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Sanremo 2024, da Giorgia in frac a Mahmood statuario: pagelle look seconda serata

All’Ariston trionfa il nero e sfila una carrellata di look da passerella, tra guanti sbianchettati, minidress e qualche dettaglio eccentrico

Giorgia e Mahmood a Sanremo 2024 - Fotogramma /Ipa

C’è chi opta (ancora) per il nero. Chi arriva con il frac rivisitato oppure osa minidress, scarpe con denti aguzzi, giacche a vento e guanti sbianchettati. Per la seconda serata di Sanremo 2024 cantanti e conduttori fanno a gara di stile. Peccato che la competizione, per molti di loro, sia persa in partenza. La più iconica è sicuramente Giorgia, regina di eleganza della serata. Sul palco dell’Ariston l’artista romana festeggia i 30 anni di ‘E Poi’, con un’interpretazione da brividi. Così come il look scelto per dare il via alla serata, total Dior, con il quale sbaraglia la concorrenza: una reinterpretazione in stile mannish del frac portato con pantaloncini, cuissardes di pelle, panciotto e cravattino bianco. Il tocco di stile? Lo styling dei capelli, laccati e raccolti, che strizza l’occhio alle dive del silver screen. Il secondo look non è da meno: abito sotto al ginocchio con frange di perline che fa subito flapper girl. La ciliegina sulla torta è il cappello a cilindro sfoggiato durante il medley. Meritatissimo 10 e lode per lei.

Al suo fianco promosso anche Amadeus, scintillante con papillon d’ordinanza, giacca blu oltremare (non Estoril) con striature nere sparkling di Gai Mattiolo. Voto: 6. Con il classico non sbaglia Fred De Palma e lo sa: per lui total black con maglia ricamata vedo-non vedo e gilet con coda posteriore. Elegante con stile. Voto: 7. Ghali convince ma con riserva. Se per la prima serata il cantante aveva strappato più di un consenso con cardigan e denim ricoperti di cristalli all over, nel presentare il collega sceglie un look destrutturato ma che non sembra del tutto nelle sue corde: camicia aperta con colletto ‘scomposto’, giacca con le maniche arrotolate, lunghissimi guanti oversize sbianchettati, e ai piedi Tabi d’ordinanza (tutto rigorosamente Maison Margiela) strappano comunque un 7 e mezzo.

Giocano la carta dello switch Renga e Nek, che si scambiano, letteralmente, il colore degli abiti creati per loro da Maurizio Miri già nella prima serata. Per il duo poca, pochissima fantasia. Voto: 4. Meno aggressivo del solito ma molto chic il trio La Sad, in versione ‘Ama’ con il volto del conduttore riprodotto sul retro del frac in versione punk con tanto di capigliature coloratissime identiche a quelle dei tre cantanti. 7 per l’originalità. Non c’è speranza, invece, per Alfa, presentato da Mr. Rain. La solita t-shirt con il solito cuoricino fa tanto, forse troppo, prima liceo. Voto 3.

Archiviati gli orsetti stile Coccolino sfoggiati nella prima serata, Dargen D’Amico, introdotto da Diodato in Zegna (troppo nero per te, ragazzo), avanza con un filo di gas grazie all’abito custom di Moschino: un completo in fresco lana effetto trompe l’oeil che richiama un look del brand datato 1999, con una luna piena stampata che si riflette sulle onde del mare e dedicato, non a caso, al testo del brano in gara. Creativo ma senza slancio. Voto 6.

Il Volo non decolla nonostante la sobria scelta di vestire ancora Emporio Armani. L’insieme è po’ caotico e senza particolari note positive da segnalare. Va bene la sicurezza della comfort zone ma spezzare la monotonia ogni tanto sarebbe preferibile. Voto 5. “Sei bellissima, un fiocco di neve” grida unanime la rete. E bellissima lo è davvero Rose Villain, in Gcds, minidress argentato con gonna rigida a ruota e il corpetto senza spalline. Le décolleté in pelle con l’iconico tacco ‘Morso’ e denti aguzzi fanno il resto. Promossa con 8. Gazzelle con occhiali e giacca a vento, ma che combini? Presentato da Bnkr44 che indossano le maglie stile football americano. E’ Sanremo, non una commedia statunitense di serie B. L’insieme fa male agli occhi. Non classificati.

Lei dice di essere la più rock-punk-grunge d’Italia. Ma sul palco di Sanremo gli abiti sono tutto fuorché grunge. Emma (presentata dagli impeccabili Santi Francesi, che tornano a incarnare l’eccellenza della sartorialità italiana in Dolce&Gabbana, 8 per loro), sfoggia un abito nero con maniche lunghissime stile Maleficent, completato da girocollo snake e lunghissime cuissardes di vernice firmate Casadei (l’unico tocco di stile apprezzabile del suo look). Voto 5 e mezzo. Stranamente pulito il look di Rosa Chemical, ospite in piazza Colombo con giacca gessata, pantalone scuro, gilet slacciato e t-shirt bianca, en pendant con le calzature. Troppo minimalismo per chi ha fatto dell’eccesso la propria cifra stilistica. Voto 5 e mezzo.

Volete sapere dove andrà la moda nei prossimi mesi? Guardate Mahmood. Il ragazzo ha stoffa da vendere e lo dice chiaro e forte nel pantalone flare a vita alta che copre la scarpa con maxi plateau. Aggressivo con charme. Il dettaglio vincente? Il top trasparente asimmetrico annodato al braccio. Tutto Rick Owens. Chapeau: per lui 10 e lode. A fargli da contraltare Alessandra Amoroso, che scende le scale con gonna lunghissima e crop top nero di paillettes che mettono in risalto l’addome scolpito. Per lei 7.

Bigmama afferra invece il microfono in versione liturgica: abito nero drappeggiato e foderato di rosso con tanto di cappuccio calato in testa. La versione suora di Halloween dura poco e viene però strappata via mostrando leggings forieri del messaggio inclusivo che la cantante campana pronuncia sul palco, indirizzandosi alla comunità queer: “Amatevi liberamente, potete farlo”. Noi la amiamo già. Voto 6.

Lezione numero uno: non basta vestire Armani per farsi notare a Sanremo. The Kolors dovrebbero impararlo a memoria. (E Angelina Mango pure, visto che il nome di Etro non le evita la pessima accozzaglia di stili e sovrapposizioni che la cantante esibisce in una improbabile tuta in tulle con cappuccio e corsetto in broccato). Che dire di Stash e i suoi compari? Una gran noia il classico, monotono, banale completo nero. Voto: 4.

La classe non è acqua per Fiorella Mannoia, che spicca su tutti gli altri artisti in gara scegliendo ancora una palette candida come lo smoking color panna di Luisa Spagnoli. Per la Fiorella nazionale voto 8. Ma è Geolier o Fabrizio Corona? Il look da rapper ripulito con doppio gilet, capelli impomatati e baffetto ‘da sparviero’ fanno troppo vorrei ma non posso. Rimandato.

Loredana Bertè non si discute, si ama. Presentata da Sangiovanni, l’antidiva per eccellenza calca il palco con collant trasparenti, camicia bianca con le piume e cravatta nera, tutto Valentino. “Non ho bisogno di chi mi perdona, lo faccio da sola” dice lei. E noi, non solo le perdoniamo tutto ma siamo pazzi di lei. Voto: 7+. Tutto si può dire di Annalisa tranne che non sia intrigante. La cantante anche stasera cala l’asso con il reggicalze che fa capolino sotto al vestitino nero dalla profonda scollatura by Dolce&Gabbana. Voto 7 e mezzo.

Irama, finalmente ci siamo! Pantaloni in pelle e blusa velata gli fanno guadagnare la sufficienza. Voto: 6. Per i Ricchi e Poveri versione Barbie e Ken in gita a Las Vegas, invece, non c’è speranza. Voto: 4. E’ l’ultima a esibirsi ma primeggia per eleganza Clara, fasciata in un abito bustier di strass senza spalline e con ombelico a vista. La sciarpina en pendant rende regale l’insieme. Bella, bellissima. Voto: 9. Il nero in tutte le sue possibile declinazioni, una ciascuno, dal total look in pelle alla maglia ricamata di Giuliano Sangiorgi caratterizza i Negramaro. Voto: 7.

(di Federica Mochi)

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

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Spettacolo

Anche Francesco De Gregori è stato una matricola: la prova...

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A condividerlo sul suo profilo Instagram è il produttore cinematografico Malcom Pagani. Lo scatto mostra due pagine del libretto universitario, ormai consumate dal tempo

Dal profilo Instagram del produttore cinematografico Malcom Pagani

Anche i 'grandi' della musica hanno un passato da matricola universitaria. Sui social spunta la foto del libretto d'iscrizione all'Università degli Studi di Roma di un ex studente d'eccezione : Francesco De Gregori. A condividerlo sul suo profilo Instagram è il produttore cinematografico Malcom Pagani. Lo scatto mostra due pagine del libretto, ormai consumate dal tempo.

Sulla prima c'è una foto ingiallita di un giovanissimo De Gregori, capellone - un po' alla Beatles - sorridente ed elegantissimo: indossa una camicia, probabilmente bianca, e una cravatta scura. Gli occhi sono sempre gli stessi, nessun occhiale scuro - ormai tratto distintivo del cantautore romano - a coprirli. Sotto la diapositiva la sua firma...leggibile. Sulla seconda, invece, spunta la scritta: "Immatricolato al primo anno del corso di Laurea in Filosofia nell'Anno Accademico 1969/70". I ricordi universitari sono un po' come le canzoni, restano indelebili.

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Spettacolo

Negrita, a marzo il nuovo album ‘Canzoni Per Anni...

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Ad anticipare il progetto discografico il singolo 'Noi Siamo Gli Altri', in uscita venerdì 17 gennaio

I Negrita

Il 2025 si preannuncia come un anno di grandi novità per i Negrita! Dopo aver celebrato i 30 anni di carriera con un concerto sold-out all'Unipol Forum di Milano lo scorso 27 settembre, la band annuncia per la prima volta il titolo del nuovo disco in uscita a marzo: 'Canzoni Per Anni Spietati'. Un concept album molto atteso, pubblicato da Universal, che rappresenta un vero e proprio atto di libertà creativa e di pensiero e arriva a sei anni di distanza dall'ultimo lavoro in studio.

Ad anticipare questo nuovo capitolo, venerdì 17 gennaio sarà disponibile in radio e su tutte le piattaforme 'Noi Siamo Gli Altri', una ballata profonda e viscerale che celebra l’autenticità e la libertà di pensiero. Con un testo potente, i Negrita danno voce agli emarginati e ai liberi pensatori, riaffermando la loro identità e la volontà di andare oltre le convenzioni. 'Noi Siamo Gli Altri' è un punto fermo su chi sono e cosa vogliono dire i Negrita, un manifesto che rappresenta il cuore del concept album, un’ode alla resistenza e alla ricerca dell'autenticità.

Viviamo un’epoca confusa e violenta - spiega la band - e le semplificazioni continue non aiutano a capire la realtà delle cose, anzi, spesso le complicano. Dire o sentire continuamente: destra o sinistra, rosso o nero, progressisti o conservatori, etc, non significa più niente, i tempi sono cambiati, i centri di potere sono cambiati, ma è evidente che il detto 'divide et impera' continua ancora a funzionare, infatti dividere in tifoserie per comandare meglio è un processo in atto ogni giorno qui in Occidente. Molte parole come democrazia, giustizia o libertà stanno mutando di significato fino addirittura ad annullare o capovolgere il senso originale".

"Noi Negrita - aggiungono - come molte altre persone, siamo stanchi di questa condizione e vogliamo dirlo, rimarcarlo a gran voce e addirittura cantarlo. Non ci riconosciamo in queste semplificazioni bugiarde. Non siamo allineati e non ci sentiamo rappresentati da nessuno purtroppo, ma almeno abbiamo un pensiero libero. Siamo dei liberi pensatori che fanno ormai fatica a sognare un mondo migliore, anche se non smetteremo mai di provarci. Noi siamo gli altri".

Il singolo è stato preceduto dal primo inedito 'Non Esistono Innocenti Amico Mio', pubblicato il 27 settembre scorso. Presentato live durante la grande festa per celebrare i 30 anni di carriera, il brano ha subito catturato l’attenzione per il suo testo intenso e la carica emotiva, confermando i Negrita come una delle band più autentiche e critiche del panorama musicale italiano. Con queste premesse, i Negrita torneranno sul palco con 'Negrita - Canzoni Per Anni Spietati Tour', in partenza ad aprile, toccherà i principali club italiani. Il pubblico avrà l’occasione di ascoltare per la prima volta live i brani del nuovo disco accanto ai grandi successi che hanno segnato la loro storia.

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Spettacolo

‘Acab’ a 13 anni dal film è ancora più attuale:...

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Al centro gli scontri tra celere e No Tav con Giallini, che torna a interpretare Mazinga, Giannini e Bellè

Una scena della serie 'Acab' - Netflix

A 13 anni dall’uscita al cinema di 'Acab' diretto da Stefano Sollima, i 'tre celerini bastardi' tornano sullo schermo nell’omonima serie Netflix diretta da Michele Alhaique e ispirata all’omonimo libro di Carlo Bonini.

La trama

Il racconto parte da una notte di feroci scontri in Val di Susa. Una squadra del Reparto Mobile di Roma resta orfana del suo capo, che rimane gravemente ferito. Quella di Mazinga (che dopo il film torna a essere interpretato da Marco Giallini), Marta (Valentina Bellè) e Salvatore (Pierluigi Gigante), però, non è una squadra come le altre, è Roma, che ai disordini ha imparato a opporre metodi al limite e un affiatamento da tribù, quasi da famiglia.

La serie Netflix in 6 episodi

Da domani, 15 gennaio, su Netflix in 6 episodi - prodotti da Cattleya (parte di ITV Studios) - 'Acab' "è un serie che abbiamo ritenuto urgente da raccontare perché tratta il tema universale e attuale della dialettica tra ordine e caos", spiega la vicepresidente per i contenuti italiani di Netflix Tinny Andreatta. Questa "è una storia che utilizza gli stilemi di un genere, action e crime, ma va al di là per affondare lo sguardo su un sistema complesso che è la rabbia repressa, la disillusione dei nostri protagonisti, poliziotti e società che li circonda", ha aggiunto Andreatta.

Il film è uscito quando la ferita del G8 di Genova e della caserma Diaz bruciava ancora. La serie, invece, arriva in giorni animati da scontri in alcune città italiane, a partire da Roma e Milano, per Ramy Elgaml: il ragazzo che ha perso la vita dopo un inseguimento con le forze dell’ordine, il 24 novembre a Milano. "A distanza di anni il tema del conflitto resta attuale ma qualcosa è cambiato: c'è più consapevolezza, a partire dal fatto che la polizia ha una scuola di ordine pubblico, ai reparti mobili vengono date in dotazione le body cam e, soprattutto, le donne hanno fatto ingresso nella celere", spiega Bonini. Secondo il giornalista e co-sceneggiatore è difficile "rispettare il confine tra uso legittimo e illegittimo della forza, in quei momenti concitati le decisioni vengono prese in 20 secondi e in condizioni di stress altissimo" ed è per questo che "sulla condizione psicologica ed emotiva dei poliziotti ci dovrebbe essere maggiore attenzione".

Presente in conferenza anche Stefano Sollima, qui nel ruolo di produttore esecutivo: "Il film è stata un’esperienza che mi ha segnato sia dal punto di vista lavorativo che umano. Mi ha insegnato ad avere il giusto punto di vista su ciò che si racconta. E questa è una storia che puoi girare solo facendo un passo indietro senza giudicare niente e nessuno, portando il pubblico a riflettere e a porsi delle domande".

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