Mo, avv. Verni (Difesa Online): “Su decisioni Cig su Israele incognita tempo ed efficacia”
L'esperto, 'alle implicazioni giuridiche si potrebbero affiancare delle ripercussioni diplomatiche e commerciali'
Sulle accuse di genocidio nei confronti di Israele e le udienze presso la Corte internazionale di Giustizia (Cig) pesa l'incognita tempo e, sebbene lo Stato guidato da Benyamin Netanyahu potrebbe decidere di non dare esecuzione alle eventuali decisioni della Corte, alle implicazioni giuridiche si "potrebbero affiancare delle ripercussioni diplomatiche e commerciali". Lo spiega all'Adnkronos l'avvocato Marco Valerio Verni, referente area Diritto di 'Difesa Online', dopo l'apertura del procedimento per le accuse di genocidio a Gaza mosse contro Israele.
"Distinguerei tra le misure provvisorie che la Corte potrebbe emanare nei confronti di Israele e la vera e propria sentenza definitiva riguardante la denuncia avanzata dal Sudafrica - osserva il legale - Per le prime, ove ritenute necessarie, potrebbero volerci qualche giorno o qualche settimana. Esse sarebbero tese, in buona sostanza, a far sì che Israele sospenda immediatamente le sue operazioni militari dentro e fuori Gaza e, comunque, a porre fine all'ostruzione all'ingresso di tutti gli aiuti nella stessa Striscia, così come la cessazione delle espulsioni forzate dei palestinesi dalle proprie terre di residenza: uno scenario improbabile, allo stato, sia per quello che ha più volte dichiarato Tel Aviv, sia perché, se è vero che le suddette sarebbero vincolanti, è altrettanto vero che, al dunque, il destinatario delle stesse (in questo caso, appunto, Israele) potrebbe non darvi esecuzione al netto di quelle che, in tal ipotesi, potrebbero essere le decisioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e le ulteriori sanzioni della comunità internazionale". Per la sentenza definitiva invece "si potrebbe aspettare anche diversi anni e, sulla sua efficacia, valgono le medesime considerazioni testé svolte", sottolinea l'avvocato Verni.
"Date le accuse mosse dallo Stato africano ad Israele, bisognerà, intanto, dimostrare la precisa intenzione, da parte di quest'ultimo, di voler distruggere il popolo palestinese, ossia il cosiddetto 'dolus specialis' - prosegue il referente area Diritto di 'Difesa Online' - Come recita, infatti, la stessa Convenzione sul genocidio dell'Onu per accertare tale crimine occorre dimostrare l'elemento soggettivo di colui che compie gli atti ad esso sottesi e, quindi, la specifica volontà di voler, appunto, distruggere, in maniera totale o parziale, 'un gruppo nazionale, razziale, etnico o religioso'".
"Provare tale elemento è sempre complicato, sebbene sia ben immaginabile che Pretoria abbia raccolto, intanto, le diverse dichiarazioni effettuate in questi mesi da vari esponenti del governo di Netanyahu oltre che da vari commentatori - continua - Poi naturalmente vi è l'analisi del modus operandi dell'esercito israeliano nella Striscia di Gaza che andrà valutato, in particolar modo, alla luce del diritto internazionale umanitario. In caso di condanna la Corte potrebbe, principalmente, ordinare a Netanyahu di cessare le operazioni militari nella Striscia: come detto però occorrerà vedere da una parte i relativi tempi e dall'altra se Israele si adeguerà a quanto deciso dalla suddetta".
Agli aspetti giuridici, osserva l'avvocato, "si potrebbero affiancare delle ripercussioni diplomatiche e commerciali dal momento che, a quel punto, sarebbe difficile per gli altri Stati continuare nei rapporti 'ordinari' con lo stesso Israele. Senza contare il valore simbolico del tutto visto che quest'ultimo è considerato la vittima per eccellenza di tal tipo di crimine stante quanto occorso durante il secondo conflitto mondiale".
Infine, secondo l'avvocato, "non è affatto da escludere un analogo giudizio della Corte nei confronti di Hamas". "Anche a quanto risulta da alcune dichiarazioni dello stesso procuratore Karim Khan, di qualche mese fa, ci sarebbero già delle indagini in corso in tal senso ossia a carico dei miliziani di Hamas, nell'ottica però della più generale situazione nello Stato di Palestina e, quindi, anche a carico di Israele stesso, dal momento che 'la Corte Penale internazionale ha giurisdizione su potenziali crimini di guerra commessi da militanti di Hamas in Israele e da israeliani nella Striscia di Gaza anche se Israele non è uno Stato membro'. Ma, anche per questo aspetto, ci potrà volere diverso tempo".
Esteri
Strage New Orleans, attentatore aveva ricevuto medaglia per...
Il 42enne texano Shamsud Din Jabbar era stato nell'esercito dal marzo del 2007 al gennaio del 2015 ed era stato inviato in Afghanistan tra il febbraio del 2009 e il gennaio 2010
Shamsud Din Jabbar, il 42enne nato in Texas che nella notte di Capodanno si è lanciato con la sua auto contro la folla festante a New Orleans uccidendo almeno 15 persone e ferendone 35 su Bourbon Street, durante gli anni trascorsi nell'Esercito aveva ricevuto diverse medaglie, tra i quali la Global War on Terrorism Service Medal. Lo riportano i media americani, spiegando che si tratta di un riconoscimento, creato da George Bush dopo l'11 settembre, conferito ai militari che partecipavano alle missioni all'estero durante la 'guerra al terrorismo'.
Jabbar, che è rimasto ucciso nello scontro a fuoco con la polizia seguito al suo attacco, era stato nell'esercito dal marzo del 2007 al gennaio del 2015, prima come Human Resource Specialist e poi come Information Technology (IT) Specialist, ed era stato inviato in Afghanistan tra il febbraio del 2009 e il gennaio 2010. Una volta lasciato il servizio attivo era rimasto riservista fino al luglio del 2020, quando ha lasciato definitivamente l'esercito con il grado di sergente.
Carriera e vita privata
L'uomo aveva due matrimoni falliti alle spalle, uno nel 2012 e il secondo nel 2022. La Cnn rivela che nel tragitto fatto dal Texas e la Louisiana a bordo del furgone usato per l'attacco, Jabbar avrebbe registrato dei video in cui ha ammesso che in un primo momento aveva progettato di riunire la famiglia per uccidere tutti, ma poi aveva cambiato idea e piani, decidendo di unirsi all'Isis.
Jabbar, che aveva cercato anche di arruolarsi in Marina, in un video su Youtube ha descritto in termini positivi della sua esperienza militare, affermando che gli ha insegnato "il significato del servizio, della responsabilità e del prendere tutto sul serio". Nel video l'uomo parla davanti un poster su cui è scritto "disciplina" ed in mano un libro intitolato "leadership".
Sempre online i media hanno trovato un curriculum dell'uomo, con due diplomi, uno del 2010 al Central Texas College e un altro del 2017 della Georgia State University, in informatica. Risulta che ha avuto esperienze lavorative in società di consulenza informatica, ma nel 2020 ha postato un video su YouTube in cui si presenta come agente immobiliare a Houston.
Problemi finanziari per i divorzi
Al suo attivo vi sono alcuni precedenti per reati minori, come un furto per un valore tra i 50 e i 500 dollari nel 2002, e guida in stato di ebbrezza nel 2015, a Fort Bragg. Dagli atti giudiziari emergono anche i divorzi burrascosi: la prima moglie lo aveva denunciato per il mancato pagamento degli alimenti nel 2012, una controversia che è andata avanti per un decennio. E nel 2020 un giudice del Texas aveva imposto all'uomo l'ordine di non avvicinarsi alla seconda moglie durante il divorzio.
In una mail scritta nel 2022 durante i negoziati del divorzio, Jabbar affermava di aver problemi finanziari, di avere arretrati di 27mila dollari per il mutuo della casa, perdite di 28mila dollari con la sua società e debiti con le carte di credito per 16mila dollari. Problemi finanziari che non gli impedito di affittare, al costo di 105 dollari al giorno, il truck usato per l'attacco, un Ford F-150 Lightning, su un sito Turo che permette di affittare auto e veicoli da proprietari privati.
Bandiera dell'Isis
Secondo la Cnn, durante la strage l'uomo aveva con sé una bandiera dell'Isis. Sul pick up, che sarebbe stato noleggiato, sarebbero stati rinvenuti dispositivi in grado di esplodere.
Sui social anche dei video “che indicavano che si ispirava all'Isis”, ha dichiarato da Camp David il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, citando l'Fbi. “L'Fbi mi ha riferito che l'attentatore di New Orleans era un cittadino americano, che aveva prestato servizio nell'esercito ed era stato nella riserva fino a pochi anni fa e che prima dell'attacco aveva postato dei video in cui diceva che voleva uccidere"”, ha detto Biden a proposito del sospetto Shamsud-Din Jabbar.
Esteri
Esplosione Tesla e attacco di New Orleans, un filo unisce i...
Secondo alcune fonti, il conducente del Cybertruck esploso e l'uomo che si è lanciato con l'auto contro tra la folla in Bourbon Street prestavano servizio nella stessa base militare
Ci sarebbe un collegamento tra il Cybertruck Tesla esploso davanti al Trump International Hotel di Las Vegas e l'attentato contro la folla a New Orleans il giorno di Capodanno. Secondo quanto riferito da alcune fonti a Denver7 Investigates, alla guida del pick-up esploso c'era Matthew Alan Livelsberger, un militare dell'Esercito di stanza in Germania che era tornato in licenza in Colorado, e che per un periodo ha prestato servizio nella stessa base militare di Shamsud-Din Jabbar, il terrorista che con la sua auto ha ucciso almeno 15 persone in Bourbon Street.
Entrambi gli uomini sono stati confermati come veterani dell'esercito. Mercoledì sera, diverse fonti informate hanno riferito al capo degli investigatori di Denver7, Tony Kovaleski, del collegamento tra il servizio militare dei due sospettati.
Inoltre, nei rispettivi attacchi, i due uomini hanno utilizzato veicoli noleggiati attraverso il servizio online Turo. Ma in una dichiarazione, un portavoce della società ha affermato che "nessuno dei due sospettati aveva precedenti penali che li potevano identificare come una minaccia per la sicurezza".
Nell'esplosione di fronte alla Trump Tower di Las Vegas, avvenuta nella notte di Capodanno, Matthew Alan Livelsberger è rimasto ucciso e altre sette persone sono rimaste lievemente ferite. I familiari dell'uomo hanno riferito alla Cnn che la moglie del militare non aveva notizie del marito da giorni e hanno confermato che l'uomo aveva affittato l'auto.
"Le forze dell'ordine - ha detto il presidente Usa Joe Biden - stanno indagando sull'esplosione del veicolo Tesla “anche per capire se c'è un possibile collegamento con l'attacco a New Orleans” costato la vita a 15 persone.
Esteri
Gas dalla Russia, cosa cambia con lo stop alle forniture...
Sia per Mosca sia per l'Europa vanno considerate le conseguenze di una nuova crisi dell'energia. Ma può essere il segnale di una accelerazione verso la soluzione del conflitto in Ucraina
Sulle forniture di gas dalla Russia si è rotta una tregua sostanziale che reggeva nonostante la guerra in Ucraina. I rubinetti di Mosca non si sono completamente chiusi finora per una reciproca convenienza, evidentemente più forte della reciproca intenzione di danneggiare il fronte nemico. Nonostante tutto, attraverso i gasdotti dell'Ucraina il gas è continuato a transitare e, in senso contrario, denaro occidentale è continuato ad affluire nelle casse russe.
Fin dall'invasione del febbraio 2022, accanto al conflitto sul campo, si è sviluppata una guerra economica che ha fatto dell'energia un terreno per misurare le capacità di resistere, da una parte e dall'altra, a uno shock di sistema: l'isolamento della Russia dal mondo occidentale. Sono arrivate, in pacchetti successivi e sempre più stringenti, le sanzioni che hanno provato a raggiungere l'obiettivo dichiarato: indebolire Mosca al punto da rendere insopportabile lo sforzo bellico.
L'obiettivo pieno non è stato centrato, per la capacità di Mosca di aggirare le conseguenze delle sanzioni. E' stato possibile grazie all'apertura ulteriore ai mercati orientali e al sostegno dei partner commerciali, dalla Cina all'India e alla Corea del Nord, ma anche per le scelte non completamente coerenti dell'Occidente, che ha consentito di tenere in piedi una serie di rapporti economici indiretti tramite le sue aziende e anche, è il caso del gas, di assorbire con meno affanno l'impatto di una integrale indipendenza energetica. Da una parte si sono chiusi i rapporti con Mosca, dall'altra si è provato a limitare i danni di una trasformazione che avrebbe avuto bisogno di più tempo per realizzarsi in maniera ordinata.
La notizia di questi giorni, l'interruzione totale delle forniture di gas che dalla Russia arrivano in Europa tramite l'Ucraina, cambia lo scenario. E lo fa in due direzioni sostanziali che anche lo scambio di accuse sulla responsabilità, e la diversa interpretazione delle conseguenze, contribuiscono a rendere più evidenti. Sono due debolezze ulteriori che possono incidere sui prossimi sviluppi della guerra in Ucraina.
Si acuisce ulteriormente la caratterizzazione dell'economia russa come un'economia esclusivamente di guerra, perché si ridimensiona ancora di più il contributo che arriva dal mercato dell'energia. In questo senso vanno le parole del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, convinto che ci si trovi di fronte "a una delle più grandi sconfitte di Mosca". Al netto della lettura di parte, un fondamento c'è. Perché Vladimir Putin e la Russia devono fare i conti con un'economia che si sta avvitando in una spirale fatta di inflazione fuori controllo e una crescita spinta solo dall'industria, acciaio e alluminio in testa, legata alla produzione di armi.
Anche le parole riportate dalla Tass della portavoce del Ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, sono significative. "La responsabilità della cessazione delle forniture di gas russo ricade interamente sugli Stati Uniti, sul regime fantoccio di Kiev e sulle autorità degli Stati europei che hanno sacrificato il benessere dei loro cittadini in nome del sostegno finanziario all'economia americana". Sono parole mirate a indebolire ancora di più quello che resta del sostegno dell'opinione pubblica occidentale alla causa di Kiev. Anche in questo caso, al netto della propaganda, c'è da considerare il dato oggettivo dei costi legati alla difesa dell'Ucraina. E alla sensibilità diversa rispetto allo stesso dato. "L'interruzione del transito del gas attraverso l'Ucraina avrà un impatto drastico su tutti noi nell'Ue, ma non sulla Federazione Russa", è la valutazione del premier slovacco Robert Fico. L'interruzione di gas naturale russo verso l'Ucraina e i Paesi dell'Unione europea è, secondo il ministro degli Esteri polacco Radoslaw Sikorski, "una nuova vittoria dopo l'allargamento della Nato a Finlandia e Svezia".
Il ritorno alla guerra del gas riporta ai mesi successivi all'invasione dell'Ucraina e può essere il segnale di una accelerazione verso una soluzione del conflitto. E' presto per sapere in quali tempi e a quali condizioni possa avvenire ma lo scenario appare nuovamente cambiato. (Di Fabio Insenga)