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Ecuador nel caos, 10 morti. Polizia: “Due agenti assassinati da criminali armati”

La tensione è salita nel Paese soprattutto dopo l'evasione di José Adolfo Macias Villamar, sopranominato 'Fito'

Ecuador, militari in strada (Afp)

L'Ecuador sprofonda nel caos. Almeno dieci persone sono morte, tra cui due agenti della polizia nazionale ecuadoriana, e tre sono rimaste ferite, negli scontri scoppiati nel quadro del "conflitto armato interno" dichiarato da Quito a causa della spirale di violenza scatenata da gruppi "narcoterroristici". La polizia ha denunciato la morte di due agenti "vilmente assassinati da criminali armati" nella località di Nobol, nella regione di Guayas. Gli agenti sono riusciti ad arrestare 14 persone sospettate di aver partecipato agli scontri scoppiati con l'irruzione in cinque ospedali e nella sede della TC Televisión da parte di un gruppo di uomini armati incappucciati.

Ascesa di gruppi criminali

L'Ecuador si trova ad affrontare l'inarrestabile ascesa di gruppi criminali che hanno esteso il loro potere e la loro presenza e hanno costretto ieri il neo presidente Daniel Noboa, 36 anni e il più giovane presidente della storia del Paese, a decretare "il conflitto armato interno" ad integrazione dello Stato di emergenza per 60 giorni annunciato nei giorni scorsi. Il presidente, per far fronte ai circa 21 gruppi del crimine organizzato presenti nel Paese, ha disposto l'immediata mobilitazione delle forze dell'ordine e delle forze armate per garantire l'integrità dello Stato.

Violenze e criminalità

L’instabilità politica ed economica degli ultimi anni ha finito per trasformare l’Ecuador, un tempo considerato un diamante grezzo dell’America Latina, nel Paese più violento dell’intera regione. Il 2023 si è chiuso con circa 7.600 morti violente, che equivalgono a un tasso di oltre 40 omicidi ogni 100.000 abitanti. Il tasso sale alle stelle in alcune province: nel quartiere Nueva Prosperina, a Guayaquil, il tasso di omicidi sale addirittura a 114 morti ogni 100.000 abitanti, secondo fonti ufficiali citate dal quotidiano 'El Universo'. Diversi Paesi come la Spagna hanno consigliato ai loro cittadini di evitare viaggi nelle regioni di Guayas ed Esmeraldas, considerate l'epicentro della criminalità. La Francia ha chiesto ai suoi cittadini che dovevano recarsi in Ecuador di cambiare i loro piani mentre l'Italia raccomanda agli italiani presenti nel Paese di evitare ogni spostamento e di tenersi aggiornati sulle indicazioni delle Autorità locali.

L'ex presidente dell'Ecuador Guillermo Lasso, che ha lasciato il suo incarico lo scorso 23 novembre, ha decretato più di una dozzina di stati di emergenza durante il suo breve mandato di 2 anni e mezzo. Durante la sua presidenza ha lanciato operazioni di polizia e militari in diverse carceri del Paese, teatro di massacri e rimasti praticamente fuori dal controllo dello Stato. L’Ecuador è un Paese chiave sulla rotta del traffico di droga negli Stati Uniti e negli ultimi anni gruppi locali hanno rafforzato i legami con i cartelli di Paesi come Messico e Colombia, senza che le forze di sicurezza ecuadoriane siano riuscite a trovare la formula per contenerne la continua espansione.

I gruppi criminali tra i quali Aguilas, Los Choneros, Covicheros, Cuartel de las Feas, Cubanos, Latin Kings, Lobos, Mafia 18 o Tiguerones erano ancora qualche anno fa solo delle gang ma a poco a poco si sono trasformate e sono diventate sempre più legate al narcotraffico dal momento in cui l'Ecuador è diventato uno dei principali luoghi di esportazione della cocaina prodotta in Perù e in Colombia.

L'evasione di 'Fito'

La tensione è salita in Ecuador soprattutto dopo l'evasione di José Adolfo Macias Villamar, sopranominato 'Fito', 44 anni, il capo dei Los Choneros, un gruppo che conterebbe circa 8mila uomini. Spesso considerato come il 'nemico pubblico numero uno', Macias era stato condannato nel 2011 a una pena di 34 anni ed era già scappato dal carcere nel 2013 prima di essere ripreso tre mesi dopo. E' sospettato di essere il mandate dell'omicidio di uno dei principali candidati alle presidenziali del 2023, Fernando Villavivencio. La fuga di quello che è considerato come l’uomo più pericoloso del Paese ha rivelato ancora una volta le crepe nel sistema. "È finito il tempo in cui i condannati per traffico di droga, sicari e la criminalità organizzata dettavano la legge al governo", ha affermato Noboa che attribuisce i disordini nelle carceri alla sua decisione di riportare l'ordine.

Ieri è fuggito dal carcere anche Fabricio Colón Pico, alias 'Capitano Pico', arrestato alla fine della scorsa settimana dopo aver minacciato di assassinare il procuratore generale del Paese, Diana Salazar. In questo scenario di caos, alcune attività commerciali hanno scelto di chiudere i battenti e anche il ministero dell’Istruzione ha invitato le scuole situate nelle vicinanze delle carceri a insegnare online. Martedì il governo ha ordinato l'evacuazione degli edifici pubblici come misura precauzionale.

"Sventati tre attacchi con autobomba, restate a casa"

Il sindaco di Quito, Pabel Munoz, ha spiegato che sono stati sventati tre attentati con altrettante autobomba nella capitale dell'Ecuador. Intervistato da radio Pichincha, Munoz ha invitato la popolazione a restare in casa e, per chi può, di lavorare in smartworking. ''Nessuna delle tre autobombe individuate è esplosa'', ha spiegato, aggiungendo che ''i 20 allarmi segnalati nella metropolitana di Quito sono risultati tutti falsi, ma usati per alimentare il caos''. ''Organizziamo il nostro lavoro su tre fronti: sicurezza, in coordinamento con la Polizia Nazionale e le Forze armate, servizi come aiuto alla produzione e alla commercializzazione e amministrativo'', ha detto Munoz. ''Sappiamo che il traffico è stato caotico, ma la città deve comprendere tutte le emergenze a cui stiamo assistendo'', ha aggiunto.

Vescovo di Esmeraldas: "Si è scatenato l'inferno"

“La situazione è complicatissima”. Lo sottolinea mons. Antonio Crameri, presidente di Caritas Ecuador, vescovo del vicariato apostolico di Esmeraldas, città sul Pacifico, da mesi epicentro della violenza in Ecuador sull’orlo della guerra civile. “In questi giorni mi trovo a Guayaquil, dove si è scatenato l’inferno. Da Esmeraldas - racconta al Sir - mi raccontano di auto bruciate, negozi saccheggiati, persone sequestrate. Mi dicono che sono stati uccisi due agenti che facevano da scorta al procuratore della Repubblica. Quattro capi sono evasi dal carcere. Di fatto, non c’è legge, ora negozi e scuole sono chiusi, io stesso ho chiesto la sospensione delle messe in presenza, come si è fatto durante la pandemia. Io dovrei tornare a Esmeraldas, ma non so se sarà possibile. Iniziano anche a scarseggiare gli alimenti”.

Farnesina e ambasciata italiana seguono sviluppi

La Farnesina e l'ambasciata italiana in Ecuador monitorano l'evoluzione degli eventi nel Paese. Il ministro degli Esteri e vice premier Antonio Tajani sta seguendo gli sviluppi. Lo si legge sull'account ufficiale della Farnesina, dove vengono forniti i numeri dell'Unità di crisi da contattare per qualsiasi esigenza o segnalazione, e si consiglia di visitare il sito Viaggiare Sicuri.

Perù annuncia stato di emergenza lungo la frontiera a nord

Il governo del Perù ha annunciato lo stato di emergenza lungo tutta la frontiera settentrionale del Paese, che confina con l'Ecuador. Lima rafforzerà quindi la presenza di forze di polizia, è stato annunciato.

Il primo ministro peruviano, Alberto Otárola, ha spiegato che la dichiarazione di stato di emergenza è frutto di una decisione della presidente, Dina Boluarte, ed è dovuta agli eventi registrati nella città ecuadoriana di Guayaquil.

"Il ministro degli Interni, Víctor Torres Falcón, ha ordinato l'invio immediato di un contingente della Direzione delle Operazioni Speciali (Diroes) della Polizia Nazionale del Perù per rafforzare la sicurezza alla frontiera con l'Ecuador", si legge in un comunicato che il ministero dell'Interno ha pubblicato sul proprio sito.

Il ministro della Difesa del Perù, Jorge Chávez, ha annunciato mercoledì che il Governo effettuerà un indagine per verificare se le munizioni e gli ordigni esplosivi di alcuni gruppi criminali dell'Ecuador provenissero dagli arsenali delle Forze Armate peruviane. "È stato accertato che esiste la presunta possibilità che alcune di queste munizioni, esplosivi o granate abbiano lasciato in passato i magazzini delle Forze Armate", ha ammesso Chávez. Secondo quanto riferito dal responsabile della Difesa all'emittente radiofonica Rpp, parte delle munizioni utilizzate dagli uomini armati incappucciati che martedì hanno attaccato le strutture del canale ecuadoriano Tc Televisión a Guayaquil, potrebbero provenire dal Perù. Chávez ha spiegato che ogni munizione e lotto ha un numero di serie. Una granata sequestrata ai criminali, coincideva con un arsenale ottenuto dal Perù nel 2016, motivo per cui è necessaria un'indagine per chiarire i fatti.

"Ciò che dobbiamo fare è garantire che gli eventi accaduti negli anni precedenti non si ripetano, pertanto tutte le azioni vengono intraprese per evitare proprio questo. L'arsenale di guerra deve essere adeguatamente custodito", ha affermato. Nonostante la gravità di questa possibile situazione, Chávez ha sottolineato che non si tratta in nessun caso di armi, ma piuttosto di munizioni ed esplosivi, e ha assicurato che le autorità andine "stanno prendendo tutte le misure necessarie".

Martedì un gruppo di uomini armati e incappucciati ha attaccato gli impianti della rete Tc Televisión, che è stata subito circondata da agenti di polizia che alla fine sono riusciti a evacuare i dipendenti e ad arrestare i criminali. Nelle ultime settimane, l’Ecuador ha assistito a un aumento dell’insicurezza e della violenza per mano di bande criminali che hanno portato il presidente Daniel Noboa a decretare il coprifuoco notturno e uno stato di emergenza che riconosce un "conflitto armato interno".

L'espulsione di 1.500 detenuti stranieri

Il presidente dell'Ecuador Daniel Noboa ha annunciato che questa settimana verranno espulsi 1.500 detenuti stranieri, che verranno inviati nei loro Paesi d'origine. Lo riporta il quotidiano El Universo. Il presidente ha annunciato che si comincerà dai cittadini di Colombia, Venezuela e Perù, ovvero i Paesi più vicini, per poi proseguire con quelli più lontani. La misura mira a ridurre il sovraffollamento nelle carceri oltre che i costi per la loro gestione dato che, ha sottolineato Noboa, il Paese spende più per fornire i pasti ai detenuti che per le mense scolastiche.

Usa pronti a fornire aiuti

Gli Stati Uniti sono pronti a fornire sostegno all'Ecuador sull'orlo della guerra civile. Lo ha dichiarato in un tweet Brian A. Nichols, Segretario di Stato per gli affari dell'emisfero occidentale, affermando che come Stati Uniti ''siamo al fianco degli ecuadoriani, pronti a fornire aiuto al governo e a restare in stretto contatto con il Presidente Daniel Noboa e la sua squadra''.

La preoccupazione dell'Europa

L'Unione europea è "profondamente preoccupata" per "l'aumento della violenza in Ecuador, orchestrato da gruppi criminali". "E' un attacco diretto alla democrazia e allo Stato di diritto" dice l'Alto Rappresentante dell'Ue Josep Borrell. L'Unione "sta con il popolo ecuadoregno e con le istituzioni democratiche ed esprime solidarietà con le vittime" delle gang, aggiunge. Poco prima delle vacanze natalizie, Borrell, spagnolo attento all'America Latina, aveva parlato proprio della situazione in Ecuador, durante un convegno con le Ong a Bruxelles: "I trafficanti di droga - aveva detto - sono molto potenti. Ho fatto una telefonata al nuovo presidente, recentemente eletto, dell'Ecuador (Daniel Noboa, ndr.). Mi ha detto 'sai quante tonnellate di droga vengono esportate dall'Ecuador?'. E' una stima, perché non ci sono registri ovviamente. 'Duemila tonnellate'".

"Sapete quanto costa una tonnellata di droga in Europa? Tra 50 e 100 milioni - aveva continuato - fate la moltiplicazione. Moltiplicati, fanno sì che la quantità di denaro generata dal traffico di droga sia due volte il Prodotto nazionale lordo del Paese. Due volte: il doppio del Pil del Paese. Come si fa a combatterlo? Come si garantisce lo Stato di diritto, come si fa a garantire che questo denaro non venga utilizzato per corrompere tutti, dal più umile poliziotto o poliziotta, fino al grado più alto della struttura politica? Sì, le droghe sono qualcosa che sconvolge la struttura politica di molti Paesi del mondo, in particolare in questa parte del mondo: in Sudamerica, ma anche in Africa".

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

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Esteri

Russia, vendite record Gnl in Ue e figlia patron Novatek...

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Russia, vendite record Gnl in Ue e figlia patron Novatek riapre palazzo a Venezia

Ha riaperto a Venezia con abiti nuovi, inclusa una presa di posizione contro "ogni forma di guerra, conflitto e violenza" e in sostegno della libertà di espressione, il palazzo sul canale della Giudecca in cui, fino all'inizio dell'invasione russa dell'Ucraina, aveva sede la V-A-C Foundation, iniziativa dedicata all'arte contemporanea lanciata a Mosca nel 2009 da Leonid Mikhelson, patron della Novatek, principale produttrice di Gas naturale liquefatto in Russia. Lo spazio è passato alla figlia del magnate, Victoria Mikhelson, storica dell'arte, curatrice, e proprietaria del 2,3 per cento delle azioni del gruppo di cui il padre è presidente e azionista di maggioranza. Con il nuovo nome di Scuola Piccola Zattere.

La riapertura al pubblico è avvenuta in coincidenza con la conclusione di un anno record per le vendite del Gnl russo in Europa. I Paesi Ue, con la Francia in prima linea, ne hanno acquistate 16,5 milioni di tonnellate (da inizio gennaio a metà dicembre 2024), contro i 15,18 dello scorso anno e i 15,21 dell'altro anno record, il 2022, secondo dati Kpler.

Mentre l'Europa cerca di liberarsi dalla dipendenza delle fonti di energia in arrivo dalla Russia, aumenta il rifornimento del metano liquido, quindi trasportabile via mare. E la presenza di uno dei principali attori del settore in Russia, anche se per tramite della figlia, non è più tabù a Venezia.

Del picco di importazioni di Gnl russo ha preso atto il nuovo Commissario all'Energia Ue, Dan Jørgensen che ha anticipato una "roadmap tangibile con gli strumenti per risolvere le parti rimanenti della questione". "Essere stati in grado di diminuire la nostra dipendenza al punto in cui siamo arrivati è un risultato importante. Ma è chiaro a tutti che è necessario che accada qualcosa di nuovo perché ora l'andamento sta iniziando ad andare nella direzione sbagliata", ha affermato, in una recente intervista a Politico.

Un intento, il suo, che sarà senz'altro ben accolto da Donald Trump. Il Presidente americano eletto ha già reso nota la sua disponibilità a trattare su possibili dazi anche contro i Paesi alleati se questi aumenteranno le loro importazioni di Gnl 'made in Usa'. Ma rimane un ostacolo: il prodotto caricato nella penisola russa di Yamal ha un costo "significativamente inferiore" a quello americano, come ha spiegato al Financial Times Christoph Halser, analista del settore del gas per Rystad.

L'Unione Europea ha introdotto solo lo scorso giugno le prime sanzioni che colpiscono il settore del Gnl russo, anche se ancora alla lontana, non il prodotto importato per uso interno. Sembra che ancora la partita sia da giocare. Novatek avrebbe anche avviato uno sforzo per ricostruire le relazioni con l'Occidente e in particolare con gli Stati Uniti anticipando la fine della guerra in Ucraina che Trump ha promesso, scriveva Reuters il mese scorso, citando la missione di un alto dirigente della società russa a Washington, per far partire una collaborazione con una società di lobbying americana.

La Novatek, fondata nel 1994, è da tempo in competizione interna con Gazprom, che ha superato nel settore del Gnl e a cui potrebbe fare concorrenza, sanzioni permettendo, anche sui mercati asiatici, in competizione con il gas trasportato su gasdotti verso la Cina già sovradimensionati.

A Venezia è sparito ogni riferimento alla V-A-C Foundation con cui, ci si limita a osservare sul sito, c'era solo un accordo di cooperazione "definitivamente interrotto nel 2022 a seguito del conflitto tra Russia e Ucraina, che ha portato ai tragici fatti in Ucraina". La galleria ora si chiama Scuola Piccola Zattere, anche se il palazzo alle Zattere una scuola piccola o scoletta non l'ha mai ospitata. Fa capo alla "Fondazione per lo sviluppo dell’arte contemporanea Victoria, ente italiano costituito nel 2014" di cui è fondatrice Victoria Mikhelson, finanziatrice unica dell'iniziativa "attraverso le sue risorse personali", si precisa.

Il Palazzo è stato oggetto di un profondo restyling, sia nell'architettura, a cura del collettivo Fosbury Architecture, che tematico: non è più solo una galleria ma ospita residenze artistiche, installazioni, laboratori.

Forte l'accento sulla città di Venezia. Sia nella scelta del nome che nel programma di valorizzare le realtà artistiche locali. Tanto che alla festa per l'inaugurazione alla fine dello scorso novembre erano presenti, come ha raccontato un ospite, "più che autorità o i soliti volti della mondanità veneziana", impegnati nella contemporanea accensione delle luci e dell'albero a Piazza San Marco, molti studenti della vicina Cà Foscari.

Victoria, che ha una laurea in storia dell'arte alla New York University e un master al Courtauld Institute a Londra, già nel board del New Museum di New York, era in precedenza responsabile dello sviluppo strategico della Fondazione V-A-C, da cui, a vedere il sito web, sembra ora dipendere solo la Casa della cultura Ges-2 di Mosca.

In questi due anni il Palazzo veneziano che sarebbe sempre rimasto locato dall'autorità portuale di Venezia alla fondazione (non risulta che il contratto di affitto 18 + 18 anni stipulato in vista dell'inaugurazione del 2017 sia mai stato rescisso) sarebbe stato sporadicamente ceduto "a prezzi esorbitanti" per eventi privati -come spiegano all'Adnkronos fonti locali- seppur la maggior parte del tempo sia rimasto sbarrato. Subito dopo l'inizio dell'invasione dell'Ucraina da parte della Russia l'allora curatore, Francesco Manacorda, si era dimesso. E lo spazio era rimasto chiuso.

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Esteri

Iran, Tirelli (Cpi): “Gestione caso Sala-Abedini...

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"Intervento del governo per scarcerazione giornalista romana è una mossa tattica che ha il potenziale di riposizionare l’Italia come interlocutore privilegiato nei delicati equilibri del Medio Oriente"

Cecilia Sala (Fotogramma)

Prosegue la delicata trattativa per riportare in Italia la reporter Cecilia Sala, detenuta in Iran dal 19 dicembre scorso, dopo che le autorità italiane, su mandato degli Stati Uniti, hanno arrestato il cittadino iraniano Mohammed Abedini. Un negoziato nella triangolazione Roma-Teheran-Washington che si potrebbe configurare come "un’opportunità strategica per l'Italia". E' questo il punto di vista di Alexandro Maria Tirelli, presidente delle Camere penali del diritto europeo e internazionale e autore di 'The International Lawyer: The Defense of Law and Stability in Managing Global Crises', un manuale sulla gestione delle crisi internazionali. L'intervento del governo Meloni per la scarcerazione della giornalista romana "non è solo un’azione umanitaria, ma una mossa strategica che ha il potenziale per riposizionare l’Italia come interlocutore privilegiato nei delicati equilibri del Medio Oriente", spiega all'Adnkronos l'esperto di diritto internazionale. La possibile decisione di opporsi all’estradizione di Abedini negli Stati Uniti, "sebbene rischiosa, per quel che sembra profilarsi in queste ore, si rivelerebbe infatti una scelta strategica, ponendo l’Italia come possibile mediatore in un’area mediorientale caratterizzata da tensioni crescenti e prevenendo al contempo potenziali rischi per la sicurezza nazionale, incluso il pericolo del terrorismo".

Secondo Tirelli la premier Giorgia Meloni "ha saputo sfruttare abilmente il vuoto di potere legato al cambio di presidenza negli Stati Uniti, tra l’amministrazione uscente di Joe Biden e l’attesa per il reinsediamento di Donald Trump. Questo momento di transizione è stato trasformato in un’opportunità per rafforzare i legami con l’Iran e al contempo costruire un nuovo canale di dialogo con gli Usa. La mossa sarebbe resa ancor più significativa dall’utilizzo sapiente dell’articolo 718 del Codice di Procedura Penale, che conferisce al Guardasigilli la facoltà di liberare un estradando". La prospettiva è ora il 15 gennaio quando la Corte di Appello di Milano si esprimerà sull'eventuale scarcerazione dell'ingegnere italiano Abedini, detenuto dopo l'arresto a dicembre scorso, nel carcere di Opera.

"Questo intervento - riprende Tirelli - non solo protegge gli interessi della Repubblica, ma rafforza la posizione dell’Italia su due fronti: da una parte, migliora i rapporti con Teheran, ponendo le basi per una normalizzazione delle relazioni bilaterali e per un eventuale ruolo di mediazione in Medio Oriente; dall’altra, consolida il rapporto strategico con gli Stati Uniti, che potrebbero vedere nell’Italia un utile alleato per gestire questioni regionali senza compromettere direttamente la propria posizione". L’Italia, in sostanza, "si presenta come un Paese capace di muoversi con decisione e autonomia, guadagnandosi il rispetto di entrambi gli schieramenti coinvolti", un paese "capace di ritagliarsi uno spazio strategico internazionale più indipendente, senza perdere la coerenza del proprio posizionamento atlantico. Una visione di lungo respiro che potrebbe ridefinire il ruolo dell’Italia nel panorama strategico del Mediterraneo". (di Sibilla Bertollini)

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Esteri

Trump: “Se Hamas non rilascia ostaggi prima del mio...

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Il tycoon in conferenza stampa: "Non escludo l'uso della forza per Panama e Groenlandia". La replica del Canada: "Non soccomberemo a sue minacce, mai negli Usa"

Donald Trump

Se gli ostaggi prigionieri di Hamas non saranno rilasciati prima del 20 gennaio, giorno dell'insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca, "succederà l'inferno in Medio Oriente". Lo ha detto in conferenza stampa oggi a Mar-a-Lago lo stesso Trump che ha avvertito: "Non sarebbe bene per Hamas e non sarebbe bene, francamente, per nessuno. L'inferno scoppierà, non voglio dire di più ma è questo". Il tycoon ha aggiunto che il 7 ottobre "non ci sarebbe mai dovuto essere".

"Noi abbiamo sconfitto l'Is, non abbiamo avuto guerre. Ora eredito un mondo in fiamme con la Russia, Ucraina e Israele", ha scandito, parlando del "fiasco" di Joe Biden nella gestione della politica internazionale.

"Non escludo uso della forza per Panama e Groenlandia"

Poi il capitolo Panama e Groenlandia. Trump si rifiuta di escludere l'uso di forza militare e misure economiche per portare il canale di Panama e la Groenlandia sotto il controllo degli Usa. "Non posso assicurarlo per nessuna delle due cose", ha detto rispondendo a un giornalista che gli chiedeva se escludeva "la forza militare o la coercizione economica".

"Abbiamo bisogno di sicurezza economica, il canale di Panama è stato costruito dai militari, non mi impegno ora a fare questo, potrebbe essere quello che dovremmo fare", ha aggiunto sottolineando che il canale di Panama "è vitale per il nostro Paese, ora è gestito dalla Cina, noi abbiamo dato il canale a Panama non alla Cina, e loro ne hanno abusato".

Riguardo alla Groenlandia, Trump ha ribadito che gli Usa devono ottenerne il controllo per motivi di "sicurezza nazionale", affermando che là "nessuno sa se la Danimarca ha un diritto legale" e facendo riferimento al fatto che la popolazione dell'isola potrà "decidere sull'indipendenza".

"Cambierò il nome di Golfo del Messico in Golfo di America"

Ancora, ha annunciato l'intenzione di "cambiare il nome del Golfo del Messico", ribadendo le minacce di consistenti dazi contro il Messico e il Canada se questi non bloccheranno il flusso dei migranti. "Noi cambieremo il nome del Golfo del Messico in Golfo d'America, un bellissimo nome, appropriato", ha dichiarato.

Ucraina-Russia

Il presidente eletto ha affermato di "poter capire" perché la Russia non vuole che l'Ucraina entri nella Nato, incolpando Joe Biden per lo scoppio del conflitto. “La Russia per molti anni ha detto che non si sarebbe mai potuto avere un coinvolgimento della Nato con l'Ucraina. Questo è stato come scritto nella pietra. E Biden ha detto che no, dovrebbero poter entrare nella Nato - ha continuato Trump nel suo discorso da Mar-a-Lago - Allora la Russia ha qualcuno proprio sulla soglia di casa. Potrei capire i loro sentimenti al riguardo”.

"Quando ho sentito il modo in cui Biden stava negoziando, gli ho detto: 'finirai in una guerra' e così è stato - ha proseguito il tycoon - Ma potrebbe esserci un'escalation che renderà la guerra molto peggio di come è adesso". "Io sono convinto ci fosse un accordo che Biden ha fatto saltare, e quell'accordo era soddisfacente per l'Ucraina e per tutti gli altri. Ma Biden ha detto 'no, l'Ucraina deve essere parte della Nato'", ha scandito ancora.

Spese Nato

Il tycoon ha confermato che intende chiedere agli alleati della Nato di aumentare fino al 5% del Pil la spesa militare: "Tutti possono permetterselo, ma devono portare la spesa militare al 5% non al 2% del Pil".

"Meloni voleva vedermi"

In conferenza stampa il presidente eletto ha fatto anche riferimento alla visita di sabato di Georgia Meloni a Mar-a-Lago. "Questa sarà l'età d'oro dell'America, avremo di nuovo un grande Paese, al momento abbiamo un Paese sotto assedio, nessuno ci rispetta all'estero, ma ora lo fanno, la premier italiana sapete è venuta qui la notte scorsa, ha fatto toccata e fuga, voleva vedermi", ha detto Trump, che ha poi ricordato "il grande rispetto" che gli è stato mostrato "quando sono andato alla cattedrale", riferendosi alla sua partecipazione alla cerimonia di riapertura di Notre Dame a Parigi.

Giustizia

Trump in conferenza stampa è tornato ad attaccare il procuratore speciale che ha indagato su di lui e l'ha incriminato dei due casi che sono stati poi ritirati dopo la sua vittoria elettorale. "Ho sconfitto il pazzo Jack Smith, è una persona pazza, immagino che se ne sta tornando all'Aja. E abbiamo vinto questi processi", ha affermato il presidente eletto che si è scagliato poi contro "l'utilizzo politico della giustizia" che l'amministrazione democratica starebbe facendo contro di lui fino all'ultimo. E non ha mancato di attaccare la stampa: "I giornali hanno fatto un gran rumore su questi casi, ma io non avevo fatto nulla di sbagliato".

Canada risponde: "Non soccomberemo a minacce"

Il Canada "non soccomberà alle minacce di Trump". Così il ministro degli Esteri canadese Melanie Joly ha risposto alle parole del presidente eletto degli Stati Uniti di imporre dazi. "Non faremo mai marcia indietro di fronte alle minacce", ha dichiarato il capo della diplomazia canadese, affermando che i commenti di Trump dimostrano ''una totale mancanza di comprensione della forza del Canada''.

''Non c'è la minima possibilità che il Canada diventi parte degli Stati Uniti'', ha poi aggiunto il primo ministro canadese Justin Trudeau, rispondendo al presidente. ''I lavoratori e le comunità di entrambi i nostri Paesi traggono vantaggio dall'essere reciprocamente il più grande partner commerciale e di sicurezza'', ha affermato Trudeau.

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