Il report, ‘per Merck l’Italia strategica con fatturato annuo 1,2 mld’
Studio Ambrosetti, ‘quota femminile su totale occupati è 51,4% contro 42% per media aziende italiane’
Merck, azienda leader in ambito scientifico e tecnologico, opera in 66 Paesi nel mondo con oltre 64mila dipendenti, 22,2 miliardi di euro di ricavi e investimenti in R&D per 2,2 miliardi di euro. Una realtà in cui l’Italia svolge un ruolo importante, con un fatturato annuo di 1,2 miliardi di euro (sesta tra le multinazionali farmaceutiche a capitale estero presenti nel Paese), 1.200 dipendenti e 23,8 milioni di euro di investimenti in R&D. Presente nel nostro Paese da oltre un secolo, oggi è protagonista in tutte e tre le sue aree di business (Healthcare, Life Science ed Electronics), con attività di Ricerca&Sviluppo, produzione e distribuzione. Oggi è l’unica tra le multinazionali farmaceutiche a capitale estero nel nostro Paese a coprire tutte le fasi della filiera, in quattro Regioni: Piemonte, Lombardia, Lazio e Puglia. È la fotografia scattata dal Report ‘Il Valore di Merck in Italia - Studio di impatto della presenza di Merck in Italia per la creazione di valore per i territori di riferimento e per il Paese’, realizzato da The European House – Ambrosetti per Merck Italia e presentato ieri a Roma.
In totale Merck ha investito in Italia 319,5 milioni di euro tra il 2015 e il 2022 – si legge in una nota - con un incremento del 6,5%, a fronte di un +3,3% della media del settore farmaceutico. Un valore superiore all’intero finanziamento Pnrr per start-up. In particolare, nel sito produttivo di Modugno (Bari) sono stati investiti 169,4 milioni di euro negli ultimi 8 anni, a testimonianza dell’importanza di questo stabilimento per il Gruppo. Oggi i farmaci confezionati nel sito produttivo raggiungono 150 Paesi per un valore delle esportazioni, nel 2022, pari a 700 milioni di euro, dati che dimostrano una propensione all’export maggiore rispetto alla media delle multinazionali farmaceutiche a capitale estero nel nostro Paese (56% vs 44%).
L’approccio metodologico utilizzato nel report – prosegue la nota - tiene conto del valore aggiunto diretto generato dalle attività di Merck nel nostro Paese, quello indiretto, creato dall’attivazione delle filiere economiche per effetto degli acquisti di beni e servizi e delle relative relazioni di subfornitura, e quello indotto, prodotto dai consumi delle famiglie per effetto delle retribuzioni di Merck in Italia e delle aziende delle filiere coinvolte. Applicando questo modello, si ottiene un contributo totale al Pil italiano da parte del Gruppo di 403 milioni di euro, per effetto di un moltiplicatore economico di “2”. Il che significa che per ogni euro di valore aggiunto generato nel 2022 da Merck in Italia, si attiva 1 euro aggiuntivo nell’intera economia del Paese. Si tratta di un contributo significativo per un Paese che si trova impegnato ad affrontare una serie di importanti sfide.
“In un contesto di forte incertezza a causa delle tensioni geopolitiche in atto, l’Italia deve affrontare la sfida della crescita - ha detto Veronica De Romanis, Economista, docente all'European Economics Luiss Roma e allaStanford University Firenze - Per farlo, dispone di uno strumento nuovo come il Piano nazionale di ripresa. Al contempo, però, va ridotto l’enorme stock di debito pubblico per liberare risorse. È cruciale investire in capitale umano e nel welfare per garantire una crescita inclusiva e sostenibile. Serve, quindi, un piano di lungo termine di riqualificazione e ricomposizione della spesa. Conti pubblici in ordine consentono, peraltro, di aver maggiore potere negoziale ai tavoli europei. I dossier in discussione sono molteplici a cominciare dalle nuove regole di bilancio fondamentali per definire la capacità di investimento futura del Paese”.
Gli occupati diretti di Merck Italia sono 1.190, a cui si aggiungono gli impatti occupazionali indiretti e indotti. Con un moltiplicatore occupazionale di “3.2" - dettaglia la nota - per ogni persona direttamente impiegata, l’attività del Gruppo sostiene 2,2 ulteriori posti di lavoro nell’intera economia del Paese, contribuendo complessivamente all’occupazione di 3.754 persone. Non solo. Negli ultimi quattro anni (dal 2019 al 2022), Merck Italia ha incrementato la percentuale di dipendenti a tempo indeterminato, passando da un 95% a un 98%, rispetto al 95% del comparto farmaceutico e all’83% delle imprese italiane.
Anche la quota di occupazione femminile sul totale degli occupati è superiore a tutti i benchmark: 51,4% per Merck Italia, 44% per il settore pharma e 42% per la media delle aziende italiane. Una realtà “in rosa” - evidenzia il report - che dedica particolare attenzione anche alla leadership femminile: negli ultimi quattro anni Merck Italia ha incrementato la percentuale di donne in posizioni manageriali del 10,5%, arrivando al 43,3%,(vs una media italiana del 29%). L’azienda - conclude la nota - ha, poi, scelto figure femminili per le posizioni apicali dei suoi tre stabilimenti Healthcare e per la sede Life Science ed Electronics di Milano. Anche la percentuale femminile sugli addetti alla ricerca vede Merck Italia sopra la media del settore: 58% vs 53%. Si tratta di un importante segno distintivo, in un Paese che vede le donne ancora ai margini del mercato del lavoro (55%) all’interno della Ue (valore medio: 71,8%). Per le nuove assunzioni, poi, (210 negli ultimi 4 anni), Merck Italia ha tenuto in grande considerazione oltre le donne (59%), i giovani under 30 (34%). Per creare un maggiore equilibrio tra vita privata e lavoro, Merck Italia offre ai propri dipendenti soluzioni che coniugano produttività e flessibilità: smart working, orari flessibili e part-time. In un contesto nazionale dove il lavoro agile è ancora poco diffuso rispetto alla media dei Paesi Ue (11,2% vs 22,4%), il Gruppo si distingue con il 71% dei dipendenti che ha fatto ricorso allo smart working nel 2022.
Salute e Benessere
Il digiuno aiuta il cervello a restare giovane? Il nuovo...
Scoperte cellule più sensibili al deterioramento del tempo, hanno a che fare con ormoni che controllano bisogni base tra cui la fame
Come invecchia il cervello? Uno studio fa luce su nuovi dettagli che rendono più chiaro l'impatto dell'età che avanza. In particolare gli autori hanno scoperto che non tutti i tipi di cellule cerebrali invecchiano allo stesso modo. Alcune più di altre subiscono importanti cambiamenti nell'attività genetica per effetto del tempo che passa. E fra queste c'è un gruppo che controlla ormoni legati a bisogni base come l'alimentazione. Tanto che gli autori del lavoro, finanziato dai National Institutes of Health (Nih) statunitensi e pubblicato su 'Nature', osservano che le nuove evidenze raccolte sono in linea con studi precedenti che collegano l'invecchiamento ai cambiamenti metabolici e con ricerche che suggeriscono che il digiuno intermittente, un dieta equilibrata o la restrizione calorica possono influenzare o forse aumentare la durata della vita.
"L'invecchiamento è il fattore di rischio più importante per la malattia di Alzheimer e molti altri devastanti disturbi cerebrali. Questi risultati forniscono una mappa molto dettagliata di quali cellule cerebrali potrebbero essere maggiormente colpite dall'invecchiamento", osserva Richard J. Hodes, direttore del National Institute on Aging, centro della rete Nih.
"Questa nuova mappa potrebbe modificare radicalmente la visione degli scienziati su come l'invecchiamento influisce sul cervello e fornire anche una guida per lo sviluppo di nuovi trattamenti per le malattie cerebrali legate all'invecchiamento", prospetta l'esperto.
Lo studio alla scoperta del cervello 'anziano'
I risultati dello studio supportano dunque l'idea che alcune cellule siano più sensibili al processo di invecchiamento e ai disturbi cerebrali legati all'invecchiamento. Nei cervelli 'anziani', spiegano gli autori, l'attività dei geni associati all'infiammazione aumenta, mentre quella dei geni correlati alla funzione e alla struttura neuronale diminuisce. Gli scienziati hanno scoperto un punto caldo specifico che combina sia la diminuzione della funzione neuronale sia l'aumento dell'infiammazione nell'ipotalamo. I cambiamenti più significativi nell'espressione genica sono stati riscontrati nei tipi di cellule vicino al terzo ventricolo dell'ipotalamo, inclusi taniciti e cellule ependimali (cellule gliali, che sostengono i neuroni), e neuroni noti per il loro ruolo nell'assunzione di cibo, nell'omeostasi energetica, nel metabolismo e nel modo in cui il nostro corpo utilizza i nutrienti. Questo, riflettono gli esperti, suggerisce una possibile connessione tra dieta, fattori legati allo stile di vita, invecchiamento del cervello e cambiamenti che possono influenzare la nostra suscettibilità ai disturbi cerebrali legati all'età.
"La nostra ipotesi è che quei tipi di cellule diventino meno efficienti nell'integrare segnali dal nostro ambiente o da cose che stiamo consumando", illustra Kelly Jin, scienziata dell'Allen Institute for Brain Science e autore principale dello studio. "E quella perdita di efficienza in qualche modo contribuisce a ciò che conosciamo come invecchiamento nel resto del nostro corpo. Penso che sia notevole che siamo in grado di trovare quei cambiamenti molto specifici con i metodi che stiamo utilizzando", rimarca.
Per condurre lo studio, i ricercatori hanno fatto ricorso a strumenti avanzati di analisi genetica sviluppati tramite The Brain Initiative dei Nih per studiare singole cellule e mappare oltre 1,2 milioni di cellule cerebrali di topi giovani (2 mesi) e anziani (18 mesi) in 16 ampie regioni cerebrali, che costituiscono il 35% del volume totale del cervello di un topo.
I topi anziani sono ciò che gli scienziati considerano l'equivalente di un essere umano di mezza età e i cervelli dei roditori - precisano gli esperti - condividono molte somiglianze con i cervelli umani in termini di struttura, funzione, geni e tipi di cellule. Nello studio gli autori hanno osservato da un lato che l'invecchiamento ha aumentato l'attività dei geni associati ai sistemi infiammatorio e immunitario del cervello, così come alle cellule dei vasi sanguigni cerebrali. Dall'altro lato, i risultati hanno evidenziato una diminuzione dell'attività dei geni associati ai circuiti neuronali.
Il terzo ventricolo, finito in particolare sotto la lente, è un importante condotto che consente al liquido cerebrospinale di passare attraverso l'ipotalamo. Situato alla base del cervello del topo, l'ipotalamo produce ormoni che possono controllare i bisogni di base del corpo, tra cui temperatura, frequenza cardiaca, sonno, sete e fame. I risultati hanno mostrato che le cellule che rivestono il terzo ventricolo e i neuroni adiacenti nell'ipotalamo presentavano i maggiori cambiamenti nell'attività genetica con l'età.
Se è noto che i neuroni sensibili all'età nell'ipotalamo producono ormoni che controllano l'alimentazione e l'energia, e che le cellule che rivestono il ventricolo controllano il passaggio di ormoni e nutrienti tra il cervello e il corpo, gli esperti puntualizzano che sono necessarie ulteriori ricerche per esaminare i meccanismi biologici alla base dei risultati dello studio, nonché per cercare eventuali possibili collegamenti con la salute umana. La comprensione di questo 'hot spot' nell'ipotalamo lo rende un punto focale per studi futuri, concludono gli autori. Oltre a sapere quali cellule colpire specificamente, questo potrebbe portare allo sviluppo di terapie correlate all'età, aiutando a preservare la funzione e prevenire le malattie neurodegenerative.
Salute e Benessere
Sanità, Tar Lazio revoca stop decreto nuove tariffe
Richiesta presentata dal ministero della Salute attraverso l'Avvocatura dello Stato
Contrordine sulla sospensione del nuovo tariffario che doveva entrare in vigore ieri. Oggi il Tar del Lazio ha "accolto l'istanza di revoca e conferma la fissazione alla Camera di consiglio del 28 gennaio", perché "l'istanza di revoca è stata esportata al relatore intorno alle ore 11.30 del 31 dicembre" e "non si ravvisano evidentemente i presupposti per un'audizione anche informale delle parti". Così la pronuncia del Tar del Lazio, dopo che il ministero della Salute, attraverso l'Avvocatura dello Stato, ha presentato un'istanza di revoca dell'ordinanza sospensiva del Tar.
Il tribunale ha "preso atto della dichiarata gravità delle conseguenze della sospensione del decreto in esame, che determinerebbero il blocco del sistema di prescrizione, prenotazione ed erogazione, con conseguente disservizio all'utenza e ritardi nell'erogazione delle prestazioni e, in ultima analisi, con un impatto sulla salute dei pazienti".
In mezzo a questo guado burocratico rimangono i cittadini e i loro bisogni di salute. In molte regioni si stanno registrando diversi problemi, segnalati anche dai medici di famiglia, nella prenotazione di esami e visite. Ora la nuova decisione del Tar del Lazio e l'attesa per capire come andrà a finire. Un 2025 che inizia in salita. Con il nuovo decreto venivano aggiornate 1.113 tariffe associate alle prestazioni di specialistica ambulatoriale e protesica sulle 3.171 che compongono il nomenclatore, ovvero il 35% del totale. Il 2025 poteva porre fine a diverse attese: 28 anni per il nomenclatore delle prestazioni di specialistica ambulatoriale e 25 anni per quello dell'assistenza protesica.
Salute e Benessere
Monossido di carbonio, Bignami (Siaarti) ‘non si...
"Il monossido di carbonio è inodore, incolore e insapore. Non si percepisce, si diffonde e si assorbe molto velocemente, si lega più facilmente all'emoglobina al posto dell'ossigeno e arriva quindi al cervello dove riduce la respirazione perché provoca, di fatto, il blocco del respiro". Così Elena Bignami, presidente della Società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva (Siaarti), commenta all'Adnkronos Salute gli ultimi casi di cronaca che si sono verificati nelle scorse ore nel Palermitano e a Trieste. A causa dell'intossicazione da monossido di carbonio, a Cefalù è morto un giovane turista tedesco, mentre i genitori e la sorella della vittima sono ricoverati in condizioni gravi all'ospedale di Partinico. Nel capoluogo giuliano, sempre una presunta fuga dello steso gas è costata la vita a un uomo, mentre risultano intossicate almeno altre 6 persone.
"Il rianimatore - spiega Bignami - serve per due motivi: se arriva sul posto e il paziente sta respirando ed è ancora cosciente, somministra ossigeno al 100%; se invece è in arresto cardiaco, pratica le manovre di rianimazione. In tutti i casi è fondamentale essere tempestivi e portare il paziente in un centro specialistico per la terapia iperbarica, cioè la somministrazione di ossigeno puro al 100%. Nell'aria - chiarisce la specialista - è presente al 21%", quindi si agisce in un ambiente "ad elevate pressioni i di ossigeno, 2-3 volte più del normale, per fare in modo di avere a disposizione tanto ossigeno" in grado di scalzare nel sangue il monossido di carbonio dall'emoglobina e ristabilire la corretta ossigenazione. I tempi per intervenire sono molto brevi perché il monossido di carbonio diffonde velocemente - rimarca Bignami - e può essere particolarmente pericoloso in ambienti piccoli e senza diretto accesso a uno spazio esterno".
In ogni caso, raccomanda la presidente Siaarti, è importante fare attenzione a dei campanelli di allarme di possibile intossicazione come "un improvviso mal di testa e un senso di pesantezza, di spossatezza eccessiva, in assenza di altre cause come il raffreddore" e, soprattutto, in più persone contemporaneamente. In questo caso, "la prima cosa da fare è uscire all'aperto e chiamare soccorsi".
Il trattamento tempestivo "ha prognosi, la maggior parte delle volte, favorevole - sottolinea Bignami - Più passa il tempo e più può diventare sfavorevole". La terapia in camera iperbarica, infatti, "non è di una singola seduta: può proseguire anche per settimane. Di solito c'è una restituzione 'ad integrum', si torna a quello che si era. Se il paziente è giovane e sano - precisa l'esperta - nel giro di qualche settimana tutto si risolve. Se invece il paziente è magari un anziano o già con un problema di salute, questi deficit si aggravano, perché comunque c'è stata una transitoria riduzione dell'ossigeno in tutte le cellule sullo spazio cerebrale, quindi eventuali situazioni già esistenti - conclude - peggiorano".