Presidente Municipio Nicola Franco dopo il blitz: “Si avvera il sogno di cambiare Tor Bella Monaca”
"Da oltre 30 anni mio impegno contro i box di Via dell'Archeologia, fortino della criminalità"
Le cantine dei palazzoni popolari di via dell'Archeologia sono state per trent'anni un fortino inaccessibile. Davanti al 'ferro di cavallo' di via dell'Archeologia si passava come attraverso una dogana controllata da vedette e spacciatori. Tutti sapevano cosa si nascondeva lì dentro, ma quel vaso di Pandora è stato scoperchiato solo stamattina con oltre 150 uomini che stanno tirando fuori di tutto, tra moto rubate e pezzi di auto cannibalizzate, droga, armi. Nicola Franco, presidente del VI Municipio Le Torri, se la ride. Compiaciuto da una operazione che ha immaginato e sognato per 31 anni. "Era il 1993, ero stato appena eletto appena 22enne consigliere col Movimento Sociale Italiano - racconta all'Adnkronos - Allora il sottosegretario all'Interno con delega alla Polizia di Stato era Maurizio Gasparri, io ero un suo collaboratore in segreteria e gli dissi che dovevamo demolire i box. Gasparri si convinse, cercò di organizzare tutto ma ci fermarono dalla Prefettura perché quel blitz avrebbe creato un problema alle operazioni fatte all'epoca. Non se ne fece più niente: grazie al prefetto Giannini, al quale ho chiesto di realizzare questo mio sogno, questa mattina l'operazione è diventata realtà".
Dalle 7 di questa mattina Franco è in strada insieme agli oltre 150 uomini delle forze dell'ordine impegnati nella bonifica delle cantine del 'ferro di cavallo' a Tor Bella Monaca, arbitrariamente riconvertite dalla criminalità a 'deposito' di refurtiva e droga. "L'operazione di oggi durerà tre giorni ed è scattata all'indomani dello sgombero di un centro sociale occupato da 32 anni - spiega - Da un anno a questa parte la solidità del Questore e del Prefetto permettono di realizzare una legalità per troppo tempo in mano alle sole forze dell'ordine locali, sempre operative ma lasciate sole contro 14 clan mafiosi. Il territorio, oggi al centro del più grande intervento del Pnrr di riqualificazione urbana, va rigenerato da criminali che per decenni si sono sostituiti alle Istituzioni con un welfare criminale più immediato rispetto a quello pulito 'ostaggio' delle lungaggini della burocrazia. C'é gente stipendiata per tenere la droga in casa, per fare la vedetta, trattata bene e protetta, in questo modo fidelizzata".
Gente che però, ultimamente, è tornata a credere nelle Istituzioni, applaudendo le operazioni antidroga. "La regola numero 1? Abolire lo stereotipo dell''infame', qui prima molto in voga. Quando mi sono insediato alla presidenza del Municipio, ho invitato i residenti a segnalarmi per mail in anonimato le situazioni di illegalità, aprendo i miei uffici il venerdì pomeriggio ai cittadini che vogliono venire a farmi delle confidenze: sono passate settimane di vuoto, dove non si presentava nessuno; oggi c'é la fila. Ci sono riuscito facendogli capire che potevano fidarsi, che dalle loro segnalazioni sarebbero scaturiti provvedimenti reali, che non si sarebbe trattato di blitz isolati, ma che l'azione sarebbe stata a cascata. La mia è una missione, quello che voglio ardentemente è cambiare il territorio dove non solo vivo, ma dove sono nato e cresciuto", continua il presidente del Municipio tra i più difficili di Roma con la piazza di spaccio più grande d'Europa e col più alto tasso di criminalità.
"La soddisfazione è tanta in un territorio dove la politica ha sempre fatto un passo di lato, delegando la sicurezza alle forze dell'ordine, anche per non perdere l'elettorato. Io sono entrato a gamba tesa per dare un futuro sicuro ai ragazzi che abitano qui, a un passo da una importante università dove chi nasce e cresce sul territorio non si laurea", dice ancora Nicola Franco. La scritta "Infame" sulla porta del suo ufficio non lo ha scalfito. "E' una roba con la quale si convive, se si fa politica qui - commenta - Non ho paura, sono un ex pugile e sono determinato a vincere e poi mi sento tranquillo perché qui al mio fianco ho le migliori forze dell'ordine. Questa per me è una missione, non ho mai aspirato a fare il parlamentare. Voglio rimanere presidente del Municipio, provare a cambiare questo territorio e poi godermi la pensione. E' un periodo, sto sacrificando la mia famiglia che ho seguito sempre tanto, ma so che finirà e finché ci sono faccio tutto quello che penso sia giusto". (di Silvia Mancinelli)
Cronaca
Giulia Cecchettin, pm: “Omicidio ultimo atto...
Al via la requisitoria, il pm chiederà l'ergastolo. Assente in aula Gino Cecchettin
L'omicidio di Giulia Cecchettin è l’ultimo atto del controllo esercitato sulla vittima dall’ex fidanzato Filippo Turetta. E' iniziata la requisitoria con cui il pm Andrea Petroni è pronto a chiedere l'ergastolo per il giovane, imputato per omicidio volontario pluriaggravato, sequestro di persona e occultamento di cadavere dell’ex fidanzata.
In prima fila, davanti alla corte d’Assise di Venezia, accanto ai difensori, nella Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, c’è l’imputato. Assente Gino Cecchettin, per impegni con la fondazione che porta il nome della figlia morta: a rappresentare in aula la famiglia Cecchettin c’è lo zio e la nonna Carla Gatto.
“Il rapporto tra Giulia Cecchettin e l’imputato è caratterizzato da forte pressione, dal controllo sulla parte offesa, le frequentazioni, le amicizie, le uscite”: quanto accade l’11 dicembre del 2023 è “l'ultimo di quegli atti” di controllo. Per l'accusa, Turetta ha pianificato di uccidere.
“Non ci saranno riflessioni sul femminicidio come tematica o alla Giornata di oggi, simbolo contro la violenza contro le donne, perché in questa sede si accertano solo responsabilità individuali”, ha esordito il pm sottolineando: “Noi siamo stati sempre prudenti nelle imputazioni, ma la richiesta finale di condanna è la conseguenza inevitabile dell’esito delle indagini”.
Le parole di Turetta
"Ho ucciso Giulia perché non voleva tornare con me, soffrivo di questa cosa. Volevo tornare insieme e lei non voleva…mi faceva rabbia che non volesse" sono state le parole di Turetta. "Ho ipotizzato di rapirla in macchina, di allontanarci insieme verso una località isolata per stare più tempo insieme…poi aggredirla, togliere la vita a lei e poi a me" ha detto l'imputato.
Cronaca
Incendio devastante a Roma Est: Paura e famiglie evacuate...
Una notte infernale a Roma Est, ancora una volta. Ancora un capannone abbandonato, ancora quelle maledette fiamme che spaccano il buio e riempiono l’aria di paura, di incertezza, di domande senza risposta. Questa volta è toccato alla Rustica, un quartiere che già conosce troppo bene il significato di degrado e abbandono. Era la notte tra il 24 e il 25 novembre, quando quel capannone industriale dismesso – 6.000 metri quadrati di niente e di troppo – ha preso fuoco. Le fiamme erano alte, altissime, si vedevano da chilometri di distanza, un bagliore che urlava “pericolo” a chiunque lo guardasse. Dentro c’era di tutto: plastica, pneumatici, vernici. Cose che, quando prendono fuoco, si trasformano in un inferno vero. E così è stato. Un inferno.
I vigili del fuoco sono arrivati subito, senza perdere un attimo, con otto squadre e sei autobotti, pronti a combattere contro quelle fiamme infernali. Hanno lottato per ore, tutta la notte, senza sosta, cercando di domare quel mostro impazzito. Non è stato facile, per niente. L’area era enorme, e quei materiali – così maledettamente infiammabili – sembravano non voler smettere di alimentare le fiamme, come se avessero una volontà propria. Dal rogo si è alzata una colonna di fumo nero, denso, pesante, che ha invaso ogni angolo dell’aria, preoccupando tutti. Sul posto sono arrivati anche i tecnici dell’ARPA Lazio, per monitorare la qualità dell’aria. Perché, diciamocelo, quell’incendio ha liberato sostanze nell’atmosfera che certo non fanno bene e questo lo sappiamo tutti.
Ma c’è di più. Quel capannone, anche se dismesso, non era affatto vuoto. Dentro c’erano decine di famiglie. Persone che cercavano un rifugio, un riparo, un posto dove stare. E invece, all’improvviso, si sono ritrovate a dover lasciare tutto, a scappare via, con il cuore in gola, nella fretta più totale. Immaginate la paura. Non solo per loro ma anche per chi viveva lì vicino, attorno a quel capannone. La paura è stata reale, intensa. Sui social sono apparsi messaggi, tanti messaggi di residenti. C’era chi lamentava l’odore acre del fumo, chi non riusciva a dormire, chi aveva paura per la propria salute. Fortunatamente, al momento non ci sono vittime. Ma quella tensione, quel senso di inquietudine, lo si sente ancora, pesante, nell’aria.
Le cause? Ancora non si sa con certezza cosa abbia scatenato tutto questo caos. Forse un fuoco acceso all’interno del capannone, magari solo per scaldarsi un po’ in una notte gelida. Gli inquirenti sono all’opera, esaminano ogni dettaglio, cercano indizi, cercano di capire se ci siano responsabilità, se qualcuno abbia colpa. E noi? Noi restiamo qui, ad aspettare risposte.
E qui torniamo a un problema che, purtroppo, non è affatto nuovo. Solo qualche mese fa, il 26 giugno, un altro capannone industriale abbandonato era finito in fiamme a San Basilio. Ancora una volta, un edificio dimenticato, pieno di materiali infiammabili, lasciati lì senza controllo, senza nessuno che se ne occupasse. Ancora una volta, fiamme altissime, paura, disperazione. Ma cosa stiamo facendo davvero per evitare che succeda ancora? Le autorità hanno avviato indagini, hanno fatto sopralluoghi ma serve di più, molto di più. Serve un piano serio per questi luoghi abbandonati, serve impedire che diventino bombe pronte a esplodere, rifugi precari che possono trasformarsi in trappole mortali.
Intanto, le raccomandazioni per i residenti sono chiare: fare attenzione alla qualità dell’aria, seguire le indicazioni ufficiali. Ma, diciamocelo, quanto ancora dovremo convivere con questi rischi? Quanto ancora dovremo aspettare prima che qualcosa cambi davvero?
Cronaca
Pioggia e tanto freddo in arrivo sull’Italia,...
Spesso grigi e temperature nemmeno troppo fredde visto il flusso perturbato di origine atlantica
Dopo un avvio di settimana con qualche pioggia e un clima più mite sull'Italia, ci aspetta una nuova irruzione di aria fredda. Dopo una breve tregua nella giornata di oggi lunedì 25 novembre, dove a far notizia sarà soltanto qualche isolato piovasco sulla Liguria, una nuova perturbazione farà il suo ingresso da domani, martedì 26, provocando un blando peggioramento del tempo dapprima al Nord e poi in estensione anche al Centro-Sud. Si tratterà di piogge deboli e intermittenti tipiche della stagione autunnale con cieli spesso grigi e temperature nemmeno troppo fredde visto il flusso perturbato di origine atlantica.
Da sabato 29 novembre in avanti è prevista una nuova svolta fredda: un nocciolo d'aria molto fredda di origine polare scenderà rapidamente verso la Russia, per poi puntare dritto verso le regioni balcaniche e coinvolgendo anche il nostro Paese, specialmente le regioni adriatiche e meridionali fa sapere iLMeteo.it. Gli effetti saranno evidenti con un peggioramento del meteo accompagnato da precipitazioni sparse al Sud e lungo le aree adriatiche e il tutto condito da un deciso calo delle temperature, che scenderanno ben al di sotto delle medie climatiche stagionali. Tornerà anche la neve sugli Appennini sotto i 1000 metri di quota.
Oggi, lunedì 25 novembre - Al Nord: nuvoloso con pioviggine in Liguria. Al Centro: piovaschi sul Lazio. Al Sud: soleggiato e mite.
Domani, martedì 26 novembre - Al Nord: coperto con piogge sparse da ovest verso est. Al Centro: coperto su Toscana, Umbria e Marche. Al Sud: bel tempo prevalente.
Mercoledì 27 novembre - Al Nord: piogge sui settori orientali e Levante Ligure. Al Centro: piogge sparse in Toscana, occasionali altrove. Al Sud: soleggiato, peggiora in serata sulla Campania.
Tendenza: da venerdì irruzione di aria più fredda dalla Russia.