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Nel pavimento intagli per coordinare il movimento di asini e operai schiavizzati

Il panificio-prigione riemerso a Pompei

Scoperto a Pompei il panificio-prigione, dove persone ridotte in schiavitù e asini erano rinchiusi e sfruttati per macinare il grano necessario a produrre il pane. Era un ambiente angusto e senza affaccio esterno, con piccole finestre con grate in ferro per il passaggio della luce. E nel pavimento intagli per coordinare il movimento degli animali, costretti a girare per ore con occhi bendati. Il ritrovamento sembra confermare il celebre racconto di Apuleio dal titolo "L'asino d'oro" contenuto nelle "Metamorfosi".

Per il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, "questa scoperta è un’ulteriore conferma del valore inestimabile dell’intero sito archeologico. Il Parco di Pompei continua a rivelare nuovi tesori che si aggiungono al patrimonio già ricchissimo della nostra Nazione. Queste nuove scoperte, frutto di scavi e di una ricerca scientifica continua e puntuale, confermano l’unicità di un luogo che tutto il mondo ci invidia”, si legge in una nota.

L'impianto è emerso nella Regio IX, insula 10, dove sono in corso scavi nell'ambito di un più ampio progetto di messa in sicurezza e manutenzione dei fronti che perimetrano l'area ancora non indagata della città antica di Pompei. L'annuncio è stato dato oggi dal direttore del Parco Archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel

Le indagini hanno restituito una casa in corso di ristrutturazione. Un'abitazione suddivisa - come spesso avviene - in un settore residenziale decorato con raffinati affreschi di IV stile, e un quartiere produttivo destinato in questo caso alla panificazione. In uno degli ambienti del panificio, erano già emerse nei mesi scorsi tre vittime, a conferma che nonostante la ristrutturazione in corso, la dimora fosse tutt’altro che disabitata.

La scoperta restituisce una 'fotografia/testimonianza' del lavoro massacrante a cui erano sottoposti uomini, donne e animali negli antichi mulini-panifici, del cui racconto abbiamo la fortuna di poter disporre di una fonte d'eccezione, lo scrittore Apuleio, vissuto nel II secolo d.C., che nelle Metamorfosi IX 11-13, racconta l'esperienza del protagonista, Lucio, trasformato in asino e venduto a un mugnaio, evidentemente sulla base di una conoscenza diretta di contesti simili.

Le nuove scoperte rendono possibile descrivere meglio anche il funzionamento pratico dell'impianto produttivo che, seppure in disuso al momento dell’eruzione, ci restituisce una conferma puntuale del quadro sconcertante dipinto da Apuleio.

Il settore produttivo messo in luce è privo di porte e comunicazioni con l'esterno; l'unica uscita dà sull'atrio; nemmeno la stalla possiede un accesso stradale come frequente in altri casi. "Si tratta, in altre parole, di uno spazio in cui dobbiamo immaginare la presenza di persone di status servile di cui il proprietario sentiva il bisogno di limitare la libertà di movimento - fa notare Gabriel Zuchtriegel, in un articolo scientifico a più mani pubblicato oggi sull'E-Journal degli scavi di Pompei - È il lato più sconvolgente della schiavitù antica, quello privo di rapporti di fiducia e promesse di manomissione, dove ci si riduceva alla bruta violenza, impressione che è pienamente confermata dalla chiusura delle poche finestre con grate di ferro".

La zona delle macine, ubicate nella parte meridionale dell'ambiente centrale, è adiacente alla stalla, caratterizzata dalla presenza di una lunga mangiatoia. Attorno alle macine si individua una serie di incavi semicircolari nelle lastre di basalto vulcanico. Data la forte resistenza del materiale, è verosimile che quelle che a prima vista potrebbero sembrare delle “impronte” siano in realtà intagli realizzati appositamente per evitare che gli animali da tiro scivolassero sulla pavimentazione e contemporaneamente tracciare un percorso, formando in tal modo un "solco circolare" (curva canalis) come lo descrive anche Apuleio.

"Le fonti iconografiche e letterarie, in particolare i rilievi della tomba di Eurysaces a Roma, suggeriscono che di norma una macina fosse movimentata da una coppia composta da un asino e uno schiavo. Quest'ultimo, oltre a spingere la mola, aveva il compito di incitare l’animale e monitorare il processo di macinatura, aggiungere del grano e prelevare la farina", spiega il direttore del Parco Archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel.

L'usura dei vari intagli può essere ascritta agli infinti giri, sempre uguali, svolti secondo lo schema predisposto nella pavimentazione. Più che a un solco viene pertanto da pensare all’ingranaggio di un meccanismo di orologeria, concepito per sincronizzare il movimento intorno alle quattro macine concentrate in questa zona.

L'ambiente riaffiorato, con la sua testimonianza di dura vita quotidiana, integra il quadro raccontato nella mostra "L'altra Pompei: vite comuni all'ombra del Vesuvio" - che inaugurerà il 15 dicembre alla Palestra grande di Pompei - dedicata a quella miriade di individui spesso dimenticati dalle cronache storiche, come appunto gli schiavi, che costituivano la maggioranza della popolazione e il cui lavoro contribuiva in maniera importante all'economia, ma anche alla cultura e al tessuto sociale della civiltà romana.

"In ultima analisi - aggiunge il direttore Gabriel Zuchtriegel - sono spazi come questo che ci aiutano anche a capire perché c’era chi riteneva necessario cambiare quel mondo e perché negli stessi anni un membro di un piccolo gruppo religioso di nome Paolo, poi santificato, scrive che è meglio essere tutti servi, douloi che vuol dire schiavi, ma non di un padrone terrestre, bensì di uno celeste".

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

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Cultura

Paolo Cognetti sul Tso: “Quello che mi hanno fatto in...

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La denuncia alle Iene dello scrittore de 'Le otto montagne'

Paolo Cognetti - Agenzia Fotogramma

A dicembre Paolo Cognetti aveva rivelato di aver essere stato sottoposto a un Tso (Trattamento Sanitario Obbligatorio), ora a 'Le Iene' spiega qualche dettaglio. "In ospedale - dice nel servizio di Gaston Zama andato in onda su Italia 1 - mi hanno legato a un letto con delle cinghie, mi hanno sparato un siringone nella coscia senza dirmi cosa fosse. Secondo me, quello che mi hanno fatto era illegale". E aggiunge: "Mi sono svegliato il giorno dopo a casa mia grazie a mia sorella perché mi aveva portato via".

Lo scrittore ha aperto le porte della sua baita, a Estoul in Valle d’Aosta, dove si rifugia per ritrovare se stesso, raccontando: "Ho subito un Tso per una grave depressione". Ripercorre quei momenti e descrive la diagnosi che ha cambiato il suo modo di vedere la vita: "Mi hanno diagnosticato un disturbo bipolare, che significa avere due fasi: una maniacale e una depressiva. Questa cosa l’ho sempre avuta, da quando ero ragazzo sicuramente". E ancora: "Il problema non è la fase maniacale. Il problema è quando arriva la fase depressiva. Stai a letto, pensi a come suicidarti e che tutta la tua vita è stata inutile. Io volevo attaccare una corda da alpinismo a quella trave e impiccarmi. Non mi hanno mai lasciato solo quest’estate, c’era sempre qualcuno con me. I pensieri suicidari sono molto comuni nella depressione". Nonostante tutto, guarda avanti: "Sto cercando di vivere senza farmaci. Non sono un no vax, ma vorrei vivere senza medicine". Cognetti non si limita a condividere solo momenti difficili: "Sto lavorando a qualcosa di nuovo. Credo che il ciclo della montagna, come lo chiamo io, sia per il momento esaurito. Ci sono tante altre cose nella vita".

Ripercorre anche la sua carriera e i suoi successi: "Con il Premio Strega ho capito che agli occhi del mondo ero uno scrittore. Questa unione è stata molto gratificante. Nel 2021 girano il film 'Le otto montagne' con protagonista Luca Marinelli. È stato qui con me due mesi, l’ho portato in montagna e allenato. La scena di cui vado più orgoglioso è quella in cui balla sulla pietraia, gliel’ho insegnata io". Tuttavia, ammette: "Il successo, la gente che ti riconosce… non è facile. Prima sei un tizio qua nella baita che si fa gli affari suoi e poi ti salutano tutti, ti fermano per strada, arrivano i soldi. Non è facile". Infine, parlando di ispirazioni, Cognetti rivela: "Mi piacerebbe parlare con Vasco Rossi. Trovo tanta verità nelle sue canzoni. La persona con cui vorrei parlare di più adesso è proprio lui".

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Cultura

Il fotografo Benedusi ricorda Toscani: “Perdo un...

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Amico e maestro, il fotografo scomparso a Cecina a 82 anni "era coraggioso e aperto alle novità - racconta -. E' come se la musica perdesse Bob Dylan"

Oliviero Toscani con Settimio Benedusi

Non solo un maestro. Per Settimio Benedusi, Oliviero Toscani era "un faro", un carissimo amico e una figura fondamentale nella sua carriera e vita privata. "Lo sto onorando nella maniera che a lui piacerebbe di più: lavorando" dice commosso Benedusi all'Adnkronos, ricordando il celebre fotografo scomparso a Cecina all'età di 82 anni. "Chi era Oliviero per me? Ci sono due metà della questione - spiega Benedusi - come fotografo, ovviamente un enorme maestro, colui il quale ha rivoluzionato il mondo e il linguaggio della fotografia. La sua è stata una rivoluzione totale e definitiva e tutto quello che ha fatto è nuovo e diverso rispetto a quello di altri".

A partire dalla fotografia di moda: "Prima di Oliviero - dice - erano solo belle modelle, dei manichini con vestiti addosso e basta. Lui ha usato la moda per raccontare un’etica, una morale, come faceva con la pubblicità. E' stato davvero rivoluzionario e incommensurabile quello che mi ha dato con il suo lavoro". Nella sua cameretta di adolescente, Benedusi aveva attaccato il poster di una campagna pubblicitaria Jesus Jeans, staccato da un muro della città. "Avevo 15 anni - ricorda - mentre gli altri avevano le immagini dei cantanti io avevo una delle sue prime campagne pubblicitarie, che mi aveva scioccato. Una fotografia semplice, efficace e potente che avevo staccato da una parete e attaccato nella stanza. Questo la dice lunga sul fatto che Oliviero fosse già il mio mito a 15 anni".

Mai avrebbe immaginato di diventare un giorno un suo carissimo amico. "Neanche nei miei sogni più rosei - ammette -. Poi nel tempo, al rispetto e alla conoscenza professionale si è unita quella amicale, anche più forte di quella professionale. Oliviero era una persona eccezione, il contrario di quello che pensa la gente: generoso, coraggioso, simpatico e divertente. Un uomo generoso e aperto alle novità. Se penso mi vengono in mente le infinite risate insieme". Durante il lockdown è stato Benedusi ad aprirgli le porte di Instagram: "Si poteva pensare che gli facesse schifo, perché Oliviero non amava i social - racconta - ma ci si è buttato come un adolescente. Facevamo infinite dirette. Aveva questa bramosia di novità, di essere al passo con i tempi".

Sin dal principio, Benedusi aveva coinvolto Toscani nel progetto 'Ricordi Stampati', ritratti fotografici d'autore per tutti a prezzi popolari. "Lui era nel futuro sempre - ricorda il fotografo - anche una settimana fa al telefono mi parlava di Ricordi Stampati e di come farlo al meglio. Fino a 10 giorni fa stava molto meglio. Era tornato pieno di energia. Io personalmente perdo un faro, un riferimento, una persona alla quale chiedere sempre consiglio. E anche se non lo avessi mai conosciuto direi la stessa cosa. Per chiunque fa il mio mestiere c’è un tempo prima e un tempo dopo Toscani. E' come se morisse Bob Dylan, un musicista che ha cambiato il linguaggio della musica e non a caso era il grande amore di Oliviero. Ecco, così come Bob Dylan ha usato la musica per parlare di politica, etica, e morale, in egual misura Toscani ha usato la fotografia per affrontare questi temi".

Tra i tanti scatti di Toscani ce ne è uno al quale Benedusi è particolarmente legato. "Oliviero parlava sempre del ritratto che fece a Carmelo Bene per Vogue - dice -. Era rivoluzionario rispetto a un'epoca in cui per la rivista si fotografavano modelli con la giacca precisa, perbene. Carmelo Bene arrivò negli studi di Vogue con la patta slacciata, tutto scombinato. Toscani sapeva, da un lato, che era sbagliato e non in linea con quello che si doveva fare ma dall’altro era tutto meravigliosamente perfetto, perché rivoluzionario". (di Federica Mochi)

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Cultura

Da Papa Francesco a Roberto Andò, le novità in libreria

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Le uscite della settimana

L'autobiografia di Papa Francesco e Il coccodrillo di Palermo' di Andò

Ecco una selezione delle novità in libreria, tra romanzi, saggi, libri d'inchiesta e reportage, presentata questa settimana dall'AdnKronos.

'Spera', l'autobiografia di Papa Francesco

Sarà in libreria dal14 gennaio con Mondadori 'Spera', l'autobiografia di papa Bergoglio. Per volontà di Francesco questo eccezionale documento avrebbe dovuto in un primo momento vedere la luce solo dopo la sua morte. Ma il nuovo Giubileo della Speranza e le esigenze del tempo lo hanno risolto a diffondere ora questa preziosa eredità. 'Spera' è la prima autobiografia mai pubblicata da un papa nella storia. Un’autobiografia completa, la cui stesura ha impegnato gli ultimi sei anni, che procede dai primi del Novecento, con le radici italiane e l’avventurosa emigrazione in America Latina degli avi, per svilupparsi attraverso l’infanzia, gli entusiasmi e i turbamenti della giovinezza, la scelta vocazionale, la maturità, fino a coprire l’intero pontificato e il tempo presente.

Nel raccontare con intima forza narrativa le sue memorie (non tralasciando affatto le proprie passioni), Francesco affronta senza alcuna dissolvenza anche i nodi cruciali del pontificato e sviluppa con coraggio, schiettezza e profezia i più importanti e dibattuti temi della nostra contemporaneità: guerra e pace (compresi i conflitti in Ucraina e Medio Oriente), migrazioni, crisi ambientale, politica sociale, condizione femminile, sessualità, sviluppo tecnologico, futuro della Chiesa e delle religioni.

Ricco di rivelazioni, di aneddoti, di illuminanti riflessioni, un memoir emozionante e umanissimo, commovente e capace di umorismo, che rappresenta il “romanzo di una vita” e al tempo stesso un testamento morale e spirituale destinato ad affascinare i lettori di tutto il mondo e a incarnare il suo lascito di speranza per le generazioni future. Il volume è arricchito da alcune straordinarie fotografie, anche private e inedite, provenienti dalla disponibilità personale di papa Francesco. Il volume è stato scritto con Carlo Musso, già direttore editoriale non fiction di Piemme e Sperling & Kupfer e poi fondatore del marchio indipendente Libreria Pienogiorno.

'Il coccodrillo di Palermo' di Roberto Andò

Arriverà in libreria con La Nave di Teseo' il 16 gennaio 'Il coccodrillo di Palermo' di Roberto Andò. Rodolfo Anzo è un regista di documentari che abita a Roma. Da più di dieci anni non torna nella sua città natia, Palermo, con cui ha un rapporto conflittuale tanto che sarebbe felice di non farvi più ritorno. Improvvisamente, però, è costretto a cambiare i suoi piani: la vicina di casa dei genitori, ormai defunti, lo avverte che qualcuno si è introdotto nell’abitazione, dileguandosi senza trafugare alcun oggetto di valore.

Sembrerebbe un furto andato a vuoto, ma in casa Rodolfo si imbatte in sei bobine di intercettazioni telefoniche che il padre poliziotto aveva illegalmente conservato, insieme a un messaggio in cui si chiede di restituirle alle persone intercettate. L’uomo decide di mettersi alla ricerca dei misteriosi intercettati, ma non sa fin dove questo incarico lo porterà: con la complicità di una Palermo stregata, dai contorni sinistri e surreali, Rodolfo affronterà la verità tra le ombre della memoria di suo padre.

Seguendo l’indagine di un figlio sui misteri di un padre, Roberto Andò accompagna i lettori tra le strade e gli incontri di una città fascinosa e malata, sospesa tra il peso della colpa e il desiderio di redenzione e giustizia. Un labirinto magico di voci e volti che emergono da un passato ambiguo e reticente.

'Long Island'di Colm Tóibín

Einaudi manda in libreria dal 14 gennaio 'Long Island' di Colm Tóibín. Nella casa di Eilis Lacey, a Long Island, suona il campanello. Alla porta c’è uno sconosciuto, irlandese come lei, che viene a portarle una notizia sconvolgente. La vita di Eilis negli ultimi vent’anni è scorsa piuttosto tranquillamente: i due figli ora adolescenti, Larry e Rosella, il marito idraulico Tony, e nelle casette adiacenti due dei suoi cognati, Enzo e Mauro, con le rispettive famiglie, oltre alla torreggiante suocera Francesca.

Una tipica famiglia italo-americana degli anni Settanta, che lavora, mangia, dorme, decide, vive insieme, molto presente e disponibile ma almeno altrettanto voluminosa e invadente. Per quella famiglia, per quell’uomo, Tony Fiorello, vent’anni prima a Enniscorthy, in Irlanda, Eilis ha lasciato un mondo intero: una madre ora anziana che non ha mai accettato la separazione dalla figlia, i tre fratelli che le sono rimasti, Jack, Pat e Martin, dopo la morte dell’amata sorella Rose, l’amica d’infanzia Nancy, e poi quell’uomo, Jim, di cui si era innamorata troppo tardi. Ora le parole dello sconosciuto alla porta la spingono a riconsiderare le sue scelte di allora.

Si avvicina l’ottantesimo compleanno di sua madre, è un’ottima occasione per tornare in Irlanda e cambiare aria per un po’. I suoi figli la raggiungeranno a breve e conosceranno quel mondo che scorre loro nelle vene e di cui nulla sanno. A Enniscorthy, Eilis ritrova un modo di vivere, di pensare e di amare che non era sopito in lei. Ritrova gli affetti di un tempo e, con una chiarezza acuita dalla distanza e dal torto subito, percepisce l’insostenibile pressione della famiglia Fiorello. E poi ritrova Jim, che non l’ha dimenticata…Con la tipica cifra stilistica di Colm Tóibín, Long Island riunisce Eilis Lacey ai molti lettori di Brooklyn, raggiungendo nel contempo nuove vette di pathos trattenuto e finezza psicologica lancinante. Chi ha detto che leggere la Divina Commedia sia un’impresa per pochi? Èvero che leggerla è arduo per la lingua in cui è scritta e l’enorme varietà di temi trattati, ma è un’avventura straordinaria. Giuseppe Patota, che ha dedicato parte dei suoi studi alla lingua di Dante, ha trovato il modo di rendere accessibile quest’opera magnifica e complessa perché possa essere capita e apprezzata anche da chi non la conosce, da chi la conosce poco e da chi l’ha conosciuta, ma non se la ricorda.

'A tu per tu con la Commedia' di Giuseppe Patota

E' appena arrivato in libreria 'A tu per tu con la Commedia', il nuovo saggio di Giuseppe Patota professore ordinario di Linguistica italiana nell’Università di Siena. "Capire la Divina Commedia - ammette Patota - è difficile. Della lingua in cui la scrisse, diventata la nostra soprattutto grazie a lui, Dante sperimentò tutte le possibilità espressive, comprese quelle che sembrano andare al di là dell’umano, sia verso il basso sia verso l’alto, e non è facile seguirlo in questo vertiginoso saliscendi. Poi ci sono i contenuti. Teologia e interpretazione dei testi sacri, filosofia, logica, morale, politica, diritto, letteratura e storia antica, scienza dei numeri e delle misure, musica, ottica, medicina, arte della guerra e della navigazione: non c’è aspetto della cultura antica e medievale di cui Dante non abbia appropriatamente detto qualcosa, nel suo enciclopedico poema".

"Infine, ci sono i personaggi che popolano l’oltremondo che il Poeta ha costruito. Tralasciando quelli appartenenti al mito o alla storia, e limitandoci a quelli che hanno popolato la cronaca dei tempi di Dante e di quelli di poco precedenti, l’unico motivo per cui continuiamo ad avere memoria dei nomi di Ciacco, Francesca da Rimini, Farinata degli Uberti o Ugolino della Gherardesca è dato dal fatto che i versi scritti da Dante li hanno resi figure immortali: se quei versi non fossero stati scritti, i loro nomi sonnecchierebbero in qualche documento d’archivio o in qualche cronaca medievale".

"Sì: capire la Commedia è veramente difficile. Per questo - conclude Patota - ho scelto i versi più significativi, curiosi o sorprendenti dei cento canti di cui si compone e li ho distribuiti in 114 presentazioni (per qualche canto ho avuto bisogno di qualche presentazione in più). Ho cercato di spiegare quei versi parola per parola, senza dare niente per scontato, collegando i fatti con gli antefatti. In questo modo, leggendoli canto dopo canto, farete lo stesso viaggio che ha fatto Dante: questo, almeno, è quello che spero".

'Nudo di padre' di Rossano Astremo

"Quando venni al mondo, in una domenica di primavera del 1979, ad accogliermi non ci furono due genitori festosi, ma il volto subdolo dell’abbandono". Comincia così 'Nudo di padre', il libro di Rossano Astremo pubblicato da Solferino. Un incipit che dà il via alla vita del protagonista di questa storia, con una madre sola e depressa che alla sua terza gravidanza avrebbe desiderato una femmina.

Non c’è un padre, che lavora in Germania e che torna a Grottaglie, in Puglia, solo mesi più tardi. A testimonianza di quel rapporto, esiste un’unica polaroid che ritrae sorridenti genitore e figlio, per il resto domina tra i due una gelida indifferenza che negli anni si trasforma in sottile soggezione. Il bambino della foto si fa ragazzo e comincia ad annaspare tra i flutti della vita, nudo di padre, cercando la salvezza in altre figure maschili, in altre guide, in una fuga geografica e sentimentale che lo porta a immergersi nel mondo letterario, lontano dalle sue radici imbevute di assenza e di silenzio. Eppure, un tale vuoto non può essere privo di conseguenze. Torna a chiedere il conto di continuo, anche dopo che il ragazzo sarà diventato uomo e padre a sua volta, abbandonando la casa d’origine e imparando un nuovo modello d’amore.

Con una prosa lucida e sofferta, carica di interrogativi irrisolti e distesa tra due narrazioni che si rincorrono nel tempo, Rossano Astremo indaga il mistero della famiglia e il potere, costruttivo e distruttivo, delle relazioni. La capacità – tutta umana – di frantumarsi e ricomporsi, di guarire dagli abbandoni e dagli errori o di trovare, almeno in parte, un antidoto al loro veleno.

'Cara pace' (Ponte alle Grazie) di Lisa Ginzburg

'Cara Pace' è il titolo del romanzo di Lisa Ginzburg pubblicato da Ponte alle Grazie. Maddalena, la maggiore, è timida, sobria, riservata. Nina, di poco minore, è bella e capricciosa, magnetica, difficile, prigioniera del proprio egocentrismo. Le due sorelle, legate dal filo di un’intima indistinzione, hanno costruito la loro infanzia e adolescenza intorno a un grande vuoto, un’assenza difficile da accettare.

Ancora adesso, molti anni dopo, cercano di colmarla con corse, lunghe camminate, cascate di parole e messaggi WhatsApp che, da Parigi a New York, le riportano sempre a Roma, in una casa con terrazzo affacciata su Villa Pamphilj, dove la loro strana vita, simbiotica e selvatica, ha preso forma. È proprio a Roma che Maddi, da sempre chiusa nel suo carapace, decide di tornare, fuggendo dai ruoli che la sorella, prima, e la famiglia poi, le hanno imposto.

Finalmente sola con sé stessa e con i suoi ricordi, lascia cadere le difese e, rivivendo i luoghi del passato, inverte le parti e si apre alle sorprese che riserva la vita. Padri e madri, amicizie e passioni, alberi e fiumi fanno da cornice a una storia d’amore e di abbandono che, come ogni storia viva, offre solo domande senza risposta. E misura con il metro felice della letteratura la distanza che intercorre tra la ferita originaria e la pace sempre e solo sfiorata della maturità.

'100 cose che fanno piangere Tolstoj' di Katia Gushina

Sarà in libreria il 28 gennaio '100 cose che fanno piangere Tolstoj' di Katia Gushina, edito da Rizzoli. Non tutti sanno che da bambino Lev Nikolaevic Tolstoj era soprannominato “Leone il frignone”. E a buona ragione: lui stesso racconta che scoppiava in lacrime continuamente. Ma forse ancora meno persone immaginano che Tolstoj continuò a piangere anche da adulto e per i motivi più diversi, come testimoniano le memorie dei suoi contemporanei e i diari che tenne fino alla morte.

Katja Gušcina ne ha individuati 100 e li ha illustrati con uno stile ironico e originale, utilizzando foto dell’epoca. Ora anche voi conoscerete questo lato nascosto di Tolstoj. Che forse proprio grazie alle sue lacrime - di rabbia, felicità, paura, vergogna, compassione - è diventato il grande scrittore che sappiamo. Ma non vi preoccupate, il fazzoletto non serve. Questo libro, piuttosto, vi strapperà un sorriso.

'Cinema e consumi nelle riviste italiane' di Fabio Andreazza e Eleonora Sforzi

Sarà sugli scaffali dal 17 gennaio con Marsilio 'Cinema e consumi nelle riviste italiane. Dal dopoguerra agli anni Settanta' di Fabio Andreazza e Eleonora Sforzi.Il ruolo del cinema è stato tanto rilevante nel Novecento da rendere necessario lo studio della sua influenza sugli stili di vita e di consumo. La sua pervasività ha coinvolto tutti i mezzi di comunicazione, anche quello che più ha segnato l’età moderna, la stampa, e in particolare le riviste illustrate, il settore che è cresciuto maggiormente nel secondo dopoguerra.

Spaziando dai rotocalchi d’attualità alle riviste femminili, dai periodici giovanili a quelli cattolici e comunisti, e affrontando le relazioni con la fotografia e la televisione, questo libro offre per la prima volta uno sguardo ad ampio spettro sui modi in cui il medium per antonomasia del Novecento, attraverso le riviste illustrate, ha dato impulso alla cultura dei consumi, prima della perdita della sua centralità negli anni settanta, quando la concorrenza televisiva è diventata sempre più irresistibile.

'La svolta sei tu' (Sperling&Kupfer) di Roberto D'Incau

Sarà in libreria dal 21 gennaio, 'La svolta sei tu' (Sperling&Kupfer) di Roberto D'Incau. Che tu stia cercando di ricominciare in amore, nello studio, nel lavoro o nel rapporto con te stesso, questo libro è la guida che ti ricorderà una cosa semplice ma essenziale: il cambiamento non accade per caso, ma per scelta. E quella scelta può partire da te, adesso.

Hai mai avuto la sensazione di vivere una vita che non ti appartiene, che la tua storia sia immutabile, che non ci sia più spazio per i tuoi desideri e le tue passioni? Questo libro ti invita a mutare prospettiva e a prendere in mano le redini della tua esistenza. Non ci sono età, circostanze o limiti che possano davvero impedirti di cambiare e ricominciare negli studi, in amore, nel lavoro: la vera chiave per trasformare la tua esistenza sei tu. Roberto D'Incau, executive coach ed esperto nello sviluppo del capitale umano, ti guida in un viaggio emozionante e concreto, fatto di riflessioni, storie e strumenti pratici per smontare il mito che vede il destino già scritto.

Ogni scelta può essere rivista, ogni percorso ricalibrato, ogni cambiamento è sempre possibile e in queste pagine troverai le risorse per farlo. Scoprirai come la resilienza, il coraggio e la capacità di uscire dalla zona di comfort possano trasformare anche le situazioni più difficili in occasioni di rinascita. E soprattutto che non è mai troppo tardi per ascoltare sé stessi, superare pregiudizi e paure che ti tengono ancorato al passato e costruire un futuro che rispecchi davvero chi sei e chi vuoi diventare.

'A Roma non ci sono le montagne' di Ritanna Armeni

Arriva in libreria con Ponte alle Grazie dal 14 gennaio 'A Roma non ci sono le montagne', il nuovo saggio della giornalista Ritanna Armeni. Uno spazzino gioviale che spinge il suo carretto. Una ragazza semplice ma elegante, con la borsa della spesa e un impermeabile sul braccio. Un giovane uomo, l’aria assorta, la cartella di pelle, forse un professore. Una Mercedes, scura e silenziosa come l’ufficiale tedesco seduto sul sedile posteriore. Una compagnia di soldati che marcia cantando.

Perché nel 1944 le compagnie naziste cantano sempre quando attraversano Roma. In quei pochi metri, in quei secondi di trepidazione e attesa passa la Storia. E le storie dei singoli individui che formano i Gruppi di azione patriottica, fondati qualche mese prima contro l’occupante tedesco. Per lo più ragazzi borghesi, spesso universitari, che si tramutano in Banditen, capaci di sparare e di sparire, di colpire il nemico ogni giorno, senza dargli tregua.

In quel breve - e infinito - pomeriggio di primavera, dove passato e presente si intrecciano, c’è chi si prepara e chi viene sorpreso, chi muore e chi sopravvive, chi scappa e chi ritorna. E c’è anche chi, sui corpi dei 33 tedeschi uccisi, firma la condanna a morte di 335 italiani. Ritanna Armeni, con l’intelligenza di chi vuole comprendere, e ricordare, conduce i lettori in via Rasella e mette in scena uno degli episodi più emblematici della Resistenza romana.

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