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Trump domina le primarie del Super Tuesday. Biden perde caucus nella Samoa

"Questo è un grande martedì", ha detto l'ex presidente Usa nel suo discorso di vittoria, pronunciato dal suo resort in Florida. Cnn: "No sostegno a Trump"

Donald Trump e Joe Biden - (Afp)

L'ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha consolidato la sua posizione di candidato quasi certo del Partito Repubblicano per le elezioni Usa dopo aver dominato le primarie del Super Tuesday e la sua rivale Nikki Haley va verso il ritiro. "Lo chiamano Super Tuesday per un motivo. Questo è un grande martedì", ha detto Trump nel suo discorso di vittoria, pronunciato dal suo resort Mar-a-Lago a Palm Beach, in Florida.

Mentre la folla intonava "Usa! Usa", Trump ha detto che gli elettori gli hanno consegnato una "notte incredibile". I risultati hanno posto le basi per una rivincita alla Casa Bianca di Trump contro il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, che non ha veri rivali per la nomination del Partito Democratico.

Anche Biden ha ottenuto un ampio successo. In realtà non c'è stata suspense quando ha ottenuto vittorie in tutte le primarie democratiche tenutesi martedì tranne che nel territorio del Pacifico meridionale di Samoa Americana, dove ha prevalso il poco conosciuto imprenditore Jason Palmer. "I risultati di questa sera lasciano al popolo americano una scelta chiara. Continueremo ad andare avanti o permetteremo a Donald Trump di trascinarci indietro nel caos, nella divisione e nell'oscurità che hanno definito il suo mandato?". ha dichiarato Biden in un comunicato.

Fonti: Haley oggi annuncia ritiro corsa per la Casa Bianca

Trump ha sconfitto facilmente Haley nelle primarie tenutesi in una serie di Stati, tra cui California, Texas, Maine, Massachusetts, Virginia, North Carolina, Oklahoma, North Dakota, Minnesota, Colorado, Alabama e Tennessee, secondo le proiezioni unanimi delle emittenti basate sul conteggio iniziale dei voti.

Fonti informate hanno riferito alla Cnn che Haley oggi annuncerà il ritiro dalla corsa per la Casa Bianca. Secondo le proiezioni, avrebbe vinto solo nel piccolo Stato nord-orientale del Vermont.

Nel discorso con cui annuncerà il suo ritiro dalla corsa per la Casa Bianca, Haley non darà il suo sostegno a Donald Trump, rivelano le stesse fonti, che però aggiungono che la repubblicana chiederà all'ex presidente di conquistare il sostegno degli elettori che l'hanno sostenuta durante questa prima fase delle primarie. Questo lascerebbe quindi aperta la porta a un futuro endorsement di Trump da parte di Haley prima del voto di novembre, conclude la Cnn.

Il Super Tuesday: cos'è e cosa significa

Milioni di persone hanno votato alle urne in 16 dei 50 Stati, oltre alle Samoa Americane. Il Super Tuesday segna il più grande singolo giorno di competizioni per le nomination nella campagna per le primarie presidenziali. Nel processo delle primarie, iniziato a gennaio in Iowa, i candidati ottengono delegati per ogni Stato vinto. Nel Super Tuesday è in palio un terzo dei delegati totali disponibili per la nomination repubblicana. Un candidato ha bisogno di almeno 1.215 delegati su 2.429 per assicurarsi un posto sulla scheda elettorale di novembre. La nomination sarà poi ufficializzata alla convention del Partito repubblicano che si terrà a luglio.

Nonostante la vittoria schiacciante, Trump non è riuscito ad assicurarsi tutti i delegati necessari. Prima di diventare la sua avversaria nel 2024, Haley ha lavorato nell'amministrazione Trump come ambasciatrice alle Nazioni Unite.

Haley si è impegnata in una candidatura a lungo termine, facendo appello ai moderati e agli indipendenti repubblicani, ma la sua campagna non è stata in grado di ottenere uno slancio sufficiente a rappresentare una seria minaccia per Trump. Il mese scorso ha perso le primarie nel suo Stato natale, la Carolina del Sud.

Le preoccupazioni per l'età di Biden - che ha 81 anni ed è il presidente in carica più anziano della storia degli Stati Uniti - hanno pesato sempre di più sulla sua campagna elettorale, tra errori fisici e verbali.

Trump, che con i suoi 77 anni ha solo quattro anni in meno di Biden, sta affrontando gravi problemi legali. È stato incriminato in quattro casi penali distinti e accusato di un totale di 91 reati. Tra questi, i suoi tentativi di ribaltare i risultati delle elezioni del 2020, vinte da Biden.

Nel suo discorso di martedì sera a Mar-a-Lago, Trump ha ripetuto molti degli stessi temi affrontati nei suoi comizi elettorali, tra cui la richiesta di chiudere completamente il confine degli Stati Uniti con il Messico ai migranti.

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Esteri

Trump promette dazi ‘anti-Fentanyl’, a rischio...

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Pechino è la principale fonte di sostanze chimiche utilizzate per produrre 'la droga degli zombie'

Donald Trump - Agenzia Fotogramma

La promessa di Donald Trump di imporre nuovi dazi a Pechino ha un chiaro obiettivo: ridurre l'afflusso negli Stati Uniti del fentanyl, il potente oppioide sintetico che uccide ogni anno decine di migliaia di americani. La Cina è la principale fonte di sostanze chimiche utilizzate per produrre 'la droga degli zombie', mentre gran parte del flusso verso gli Stati Uniti proviene dai cartelli della droga in Messico che mescolano i precursori e contrabbandano il prodotto finito oltre confine.

La cooperazione tra Washington e Pechino sul fentanyl, sottolinea il 'New York Times', è stata tra le note liete nei rapporti diplomatici tra i due Paesi durante l'amministrazione Biden. Lo scorso anno, i colloqui positivi Biden-Xi a San Francisco avevano convinto il governo cinese ad ampliare l'elenco dei precursori chimici utilizzati per produrre il farmaco, imponendo una maggiore supervisione. La mossa è stato un raro esempio di cooperazione da parte della Cina, che è altrimenti solita fare ostruzionismo a Washington su questioni come il controllo degli armamenti nucleari, il sostegno alla Russia e i diritti umani.

Tuttavia, per gli esperti rimane ancora molto da fare per fermare la 'piaga' fentanyl. I produttori cinesi d'ingredienti dell'oppioide, che sono anche usati per produrre farmaci legali, possono aggirare le leggi sviluppando nuovi precursori chimici incontrollati. Alcuni analisti, citati dal quotidiano americano, sono preoccupati che i dazi minacciati da Trump possano peggiorare la situazione. "Un'imposizione di tariffe non farà nulla per quanto riguarda il flusso di fentanyl - ha affermato Vanda Felbab-Brown, ricercatrice presso la Brookings Institution ed esperta di politica globale sulla droga - In effetti, potrebbe minare la cooperazione antidroga che gli Stati Uniti e la Cina hanno intrapreso nel 2024".

Il governo cinese prova spesso ad usare la questione del fentanyl per fare leva sugli Stati Uniti, cooperando solo con la promessa di ricevere qualcosa in cambio. Per riprendere i colloqui sugli stupefacenti dopo l'incontro tra Biden e Xi in California, Washington ha accettato la richiesta di Pechino di revocare le sanzioni su un istituto forense gestito dal ministero della Pubblica Sicurezza cinese. L'istituto era stato inserito in una lista nera commerciale nel 2020 perché collegato ad abusi contro la minoranza uigura. L'amministrazione Biden aveva giustificato la mossa spiegando che la Cina aveva chiuso alcune aziende che esportavano precursori del fentanyl e chiuso i loro conti bancari.

Pechino, che nella sua narrazione ufficiale si definisce 'vittima della droga' e ha spesso incolpato il malgoverno statunitense per la crisi del fentanyl, si era già dimostrato in passato disponibile a collaborare sulla questione con la precedente amministrazione Trump. Nel 2019, la Cina introdusse un divieto del farmaco, portando il tycoon a ringraziare Xi per il "meraviglioso gesto umanitario". Da quel momento gli agenti delle forze dell'ordine cinesi e americani iniziarono a coordinare gli sforzi per catturare i trafficanti. Tuttavia, le tensioni sulla tecnologia e sul commercio, e l'abbattimento di un pallone di sorveglianza cinese sugli Stati Uniti, posero presto fine alla cooperazione.

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Esteri

Ue, von der Leyen va alla conta a Strasburgo: soglia di 401...

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Oggi il nuovo collegio dei commissari verrà votato in plenaria, l'incognita sui risultati

Ursula von der Leyen - Afp

Ursula von der Leyen va alla conta a Strasburgo con un numero fatidico in testa: 401. Sono i voti con cui è stata rieletta presidente della Commissione Europea il 18 luglio scorso, a scrutinio segreto. Oggi il suo nuovo collegio dei commissari verrà votato in plenaria, a maggioranza semplice e con voto palese. Dal 18 luglio, però, sono successe diverse cose, una su tutte: l'apertura all'Ecr, i Conservatori e Riformisti, che oggi nell'Aula sono la 'sinistra della destra', avendo alla propria destra non uno ma ben due gruppi, i Patrioti, il gruppo della Lega e del Rassemblement National francese, e l'Europa delle Nazioni Sovrane, il gruppo dell'AfD.

La manovra Weber, successo o fallimento?

Se oggi il von der Leyen bis prenderà un numero maggiore rispetto ai voti che Ursula ottenne il 18 luglio, allora l'apertura all'Ecr, voluta da Manfred Weber, capogruppo e presidente del Ppe, sarà chiaramente riuscita. In caso contrario, cioè se il von der Leyen bis prenderà meno voti di von der Leyen a luglio, allora il dato politico sarà inequivocabile e la manovra politica voluta da Weber sarà fallita, nota un autorevole eurodeputato, perché l'apertura a destra avrebbe fatto perdere a von der Leyen più voti di quelli che ha guadagnato.

In politica, la maggioranza si amplia per prendere più voti, non per prenderne di meno. Ieri Manfred Weber ha rivendicato la scelta di aprire la maggioranza ad una parte della destra, sottolineando che i Conservatori e Riformisti si sono dimostrati "responsabili", consentendo la promozione con la maggioranza dei due terzi dei candidati commissari socialisti e di quelli liberali.

"Senza il voto dell'Ecr - ha detto Weber - non ci sarebbe Teresa Ribera (la vicepresidente esecutiva spagnola, punta di diamante dei Socialisti nella nuova Commissione, ndr), perché servono i due terzi. Il Ppe ha lavorato su un'idea di centro allargato nel Parlamento Europeo, dai Verdi all'Ecr, la parte ragionevole delle forze conservatrici".

Ora, ha continuato il politico bavarese, "sta diventando realtà: per me è un buon giorno, perché la mia maggioranza, se posso definirla così, sta diventando reale. Questo mi rende felice, perché abbiamo bisogno di stabilità in senso ampio, altrimenti non possiamo produrre risultati nell'interesse dell'Europa. E c'è molto in gioco nei prossimi cinque anni".

Anche la capogruppo dei Liberali di Renew Europe, Valérie Hayer, ha fatto un distinguo, parlando dell'Ecr. E' un gruppo, ha osservato, molto "differenziato" al suo interno: i francesi di Reconquete, ha sottolineato, non sono "sullo stesso piano" dei belgi dell'N-Va e dei cechi dell'Ods, i primi quasi al governo e i secondi già al potere.

Mal di pancia tra Socialisti e Verdi, maggioranza variabile

Ma i mal di pancia generati dall'apertura a parte dell'Ecr, con la nomina di Raffaele Fitto a vicepresidente esecutivo della Commissione, stanno a sinistra: tra i Socialisti e tra i Verdi, soprattutto.

Tra i primi, secondo fonti parlamentari, i francesi e gli ungheresi sono intenzionati a votare contro, mentre i tedeschi dell'Spd e i belgi dovrebbero astenersi. Tra i Verdi, i tedeschi, la delegazione più numerosa, voteranno a favore, anche alla luce della nomina a consigliere della presidente per il Green Deal del belga Philippe Lamberts; altre delegazioni, tra cui quella italiana, voteranno contro. Se von der Leyen prenderà meno di 401 voti, ovviamente, il significato sarà politico, non pratico: se ha la maggioranza relativa, la Commissione entra in carica con pieni poteri, a prescindere dai numeri di domani, che alcuni considerano poco rilevanti.

Di fatto, però, la maggioranza si profila variabile, estendibile a destra o a sinistra a seconda dei dossier, in base al volere del Ppe, che in questa situazione è indispensabile per formare una qualsivoglia maggioranza nell'Aula. Il problema è che von der Leyen, osserva una fonte parlamentare, "non ha gestito" questa partita, ma ha subito l'iniziativa di Weber, che ha così realizzato il suo disegno politico: rendere il Ppe di nuovo centrale nel Parlamento, giocando la classica politica dei 'due forni'. Tra l'altro è una politica che ha il vantaggio, dal punto di vista del Ppe, di dividere la destra.

Il problema è che i Socialisti e i Verdi si spaccheranno, con ogni probabilità, al momento del voto. E anche l'Ecr, con Fratelli d'Italia e altri, come i belgi dell'N-Va e i cechi dell'Ods che voteranno a favore e i polacchi del Pis, che sono all'opposizione, contro. E quindi, la maggioranza, quale che sia, sarà molto più frantumata e instabile, prevede una fonte. Non esattamente la base che servirebbe alla Commissione per poter affrontare un quinquennio che si preannuncia complicato, con Donald Trump alla Casa Bianca per i prossimi 4 anni ed Elon Musk a sostenerlo.

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Esteri

Israele-Libano, è tregua: le tre ragioni di Netanyahu e i...

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Il premier israeliano indica tre motivi per il via libera al cessate il fuoco. Biden spiega i dettagli nel discorso alla Casa Bianca

Macerie e soccorsi a Beirut - Fotogramma /Ipa

Con il via libera del gabinetto di Sicurezza di Tel Aviv, è ufficiale la tregua tra Israele e Libano, che hanno accettato la proposta Usa. Un cessate il fuoco che è arrivato mentre ancora erano in corso i raid israeliani sul Paese dei Cedri e sulla capitale Beirut e con i razzi di Hezbollah diretti sul nord e il centro di Israele, dove sono suonate le sirene di allarme.

Le tre ragioni di Netanyahu, il via libera di Israele

L'annuncio ufficiale, prima del sì del governo, era giunto da Benjamin Netanyahu con un messaggio tv. Il premier israeliano aveva così spiegato le "tre ragioni" della tregua in Libano, prima tra tutte quella di potersi "concentrare contro la minaccia iraniana". Nel suo discorso, Netanyahu ha poi parlato della necessità di permettere a Israele di "rinnovare" e "riarmare" le proprie truppe, ammettendo che - "non è un segreto", ha detto - vi sono stati "grandi ritardi" nelle forniture di armi.

"Presto - ha quindi aggiunto - ci armeremo con armi sofisticate che ci aiuteranno a proteggere le nostre truppe e ci daranno ancora maggiore forza per completare la nostra missione". Terza ragione, quella di isolare Hamas: "Hamas contava su Hezbollah per combattere insieme ed una volta che Hezbollah è eliminato, Hamas è lasciato da solo - ha detto -, la nostra pressione su Hamas crescerà e questo ci aiuterà a portare a casa gli ostaggi".

Nel suo discorso, che è suonato come un appello ai suoi stessi ministri ad approvare il cessate il fuoco, il premier israeliano ha sottolineato che anche con la tregua Israele "manterrà la completa libertà di azione militare", "in pieno coordinamento con gli Stati Uniti". Israele controllerà il rispetto del cessate il fuoco e "risponderà con forza ad ogni violazione" di Hezbollah.

Il gabinetto politico di sicurezza ha poi approvato nella serata di ieri la proposta di pace avanzata dagli Stati Uniti "con la maggioranza di 10 ministri e l'opposizione di uno. Israele apprezza il contributo degli Stati Uniti nel processo e mantiene il diritto di agire contro ogni minaccia alla sua sicurezza", quanto dichiarato dall'ufficio del premier, rendendo noto che il Netanyahu ha parlato con Joe Biden per "ringraziarlo del coinvolgimento degli Usa per ottenere i cessate il fuoco in Libano e per il fatto di aver capito che Israele manterrà la sua libertà di azione". Il voto contrario all'accordo di tregua è stato quello di Itmar Ben-Gvir, l'estremista di destra che è ministro della Sicurezza Nazionale.

I punti della tregua nel discorso di Biden

Se Netanyahu non ha fornito nessun dettaglio sull'accordo nel suo discorso, né ha chiarito l'entrata in vigore del cessate il fuoco, a farlo ci ha pensato il presidente Biden nel suo intervento alla Casa Bianca dopo il via libera.

Biden ha spiegato che, sulla base dell'accordo raggiunto, i combattimenti tra Hezbollah e Israele lungo il confine "avranno fine domani (oggi, ndr.) dalle 4 del mattino ora locale". "Questo è stato designato per essere una permanente cessazione delle ostilità", ha aggiunto il presidente americano, spiegando che "nei seguenti 60 giorni l'esercito libanese riprenderà il controllo del proprio territorio. Non sarà permesso che vengano ricostruite le infrastrutture terroristiche di Hezbollah".

Nel corso di questi 60 giorni, ha aggiunto ancora Biden, "Israele ritirerà gradualmente le sue forze e i civili di entrambe le parti potranno essere presto in grado di tornare in sicurezza alle loro comunità e iniziare a ricostruire le loro case".

"Fatemi essere chiaro - ha poi sottolineato il presidente Usa -, se Hezbollah o chiunque altro romperà l'accordo ponendo una minaccia diretta ad Israele, allora Israele avrà il diritto di difendersi, in accordo con la legge internazionale". L'accordo di cessate il fuoco "costituisce un nuovo inizio per il Libano", consentendogli di riprendersi la sua sovranità. Il presidente americano ha inoltre ribadito che non saranno dispiegate truppe americane nel sud del Paese dei Cedri.

La speranza per Gaza

"Così come il popolo libanese si merita un futuro di pace e prosperità, così lo merita il popolo di Gaza", ha poi aggiunto Biden, affermando che i palestinesi di Gaza stanno vivendo "l'inferno, il loro mondo è stato fatto a pezzi". Il presidente americano ha puntato il dito contro Hamas che per mesi si è rifiutato di negoziare un cessate il fuoco, ed ha detto che "ha una scelta da fare", sottolineando che "l'unica via di uscita" è il rilascio degli ostaggi, compresi i cittadini americani, per arrivare alla fine delle ostilità.

Biden ha ribadito l'impegno della sua amministrazione, che ha meno di due mesi di vita prima dell'insediamento di Donald Trump il 20 gennaio, per una tregua da Gaza: "nei prossimi giorni, gli Stati Uniti faranno un altro tentativo con Turchia, Egitto Qatar, Israele e altri per ottenere il cessate il fuoco a Gaza". E il presidente americano, plaudendo alla decisione dei leader di Libano e Israele di mettere fine alle violenze, ha sottolineato che "questo accordo ci ricorda che la pace è possibile".

Infine, Biden ha ribadito l'impegno per creare "un cammino credibile" per la realizzazione di uno Stato palestinese, affermando che l'accordo tra Israele e Libano porta il mondo più vicino ad una visione di un futuro del Medio Oriente in cui palestinesi ed israeliani abbiano "in pari misura sicurezza, prosperità e dignità" con i "palestinesi che hanno un loro Stato".

La nota congiunta Usa-Francia

Intanto, gli Stati Uniti e la Francia - che ha contribuito con una partnership all'accordo - "lavoreranno con Israele e Libano per assicurare che l'accordo sia pienamente applicato e rimaniamo determinati ad impedire che questo conflitto diventi un altro ciclo di violenza", quanto si legge in una dichiarazione congiunta di Biden e Emmanuel Macron in cui si afferma che "dopo settimane di instancabile diplomazia, Israele e Libano hanno accettato una cessazione delle ostilità".

La tregua, aggiungono i due presidenti, "assicura Israele dalla minaccia di Hezbollah e di altre organizzazioni terroristiche che operano dal Libano". "Questo annuncio creerà le condizioni per ristabilire la calma e permettere ai residenti di entrambi i Paesi di tornare alle loro case", conclude la nota.

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