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Gaza, Blinken oggi in Israele. All’Onu voto risoluzione su cessate fuoco

"Il divario si sta riducendo e continuiamo a spingere per un accordo a Doha", ha detto il segretario di Stato americano. Idf: "Oltre 350 terroristi Hamas e Jihad Islamica catturati ad al-Shifa"

Sfollati a Gaza - (Afp)

Il segretario di Stato americano, Antony Blinken, oggi in Israele per sollecitare il governo di Tel Aviv ad accettare una tregua a Gaza ed evitare l'offensiva delle forze di terra a Rafah, in vista del voto del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite su un progetto di risoluzione statunitense che chiede un cessate il fuoco nell'enclave palestinese. Washington ha fatto sapere che sottoporrà al voto un documento sulla necessità di un "cessate il fuoco immediato come parte di un accordo sugli ostaggi". "I negoziatori continuano a lavorare. Il divario si sta riducendo e continuiamo a spingere per un accordo a Doha. C’è ancora un lavoro difficile per arrivarci. Ma continuo a credere che sia possibile", ha detto ieri Blinken in Egitto.

Il viaggio di Blinken coincide con la ripresa dei negoziati di Doha per il rilascio degli ostaggi in cambio della tregua. Secondo quanto hanno anticipato fonti bene informate citate alla Cnn, alle trattative parteciperà anche il direttore della Cia Bill Burns.Cnn, il direttore del Mossad israeliano David Barnea, oltre che il Premier del Qatar, Mohammed bin Abdulrahman Al-Thani e al ministro dell'Intelligence in Egitto, Abbas Kamel.

Il principale nodo che rallenta i negoziati è che Hamas sostiene che rilascerà gli ostaggi solo nel quadro di un accordo che metta fine alla guerra, mentre Israele è pronto a discutere solo di una pausa temporanea. Gli Stati Uniti speravano di ottenere un cessate il fuoco di sei settimane e un accordo sugli ostaggi entro l'inizio del Ramadan, il 10 marzo, ma i successivi round di colloqui non hanno ancora dato risultati, con Washington che in gran parte incolpa Hamas per la situazione di stallo.

Oltre 350 terroristi Hamas e Jihad Islamica catturati ad al-Shifa

Oltre 350 "terroristi di Hamas e della Jihad Islamica" sono stati catturati nell'operazione che l'esercito israeliano sta portando avanti da giorni nel complesso dell'ospedale al-Shifa a Gaza City. Lo ha indicato il portavoce delle Forze di difesa israeliane, Daniel Hagari, spiegando in un briefing che i combattimenti nell'area continuano dal momento che "ci sono terroristi di Hamas e della Jihad islamica che hanno deciso di barricarsi nella zona del pronto soccorso".

Sottolineando che si tratta dell'operazione che ha visto il più alto numero di "terroristi" catturati dall'inizio della guerra, Hagari ha affermato che "si stanno arrendendo, li stiamo interrogando e ci stanno fornendo informazioni di intelligence molto preziose e importanti".

Secondo Hagari, finora sono stati arrestati 500 sospetti, "358 dei quali sono terroristi di Hamas e della Jihad islamica". Il portavoce ha precisato che tra questi ci sono tre esponenti della Jihad islamica e alcuni dirigenti di Hamas. Nell'operazione inoltre sono stati eliminati 140 "terroristi".

Usa, abbattuti due missili balistici lanciati da Houthi

L'esercito americano ha annunciato di aver distrutto nel Mar Rosso due missili balistici anti-nave e un drone navale lanciati dagli Houthi dallo Yemen. In una nota sul social X, il Comando Centrale degli Stati Uniti (Centcom) ha precisato che "è stato stabilito che queste armi rappresentavano una minaccia imminente per la coalizione e le navi mercantili nella regione".

Finlandia riprenderà finanziamenti all'Unrwa

Anche la Finlandia ha annunciato che riprenderà i finanziamenti all'Unrwa, l'Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, accusata da Israele di collusione con Hamas. "Il miglioramento della gestione del rischio da parte dell'Unrwa, ovvero la prevenzione e l'avvio di un attento monitoraggio dei comportamenti scorretti, ci fornisce a questo punto garanzie sufficienti per continuare il nostro sostegno", ha dichiarato durante una conferenza stampa il ministro finlandese del Commercio estero e dello Sviluppo, Ville Tavio.

Diversi Paesi, tra cui Stati Uniti, Italia e Gran Bretagna, hanno sospeso i finanziamenti all'Unrwa dal momento che, secondo Israele, 12 dipendenti dell'Agenzia avrebbero preso parte al massacro del 7 ottobre. Altri, come Canada, Australia e Svezia, hanno ripreso i finanziamenti, mentre l'Arabia Saudita ha annunciato un aumento dei fondi.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Esteri

Siria, carichi di armi per Hezbollah e ‘nemici’...

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Le manovre iraniane e il rischio terrorismo se dovesse crollare il governo di Assad

Carrarmato in strada in Siria  - Afp

Il possibile invio di un numero significativo di forze dall'Iran in Siria a sostegno di Bashar al-Assad, la situazione nel territorio siriano al confine con Israele e il dispiegamento di forze iraniane con il 'pretesto' della battaglia ai gruppi armati protagonisti dell'offensiva degli ultimi giorni nel Paese arabo. Ma anche la possibilità che Teheran sfrutti la sua presenza militare in Siria per far arrivare armi e munizioni in Libano e riarmare gli Hezbollah. Sono i principali timori nelle stanze del potere di Israele, scrive il giornale israeliano Haaretz, mentre Israele - con la tregua in vigore da cinque giorni con Hezbollah, decimato da settimane di operazioni militari - segue con particolare attenzione gli sviluppi in Siria. Evoluzioni che, come effetto parallelo, potrebbero contribuire a consolidare la tregua nel vicino Libano.

Assad accusa: "Escalation terroristica"

Assad, che ha avuto un colloquio telefonico con il presidente iraniano Masoud Pezeshkian, parla di "escalation terroristica" per mano di Hayat Tahrir al-Sham e fazioni armate alleate e ripete "la determinazione della Siria e del suo esercito nel contrasto al terrorismo". Non vengono mai risparmiate accuse a Stati Uniti e Occidente. Domenica a Damasco c'era, Abbas Araghchi, il capo della diplomazia di Teheran, alleata di Assad e sostenitrice di Hezbollah. Ha ammesso, stando alle dichiarazioni riportate dall'agenzia ufficiale iraniana Irna, che la situazione in Siria è "difficile".

Milizie dall'Iran in Siria

Secondo una fonte israeliana citata dal giornale, "l'Iran ha già iniziato a inviare forze in Siria nel tentativo di aiutare Assad e soffocare la rivolta". E "varie forme" di assistenza ha assicurato Araghchi al leader siriano, stando alla tv satellitare al-Arabiya. Ieri, riporta l'agenzia iraniana Mehr, il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Esmaeil Baghaei, ha affermato che la presenza di consiglieri militari iraniani in Siria "non è una novità" e che resteranno nel Paese arabo secondo le richieste di Damasco. Intanto il Jerusalem Post rilancia notizie di fonti militari siriane secondo cui milizie sostenute dall'Iran sono entrate nella notte in Siria dall'Iraq per sostenere nel nord del Paese arabo le forze fedeli ad Assad.

Lo spettro di al Qaeda

Domenica il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha avuto una seconda riunione sugli sviluppi in Siria per fare il punto sugli scenari possibili che - scrive il giornale - potrebbero riguardare la sicurezza di Israele e per formulare una risposta. Uno degli scenari che preoccupa Israele è che un eventuale 'fallimento' di Assad possa portare "organizzazioni terroristiche internazionali, basate sull'infrastruttura di organizzazioni come Al-Qaeda, a prendere il controllo del territorio siriano vicino al confine con Israele", scrive ancora Haaretz.

Così, dice la fonte del giornale, "dobbiamo essere pronti a tutte le possibilità, anche il crollo del regime di Assad e il rischio che le organizzazioni terroristiche costituiscano una nuova minaccia per Israele".

Ma al contempo Israele ritiene anche che la situazione in Siria possa aumentare le possibilità di successo della tregua con Hezbollah. Perché, spiega una fonte diplomatica a Haaretz, "Hezbollah ha rivolto l'attenzione alla Siria e abbiamo già riscontrato un numero minore di violazioni del cessate il fuoco da parte dell'organizzazione e l'area è più tranquilla". Da parte libanese, invece, stamani le Forze Armate hanno denunciato il ferimento di un loro soldato in un raid di un drone attribuito a Israele. E il ministero della Salute l'uccisione di una persona in un'operazione analoga nel sud.

Intanto in Siria "molta dell'infrastruttura iraniana e di Hezbollah è finita negli ultimi giorni in mano ai ribelli", dicono a Haaretz. Damasco aveva fatto molto affidamento su Hezbollah per riconquistare aree di territorio siriano all'epoca della guerra esplosa nel 2011 dopo la repressione di proteste antigovernative nei giorni delle cosiddette Primavere Arabe. Ma ora il Partito di Dio, orfano del suo storico leader Hasan Nasrallah, è decimato dal conflitto con Israele. Mentre l'altro grande alleato di Damasco, la Russia, porta avanti da oltre mille giorni la sua "operazione militare speciale" in Ucraina, lanciata con l'invasione del febbraio di due anni fa.

Armi dall'Iran alla Siria?

Domenica, secondo il Times of Israel, i jet israeliani hanno intercettato nei cieli della Siria un aereo iraniano sospettato trasportare un carico di armi per Hezbollah in Libano e gli hanno imposto di invertire la rotta. Per l'Iran, tra l'altro colpito da anni e anni di sanzioni, e per la sua strategia di deterrenza, sintetizza il Jerusalem Post, la Siria - da dove spesso da anni vengono denunciati raid attribuiti a Israele - è un "ponte cruciale" verso Hezbollah in Libano, rappresenta "un accesso ai confini israeliani" e Assad deve restare al potere o l'influenza della Repubblica Islamica risulterebbe ferita in modo critico alla periferia di Israele.

Nelle prossime settimane, scriveva sabato il Washington Post, il conflitto tra Israele e Hezbollah, e l'Iran, potrebbe spostarsi in parte in Siria.

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Esteri

Ucraina-Russia, Zelensky ammette: “Non abbiamo la...

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Il presidente ucraino: "Guerra complicata, dobbiamo trovare soluzioni diplomatiche"

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky - Fotogramma /Ipa

L'Ucraina non ha la forza per riconquistare i territori che la Russia ha occupato in 1000 giorni di guerra o la Crimea, che Vladimir Putin ha annesso dal 2014. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ammette che attualmente l'esercito di Kiev non ha la forza di lanciare una controffensiva per riconquistare almeno alcune regioni occupate dalla Russia.

Il numero 1 di Kiev continua a lanciare segnali. Prima ha auspicato l''apertura di un ombrello Nato' sui territori controllati dall'Ucraina, poi ha ammesso che non rifiuterebbe l'entrata in scena di soldati occidentali. Ora, ipotizza che il recupero di parti del territorio ucraino potrebbe avvenire attraverso mezzi diplomatici e non con la forza militare. In un'intervista all'agenzia di stampa giapponese Kyodo News, il capo dello Stato afferma che, al momento, è difficile riconquistare con la forza zone del suo Paese come la Crimea.

"Il nostro esercito non ha la forza per farlo. È vero. Dobbiamo trovare soluzioni diplomatiche", dice Zelensky, sottolineando che tali misure potranno essere prese in considerazione "solo quando sapremo di essere abbastanza forti" da impedire alla Russia di lanciare una nuova aggressione contro l’Ucraina.

Il presidente ucraino ammette che il conflitto è entrato in un "periodo complicato" e invia un messaggio a Washington: chiede all'amministrazione Biden uscente di aiutare il suo Paese a pressare la Nato, affinché l'Alleanza inviti Kiev ai colloqui di adesione il prima possibile. Il tempo diventa un fattore cruciale, la Russia continua a fare progressi sul campo di battaglia.

Con la disponibilità dell'Ucraina a negoziare la restituzione di una parte delle aree occupate una volta terminato il conflitto, le dichiarazioni di Zelensky segnano un netto capovolgimento rispetto alla sua posizione di lunga data, secondo cui il suo Paese avrebbe combattuto per riprendere tutti i territori conquistati dalla Russia.

Nell'intervista esclusiva all'agenzia giapponese, il presidente esprime apprezzamento per il Giappone, gli Stati Uniti, la Corea del Sud e numerosi Paesi sia europei che non e che hanno fornito assistenza a Kiev e imposto sanzioni alla Russia. Ma sottolinea che è necessario un ulteriore aiuto per rafforzare l'Ucraina.

I soldati nordcoreani

Per quanto riguarda la partecipazione nella guerra dei soldati nordcoreani a fianco di Mosca, il presidente non precisa quanti di essi siano stati uccisi o feriti nei combattimenti contro le forze ucraine. Ma, afferma che ci sono prove che circa 12.000 soldati di Pyongyang sono stati dispiegati nella regione russa di Kursk, al confine con l'Ucraina, e che in futuro molti soldati nordcoreani saranno inviati in prima linea nella guerra, ed è "indiscutibile" che iPutin li utilizzerà "come carne da cannone" per ridurre le perdite dell'esercito del suo Paese.

Ciò che potrebbe avere maggiore importanza nel lungo periodo, è che i soldati nordcoreani saranno stati addestrati dall'esercito russo in reali condizioni di guerra, mentre cercheranno di acquisire conoscenze sulla guerra moderna, ad esempio sull'uso dei droni e di altre tecnologie recenti. Know-how che, a suo avviso, potrebbe avere conseguenze enormi per l'Asia e altrove.

Il ruolo di Trump

Inevitabile accendere i riflettori su Donald Trump e sulla posizione della prossima amministrazione. Il presidente eletto ha ripetutamente affermato che l'invasione dell'Ucraina da parte della Russia non sarebbe mai avvenuta se lui fosse stato in carica. Trump ha detto e ribadito, prima delle elezioni del 5 novembre, che avrebbe potuto fermare, senza specificare come, la guerra in un giorno, se fosse stato eletto.

Zelensky, in attesa di un confronto diretto con il nuovo presidente, sottolinea che Trump e il suo team conoscono la posizione dell'Ucraina e il "piano della vittoria", che mira a negoziati in una "posizione di forza" per Kiev.

"Stanno studiando il piano e noi ascolteremo il loro parere. Ma non ci sarà alcuna capitolazione da parte dell'Ucraina", dice Zelensky. "Questo è un dato di fatto e penso che lui lo capisca". Il presidente ucraino, che ha incontrato Trump di persona l'ultima volta a settembre, conta su ulteriori colloqui con il presidente americano entrante per spiegare "alcune cose in modo più dettagliato".

La guerra continua

Per affrontare una fase negoziale, l'Ucraina non può permettersi di perdere altro terreno. Kiev proverà a sfruttare il nuovo flusso di aiuti in arrivo dai paesi occidentali. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz è sbarcato a Kiev con 650 milioni di armi e munizioni. Zelensky ringrazia ma non si rassegna al 'no' di Berlino sui missili Taurus, armi a lungo raggio che consentirebbero - con gli Atacms americani e gli Storm Shadow britannici - di colpire il territorio russo in profondità.

Nelle stesse ore, gli Stati Uniti hanno annunciato un nuovo pacchetto di aiuti militari dal valore di 725 milioni di dollari. Secondo fonti del Dipartimento di Stato, tra gli aiuti sono previsti sistemi anti-droni e munizioni per il sistema di razzi di artiglieria ad alta mobilità. Sul campo di battaglia questo potrebbe tradursi in un maggior numero di missili a lungo raggio. Il nuovo pacchetto di aiuti comprende anche un numero maggiore di mine antiuomo su cui l'Ucraina conta per rallentare le forze di terra russe e nordcoreane nella regione russa di Kursk.

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Esteri

Usa, nuova stretta sull’export di chip ma per Pechino...

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Sullivan: "Proteggiamo la nostra tecnologia dall'uso da parte dei nostri avversari in modi che minacciano la nostra sicurezza nazionale"

Chip elettronici -

Gli Stati Uniti hanno annunciato nuove restrizioni alle esportazioni che mirano a colpire la capacità della Cina di produrre semiconduttori avanzati, con una misura che Pechino ha subito definito un 'abuso di controllo' che minaccia gli scambi tra le due superpotenze.

La stretta di Washington

La mossa di Washington conferma la volontà di tagliare le esportazioni di chip all'avanguardia verso la Cina, con l'obiettivo di ostacolare la capacità del Paese di produrre chip che possono essere utilizzati in sistemi di armi avanzati e nell'intelligenza artificiale. "Gli Stati Uniti hanno adottato misure significative per proteggere la nostra tecnologia dall'uso da parte dei nostri avversari in modi che minacciano la nostra sicurezza nazionale", ha dichiarato il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan in un comunicato, aggiungendo che Washington continuerà a lavorare con alleati e partner “per salvaguardare in modo proattivo e aggressivo le nostre tecnologie e il nostro know-how, leader a livello mondiale, in modo che non vengano utilizzate per minare la nostra sicurezza nazionale”.

La reazione di Pechino

Un portavoce del ministero del Commercio cinese ha replicato che gli Stati Uniti “abusano delle misure di controllo delle esportazioni” e hanno “ostacolato i normali scambi economici e commerciali”. Le ultime misure statunitensi includono una restrizione delle esportazioni a 140 aziende, tra cui le aziende cinesi di chip Piotech e SiCarrier Technology. Secondo il Dipartimento del Commercio, le restrizioni riguardano anche Naura Technology Group, che produce apparecchiature per la produzione di chip.

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