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Boom dell’agriturismo in Italia: numeri in crescita e nuove tendenze

Dati e trend positivi segnano il successo del settore agrituristico, con un focus sull'espansione territoriale, la presenza femminile e le nuove sfide multifunzionali

Boom dell'agriturismo in Italia - Canva

Il settore agrituristico italiano ha vissuto una notevole crescita nel corso degli ultimi anni. Lo rileva il report dell'Istat dal quale emerge che nel corso degli ultimi diciotto anni, il settore è passato da poco più di 14mila aziende nel 2004 a un'imponente cifra di 25.849 nel 2022, riflettendo un tasso di crescita medio annuo del 3,8%. Una crescita distribuita in modo uniforme tra le diverse macroaree del Paese, con punte del 5,5% e 4,3% nel Nord-ovest e nel Centro, rispettivamente, e valori leggermente inferiori nelle Isole, nel Sud, e nel Nord-est.

Il cuore dell'offerta agrituristica: degustazione, alloggio e ristorazione

La forza trainante dell'agriturismo risiede nelle sue offerte economiche chiave: degustazione, alloggio e ristorazione. Nel periodo 2004-2022, le aziende con servizio di degustazione hanno registrato un impressionante aumento annuo medio del 4,5%, evidenziando una connessione crescente con i prodotti DOP e IGP. Allo stesso tempo, le aziende con alloggio e ristorazione hanno seguito con tassi medi annui rispettivamente del 3,4% e del 3,2%.

L'approfondimento delle variazioni annuali mostra che la crescita dell'offerta di degustazione è particolarmente marcata nelle regioni del Nord-est e nelle Isole, con un notevole 6%. Analogamente, la ristorazione registra un aumento significativo nel Centro (5,3%), mentre l'alloggio prevale nel Nord-ovest (4,5%) e nelle Isole (4,1%).

Questo boom nell'agriturismo non è solo un fenomeno quantitativo ma anche economicamente sostenibile. Rispetto al 2004, il valore della produzione nel settore agrituristico è cresciuto al ritmo del 4,2% all'anno, triplicando la capacità produttiva in termini assoluti: un risultato notevole, soprattutto se confrontato con il settore agricolo generale, che ha registrato un modesto tasso medio annuo di crescita dello 0,51% nello stesso periodo.

Inoltre, sotto l'aspetto della diffusione territoriale, i dati sono altrettanto impressionanti. Nel 2004, i Comuni che ospitavano almeno un agriturismo (Comuni agrituristici) erano 3.352; nel periodo 2004-2022, se ne sono aggiunti 1.677, portando il totale a oltre 5.029 Comuni, rappresentando quasi il 64% dei Comuni italiani. La diffusione territoriale mostra una variazione annua del 2,2%, con punte del 3,8% nel Nord-ovest, consolidando l'agriturismo come una presenza significativa in molte comunità locali.

Crescita sostenuta per le aziende agrituristiche nel 2022

Il 2022 ha confermato la tendenza positiva della crescita delle aziende agrituristiche in Italia, con un aumento complessivo di 459 unità rispetto all'anno precedente. La crescita, seppur con variazioni nelle macroaree geografiche, riflette il continuo interesse e sviluppo di questo settore che unisce agricoltura e turismo.

La crescita maggiore si è registrata nelle regioni del Nord-ovest (+2,7%) e del Nord-est (+2,4%), evidenziando un dinamismo particolare in queste aree. Il Centro ha seguito con una crescita del 1,7%, mentre nel Mezzogiorno la crescita è stata più modesta, attestandosi al 0,5%. A livello regionale, spiccano gli aumenti significativi in Liguria (+6,6%), Toscana (+4,7%), e Trentino-Alto Adige/Südtirol (+4,2%).

Oltre il 53% delle aziende agrituristiche si localizza nelle aree collinari, il 31% in quelle montane e il 16% in pianura. Rispetto al 2021, tutte e tre le zone altimetriche hanno registrato una crescita, rispettivamente del 2,3%, 1,9%, e 0,5%. La densità delle strutture, misurata come il numero di aziende per 100 km², è aumentata da 8,4 a 8,6. Nelle zone collinari, la densità è 10,7, mentre nelle zone montane e in pianura è rispettivamente 8,2 e 5,4. Questo dato riflette la presenza e l'ampiezza della connessione geo-economica tra le aziende agrituristiche, con il Trentino-Alto Adige/Südtirol, la Toscana, l'Umbria, la Liguria e le Marche in cima alla classifica per densità.

Dai dati emerge che quasi il 64% dei 7.904 comuni italiani ospita almeno un'azienda agrituristica, indicando una diffusione su larga scala rispetto al 41,4% registrato nel 2004 con 8.101 comuni. Nel 2022, sono stati aggiunti 23 nuovi comuni "agrituristici". Tra i comuni con almeno un'azienda, il 35% ospita una sola struttura, l'11,6% accoglie tre strutture, l'1,1% ha 10 strutture, e il 4,6% dei comuni ha almeno 20 strutture. Inoltre, sono 11 i comuni che vantano almeno 100 aziende agrituristiche, tra cui Appiano sulla strada del vino, Assisi, Caldaro sulla strada del vino, Castelrotto, Cortona, Grosseto, Manciano, Montalcino, Montepulciano, Noto e San Gimignano.

Aziende multifunzionali: una nuova frontiera dell'agriturismo

La trasformazione del settore è evidente nella proliferazione di aziende agrituristiche multifunzionali, che rappresentano il 28,2% di tutte le strutture attive. Le aziende agrituristiche multifunzionali, caratterizzate dalla capacità di offrire almeno tre servizi distinti, si presentano come un elemento consolidato e rilevante all'interno di questo settore in continua trasformazione.

Dal punto di vista geografico, il Centro si conferma come il luogo principale per la presenza di aziende multifunzionali, rappresentando il 28,1% del totale. Seguono il Nord-est (24,7%), il Nord-ovest (19,9%), il Sud (16,3%) e le Isole (11%). Questo scenario si riflette anche nella distribuzione percentuale sul totale delle aziende agrituristiche nelle rispettive macroaree, con le Isole in testa (45,8%), seguite dal Nord-ovest (37%), dal Sud (35,7%), dal Centro (21,8%) e dal Nord-est (24,8%).

La multifunzionalità non si limita solo alle strutture che offrono alloggio e ristorazione. Il 31,3% delle aziende multifunzionali non fornisce servizi di alloggio e ristorazione, di cui quasi il 30% si trova nelle regioni del Sud, il 21,6% nel Centro, il 17,1% nel Nord-ovest e il 16,3% nelle Isole.

Le aziende che combinano alloggio e ristorazione con almeno un altro servizio rappresentano il 15,5% del totale. Di queste, il 32,4% si localizza nel Nord-est, il 28,9% nel Centro, il 27,4% nel Nord-ovest, l'8,2% nel Sud e solo il 3,1% nelle Isole.

Un aspetto interessante da notare è la presenza di aziende multifunzionali gestite da donne, che costituiscono poco meno di un terzo del totale. In contrasto, le aziende gestite da uomini rappresentano il 27,8%.

L'età media del conduttore delle aziende multifunzionali è di 49 anni, un significativo calo rispetto ai 55 anni del 2004. Le conduttrici hanno un'età media di 48 anni. Inoltre, il 40,3% dei conduttori delle aziende multifunzionali ha un'età compresa tra i 50 e i 64 anni, con una percentuale del 33% tra le donne. Solo il 15,1% ha meno di 41 anni, di cui il 38,7% sono donne.

Aumento delle imprese agrituristiche al femminile

Nel panorama agrituristico italiano, la presenza femminile alla guida delle aziende agrituristiche è in costante aumento, con un totale di oltre 8.800 donne (34,1%) che gestiscono tali attività. Questa percentuale è leggermente superiore rispetto all'anno precedente (+0,7%), segnando un trend positivo nell'evoluzione del settore.

La maggior quota di conduttrici si concentra principalmente al Sud (46,6%), con valori che si avvicinano al 50% in Basilicata, Campania e Calabria. Nel Centro, le donne alla guida sono il 36%, con Lazio e Umbria entrambi al 45%, mentre la Toscana registra una percentuale leggermente più bassa al 31%. La quota di conduttrici è pressoché simile nelle Isole (36%) e nel Nord-ovest (36%), con la Liguria in testa al 50% di aziende guidate da donne.

L'indice di prevalenza di genere, che indica il rapporto tra aziende con conduttore e aziende con conduttrice, evidenzia una maggiore propensione all'imprenditoria femminile in Basilicata, Liguria e Campania. Al contrario, regioni come il Trentino-Alto Adige/Südtirol, Piemonte e Friuli-Venezia Giulia mostrano un indice più basso, sottolineando una predominanza maschile significativa.

L'età media dei conduttori è leggermente inferiore ai 50 anni, segnalando un calo rispetto al dato del 2004 (55,6 anni). Questa diminuzione dell'età media sembra riflettere un crescente interesse nel settore da parte di individui più giovani. La percentuale di conduttori con meno di 40 anni è ora del 34%, segnando un notevole aumento rispetto al 4,1% del 2004. Allo stesso modo, si registra un aumento significativo nei conduttori tra i 40 e i 50 anni (20%) e una contrazione dei gestori con più di 64 anni (25,8%).

La distribuzione delle età varia significativamente tra le macroaree geografiche, con una percentuale più alta di conduttori con più di 64 anni nel Centro (34,1%) e di conduttori tra 51 e 61 anni nel Nord-ovest (44,65%). Nel Nord-est, si osserva una concentrazione di aziende gestite da imprenditori con meno di 40 anni (23,1%), riflettendo una dinamica demografica diversificata tra le regioni.

In sintesi, la presenza crescente delle donne, insieme a una riduzione dell'età media dei conduttori, sta ridefinendo il volto delle aziende agrituristiche in Italia, con un'impronta sempre più giovane e diversificata.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Economia

Pil e disuguaglianze, come stanno veramente gli italiani?

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Un'analisi dei dati Istat che tiene conto delle differenze territoriali, di genere e di istruzione

Istat

Ogni volta che si discutono i dati economici - Pil, Occupazione e Inflazione sono i principali - ci si chiede quanto siano in grado di rappresentare le reali condizioni di vita degli italiani. C'è una distanza tra i dati e la realtà e c'è anche una diversa velocità tra le rilevazioni periodiche, che inevitabilmente scontano un ritardo di raccolta ed elaborazione, e le effettive condizioni di chi deve fare i conti con il costo della propria vita. Può aiutare a fare un po' di chiarezza un'analisi che mette insieme i principali indicatori Istat e la pubblicazione 'Benessere e disuguaglianze in Italia', sempre Istat, del 4 novembre scorso.

Aprendo il sito dell'Istat sono in evidenza tre grafici significativi. Quello del Pil fa segnare nel terzo trimestre 2024 il dato più alto in valore assoluto dal 1996, 481.587 milioni di euro; gli occupati a settembre 2024 sono 23.983.000, sui massimi dal 2004, l'inflazione a ottobre 2024 è allo 0,9%, su valori non lontano dal minimo di gennaio 2015, 0,6%. Quindi, l'economia italiana è in piena salute e le condizioni economiche degli italiani lo sono altrettanto?

E' utile, a questo punto, andare a sfogliare la pubblicazione 'Benessere e diseguaglianze in Italia'. Il primo fattore che va considerato è che a livello territoriale persistono forti disuguaglianze. Le regioni del Nord emergono con valori di benessere superiori alla media nazionale, mentre il Mezzogiorno presenta ancora situazioni di marcato svantaggio, soprattutto nei quando si parla di lavoro e conciliazione dei tempi di vita e relazioni sociali. La maggior parte degli indicatori mostrano, inoltre, uno svantaggio femminile. Le donne restano fortemente penalizzate nel mercato del lavoro, sia sugli indicatori quantitativi che su quelli qualitativi. Il tasso di occupazione è marcatamente più basso, mentre sono più elevati sia il tasso di mancata partecipazione al lavoro, sia l’incidenza del part-time involontario.

Considerare gli indicatori per titolo di studio è fondamentale alla luce del legame profondo tra istruzione e qualità della vita. Avere un alto livello di istruzione significa godere di più elevati livelli di benessere e di una maggiore protezione dalle vulnerabilità date dalla combinazione di più fattori discriminanti. L’investimento in capitale umano è uno dei principali fattori di protezione dalle difficoltà economiche. Il rischio di povertà dei laureati è più che dimezzato rispetto al totale della popolazione. Il disagio economico è poi molto differenziato sul territorio perché il rischio di povertà è minimo tra i laureati residenti al Nord e massimo tra i residenti al Mezzogiorno con bassa istruzione.

Questa analisi dell'Istat aiuta a capire perché c'è una distanza considerevole tra quello che dicono i macro dati e le condizioni reali di vita degli italiani.

Entrando nello specifico del disagio economico si riesce ad andare oltre. "Il disagio economico è poi molto differenziato sul territorio perché al Nord il rischio è inferiore al 10% (3,6% se laureati) e al Mezzogiorno sale al 30,8% (40,7% se con bassa istruzione)". Se si considerano anche le differenze di genere si vede come "il gruppo più svantaggiato è costituito dalle donne con bassa istruzione residenti al Mezzogiorno, tra le quali il rischio di povertà raggiunge il 42,7%". Inoltre, le differenze territoriali si aggiungono a quelle per istruzione, anche considerando le fasce di età, con "un rischio di povertà che nel Mezzogiorno è più elevato e tra i giovani adulti con basso titolo di studio sale al 56,7%". All’interno del mercato del lavoro il capitale umano ha un ruolo estremamente positivo. Il tasso di occupazione dei laureati (84,3%) e diplomati (73,4%) è ben al di sopra del valore medio per l’Italia (69,1%) mentre per chi ha un basso titolo di studio scende al 54,2%. Inoltre, anche nel Mezzogiorno essere laureati (82,5% contro 59% degli uomini con bassa istruzione) ed in particolare laureate (71,8% contro appena il 21,8% delle meno istruite) pone in condizioni di vantaggio rispetto agli esiti occupazionali e riduce la distanza con gli occupati di pari istruzione nelle altre zone del Paese.

La conclusione a cui si arriva è che dentro i macro dati c'è una realtà che cambia molto rispetto alla collocazione geografica, al genere e al livello di istruzione. Come dire, lo stesso dato del Pil si porta dietro una realtà frammentata e piena di disuguaglianze. (Di Fabio Insenga)

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Economia

Agroalimentare, Centinaio (Lega): “L’Italia è...

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 Così il vicepresidente del Senato, Gian Marco Centinaio, durante il convegno ‘Agricoltura, sostenibilità ed innovazione: le sfide per coltivare il nostro futuro’, promosso da Bper in collaborazione con il settimanale “il Ticino” e organizzato a Pavia.

Gian Marco Centinaio

“L’agroalimentare è uno dei settori più importanti del nostro Paese. Oggi trattiamo quelle che sono le potenzialità del nostro Paese. Quindi, il fatto che l'Italia sia il paese della biodiversità e dell'agroalimentare, ma anche il fatto che l'agricoltura sta attraversando un momento di crisi dovuto anche al cambiamento climatico e alla crisi economica. Vogliamo capire quelli che sono i modi per affrontare questo momento di crisi e quindi pensiamo alle nuove tecnologie, alla ricerca scientifica al fatto che attraverso i fondi che vengono dati alle nuove generazioni si riesce a pensare a un futuro per l'agricoltura italiana”. Così il vicepresidente del Senato, Gian Marco Centinaio, durante il convegno ‘Agricoltura, sostenibilità ed innovazione: le sfide per coltivare il nostro futuro’, promosso da Bper in collaborazione con il settimanale “il Ticino” e organizzato a Pavia.

“È necessario ragionare a livello europeo perché il maggior finanziamento dell'agricoltura viene dall’Europa - prosegue Centinaio - Va revisionata questa politica agricola comunitaria che non deve semplicemente dare soldi agli agricoltori, ma deve aiutarli attraverso delle politiche, pensiamo alla reciprocità con i Paesi terzi che importano in Europa. Poi è necessario anche un piano strategico a livello nazionale perché perché altri Stati l'hanno fatto, penso soprattutto alla Spagna, e l'Italia non può venire meno a questo impegno”.

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Economia

Sostenibilità, Sindaco Fermignano: “Da Cresco Award...

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Così il sindaco Emanuele Feduzi

Sostenibilità, Sindaco Fermignano:

Il comune di Fermignano (Pu) è tra i cinque premiati da Fondazione Sodalitas alla 9a edizione di Cresco Award - Città Sostenibili, al Centro Congressi Lingotto di Torino. "Il nostro progetto si chiama 'Fermignano 2030, dalla sostenibilità all'inclusione sociale' - commenta il sindaco Emanuele Feduzi - Siamo partiti dalla raccolta differenziata, portandola in maniera stabile sopra l'85%, quindi diventando il comune più riciclone della regione Marche per la categoria, 5-10 mila abitanti. Abbiamo poi costruito una nuova struttura, una scuola primaria per 500 bambini, completamente autosufficiente da un punto di vista energetico. Grazie al risparmio energetico che ne è scaturito abbiamo finanziato parte degli interventi nel sociale, ad esempio l'acquisto di un nuovo mezzo e il recupero di strutture per i disabili, e altre attività come la campagna per la sensibilizzazione contro la violenza di genere".

"Cresco Award è un momento di crescita, di confronto e soprattutto di stimolo - aggiunge il sindaco Feduzi - Abbiamo partecipato per la prima volta, quasi come una scommessa insieme ai miei colleghi e collaboratori. Nell'arco di pochi mesi abbiamo ricevuto due premi, Cresco Award, appunto, e un premio dal GSE a livello nazionale per essere riusciti a rivoluzionare la spesa energetica sfruttando fonti alternative appunto per alimentare le nostre strutture e rifinanziando in questo modo il sociale. Per noi è stato uno stimolo, un momento di confronto e soprattutto, ripeto, un momento di crescita non soltanto per l'amministrazione e per la dirigenza, ma per tutta la città".

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