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Mes, Conte e Meloni davanti al Giurì d’onore il 18 e 19 gennaio

Fissate le date delle audizioni

Giorgia Meloni e Giuseppe Conte

Fissate per i prossimi 18 e 19 gennaio le date delle audizioni di Giuseppe Conte e Giorgia Meloni davanti al giurì d'onore istituito dal presidente della Camera su richiesta del presidente del Movimento 5 stelle per stabilire se, come sostenuto da Conte, la presidente del Consiglio "ha mentito al Parlamento" durante la seduta dell’assemblea del 12 dicembre 2023.

Lo scontro a colpi di fax, cosa è successo?

Terreno su cui si è infiammato lo scontro Meloni-Conte il Meccanismo europeo di stabilità (Mes) con l'accusa rivolta dalla presidente del Consiglio al governo Conte di aver "prima di fare gli scatoloni" tirato un "pacco al governo successivo". E mostrando in Aula al Senato il fax inviato all'allora rappresentante Massari da Luigi Di Maio in cui lo autorizzava a siglare il Mes aveva attaccato: "Il governo Conte alla chetichella, col favore delle tenebre, ha dato l'assenso al Mes" e lo ha fatto "il giorno dopo le dimissioni del governo Conte, quando era in carica solo per gli affari correnti".

A stretto giro era arrivata la reazione di Giuseppe Conte che in un video sui social aveva replicato sventolando un altro documento: "Sapete chi ha introdotto il Mes in Italia? Cioè chi ha portato l'Italia nel Mes? Il governo di Berlusconi nel 2011, questo è il documento che lo comprova. Carta canta, Giorgia Meloni di quel governo facevi parte anche tu come ministro della Gioventù oltre a La Russa, a Fitto, Calderoli" aveva scandito Conte ricordando "che io il Mes non l'ho attivato, nonostante la pandemia". Ma la guerra delle carte non bastava secondo Conte a "ristabilire la verità dei fatti".

La richiesta di Conte

Per questo il 18 dicembre ha scritto al presidente della Camera Fontana chiedendo che venisse istituito il Giurì d'onore per "ripristinare l'onore minato dal comportamento menzognero della presidente Meloni" che, era l'accusa di Conte, "ha scelto di mentire al Parlamento e a tutti i cittadini, sostenendo che il mio governo aveva dato il via libera al Mes nel gennaio 2021, senza mandato parlamentare e con il favore delle tenebre, lo avrebbe fatto quando ormai si era dimesso, con gli scatoloni pronti. Meloni ha mentito consapevole di mentire, era deputata quando il 9 dicembre 2020 in Parlamento - ricostruisce il leader M5S - abbiamo tenuto un ampio dibattito sul Mes, certificato anche dagli atti". Dunque dalla premier, è l'accusa di Conte, "un cumulo di falsità, che disonora la massima istituzione di governo".

Cos'è il Giurì d'onore

Come si legge sul sito della Camera, il presidente di Montecitorio "può nominare, su richiesta di un deputato che si senta leso nella sua onorabilità da accuse che gli siano state mosse nel corso di una discussione, una Commissione d'indagine a norma dell'art. 58 del regolamento - detta Giurì d'onore - che valuti la fondatezza delle accuse". Nel caso specifico, si tratta delle dichiarazioni di Meloni relative al Mes. "Al Giurì viene solitamente assegnato un termine per riferire all'Assemblea sugli esiti della sua attività. Della relazione del Giurì l'Assemblea si limita a prendere atto, senza dibattito né votazione".

Il verdetto il 9 febbraio

Dieci giorni dopo, il 28 dicembre, è arrivato il via libera. Viene istituito il giurì presieduto da Giorgio Mulè (Fi) e composto dai deputati Fabrizio Cecchetti (Lega), Filiberto Zaratti (Avs), Alessandro Colucci (Nm) e Stefano Vaccari (Pd). Il verdetto del giurì d'onore chiesto da Giuseppe Conte arriverà entro il 9 febbraio.

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Politica

M5S, ecco la vecchia scrittura privata Grillo-Movimento:...

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L'Adnkronos è in possesso del documento dove è fissato nero su bianco l'impegno del comico genovese a non intraprendere azioni legali circa l'utilizzo del nome e del simbolo da parte del Movimento

Beppe Grillo - Fotogramma

Beppe Grillo si è impegnato a non promuovere "alcuna contestazione" nei confronti del Movimento 5 Stelle per quanto riguarda l'uso del nome e del simbolo, anche se in futuro il logo sarà modificato "in tutto o in parte". Mentre si avvicina la resa dei conti tra Grillo e Giuseppe Conte, l'Adnkronos è entrata in possesso della scrittura privata stipulata tra l'Elevato e il Movimento 5 Stelle, dove è fissato nero su bianco l'impegno del comico genovese a non intraprendere azioni legali circa l'utilizzo del simbolo da parte del M5S. Di questo documento hanno parlato sia Conte sia il notaio del Movimento, Alfonso Colucci, in diverse interviste. Ma la carta che di fatto 'blinda' il simbolo pentastellato nel forziere di Via Campo Marzio non era stata mai diffusa.

Il documento è sicuramente successivo al 2021, visto il riferimento alla sede nazionale di Campo Marzio che si stabilisce lì in quell'anno. Ma la data precisa della scrittura è riservata e coperta da omissis nella versione di cui è entrata in possesso l'Adnkronos.

Nella scrittura privata si fa riferimento alla "manleva" garantita dal Movimento, che solleva Grillo dalle conseguenze patrimoniali derivanti da eventuali cause giudiziarie. In cambio di questa sorta di scudo legale, l'Elevato è chiamato a prendere una serie di "impegni".

Cosa c'è scritto nel documento

Nel dettaglio, si legge a pagina 14 del documento visionato dall'Adnkronos, Grillo è obbligato "a non formulare in proprio e quale legale rappresentante delle associazioni" M5S del 2009 e del 2012 "alcuna contestazione" nei confronti dell'Associazione Movimento 5 Stelle 2017 (ovvero quella presieduta da Conte) "con riguardo all'utilizzo del nome Movimento 5 Stelle e/o del simbolo" descritto nella premessa ("linea di circonferenza color rosso recante al proprio interno, nella metà superiore del campo, in carattere nero su fondo bianco, la dicitura MOVIMENTO, la cui lettera V è scritta in rosso con carattere di fantasia e nella metà inferiore del campo, disposte orizzontalmente, cinque stelle a cinque punte di colore giallo, più chiaro nella parte alta più scuro nella parte bassa, con una linea di contorno scura, con l'indicazione nella parte inferiore della circonferenza 'ilblogdellestelle.it'"), nonché del simbolo "come finora modificato e in futuro modificabile, in tutto o in parte", dal M5S.

L'impedimento in caso di scissione

Ma non è tutto. Grillo si impegna anche "a non prestare collaborazione funzionale e/o strutturale ad altre associazioni che hanno quale finalità quella di svolgere attività in contrapposizione e/o concorrenziale" con il Movimento: in buona sostanza, qualora dovesse verificarsi una scissione o dovesse nascere una nuova forza politica filo-grillina antitetica al Movimento di Conte, Beppe Grillo non potrebbe lavorare con o per questa nuova formazione. Il punto 6 del documento rivela l'estensione temporale dell'accordo. "Il presente contratto - si legge - è senza termine di durata" e si risolverà solo con lo scioglimento dell'Associazione Movimento 5 Stelle con sede in Roma alla Via di Campo Marzio n. 46. In tal caso, "la manleva sarà efficace solo in relazione ai contenziosi radicati entro 5 anni decorrenti dalla data di scioglimento della medesima" salvi gli effetti "della manleva 2018".

In vista della votazione bis sulle modifiche statutarie che si terrà dal 5 all'8 dicembre, Conte è tornato a parlare della 'guerra' a distanza con il garante, che ha chiesto formalmente la ripetizione del voto: "Il risultato" sul quesito relativo all'abolizione del garante "ha sorpreso anche me. E' la democrazia, dobbiamo prenderne atto", ha detto l'ex premier agli Stati generali della ripartenza, a Bologna. "Adesso viene fuori che i suoi seguaci stanno predicando di non votare, ma se eserciti la clausola che ti conferisce il potere che è fuori dal tempo di ri-votare, non è una contraddizione? Il tutto perché? Per dimostrare che si è sopraelevati, rispetto a cosa?", ha proseguito il leader pentastellato a proposito della mobilitazione dei sostenitori di Grillo che hanno lanciato l'hashtag #IoNonVoto con l'obiettivo di far fallire il quorum della prossima votazione. "Non puoi dire a tutti gli iscritti di trovarsi un'altra casa. Sei stato rivoluzionario a fare questo processo - ha rimarcato Conte - ma una volta fatto ti devi render conto che non hai costituito una fondazione familiare, ma un movimento politico che non appartiente a me, a lui, a un terzo, ma agli iscritti". (di Antonio Atte)

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Politica

Consulta, Finocchiaro nel toto-nomi ma candidatura a...

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"Non ha esercitato funzioni in Cassazione", ma c'è un precedente del 1977

Anna Finocchiaro

Continua il tam tam sul nome di Anna Finocchiaro come possibile giudice della Corte Costituzionale. L'ipotesi di una sua candidatura in quota Pd, però, potrebbe essere a rischio. Il ruolo che ha ricoperto fino al 1987 da magistrato, sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catania, potrebbe infatti non essere sufficiente a garantirle l'ingresso a palazzo della Consulta, nonostante il trascorso politico di alto spessore che la ha incoronata per ben due volte ministro, nonché icona per lunghi anni del centrosinistra. L'articolo 135 della Costituzione prevede infatti che "i giudici della Corte costituzionale sono scelti tra i magistrati anche a riposo delle giurisdizioni superiori ordinaria ed amministrative, i professori ordinari di università in materie giuridiche e gli avvocati dopo venti anni di esercizio". L' i ncarico da magistrato presso il Tribunale di Catania potrebbe non essere quindi sufficiente, non trattandosi di giurisdizione "superiore" come lo sono la Corte di Cassazione, il Consiglio di Stato e la Corte dei Conti. Del resto, gli stessi problemi si potrebbero porre nella ipotesi in cui fosse candidato il ministro della giustizia Carlo Nordio, che pure ha esercitato funzioni di grado superiore ma non della Cassazione.

"La Corte, a cui è rimessa la verifica degli eletti come per ogni organo di questo tipo, potrebbe ritenere che manca il requisito previsto dalla Costituzione. Nonostante l'alta qualità della persona, per i magistrati di Cassazione vale la regola dell'esercizio effettivo della funzione che la ex ministra non ha svolto, salvo che non si ritenga che abbia esercitato funzioni da ritenere equivalenti a quelle della Cassazione", spiega all'Adnkronos il presidente emerito della Corte Cesare Mirabelli. "In base alla Carta, bisogna distinguere lo sviluppo della carriera economica e di grado dall'esercizio delle funzioni. Quando la Carta parla di magistrati di Cassazione, si riferisce a magistrati che hanno fatto parte della Corte suprema di Cassazione, che hanno esercitato funzioni di Cassazione. La carriera dei magistrati è aperta a scorrimento ma l'articolo 135 della Costituzione richiede al magistrato che contribuisca con la competenza di quell'alto collegio".

Nella storia della Corte dal 1956 ad oggi c'è stata tuttavia un'eccezione alla regola: quella di Brunetto Bucciarelli Ducci, deputato Dc e presidente della Camera dal 1963 al 1968. Divenne giudice della Corte costituzionale dal 1977 al 1986 "legittimato per esercizio di funzioni ritenute equivalenti a quelle di un consigliere di Cassazione", spiega Mirabelli. Se ci sarà un Bucciarelli Ducci bis, in caso di candidatura e vittoria di Anna Finocchiaro in Parlamento, sarà la Corte costituzionale a deciderlo, verificando i titoli necessari per essere eletta giudice costituzionale. "Ma sono problemi che si evitano prima in informali consultazioni con la Corte", suggerisce il presidente emerito. (di Roberta Lanzara)

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Politica

Canone Rai, Tajani: “Coalizione solida, nessuno...

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Il vicepremier e leader di Forza Italia: "Avanti fino a fine legislatura"

Antonio Tajani - Afp

Dopo l'attrito tra Forza Italia e Lega sul canone Rai e i toni alti delle scorse ore, la coalizione di centrodestra resta "una coalizione solida, il governo va avanti, continuerà a lavorare per fare le riforme, per affrontare una situazione economica che non è sempre semplice, andrà fino alla fine della legislatura". Ad assicurarlo è stato il leader azzurro, vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, intervenendo a 'Mattino 5 News'.

"Meloni ha le sue idee, io sono sempre stato leale. Berlusconi diceva sempre 'meglio leale che fedele' e sulla mia lealtà e sulla lealtà di Forza Italia non ci sono dubbi. Sosterremo sempre con grande determinazione il governo, volendo collaborare'', ha aggiunto, per poi "rassicurare tutti i cittadini e gli elettori. Il centrodestra è una coalizione politica fondata da Berlusconi solida, il governo andrà avanti fino alla fine della legislatura".

"Siamo partiti differenti - ha detto - ma non c'è nessun pericolo. Dove c'è stato un confronto, è accaduto sul canone Rai. Noi, come annunciato, non abbiamo votato un emendamento proposto dalla Lega'', quello sul taglio del canone di 20 euro. Una ''proposta che alle casse dello Stato sarebbe costata 430 milioni di euro, perché bisognava ripianare il buco della Rai, che sarebbe fallita senza quegli introiti. Una scelta insomma che non avrebbe provocato alcun beneficio ai cittadini. Quei 430 milioni invece possono essere utilizzati per tagliare le tasse, le pensioni minime. Si trattava di spendere meglio questi soldi. Non c'è nessuna polemica, nessun scontro politico'', ha sottolineato Tajani.

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