Emozioni e amori in ‘La ragazza di Boston’ di Paolo Valenti
Le emozioni e gli umori dei giovani alle prese con le prime esperienze del mondo. Gioventù, amori, rapporti che sembrano solidi e si sfaldano, un viaggio negli Stati Uniti e tanti dubbi. Questi gli elementi principali del nuovo libro dello scrittore Paolo Valenti 'La ragazza di Boston' sugli scaffali con ArKadia editore.
Nell’estate del 1990, dopo la celebrazione del rito collettivo dei mondiali di calcio, Meredith spinge Alessandro ad accompagnarla nel suo temporaneo ritorno negli Stati Uniti. Una vacanza nella quale il ragazzo viene a contatto con il dinamismo caotico e i risvolti appassionati di New York (indimenticabile, per lui, l’incontro a Harlem con il reverendo che conobbe gli U2 quando girarono nella sua chiesa uno dei video del film 'Rattle and Hum') e la realtà più misurata di Boston, città in cui, per la prima volta, Alessandro intuisce che la sua relazione non gode dell’immunità ai problemi che, fino a quel momento, gli era parso che potesse avere. La conoscenza del fratello di Meredith e la notte nella quale lei lo lascia ad aspettarla fuori casa fino a tardi, portano Alessandro a coltivare dubbi e inquietudini che si materializzeranno a Roma qualche mese dopo, quando dal passato emergerà con prepotenza la figura di Francis, ex fidanzato di Meredith trasferitosi in Italia con l’intenzione di riconquistarla a tutti i costi. Inizia da qui una nuova fase che porterà i protagonisti del libro a scontrarsi con esperienze che li segneranno profondamente e dalle conseguenze imprevedibili.
Paolo Valenti vive a Roma, dove esercita la sua attività giornalistica e di scrittore. Autore di racconti brevi, interviste, articoli e rubriche radiofoniche legate al mondo dello sport collabora, tra gli altri, con il 'Corriere dello Sport' e il sito del 'Guerin Sportivo'. È, inoltre, opinionista e commentatore televisivo delle partite del campionato di Serie A. Dopo aver contribuito a progetti editoriali dedicati al calcio – 'Italia del mondo. La coppa degli italiani' (Leconte, 2006), 'Romanisti in 100 personaggi' (+1) (Typimedia, 2018) –, si è cimentato nella stesura di testi che ne raccontano le vicende: 'Ci vorrebbe un mondiale' (Ultra, 2018), 'Da Parigi a Londra. Storia e storie degli Europei di calcio' (Ultra, 2021), 'La storia siamo noi. I mondiali raccontati dai protagonisti' (Ultra, 2022).
Cultura
Di Santo (Canon): “La tecnologia favorisce...
Di Santo, “World Unseen è una mostra che abbiamo fortemente voluto”
“La mostra World Unseen è vicina ai nostri valori. Abbiamo la filosofia del kyosei, cioè, vivere e lavorare insieme per il bene comune. Troviamo che queste iniziative siano coerenti con i nostri valori, un modo corretto di declinare l’inclusione. L’azienda che porta tecnologia nella società favorendo l’inclusione sociale”.
Con queste parole Andrea Di Santo, amministratore delegato di Canon Italia ha presentato “World Unseen”, la rivoluzionaria mostra evento che, per la prima volta in Italia, renderà la fotografia fruibile anche a chi ha disabilità visive. Questa esposizione, ideata e organizzata da Canon e patrocinata dall’Unione italiana ciechi e ipovedenti e da Croce Rossa Italiana, segna un passo significativo verso l’abbattimento delle barriere sensoriali e la democratizzazione dell’arte visiva. La mostra sarà ospitata presso la Biblioteca“Nilde Iotti” della Camera dei Deputati fino al 17 dicembre
“World Unseen è una mostra che abbiamo fortemente voluto – aggiunge Di Santo – Letteralmente significa il mondo che non si vede e il sottotitolo è la mostra fotografica che non hai bisogno di vedere. Questo allude allo scopo dell’iniziativa, far vedere una mostra fotografica a chi fino a ieri non poteva vedere. Il fattore differenziante è la tecnologia che oggi permette di stampare in elevazione fino a 4 millimetri e dare un’esperienza tattile alle persone ipovedenti che possono di fatto vedere la fotografia”.
Cultura
“Transizione energetica e sicurezza globale”,...
Il contributo dell'Amministratore delegato di Eni nella 34esima edizione del volume
"Transizione energetica e sicurezza globale" nell'intervento nel Libro dei Fatti 2024 di Claudio Descalzi, Amministratore delegato di Eni, autore del contributo presente nel volume giunto quest'anno alla 34esima edizione.
L'intervento di Descalzi
"Due esigenze vitali si sovrappongono in questa fase storica: compiere la transizione e realizzare un assetto energetico sicuro a livello globale. Entrambe vanno di pari passo con la necessità di preservare la competitività del tessuto economico che, nel tempo, soprattutto in Europa, è andata riducendosi.
Ci troviamo inoltre di fronte a nuove dipendenze strategiche legate ai materiali nella supply chain della transizione; le dinamiche inflattive, già osservate con l’invasione russa dell’Ucraina e, in generale, uno scenario caratterizzato da crescenti conflitti e tensioni, si traducono in minacce alla stabilità del nostro sistema, ancora basato largamente sulle fonti fossili.
La transizione è irreversibile, non repentina e dispendiosa: servono ingenti investimenti volti a diversificare l’attuale assetto, arricchendolo con fonti e soluzioni. Per avere successo, deve essere guidata dal mercato, non da target e quadri regolatori aprioristici.
Essa è, infatti, intrinsecamente una transizione tecnologica e, quindi, anche una grande opportunità per le aziende. Ma le opportunità comportano rischi, soprattutto quando la questione è “anticipare il futuro”, promuovendo, in modo pioneristico, la ricerca e lo sviluppo di soluzioni innovative.
È quanto accaduto a Eni, che ha giocato d’anticipo, riconvertendo asset esistenti per nuovi business, preservando posti di lavoro, in un contesto non normato né incentivato: è il caso delle bioraffinerie e dei giacimenti depletati da destinare allo stoccaggio della CO2.
Elementi chiave di questo percorso sono rendere la transizione economicamente profittevole, da un lato, e, dall’altro, considerare le opzioni tecnologiche esistenti non solo per la loro efficacia in termini di riduzione delle emissioni, ma anche per tempi e costi associati alla loro realizzazione e alla creazione della pertinente domanda. Le aziende sono chiamate a ripensare i propri modelli di business per attirare capitali privati e collaborare sinergicamente per accelerare lo sviluppo di tecnologie che potranno essere il vero game changer del futuro.
Un tema di grande attenzione, inoltre, per realizzare un nuovo assetto energetico sicuro, sono le relazioni tra Paesi: una cooperazione energetica rafforzata tra Europa e Africa, ad esempio, può essere una leva strategica per la stabilità e la prosperità dei due continenti, e, al contempo, consentire una collaborazione fruttuosa per il raggiungimento degli obiettivi nella lotta al cambiamento climatico e di sicurezza energetica.
Dobbiamo però avere chiare le disparità che l’Africa affronta, con milioni di persone in povertà, drammatiche condizioni sanitarie e di istruzione, senza accesso all’elettricità: se sapremo riscrivere la lista delle priorità, mettendo in cima le esigenze di questo continente – e non la sicurezza energetica degli altri – allora troveremo una giusta soluzione alla complementarità di Africa ed Europa".
Attualità
Open Dialogues for the Future: torna la terza edizione
Ci siamo, ci siamo di nuovo. Torna l’appuntamento con “Open Dialogues for the Future”, e quest’anno è la terza edizione. Due giornate piene, cariche di dibattiti, conversazioni, interventi e, soprattutto, di visioni per il futuro.
Quando e dove
Segnatevi queste date, scrivetele su un foglietto, memorizzatele: 6 e 7 marzo 2025, a Udine. Sì, proprio lì, in quel piccolo angolo di Friuli che magari non ci pensi… ma sta diventando un posto speciale. Un posto dove chi ha voglia di parlare di geopolitica e geoeconomia si ritrova, perché sì, questi temi sono sempre stati importanti.
Ma adesso? Adesso sono diventati urgenti. Non possiamo più far finta di niente. Il mondo si sta rompendo, si sta dividendo. Le vecchie potenze stanno perdendo colpi, i nuovi equilibri si stanno creando. E noi? Abbiamo bisogno di un posto dove fermarci, fare un respiro profondo e provare a capirci qualcosa. Un posto dove provare a mettere insieme tutti questi pezzi sparsi, questo puzzle che ormai è diventato una follia. Saremo lì, tutti quanti. Imprenditori, professori, studenti, gente comune. Tutti. A guardarci negli occhi e a chiederci: “Ma davvero, dove stiamo andando? Dove stiamo andando tutti insieme?“
La presentazione a Milano
La presentazione dell’evento è stata qualche giorno fa a Milano, in uno di quei posti che ti fanno sentire un po’ piccolo, un po’ fuori luogo, tipo Palazzo Giureconsulti. Una di quelle sale grandi, un po’ troppo eleganti, che ti mettono soggezione appena ci metti piede. Ma c’era tanta gente. C’era Giovanni Da Pozzo, il presidente della Camera di commercio di Pordenone-Udine, e poi c’era Federico Rampini, il giornalista che ci sta mettendo anima e corpo per dare una direzione scientifica a tutto questo.
E non erano soli. L’ambasciatrice italiana negli Stati Uniti, Mariangela Zappia, era lì anche lei, insieme ad altri nomi importanti. Carlo Sangalli, per esempio, presidente della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi. E poi rappresentanti di tante istituzioni del Friuli Venezia Giulia. Insomma, una sala piena di gente che conta, ma soprattutto piena di gente che vuole fare la differenza.
Cos’è “Open Dialogues for the Future”?
Ma cos’è davvero “Open Dialogues for the Future”? Be’, è più di un semplice forum. Non è solo un evento in cui ascoltare relatori di spicco e annuire, è un momento per fare domande, per sfidare le idee. L’idea è nata dalla Camera di Commercio di Pordenone-Udine e l’obiettivo è chiaro: fare di questo angolo del nord-est Italia un centro di dibattito sulle sfide economiche e politiche che ci attendono.
Come dice Da Pozzo, “il Friuli è una regione piccola, ma con una grande apertura al mondo“. Due confini, tre lingue, un’economia basata sull’export. Insomma, un territorio che ha qualcosa da dire in fatto di relazioni internazionali.
L’Importanza del Friuli Venezia Giulia
In effetti, a sentir parlare Rampini e l’ambasciatrice Zappia, c’è molto da riflettere. L’ambasciatrice, in particolare, ha portato una prospettiva interessante, ricordandoci quanto è importante che le piccole realtà territoriali si facciano conoscere a livello internazionale, che trovino spazio in contesti come quello degli Stati Uniti.
“La geopolitica non è solo roba da grandi potenze”, ha detto. “È anche una questione di come le comunità locali sanno giocare le loro carte.” E il Friuli Venezia Giulia è una di quelle realtà che ha imparato a farlo, portando il suo sistema produttivo, universitario, il suo tessuto economico, al di là dell’Atlantico.
Trump e il futuro delle relazioni internazionali
E poi c’è Rampini, che ci ricorda che la prossima edizione di Open Dialogues sarà davvero unica: cade poco più di un mese dopo l’insediamento ufficiale di Trump. Già, Trump di nuovo presidente. E sarà interessante capire cosa questo significa per l’Europa, per l’Italia, per le nostre piccole e grandi imprese.
Perché, diciamolo chiaramente, c’è sempre un po’ di incertezza quando si tratta di Stati Uniti e delle loro politiche estere. Ma c’è anche la speranza che, alla fine, le relazioni economiche restino forti, che le nostre aziende possano continuare a trovare spazio in quel mercato così grande e complesso.
La metafora del rinoceronte grigio
La metafora del “rinoceronte grigio”, che Rampini ha tirato fuori durante il suo intervento, è una di quelle che restano impresse. Non è come il cigno nero, l’evento imprevisto che cambia tutto. No, il rinoceronte grigio è l’evento che vedi arrivare da lontano, che tutti sanno che accadrà, ma che comunque, quando succede, è uno shock.
Trump è stato un po’ così, la prima volta. Adesso lo conosciamo, sappiamo cosa aspettarci, eppure resta una figura capace di scuotere gli equilibri. E Rampini, con quella sua lucidità, ci fa capire che siamo entrati in una nuova fase della globalizzazione, più frammentata, più chiusa, con meno certezze.
Ma Open Dialogues non sarà solo Stati Uniti e Trump. Sarà anche un’occasione per parlare di Europa, di conflitti e di pace, di come le nostre economie possano reggere il passo con le trasformazioni digitali e ambientali che ci attendono.
La prima giornata: focus su Europa e conflitti
La prima giornata, il 6 marzo, si aprirà con un’analisi sulle conseguenze geopolitiche dei conflitti in Ucraina e Palestina. “Fattori di accelerazione per la formazione di un nuovo ordine mondiale”, come l’ha definito Filippo Malinverno, responsabile del programma.
E poi ci sarà spazio per parlare delle sfide della competitività europea, con un focus su Italia, Francia e Germania. Quelle che una volta erano le locomotive del continente, oggi faticano a ritrovare la fiducia necessaria per trainare tutti gli altri. E forse, proprio a partire da eventi come questo, possiamo cominciare a ricostruirla.
La seconda giornata: Stati Uniti e nuove prospettive
La seconda giornata? Beh, sarà tutta dedicata agli Stati Uniti. E non sarà certo una passeggiata. Ci sarà Federico Rampini, con la sua solita energia, pronto a fare il punto sulla nuova amministrazione Trump. Sì, di nuovo Trump. E poi ci saranno i rapporti con la Cina, l’Europa… insomma, un bel po’ di questioni complicate. Ma ci serve capire. Serve davvero capire come questa superpotenza si sta muovendo, quali sono le intenzioni, cosa ci aspetta. Sarà una giornata bella tosta, piena di spunti, di riflessioni. Di quelle che ti fanno uscire con la testa che gira ma con qualche idea in più su dove stiamo andando.
E non finisce qui. Ci saranno anche delle storie vere, concrete, di aziende friulane che sono riuscite a mettere radici negli Stati Uniti. Persone che hanno vissuto tutto sulla propria pelle. Racconteranno i loro successi, certo, ma anche le difficoltà, i momenti in cui hanno pensato di mollare tutto. Perché alla fine sono quelle storie lì, quelle vere, che ti fanno capire davvero cosa significa essere nel bel mezzo di tutto questo.
È un luogo dove i giovani possono trovare ispirazione, dove possono vedere che ci sono opportunità, nonostante tutto. L’assessore regionale Sergio Emidio Bini l’ha detto chiaramente: “Siamo un popolo un po’ strano, amiamo sottovalutarci. Ma eventi come Odff ci consentono di continuare a trasmettere senso di realtà e conoscenza”. Ed è vero. Spesso ci dimentichiamo di quello che siamo capaci di fare, ma abbiamo tutte le carte in regola per giocare una partita importante.
Un evento diffuso a Udine
E così, tra un panel e una conversazione, tra una sessione plenaria e una chiacchierata informale, Open Dialogues ci darà anche quest’anno l’opportunità di fermarci e di pensare. Di fare il punto su dove siamo e dove vogliamo andare.
Sarà un evento che si spargerà per tutta Udine, un po’ come un abbraccio che coinvolge tutta la città. Non sarà solo la Camera di Commercio ma anche altri posti che hanno un’anima, come la Fondazione Friuli o la vecchia chiesa di San Francesco. Perché sì, vogliamo che sia dappertutto, che si respiri ovunque. E poi, sai, è tutto pensato per essere libero, senza costrizioni. Vuoi seguire un panel e saltarne un altro? Vai tranquillo. Vuoi startene a chiacchierare con qualcuno e perderti una sessione? Nessun problema. Alla fine, è tutto fatto per te, per renderlo davvero qualcosa di tuo. Un’esperienza che scegli tu, che vivi tu, come vuoi tu.
Ospiti di rilievo
Tra gli ospiti attesi, ci saranno volti noti e meno noti, persone che hanno qualcosa da dire, che hanno un punto di vista interessante da condividere. Orietta Moscatelli, analista di Limes, Benedetta Berti, responsabile delle politiche strategiche della Nato, Arduino Paniccia, Paolo Mieli, Gilles Gressani e molti altri. Saranno loro a guidarci in queste due giornate, a farci riflettere, a darci nuovi spunti per capire il mondo.
Perché Open Dialogues è importante
Quello che ci resta è la sensazione che eventi come Open Dialogues siano più importanti che mai. In un mondo che sembra sempre più diviso, dove le certezze vacillano, abbiamo bisogno di momenti come questi, di spazi dove confrontarci, dove costruire insieme un’idea di futuro.
Non è detto che troveremo tutte le risposte ma di sicuro usciremo da quelle due giornate con qualche domanda in più. E forse, è proprio questo il punto. Essere pronti a mettersi in discussione, a guardare il mondo con occhi nuovi, a non accontentarsi mai di quello che già sappiamo. Appuntamento a Udine, il 6 e 7 marzo. Perché il futuro non aspetta e nemmeno noi dovremmo farlo.