sinonimo di sconfitta ma di intelligenza". Ossini ricorda, a questo proposito: "Io sono stato benissimo, non ho avuto problemi ma ho deciso di arrivare al 75% delle mie potenzialità, tornando indietro. C'erano tante persone che mi aspettavano a casa e non volevo neanche mettere a rischio il gruppo con cui ho fatto l'impresa. Ho deciso di fermarmi ad un passo dalla vetta".
A settant’anni dalla storica prima ascensione del K2, Ossini si è confrontato con 'la Montagna Selvaggia', come viene definito il K2. "Ho accompagnato - dice - otto donne, quattro ragazze italiane e quattro pakistane. Per la prima volta al mondo due Paesi hanno celebrato i settant'anni dalla prima ascesa sul K2. Abbiamo voluto portare in cima i padroni di casa, le quattro pakistane insieme alle ragazze italiane, ricordando i primi che salirono su quella vetta: gli alpinisti Achille Compagnoni e Lino Lacedelli che compirono l'impresa nel 1954 con l'aiuto fondamentale di Walter Bonatti. È stato - prosegue Ossini - un viaggio molto fisico: è una delle esperienze più difficili al limite della sopravvivenza. Purtroppo, nel corso della spedizione, ci sono state delle persone che non ce l'hanno fatta, altre si sono dovute ritirare perché hanno avuto edemi polmonari e cerebrali".
La scalata del K2, infatti, non è stata accompagnata soltanto da disagi improponibili ma anche, e soprattutto, da tragedie che hanno scandito la lenta e faticosa ascesa verso la vetta. "Un ragazzo, un portatore, purtroppo è morto. Ha avuto un edema cerebrale. È uscito dalla tenda, ed è morto per ipotermia". Non solo: "Tra le pakistane c'era Samira che aveva già raggiunto per quattro volte gli ottomila metri. Nel corso della spedizione, arrivati al campo base è stata male. Ha avuto anche lei un edema polmonare ed è stata accompagnata d'urgenza al primo villaggio con un asino e la bombola d'ossigeno facendo 60 chilometri. Due giapponesi, che avevano una tenda accanto alla nostra, stavano provando a raggiungere la cima dalla parte occidentale. Purtroppo sono caduti ed entrambi sono morti".
D'altro canto, conclude Ossini, è stata anche una prova "psicologica: abbiamo vissuto per un mese facendo 190 chilometri. Abbiamo dormito sempre in tenda, non ci potevamo fare la doccia. L'unico momento in cui si stava insieme al caldo era quando eravamo vicino al fornello a cucinare". Un'avventura, afferma il conduttore, durante la quale "ci siamo spogliati di tutto, lasciando a casa tutti gli orpelli della vita quotidiana".(di Carlo Roma)
Cultura
“Le esigenze di oggi e la sanità del futuro”,...
Il contributo del ministro della Salute alla 34esima edizione del volume
"Le esigenze di oggi e la sanità del futuro" nell'intervento nel Libro dei Fatti 2024 del ministro della Salute Orazio Schillaci, autore del contributo presente nel volume giunto quest'anno alla 34esima edizione.
L'intervento del ministro Schillaci
"Il 2024 è l’anno della Presidenza italiana del G7. Per la salute globale è un momento importante. È l’anno in cui, grazie al nostro impulso, ai vertici internazionali si discute della necessità di mettere al centro di qualsiasi azione sanitaria la prevenzione e l’approccio One Health per la tutela della salute umana, animale e ambientale.
È l’anno in cui si impone definitivamente l’intelligenza artificiale, che vogliamo sia governata dall’uomo secondo l’etica e la responsabilità e che è destinata a incidere significativamente sulla salute, ampliando la possibilità di cura in tante malattie, aiutando i medici a fare diagnosi più precise, andando verso una medicina sempre più personalizzata.
È l’anno in cui iniziano a consolidarsi gli investimenti previsti dalla Missione 6 Salute del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza per il potenziamento dell’assistenza territoriale e della digitalizzazione del Servizio sanitario nazionale. Siamo al lavoro per migliorare e rinforzare la sanità pubblica, per valorizzare e tutelare medici, infermieri e tutto il personale sanitario. È un impegno senza sosta nell’interesse dei cittadini, per superare le disuguaglianze e garantire un’offerta sanitaria omogenea e sostenibile su tutto il territorio nazionale.
Abbiamo aumentato le risorse del Fondo sanitario nazionale raggiungendo solo nel 2024 la cifra record di oltre 134 miliardi di euro. Siamo intervenuti con coraggio e visione per ridurre l’annoso problema delle liste d’attesa, abbiamo messo più risorse per i rinnovi contrattuali, prorogato lo scudo penale per i medici e assunto l’impegno di abolire il tetto di spesa alle Regioni per le assunzioni in modo da poter potenziare il personale nella sanità pubblica.
Abbiamo avviato un percorso di riorganizzazione del Servizio sanitario nazionale che ha bisogno di tempo per vedere dispiegati pienamente i propri benefici, soprattutto dopo le politiche poco lungimiranti del passato.
Voglio concludere ricordando che dal 2024 l’Italia finalmente si è dotata di una legge sul diritto all’oblio oncologico frutto dell’attività del Parlamento e sostenuta con forza dal Governo. Una legge di grande sensibilità, con la quale ci prendiamo cura di chi è guarito dal cancro affinché non debba più subire discriminazioni. Passo dopo passo, diamo risposte alle esigenze di oggi e costruiamo la sanità del futuro".