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Medicina, Sirm: “Radiomica una rivoluzione della radiologia per diagnosi e terapie”

Il presidente Giovagnoni: "Con Ai nuovi marcatori per cure più precoci ed efficaci e migliore qualità di vita"

Medicina, Sirm:

La nuova frontiera della radiologia medica si chiama radiomica e, grazie all'utilizzo dell'intelligenza artificiale (Ai), interpreta il dato digitale numerico acquisito durante la Tac o la risonanza permettendo diagnosi più precoci e precise per un utilizzo migliore delle terapie. "Un salto quantico, una vera e propria rivoluzione avvenuta negli ultimissimi anni, che ci permette di fornire all'oncologo, al patologo e al chirurgo le caratteristiche della lesione e l'evoluzione che può avere: dati fondamentali su come operare e trattare il paziente". Lo ha detto Andrea Giovagnoni, presidente della Sirm (Società italiana di radiologia medica e interventistica), oggi a Milano nel corso di un incontro con la stampa organizzato dalla società scientifica.

"E' una tecnica che sfrutta i sistemi di machine learning e di Ai - spiega lo specialista - per cercare di evidenziare nuovi marcatori non dalle immagini, ma dai numeri. In altre parole, si vanno a valutare come i valori numerici presenti all'interno delle immagini siano distribuiti spazialmente all'interno del tessuto studiato". Definita anche "analisi della tessitura o 'texture analysis'", è "fondamentale ormai soprattutto in campo oncologico. Sono 395mila ogni anno le persone a cui viene diagnosticato un cancro, un numero in crescita, come in tutti i Paesi occidentali - sottolinea Giovagnoni - Per molte neoplasie i progressi delle terapie stanno portando a sopravvivenze importanti, ma è fondamentale capire di che tipo di malattia si tratta nel più breve tempo possibile e se, e come, la neoplasia risponderà ai trattamenti. L'obiettivo della radiomica è proprio questo: garantire al malato l'intervento migliore più precoce e più efficace per salvaguardare anche la sua qualità di vita".

La radiologia medica sta particolarmente "risentendo" dello sviluppo "dell'Ai e del tumultuoso progresso tecnologico - afferma Alfonso Marchianò, presidente del Comitato scientifico del 51esimo Congresso nazionale Sirm - ma anche" della "maggiore consapevolezza del ruolo fondamentale che questa figura medica riveste nei moderni processi diagnostici e terapeutici della maggior parte dei pazienti. Non solo quelli colpiti da tumore, ma anche da altre patologie come quelle cardiovascolari, infiammatorie e degenerative".

Come ricorda il segretario generale del 51esimo Congresso nazionale Sirm, Massimo Venturini, "ogni anno in Italia si eseguono 70milioni di procedure di diagnostica per immagini. Possiamo contare su immagini più accurate, acquisite più rapidamente, legate a un rischio di effetti secondari da radiazione praticamente nullo, ma che, proprio in ragione della grande complessità e sofisticazione tecnologica con cui vengono prodotte, devono essere sempre gestite e interpretate dallo specialista radiologo".

La professione del radiologo è profondamente mutata nell'arco degli ultimi 15 anni, evidenzia la Sirm. La radiologia ha cambiato radicalmente aspetto evolvendo da disciplina da molti considerata di 'serie B', rispetto alle grandi branche classiche della medicina, alla più moderna e tecnologicamente avanzata. Il radiologo, adattandosi alla rapida innovazione tecnologica, trova oggi una sua forte identità collocandosi al centro dei processi decisionali dei team multidisciplinari della moderna medicina. In questa crescita, il nostro Paese è stato determinante. "Gli studi scientifici più citati al mondo in campo radiologico sono italiani - rimarca Gianpaolo Carrafiello, presidente del 51esimo Congresso nazionale Sirm - e la nostra rivista societaria 'La radiologia medica' è un punto di riferimento scientifico a livello mondiale".

Sono oltre 10mila i radiologi medici italiani iscritti alla Sirm, società scientifica molto attenta alla formazione, soprattutto dei giovani, e che dal 20 al 23 giugno terrà a Milano il suo 51.esimo Congresso nazionale che coinciderà anche con il primo Congresso congiunto delle Società scientifiche dell'area radiologica che comprende medici radiologi, di medicina nucleare e radioterapisti. "L'idea di riunire le 3 società scientifiche - conclude Giovagnoni - è stata una sfida e un'esigenza dettata dalla trasversalità della nostra disciplina sempre più centrale fra le branche mediche e al cuore della diagnosi e del percorso di cura del paziente".

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Cronaca

‘Le avventure nel barattolo’, il racconto del cancro al...

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Al festival ‘Eredità delle donne’ presentata iniziativa per affrontare l’esperienza di malattia metastatica in famiglia

‘Le avventure nel barattolo’, il racconto del cancro al seno da madre a figli

Mettere in un barattolo dei bigliettini che saranno pescati per dare vita ai desideri in essi scritti. Inizia così ‘Le avventure nel barattolo’, la novella illustrata, edita da Gilead nella quale Enea e Sofia, insieme ai loro genitori, decidono che la malattia della mamma, il tumore al seno metastatico, non impedirà loro di vivere avventure bellissime e magiche. Il libro, presentato in anteprima a Firenze, in occasione del Festival ‘Eredità delle donne’ - iniziativa dedicata all’empowerment femminile che per la prima volta ha dedicato a questo tema con un talk - ha l’endorsement di Europa Donna Italia e il patrocinio della Società italiana di Psico-oncologia (Sipo) e sarà presto disponibile gratuitamente in versione digitale sul sito dedicato alla campagna Gilead (expose-mbc.com/).

Il racconto - spiega una nota - nasce dall’esperienza di Lauren Huffmaster, una mamma con tumore al seno metastatico, che affronta l’esperienza in linea con quanto affermava Marie Curie, tra le donne più celebri della storia e ispirazione per molte generazioni di donne: “Nella vita nulla va temuto bensì compreso”. Il tema su come comunicare il tumore al seno metastatico ai figli è molto attuale, meno dibattuto è cosa succede dopo, quando la notizia viene condivisa, come affrontare i momenti più complessi che le terapie comportano e come condividere stati d’animo che possono essere molto differenti nei figli in base all’età.

“La comunicazione della malattia in ambito familiare è un atto di grande coraggio e sensibilità, che non si esaurisce nel momento della notizia, ma si sviluppa e si rinnova ogni giorno, in ogni piccolo gesto e momento condiviso - afferma Dorella Scarponi, Segretario Generale di Sipo - Le avventure nel barattolo rappresenta una testimonianza autentica e preziosa su come sia possibile, persino nei momenti di maggiore difficoltà, coltivare la speranza e mantenere vivo uno spazio per la fantasia e la gioia con i propri figli. In questo cammino la psiconcologia può supportare le famiglie in percorsi di consapevolezza e accettazione, mostrando ai più piccoli che anche le sfide più complesse si possono affrontare insieme, passo dopo passo. Questa è una scelta che porta con sé una straordinaria eredità emotiva e, al contempo, un messaggio di forza rivolto a tutte le donne e a tutte le madri che ogni giorno combattono per sé stesse e per i propri figli”.

La donna, dal momento della diagnosi di evoluzione della malattia, amplifica i suoi pensieri e le sue preoccupazioni. I figli, che nella maggior parte dei casi, sono già a conoscenza del tumore al seno, devono compiere un passaggio molto delicato. Trovare dei codici di comunicazione efficaci che portino un nuovo equilibrio nella famiglia diventa fondamentale. “Parlare di tumore al seno metastatico in famiglia richiede delicatezza, ma anche coraggio e verità, elementi essenziali per costruire un nuovo equilibrio e comunicare speranza anche nei momenti difficili - osserva Rosanna D’Antona, presidente di Europa Donna Italia - Il nostro impegno come Europa Donna Italia è sostenere le pazienti affinché non siano sole nel loro percorso, affiancandole nel trovare strumenti e risorse per affrontare la realtà quotidiana con forza e dignità. Le avventure nel barattolo si inserisce in questo contesto: pagina dopo pagina, offre una narrazione quotidiana, delicata e piena di empatia, capace di parlare al cuore di adulti e bambini”.

La presentazione del libro in un’occasione come l’Eredità delle donne percorre in parte il messaggio di empowerment femminile. Il tumore al seno metastatico non è un tema di cui parlare solo in confini sanitari e dibattiti riguardanti la salute ma, anzi, si può portare all’attenzione del grande pubblico in occasione di discussioni più ampie, per dare voce a tutte le donne che vivono un’esperienza di malattia ma che non si identificano e non vogliono essere identificate in essa. “Scegliere di presentare ‘Le avventure nel barattolo’ al festival ‘Eredità delle donne’ è una decisione intenzionale - sottolinea Gemma Saccomanni, Sr. Director Public Affairs di Gilead Sciences Italia - Crediamo infatti che il racconto di una madre che affronta il tumore al seno, le sfide che la malattia porta con sé possano e debbano trovare spazio anche oltre i confini tradizionali della comunicazione sanitaria. Vogliamo offrire una piattaforma che mostri queste donne per quello che sono: forti, coraggiose, che costruiscono ogni giorno una vita fatta non solo di cura, ma anche di sogni e speranze per i propri figli”.

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Cronaca

In 3 anni oltre 450 donne salvate da dispositivo...

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Un traguardo importante per il braccialetto anti-aggressione ideato dalla società Security Watch

In 3 anni oltre 450 donne salvate da dispositivo anti-aggressione WinLet

In meno di 3 anni sono più di 450 le donne soccorse mentre si trovavano in situazioni di pericolo, sia in casi di violenza domestica che di aggressioni avvenute in strada. Un traguardo eccezionale, soprattutto se si considera che è stato raggiunto in meno di tre anni. Lo rende noto WinLet, il dispositivo anti-aggressione nato da un’idea di Pier Carlo Montali, Ceo della startup milanese Security Watch.

Il sistema WinLet, che ha visto la luce a giugno 2021, ha riscontrando sin da subito un grande successo - informa una nota - Nel 2024, l’azienda ha registrato un incremento di oltre il 200% rispetto al 2023, dimostrando così la capacità di WinLet di raggiungere un pubblico sempre più ampio, che spazia dagli adulti ai giovani, dagli uomini alle donne, passando dalle aziende, che lo hanno scelto come regalo di Natale per i propri dipendenti. Le donne rappresentano comunque una netta maggioranza, l’82% della base utenti con età media intorno ai 42 anni, contro il 18% degli uomini, con un’età media inferiore ai 25 anni. Inoltre, la maggioranza degli acquirenti proviene dalle grandi città italiane, tra cui Milano, Roma, Bologna, Torino, Firenze, Napoli e Palermo. Il 64% degli abbonati si trova nel Nord Italia, il 21% nel Sud Italia e il 15% nel Centro Italia. Infine, è stato dimostrato che la maggior parte degli allarmi (il 73%) viene attivata dopo le 18.

I dati sono chiari: a sentirsi meno sicure sono le donne, soprattutto nelle ore serali e principalmente quelle che vivono in città di grandi dimensioni, collocate primariamente nel Nord Italia. Ma da quando possiedono WinLet, gli utilizzatori si sentono più al sicuro nel vivere la propria quotidianità: lo ha affermato l’87% degli utenti, mentre il 62% ha asserito di aver regalato il dispositivo anche a un amico o a un parente. Dopo meno di 3 anni WinLet è quindi riuscito a dimostrare il proprio valore, mettendo in luce non solo la necessità di sentirsi al sicuro nel vivere la propria vita quotidiana, ma anche l’importanza di diffondere la cultura della sicurezza all’interno della società, riuscendo non solo a evitare situazioni di emergenza ma anche a prevenirle.

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Cronaca

Giulia Cecchettin, pm: “Omicidio ultimo atto...

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Il pm: "Turetta manipolava la vittima, non ha mai pensato davvero di suicidarsi". Assente in aula Gino Cecchettin

Filippo Turetta in aula - (Fotogramma)

Condannare all’ergastolo Filippo Turetta. E’ la richiesta pronunciata dal pm di Venezia Andrea Petroni nella requisitoria contro l’ex fidanzato di Giulia Cecchettin. "Aveva tutte le possibilità e gli strumenti culturali per scegliere", ha detto prima dei pronunciare la richiesta: "Andava a scuola in quelle che frequentano anche i vostri figli, si stava per laureare. Turetta è a credito, non è tra chi non ha mai avuto una chance o ha conosciuto la sopraffazione”.

La requisitoria

L'omicidio di Giulia Cecchettin è l’ultimo atto del controllo esercitato sulla vittima dall’ex fidanzato. La manipolava e non ha mai pensato di suicidarsi, ha detto il pm nella sua requisitoria. Presente in aula, Filippo Turetta - imputato per omicidio volontario pluriaggravato, sequestro di persona e occultamento di cadavere dell’ex fidanzata - ha assistito alla requisitoria immobile, con la testa bassa. È la seconda volta, dopo l’interrogatorio della scorsa udienza, che l'imputato compare davanti alla corte d’Assise.

Assente Gino Cecchettin, per impegni con la fondazione che porta il nome della figlia morta: a rappresentare in aula la famiglia Cecchettin c’è lo zio e la nonna Carla Gatto.

“Il rapporto tra Giulia Cecchettin e l’imputato è caratterizzato da forte pressione, dal controllo sulla parte offesa, le frequentazioni, le amicizie, le uscite”: quanto accade l’11 dicembre del 2023 è “l'ultimo di quegli atti” di controllo. Per l'accusa, Turetta ha pianificato di uccidere.

Turetta quando ha ucciso Giulia Cecchettin non ha mai pensato davvero di suicidarsi, così come ha usato questa finta minaccia in altre occasioni per tenere a sé la ventiduenne, sostiene il pm secondo il quale il suicidio va letto “in chiave ricattatoria”, è uno strumento “dell’azione manipolatoria nei confronti di Giulia”.

Se l’imputato compila un diario dei problemi di coppia - che si riscontrano anche nelle chat chilometriche tra i due -, anche la vittima scrive un ‘memorandum’ per ricordarsi i difetti e continuare a restare lontana sentimentalmente da Turetta. “Ha idee strane su farsi giustizia da solo, i miei spazi non esistono, dice cattiverie pesanti e minacce quando litighiamo, mi controlla”.

“Ti farò pentire di tutto il male che mi stai facendo…”. È uno dei messaggi che Turetta ha inviato alla vittima letto in aula dal pm per dimostrare lo stalking esercitato dall’imputato alla sbarra per omicidio. “Se la mia vita finisce la tua non vale niente” è un altro messaggio scritto dallo studente che ne invia diverse decine al giorno.

Il lungo elenco riguarda gli studi - Turetta chiede a Cecchettin di rallentare negli studi - e la volontà che la fidanzata non dedichi tempo alle amiche. Quando sa che sta per uscire per andare a mangiare una pizza, Turetta scrive “non lo fare, è tantissimo, è il limite”. Un’ossessione che porta a crisi di ansia nella vittima.

"Giulia aggredita ripetutamente, 25 ferite da difesa"

Giulia Cecchettin è stata aggredita “ripetutamente” già dal parcheggio di Vigonovo e fino ai venti minuti dopo quando la sagoma della ventiduenne viene ripresa, a terra, nell’area industriale di Fossó, ha affermato ancora nella requisitoria Petroni aggiungendo che nel parcheggio “non c’è stato il tempo di una discussione, tutto è durato sei minuti: sono state trovate diverse macchie di sangue, la lama di un coltello senza impugnatura, il sangue è sicuramente della persona offesa. C’è un’aggressione dinamica, Giulia era cosciente e chiedeva aiuto”.

Giulia viene costretta a risalire in auto e prima di arrivare a Fossó “è stata colpita più volte: sanguina copiosamente come dimostrano le tracce di sangue nell’auto”. “L’aggressione nell’area industriale “dura pochissimo”, il video della telecamera di una ditta mostra soprattutto “la persona inerme in terra che significa che tutta una serie di lesioni, in particolare le 25 lesioni sulle mani, l’immobilizzazione e il silenziamento (uso di scotch, ndr) sono avvenute prima, non hanno ragione di essere dopo”.

“Non è in dubbio la colpevolezza dell’imputato, le prove sono talmente evidenti contro Turetta, c’è l’imbarazzo della scelta” degli elementi che lo rendono responsabile dell’omicidio dell’ex fidanzata Giulia Cecchettin, ha sottolineato il pm.

Quando dopo una settimana di fuga, Filippo Turetta viene fermato in Germania e confessa di aver ucciso l’ex fidanzata “non si sta costituendo, ma ha finito i soldi e si prepara all’arresto cancellando le prove sul suo cellulare”. Più che a quanto trovato in auto, il pubblico ministero pone l’attenzione sulle cose di cui si è disfatto l’imputato: “Non c’è il cellulare della vittima, non ci sono i vestiti insanguinati di Turetta” alcuni degli esempi citati dal pm in aula.

Il corpo di Giulia Cecchettin, coperto da sacchi neri, e abbandonato vicino al Lago di Barcis è stato “trovato in una nicchia, non so come l’abbia trovata l’imputato di notte. Se quella settimana avesse nevicato noi il corpo lo staremmo ancora cercando”., ha sottolineato quindi.

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