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Trenitalia sospende nuove regole su bagagli e bici per chi viaggia su Frecce

Sarebbero entrate in vigore l'1 marzo

Un Frecciarossa - (Fotogramma)

Congelate le nuove regole di Trenitalia per il trasporto di bici e monopattini sui treni. Lo comunica la società in una nota, stoppando le novità che sarebbero entrate in vigore da domani 1 marzo per chi viaggia sulle Frecce.

Secondo le norme, ora in stand by, nel caso di trasporto di una bicicletta pieghevole, questa si potrà trasportare a condizione che sia opportunamente chiusa, spenta (se elettrica) e riposta in un'apposita sacca, le cui dimensioni non devono essere superiori a 80x110x45 centimetri.

Cosa sarebbe cambiato: multa e discesa dal convoglio

In caso contrario, secondo la versione originale delle norme, non si potrà accedere a bordo. La bicicletta deve essere collocata esclusivamente negli appositi spazi dedicati ai bagagli e non si può riporre la sacca in prossimità delle porte di accesso al treno, nei vestiboli e nei corridoi di transito. In una sacca dovranno essere riposti anche i monopattini elettrici, fermo restando che, come per le bici, si potrà portare gratuitamente un solo dispositivo. Il mancato rispetto delle regole comporterà una sanzione di 50 euro e la discesa del mezzo alla prima fermata.

Per poter viaggiare in treno con la bici montata al seguito, se le regole entreranno in vigore senza modifiche, è necessario che la bicicletta non sia in nessun caso più lunga di due metri; che tutti i treni interessati dal viaggio ammettano il trasporto delle bici, e che sia stato convalidato il biglietto previsto per la bici prima della salita a bordo. Il trasporto della bicicletta montata non è mai consentito sui treni di media e lunga percorrenza ovvero sui treni Frecciarossa, Frecciargento, Frecciabianca e Intercity Notte.

In vista della partenza del nuovo regolamento Assoutenti e il comitato nazionale federato 'Pendolari Alta Velocità' hanno richiesto che, fino alla data dell'incontro sull'argomento tra Trenitalia e le associazioni dei consumatori, l'attuazione delle norme sia sperimentale e applicata costruttivamente dai viaggiatori e dai controllori senza l'elevazione di sanzioni. L'incontro, indica l'associazione, è fissato per il 6 marzo.

In particolare, ha evidenziato Assoutenti prima della decisione di Trenitalia, "le sanzioni non andranno elevate verso chi fosse temporaneamente sprovvisto della sacca di contenimento del mezzo di trasporto al seguito e con piena tolleranza di poterlo depositare anche negli appositi spazi di 1 classe qualora in seconda non ve ne fossero, sempre previa comunicazione al capotreno o al personale viaggiante. In subordine di posizionare, ove fosse possibile, le bici ed i monopattini negli spazi dedicati a bagagli posti tra le file di poltrone nella seconda classe".

Per Ferconsumatori queste nuove norme ''penalizzano i passeggeri e la mobilità green''. Le disposizioni, secondo l'associazione, ''hanno scatenato l’ira dei passeggeri, specialmente dei pendolari che utilizzano biciclette e monopattini per spostarsi dalla stazione ai luoghi da raggiungere. Ad essere penalizzati, paradossalmente, sono proprio i passeggeri che hanno scelto modalità di viaggio sostenibili, che andrebbero, invece, incentivati''.

''Troviamo poco corretta, poi, la modalità scelta per la presentazione delle nuove condizioni di viaggio alle associazioni dei consumatori, convocate per il 6 marzo, a modifiche già applicate (ovvero a danno già avvenuto), mettendole di fronte al fatto compiuto'', prosegue Federconsumatori. E' un comportamento ''inammissibile'' e ''invitiamo la società a ripensare la propria condotta su tutti i fronti. Lo stop si è materializzato: nessuna variazione nelle regole dall'1 marzo.

ATTENZIONE - Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.

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Esteri

Morte Sinwar, secondo 007 Usa possibile apertura per...

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Tutto dipende dal successore secondo valutazioni di fonti citate da Cnn

Miliziani di Hamas - (Fotogramma)

Le agenzie di intelligence Usa si stanno affrettando ad aggiornare le loro valutazioni sul possibile successore del leader di Hamas, Yahya Sinwar, ucciso in un raid nella Striscia di Gaza. Lo scrive la Cnn, ricordando che gli Usa da tempo sperano che l'uccisione di Sinwar avrebbe potuto dare a Israele l'apertura politica necessaria per accettare un cessate il fuoco. Ma, sottolineano fonti del'emittente, la scelta del successore potrebbe avere un impatto profondo sulla possibilità che Hamas voglia o meno riavviare negoziati significativi con Israele per mettere fine ai combattimenti e il rilascio degli ostaggi.

I possibili successori di Sinwar

Attuali ed ex funzionari dell'intelligence americana sottolineano che ci sono diversi possibili successori di Sinwar, che per oltre un anno è stata la sola voce autorevole nell'organizzazione. Se assume il comando Mohammed Sinwar, il fratello di Yahya, "i negoziati sono completamente fottuti", spiega una delle fonti secondo il quale Mohammed è un falco come il fratello, che era disposto secondo gli Usa a sacrificare la vita dei palestinesi per ottenere la sua visione. Mohammed è stato il responsabile della rete dei tunnel di Hamas, precisa un'altra fonte.

"Ma con gran parte del gruppo ormai esaurita, la preferenza potrebbe andare ad un outsider che potrebbe essere probabilmente più disposto a negoziare", continua. La Cnn ricorda come a luglio aveva riportato che Sinwar era stato messo sotto pressione da parte dei suoi esausti comandanti per mettere fine alla carneficina.

Un'altra possibilità sarebbe Khalil Al Hayya, che è stato uno dei principali negoziatori di Hamas durante i negoziati per il cessate il fuoco a Doha, che sarebbe "probabilmente la persona voluta dagli Usa". Al Hayya è diventato il principale negoziatore dopo l'assassinio a luglioIsmael Haniyeh a Tehran. Una terza opzione sarebbe Khaled Meshaal, scelta ovvia per Hamas ma poco probabile visto il suo passato sostegno alla rivolta sunnita contro il presidente Bashar al Assad, cosa che creò una frattura con il principale sponsor di Hamas, l'Iran sciita, danneggiando le ambizioni da leader di Meshaal, ricordano le fonti Usa.

ATTENZIONE - Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.
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Esteri

Ucraina, armi nucleari per battere Russia? Zelensky:...

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Kiev smentisce le affermazioni di un'anonima fonte citata dalla stampa tedesca

Volodymyr Zelensky

L'Ucraina, in guerra con la Russia da quasi 1000 giorni, pensa di tornare alle armi nucleari? Ad accendere i riflettori sul tema è un articolo della Bild, che riporta le parole di un'anonima fonte di alto livello di Kiev. Se le forze armate agli ordini di Vladimir Putin dovessero puntare nuovamente verso la capitale, l'Ucraina potrebbe riattivare il proprio arsenale nucleare abbandonato negli anni '90.

"Abbiamo i materiali, abbiamo le conoscenze. Se arrivasse un ordine, avremmo bisogno di poche settimane per ottenere la prima bomba. L'Occidente dovrebbe pensare meno alle linee rosse della Russia e più alle nostre linee rosse", il messaggio.

La Russia, periodicamente, minaccia l'uso di armi nucleari in un conflitto in corso da oltre 2 anni e mezzo. Mosca ha recentemente prospettato anche la modifica della propria dottrina, aprendo all'ipotesi di una risposta con armi atomiche ad attacchi portati da paesi sostenuti da potenze nucleari. In altre parole, se l'Ucraina colpisse obiettivi militari in territorio russo, la risposta potrebbe essere estrema.

Le parole di Zelensky a Trump

Nelle stesse ore, rimbalzano le dichiarazioni del presidente ucraino Volodymyr Zelensky che torna sul tema delle armi nucleari ripensando ad un colloquio con Donald Trump. Il leader di Kiev ha spiegato che l'Ucraina vuole entrare nella Nato, perché la considera l'unica garanzia di sicurezza credibile, fatto salvo il ritorno alla bomba atomica cui rinunciò con l'indipendenza su pressione dell'Occidente in cambio di garanzie di sicurezza che si sono rivelate inconsistenti davanti all'attacco sferrato dalla Russia.

Nel 1991, ha ricordato Zelensky, l'Ucraina negoziò con una serie di Paesi garanzie di sicurezza in cambio della rinuncia all'arsenale nucleare ex Urss presente sul suo territorio, ma la Russia, che era uno dei "garanti", ha "violato" il Memorandum di Budapest.

Il fatto è che con Mosca questi accordi "non funzionano", ha aggiunto. Tra tutti gli Stati che disponevano dell'atomica, ha detto ancora Zelensky, "quale Paese ha sacrificato le armi nucleari? Solo l'Ucraina. E chi sta combattendo oggi? Solo l'Ucraina. Nella mia conversazione con Donald Trump ho detto che questi sono i fatti. E qual è la via d'uscita? O riprendiamo ad avere armi nucleari, e sarebbero una certa protezione per noi, oppure dovremmo avere una certa alleanza. Oltre alla Nato non conosciamo alleanze più efficienti. I Paesi della Nato non sono impegnati in nessuna guerra. Le persone dei Paesi della Nato sono tutte vive, grazie a Dio. E' per questo che scegliamo la Nato. Non scegliamo le armi nucleari, scegliamo la Nato e penso che Donald Trump mi abbia ascoltato. Mi ha detto che ho dei buoni argomenti", ha concluso.

Il caso è innescato, serve la smentita

Sì alla Nato, quindi, no alle armi nucleari. Le parole di Zelensky nel dialogo con Trump appaiono chiare ma evidentemente non bastano per disinnescare il caso. Deve intervenire formalmente l'ufficio del presidente ucraino per bollare come "sciocchezze" le parole contenute nell'articolo della Bild. In serata, deve tornare a esprimersi ancora Zelensky, dopo il meeting con Mark Rutte, segretario generale della Nato: "Non abbiamo mai detto che abbiamo in programma di produrre armi nucleari".

ATTENZIONE - Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.

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Esteri

Da Sinwar allo sceicco Yassin, tutti i leader di Hamas...

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Ecco la lunga lista

Yahya Sinwar - (Fotogramma)

Dallo sceicco Yassin a Yahya Sinwar. E' lunga la lista dei leader di Hamas uccisi da Israele nella guerra contro il movimento di resistenza islamico negli ultimi 20 anni. Sinwar, nominato capo dell'ufficio politico di Hamas il 6 agosto scorso, ritenuto la mente degli attacchi del 7 ottobre, è stato ucciso in un'operazione di routine dei militari israeliani a Rafah, dopo una caccia all'uomo durata mesi, nei quali è stato dato più volte per morto.

 Sinwar aveva perso il posto di Ismail Haniyeh, ucciso il 31 luglio scorso in un attentato a Teheran, dove si trovava per partecipare all'insediamento del nuovo presidente iraniano Masoud Pezeshkian. Haniyeh era il capo del Politburo di Hamas, che guidava da Doha, mentre colui che è diventato il suo successore era il leader di Hamas nella Striscia di Gaza.

Prima di lui, il 13 luglio, Mohammed Deif, capo militare di Hamas a Gaza dal 2002, sarebbe rimasto ucciso in un raid aereo a Mawasi nel sud della Striscia. Hamas non ha mai confermato, ma da allora non sono state fornite da parte palestinese prove sull'esistenza in vita di colui che veniva chiamato 'il fantasma'. Secondo i sauditi sarebbe rimasto gravemente ferito.

Insieme a Deif, nello stesso raid mirato, è stato invece ucciso il comandante del Battaglione Khan Yunis di Hamas, Rafa'a Salameh, suo stretto collaboratore. Si ritiene che i due fossero infatti nello stesso edificio colpito dai caccia israeliani.

L'8 marzo, un duro colpo a Hamas era stato inferto con l'uccisione di Marwan Issa, considerato il numero tre del gruppo e il terzo più ricercato dai militari israeliani. Vice comandante dell'ala militare di Hamas a Gaza e braccio destro di Deif, Issa era ritenuto una delle menti del massacro del 7 ottobre.

All'inizio dell'anno, il 2 gennaio, il primo leader di alto rango di Hamas ucciso da Israele era stato Saleh al-Arouri, numero due dell'ufficio politico di Hamas dal 2017, tra i fondatori delle Brigate Ezzedin al-Qassam, braccio armato del gruppo, e membro del politburo dell'organizzazione palestinese dal 2010. al-Arouri era morto in un raid israeliano alla periferia sud di Beirut.

Tornando indietro di 20 anni, al marzo del 2004, in un raid mirato con missili sparati da un elicottero israeliano a Gaza era stato ucciso uno dei fondatori nonché capo spirituale di Hamas, lo sceicco Ahmed Yassin, quasi cieco, tetraplegico e costretto su una sedia a rotelle da quando era un ragazzo.

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