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Follini: “A coalizioni servono regole, non si litighi sulla politica estera”

"Definire prima cosa è negoziabile e cosa no, su quali basi poggia lo stare assieme"

Marco Follini

"La politica italiana sta appesa alle coalizioni. Ma le coalizioni stanno appese al nulla, o quasi. E così, la navigazione prosegue senza meta, oscillando di continuo tra patti di sangue che non vengono rispettati e congiure di palazzo che non vengono portate a termine. Di maggioranza o di opposizione che siano, le nostre alleanze restano sempre in bilico tra paci e guerre che si lasciano quasi sempre a metà.

Non è solo il tema di questa legislatura. E’ dalla notte dei tempi che i governi poggiano su di una faticosa promessa di collaborazione tra partiti affini. Simili eppure rivali. Legati da qualche somiglianza ma protesi anche a difendere la propria originalità. C’è una lunga storia, che comincia con De Gasperi e arriva fino ai giorni nostri, tutta intessuta di quel continuo andirivieni tra soci di maggioranza troppo legati per andar da soli e troppo individualisti per andar d’accordo fino in fondo.

Così oggi, lamentarsi e denunciare la poca armonia che regna tra Meloni e Salvini, o dalla parte opposta tra Schlein e Conte, può apparire come un rito stanco e inutile. E’ sempre andata così e continuerà ad andare cosi dato che nessuna persona di buonsenso può immaginare che un giorno o l’altro la contesa politica si possa incarnare e riassumere in due e due soli partiti.

E però proprio per questo le coalizioni, di maggioranza o di opposizione che siano, avrebbero bisogno di regole e di principi. Si dovrebbe definire prima cosa è negoziabile e cosa no, su quali basi poggia lo stare assieme e quali confini si possono invece attraversare in nome del proprio legittimo particolarismo. Altrimenti la vita degli schieramenti finisce per diventare un happening. Spettacolo del quale ormai neppure gli abbonati sembrano essere troppo soddisfatti.

Si dovrebbe almeno fissare un punto. E cioè quello -cruciale- della più rigorosa disciplina in materia di politica estera. Infatti, si può litigare fin che si vuole sul terzo mandato o sulle politiche radiotelevisive. Incrociare i ferri tra alleati ogni volta che si profila una nomina all’orizzonte. Disputarsi ferocemente il potere locale. Ma sull’orizzonte internazionale, almeno su quello, dovrebbe invece essere tassativo andare d’amore e d’accordo.

E invece l’asino casca proprio in quel punto. A destra e a sinistra, peraltro. Avviene infatti che sui grandi dossier geopolitici, quelli che fanno epoca, ci si lasci andare da un po’ di tempo in qua ad una sorta di ordine sparso, come a concedersi un reciproco giro di valzer sotto gli occhi increduli del resto del mondo. E’ ormai acclarato, ad esempio, che la Lega non condivide affatto la postura rigorosamente severa della premier verso la Russia putiniana. E altrettanto che il M5S versione Conte non perde occasione per distinguersi dal sostegno (armi incluse) che il Pd offre alla causa ucraina. Tutte cose a cui ci si sta finendo con l’abituare, assai colpevolmente.

Almeno in questo si dovrebbe recuperare l’antico retaggio della prima repubblica. Laddove ogni patto di governo era rigorosamente poggiato sulle affinità che si registravano sui grandi dossier planetari. Salvo magari litigare su tutto il resto. Ma solo dopo aver messo al sicuro il buon nome del paese e della sua politica globale.

Ora, dato che di coalizioni se ne formeranno altre, e nessuna forza politica potrà mai ragionevolmente pensare di governare senza costruire uno schieramento più vasto, sarebbe il caso che si cimentassero tutti nel compito di fissare alcune regole. Così da poter magari litigare allegramente sulle nomine nelle aziende partecipate o sul prezzo della benzina. Ma anche, assai più seriamente, così da salvaguardare il nostro buon nome sulla scena internazionale.

Diversamente, un giorno o l’altro dovrà capitare che Meloni e il Pd si trovino involontariamente alleati l’una con l’altro in nome di un mondo che brucia. O piuttosto, specularmente, che si trovino alleati Salvini e Conte in nome di un ordine occidentale da scompaginare. Scenari da incubo, direbbero i protagonisti -accomunati almeno in questo. Salvo averli costruiti senza quasi rendersene conto con le proprie stesse mani". (di Marco Follini)

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

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Politica

Focus sull’energia e Piano Mattei, Meloni torna ad...

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La premier alla Sustainability week, poi vedrà bin Zayed. Prevista firma dell'intesa su nuova infrastruttura energia verde

Giorgia Meloni - Afp

L'Italia come grande "hub" mediterraneo e snodo per i flussi energetici tra l'Europa e Africa. Ad Abu Dhabi, nel giorno del suo compleanno, Giorgia Meloni tornerà oggi a ribadire uno dei capisaldi della politica estera ed energetica del suo governo in occasione della Sustainability Week 2025, evento che si svolge da oltre quindici anni per promuovere il dialogo e la collaborazione tra governi, settore privato e società civile sullo sviluppo sostenibile. La premier è arrivata nella capitale degli Emirati, anche per rafforzare le relazioni bilaterali e commerciali con uno dei player più importanti della regione. Per Meloni si tratta della terza visita nel Paese del Golfo dall'inizio del suo mandato, dopo il bilaterale del marzo 2023 e la partecipazione alla Cop28 a Dubai nel dicembre dello stesso anno.

Un rapporto, quello con gli Emirati, a cui il governo italiano tiene moltissimo. La visita nel 2023 a Mohammed bin Zayed Al Nahyan servì a riallacciare i rapporti con gli emiratini dopo le forti frizioni legate alla vicenda Etihad-Alitalia e lo stop all'export di armi deciso durante il secondo governo Conte. Un lavoro di ricucitura che ha dato i suoi frutti, tant'è vero che - sottolineano fonti italiane - le relazioni tra i due Paesi stanno attraversando una fase di particolare crescita. Il rilancio del partenariato strategico con gli Emirati "è tra le priorità dell'agenda di politica estera" del governo Meloni, viene spiegato: gli scambi commerciali hanno toccato quota 8,8 miliardi di euro nel 2023, con ulteriore crescita registrata nei primi nove mesi del 2024. E i due governi sembrano intenzionati a rafforzare ulteriormente la partnership economica e commerciale.

L'energia rappresenta ovviamente uno dei principali tasselli della cooperazione bilaterale, come testimonia la presenza negli Emirati di grandi aziende italiane. Governo italiano ed emiratino, spiegano le stesse fonti, "condividono un approccio pragmatico alla transizione energetica, ispirato al principio di neutralità tecnologica". Davanti alla platea del Summit, Meloni si concentrerà sulla "strategicità delle interconnessioni per la transizione energetica" e insisterà sul ruolo dell'Italia come collegamento energetico tra l'Europa e l'Africa. Traguardo a cui il governo sta lavorando anche attraverso l'attuazione del Piano Mattei e progetti infrastrutturali (tra questi, l'elettrodotto sottomarino Elmed tra Italia e Tunisia).

A margine del suo speech, Meloni assisterà alla firma di un'intesa quadro per lo sviluppo di una nuova infrastruttura di produzione e distribuzione di energia verde. Nel 2023 in occasione della prima visita di Meloni, Eni e Adnoc (la compagnia statale petrolifera degli Emirati) siglarono un accordo strategico per accelerare la riduzione delle emissioni e rafforzare la cooperazione nei settori dell'energia pulita e della sostenibilità. Alla missione partecipano anche i ministri dell'Agricoltura e dell'Ambiente, Francesco Lollobrigida e Gilberto Pichetto Fratin.

La visita ad Abu Dhabi sarà anche l'occasione per un nuovo incontro bilaterale con il presidente bin Zayed. Sul tavolo, i futuri investimenti nei settori innovativi ma anche temi caldi di politica estera, dall'Ucraina al Medio Oriente. Secondo quanto si apprende, Meloni e bin Zayed approfondiranno, inoltre, le possibilità di potenziare la cooperazione tra Italia e Uae "nel quadro del Piano Mattei e del Processo di Roma su migrazioni e sviluppo". Gli Emirati sono stati, infatti, i primi a contribuire al fondo fiduciario multi-donatore creato dall'Italia presso la Banca Africana di Sviluppo.

Tra l'altro, la questione migranti è stata affrontata ieri in Consiglio dei ministri dalla premier, che ha voluto ricordare i dati Frontex relativi al netto calo degli ingressi irregolari nella Ue nel 2024. Riduzione, ha spiegato Meloni, "dovuta principalmente al drastico calo degli ingressi sulla rotta del Mediterraneo centrale, grazie al crollo delle partenze da Tunisia e Libia. E questo - ha rivendicato la presidente del Consiglio - è sicuramente un risultato dovuto all'azione dell'Italia". (dall'inviato Antonio Atte)

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Politica

Consulta, centrodestra in affanno: Forza Italia tra veti...

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Lo stallo azzurro frena la trattativa, rischio rinvio voto. Ma i forzisti assicurano: "Quadra si troverà". Intanto spunta l'ipotesi Cassinelli

Palazzo della Consulta - Fotogramma /Ipa

Il centrodestra si impantana sulla Consulta. Sembrava cosa fatta fino a ieri mattina, poi qualcosa è cambiato. La scheda bianca ha tolto tutti dall'impaccio poco prima del voto delle 13. E' la quattordicesima fumata nera, se ne riparla forse giovedì, poi si capisce che nella maggioranza non è aria e si preferisce rinviare tutto alla prossima settima anche se l'ufficialità di uno slittamento potrà arrivare solo alla Conferenza dei capigruppo di questa mattina, alle 9.

Veti incrociati e fuoco amico

Dalle opposizioni raccontano che i maggiori problemi sono in casa Forza Italia, dove nessuno parla apertis verbis e trapela poco. Ma una cosa è certa, come sempre capita in questi casi, da tempo è partito tra gli azzurri il gioco dei veti incrociati, e soprattutto la mannaia del 'fuoco amico'.

I papabili, l'outsider e l'ipotesi Cassinelli

Fino ad ora tutti hanno scritto di una partita a due, tra Francesco Paolo Sisto e Pierantonio Zanettin, entrambi avvocati penalisti ed esponenti storici del partito (il primo è viceministro alla Giustizia, il secondo capogruppo in commissione Giustizia del Senato e 'padre' della riforma sulle intercettazioni). Ma alla fine potrebbero elidersi a vicenda e favorire la corsa di un outsider, che non sia politico e neanche parlamentare in carica, come il professore Andrea Di Porto, consulente da anni della Fininvest (noto alle cronache soprattutto per il ricorso vinto al Consiglio di Stato sulla vicenda Mediolanum che permise al Cavaliere di non cedere quote come invece obbligava Bankitalia). Ma sulla sua candidatura ci sarebbero le resistenze di chi nel centrodestra lo considera troppo riconducibile alla famiglia Berlusconi. Altro papabile azzurro, che circola in queste ore, sarebbe quello dell'avvocato genovese Roberto Cassinelli, esperto di diritto societario e finanziario, tra i fondatori di Fi in Liguria sin dal '94, già parlamentare azzurro e del Pdl.

C'è chi dice che c'è un altro nome in ballo che i vertici forzisti tengono coperto. Comunque, dentro il partito, in tanti sono pronti a scommettere che la spunterà un 'terzo' tra Sisto e Zanettin perché la comune volontà nella maggioranza (che nessuno vuole dire pubblicamente) è quella di non candidare parlamentari, forse per evitare rivendicazioni e pretese.

Dalle parti di via in Lucina assicurano che ''alla fine si troverà la quadra anche con le forze dell'opposizione per chiudere sui quattro giudici''. Resta blindato, invece, in quota Fdi il nome del consigliere giuridico di palazzo Chigi, Francesco Saverio Marini. Intanto, la premier Giorgia Meloni è volata ad Abu Dhabi per un vertice sull'energia e ci resterà per due giorni. Altro segnale, raccontano, che l'accordo sulla Consulta è lontano e le trattative proseguiranno senza sosta sotto traccia.

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Politica

Treni sospesi a Roma Termini, da Conte a Renzi opposizione...

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Il M5S: "Game over per il ministro". Italia Viva presenta una petizione: "Basta incompetenza, deve dimettersi". Schlein: "Lui e Meloni paralizzano l'Italia"

Stazione Termini a Roma - Fotogramma

Circolazione dei treni sospesa e poi ripartita oggi alla stazione Roma Termini per un guasto tecnico, con conseguenti deviazioni e ritardi per i convogli. E, così come era stato per il caos ferroviario di Milano nei giorni scorsi, anche lo stop alla principale stazione della Capitale diventa un caso politico con l'opposizione all'attacco del ministro dei Trasporti Matteo Salvini, della premier Giorgia Meloni e del governo.

"Game over, si dimetta"

"Aggiorniamo il governo, chiuso nelle sue stanze dorate, su quel che sta accadendo nel mondo reale: buio pesto per pendolari e viaggiatori anche a Roma Termini dove ci sarebbe un guasto della linea elettrica. Alcuni pendolari sono rimasti per minuti al buio dentro i treni, altri sono in fila davanti alla tabella dei ritardi aspettando notizie su tempi e sulle cancellazioni. Tutti i treni fermi e circolazione paralizzata: un altro disastro. Meloni non aveva due minuti da dedicare alle bollette, ce l'ha un minuto per questa emergenza? Quando ci proporranno soluzioni dignitose per un Paese civile? Sveglia!", scrive sui social Giuseppe Conte, presidente del Movimento 5 stelle.

"A Termini la circolazione è sospesa per accertamenti tecnici: questo è quanto campeggia sul sito di Trenitalia. E’ il completamento di una giornata indecente sul fronte del trasporto ferroviario, ormai definitivamente tracollato nel nostro paese. La stazione romana è diventata ormai un 'hub dell’imprecazione' per i passeggeri: Salvini comprenda che la sua avventura da ministro dei Trasporti è arrivata al capolinea. Game over, si dimetta. Forse è giunta l’ora che anche Meloni provi a metterci la faccia, perché le nostre stazioni stanno diventando lo zimbello d’Europa in tema di disagi causati a chi viaggia in treno. Nell’anno del Giubileo la situazione è fuori controllo, bisogna ormai salvare il salvabile", commentano in una nota i parlamentari M5s delle commissioni Trasporti di Camera e Senato Antonino Iaria, Luciano Cantone, Roberto Traversi, Giorgio Fede, Gabriella Di Girolamo, Elena Sironi e Luigi Nave.

"Cosa fanno la Presidente Meloni e il Ministro Salvini per arginare il disastro che hanno creato sul trasporto pubblico? Con la loro gestione stanno paralizzando l’Italia, con effetti devastanti sulla vita quotidiana dei cittadini e danni incalcolabili all’economia e al turismo del Paese. Dopo una stagione estiva segnata da caos e disorganizzazione e un periodo natalizio caratterizzato da continui disservizi, la situazione rimane critica. Ogni giorno si registrano ritardi, mancanza di informazioni per i viaggiatori e rimborsi bloccati. Questo è un Paese che ogni giorno parte con un’ora di ritardo, non ce lo possiamo più permettere”. Così la segretaria del Pd, Elly Schlein.

"Roma Termini, oggi. A conclusione di una giornata di ritardi di ore e ore. Giornata in cui, sui suoi profili social, il ministro dei Trasporti ha pubblicato tre post: uno su dei rapinatori rom in fuga, uno su un 36enne nordafricano espulso e uno su Matteo Viviani de 'Le Iene'. Presidente Meloni, a che ora dimissiona un ministro dei Trasporti che fa tutto meno che il ministro dei Trasporti? Anche lei è in già in ritardo. Persino più dei treni", scrive quindi sui social il deputato dem Marco Furfaro, capogruppo Pd in commissione Affari sociali.

"Stamani Firenze, oggi Roma. Il trasporto su rotaia sembra impazzito. Ma che sta succedendo in Italia? Salvini venga in Senato a riferire: noi siamo pronti a presentare la mozione di sfiducia. Così non si può più andare avanti", scrive quindi sui social Matteo Renzi, leader di Italia viva.

“Basta disagi e ritardi nei trasporti, basta incompetenza: Matteo Salvini deve dimettersi!”, quanto chiede intanto una petizione di Italia Viva, i cui primi due firmatari sono la senatrice Raffaella Paita e il deputato Francesco Bonifazi.

“La rete ferroviaria nazionale è ormai al tracollo. Ogni giorno – afferma ancora la raccolta firme promossa da Iv - migliaia di italiani devono subire ritardi insopportabili, guasti continui, treni cancellati e condizioni di viaggio degradanti. Questa situazione non è più tollerabile e rappresenta un fallimento evidente della gestione del settore dei trasporti. I disagi colpiscono i pendolari, lavoratori, studenti, aziende e turisti, con un impatto devastante sull’economia e sulla qualità della vita di milioni di persone. Il responsabile di questa crisi è il Ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, che invece di affrontare il problema si è dimostrato assolutamente incapace e incompetente. È ora di dire basta. Matteo Salvini deve dimettersi al più presto".

"Nessun tweet, nessun post, nessuna sparata oggi da parte del ministro Matteo Salvini, che ha regalato all’Italia un’altra giornata di passione sui treni. Adesso un altro stop della circolazione a Termini. Salvini è desaparecido, mentre gli italiani ci sono, ma sono fermi nelle stazioni aspettando invano un ministro dei trasporti che pensa a tutto tranne che a fare il suo lavoro. Salvini vada a casa, se ci riesce almeno lui”, scrive su X il segretario di Più Europa Riccardo Magi.

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