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L'epidemiologo Gianni Rezza all'Adnkronos Salute: "Piano pandemico aggiornato c'è, ma va approvato e ben finanziato". Il punto sulla trasmissione da uomo a uomo

Controlli medici per l'aviaria - Fotogramma /Ipa

Negli Usa il dibattito è già in corso: ci si sta preparando ad una eventuale pandemia di influenza aviaria? Se sulla rivista 'The Lancet' si evidenziano i passaggi fondamentali da non tralasciare - dal rapido sviluppo di test specifici H5 ad analisi virologiche continue per identificare i cambiamenti nel virus che potrebbero avere un impatto su adattabilità e trasmissibilità, dallo sviluppo e produzione di vaccini alla comunicazione chiara e trasparente col pubblico - esperti d'Oltreoceano come lo scienziato Eric Topol fanno notare che al momento "non si sta facendo tutto ciò molto bene" e occorre "prepararsi" alla possibilità di trasmissione dell'influenza aviaria di H5N1 da uomo a uomo. E l'Italia è pronta? "Noi dovremmo avere un piano pandemico aggiornato. Credo sia pronto, anche se non ancora approvato, mi sembra. Spero che avvenga presto, chiaramente con un finanziamento adeguato", evidenzia all'Adnkronos Salute l'epidemiologo Gianni Rezza.

"Topol conosce gli Stati Uniti e sa meglio di noi quello che si sta facendo - riflette l'ex Dg Prevenzione del ministero della Salute, oggi docente straordinario di Igiene all'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano - Ricordo, però, che negli Stati Uniti venne identificato il virus H1N1 nel 2009, che era emerso in Messico e venne identificato in California" e poi in altri Stati, prima di essere dichiarato pandemia. "Mi riesce dunque difficile pensare che i Cdc", Centri Usa per il controllo e la prevenzione delle malattie, "o chi per loro non siano in grado oggi di identificare terreni di trasmissione umana. Sul fatto della preparazione, invece, non so come si stanno muovendo" gli States. "In Italia il piano pandemico aggiornato dovrebbe essere pronto", in attesa di ok. "Quello che è importante è che si siano fatte delle esercitazioni, che ci siano scorte sufficienti di ciò che serve ed è chiaro che su questo fronte il fatto che ci sia stata una pandemia da poco aiuta, anche nella flessibilità per adattare le esigenze a un'epidemia".

Cosa si dovrebbe fare in caso di trasmissione interumana confermata su larga scala? "A quel punto - analizza Rezza - si dovrebbe attivare tutto in termini di risposta: scorte, anche di dispositivi di protezione, piano di distribuzione del vaccino, sistemi diagnostici per identificare prontamente un'eventuale circolazione anche nel nostro Paese. Tutte cose che sono previste anche in questo piano pandemico che spero sia approvato presto e, ripeto, con un finanziamento adeguato".

Sarà pandemia? Lo scenario futuro e il "finale non scontato"

Una pandemia da influenza aviaria H5N1, a così breve distanza da Covid, potrebbe verificarsi davvero? "Non è un finale scontato. La ritengo possibile, non so quanto probabile. Sono 20 anni che questo virus circola. Ora circola più frequentemente nei mammiferi, è vero, però si adatterà all'uomo tanto da essere trasmesso in maniera efficiente da persona a persona? Non lo sappiamo. E, pure se fosse, manterrà questa virulenza una volta che si trasmettesse da persona a persona? Gli allarmismi" senza elementi chiari "sarebbero deleteri. Gridare 'al lupo, al lupo' fa sì che nel momento in cui qualcosa succede davvero nessuno ci crede. Questo è da evitare, anche perché oggi non è che la gente debba fare qualcosa" per scongiurare eventuali rischi, "o debba spaventarsi per qualcosa particolare. Quello che è importante è che chi deve occuparsene sia pronto", spiega quindi Rezza che guarda agli scenari futuri.

E, all'Adnkronos Salute, traccia un quadro di quello che potrebbe accadere adesso, con il virus che circola sempre di più nei mammiferi, come le mucche da latte negli Usa. "Intanto - analizza - quello che conta è che" chi si dovrà eventualmente occupare della gestione di un evento simile "faccia ciò che bisogna fare per renderci pronti e non essere un passo indietro rispetto magari ad altri Paesi. Il problema oggi è, da una parte, evitare l'allarme e dall'altra essere preparati perché non c'è una scadenza delle pandemie", avverte l'ex Dg Prevenzione del ministero della Salute e super esperto di malattie infettive dell'Iss (Istituto superiore di sanità). "Potrebbe succedere un anno o il mese dopo, tanto più che si tratta di virus diversi: Covid era un coronavirus e questa sarebbe un'influenza. Però non è detto neanche che sia H5N1 la causa della prossima pandemia. Se si ricorda, nel 2009 tutti si aspettavano una pandemia d'origine aviaria che venisse da Est e arrivò una pandemia d'origine suina da Ovest. Non fu gravissima, gli anziani erano protetti".

Quindi, continua Rezza, "diciamo che l'epilogo pandemico non è ancora scritto, non è scontato, perché non abbiamo per ora un'evidenza di trasmissione dell'infezione da persona a persona. Il virus non sembra aver fatto quelle mutazioni che lo adattano del tutto all'uomo. Certo, ci sono notizie del fatto che ha circolato prima in un mammifero e dopo in un altro, c'è stato il caso umano segnalato negli Usa, il monitoraggio in corso su altre persone. Di fronte a tutto questo, le domande ci sono. Ma è una fase in cui non ci si deve sbilanciare, non per motivi diplomatici o per essere cauti, ma perché non ci sono degli elementi per dire che c'è una trasmissione in atto o escluderla. E' logico che chi deve occuparsene deve avere la massima attenzione, non c'è dubbio. Bisogna continuare a monitorare. Il caso di trasmissione interumana può anche verificarsi, ma se il virus non è ben adattato e non si trasmette in maniera efficiente da una persona all'altra, non avremo una trasmissione sostenuta". Il quadro "si dovrebbe definire e allora vedremo. Si dovrebbe pure, a un certo punto, chiarire il nodo dei casi sospetti. Per ora ci sono tutta una serie di domande che chiedono ancora delle risposte".

Vaccino pre pandemico, l'opzione c'è

Se dovesse servire un vaccino, nel caso in cui si sviluppasse un'epidemia di H5N1 nell'uomo, "il problema non sarebbe mettere a punto un vaccino contro un'influenza aviaria che si 'umanizzasse', quanto piuttosto produrlo su ampia scala in tempi rapidi. A questo proposito ci sono due aziende che già hanno prodotto dei vaccini pre-pandemici basati su H5. Se incominciasse a circolare una variante un po' diversa, potrebbe essere facilmente adattato. Non sarebbe un problema perché non siamo di fronte a un coronavirus, ma a un virus influenzale, sia pur aviario. E vaccini contro i virus influenzali ce ne sono ormai da decenni", spiega ancora Rezza.

"L'esperienza c'è, sappiamo come funziona - assicura -. Non ci troviamo di fronte a un virus completamente sconosciuto per il quale non ci sono stati vaccini mai adattati. Però è chiaro che la produzione su ampia scala non è uno scherzo. E infatti, l'Oms dice che ci vorrebbero 4-6 mesi per distribuire le dosi perché c'è uno 'scale up' della produzione da fare. Adesso ci sono anche piattaforme diverse e alle tecnologie classiche magari potrebbero aggiungersene anche altre. Intanto sulle classiche piattaforme ci sono almeno due vaccini pre-pandemici che potrebbero essere facilmente adattati".

"La partnership globale Cepi", Coalition for Epidemic Preparedness Innovations, "evidenziava che dobbiamo fare in modo che la prossima volta il vaccino lo si abbia in 100 giorni, perché ogni giorno in più conta. Il problema, in questo caso, sarebbe la produzione su ampia scala. Quanto all'Italia, quando ero al ministero opzionammo, in un joint program europeo, uno di questi vaccini pre-pandemici. E' chiaro che come Paese bisogna essere pronti. Ed essere pronti vuol dire anche avere l'opzione per eventuali vaccini pandemici".

Trasmissione da uomo a uomo, il punto

"Non è facile capire bene la situazione in questo momento" con il virus dell'influenza aviaria A H5N1. Ci sono diversi aspetti ancora da chiarire prima di sbilanciarsi su qual è il presente e quale sarà il futuro, spiega ancora Rezza. "Questo virus che ha come serbatoio naturale gli uccelli migratori ormai, circola almeno dal 2003, quindi 20 anni - ripercorre l'epidemiologo - A partire dal 2004-2005 cominciò a dare casi umani sporadici in persone che venivano a contatto con polli e volatili da cortile contagiati da uccelli migratori. Donne e bambini che si occupavano di questi animali da cortile, in Paesi in cui c'era un'economia di sussistenza basata su questo tipo di attività, si infettavano con un'elevata letalità. Sempre nel primo decennio degli anni 2000 vi fu il primo episodio di trasmissione interumana rilevante a Sumatra in Indonesia".

Era aprile-maggio 2006: "Una donna" che prese l'infezione da un animale ammalato "infettò 6 membri di una famiglia allargata e uno di questi a sua volta infettò un'altra persona, un altro componente della famiglia: tre generazioni di casi. Dopodiché la stragrande maggioranza di casi identificati da allora, alcune centinaia, sono casi in cui è avvenuto un passaggio di specie dall'animale all'uomo. Questo virus non ha mai acquisito, perlomeno finora, la capacità di trasmettersi da persona a persona in maniera efficiente", puntualizza Rezza. Il precedente di Sumatra "sembra essere l'episodio più importante. Va detto che anche altri virus aviari, per esempio l'H7N7, hanno dato dei piccoli focolai epidemici ma si sono fermati lì". Adesso che succede? "Da un po' di tempo questo virus comincia apparentemente a circolare tra i mammiferi: visoni, cani, gatti, e adesso nelle vacche, fra le quali negli Usa sembra esserci un'epidemia abbastanza estesa. Sempre negli Stati Uniti è stato identificato un caso umano, quella congiuntivite emorragica riportata sulla rivista 'Nejm'".

Ma adesso, continua, "è stato anche spiegato che ci sarebbero circa 300 casi sospetti sotto osservazione, monitoraggio e testing, però non sappiamo se alcuni di questi siano effettivamente positivi", ricorda Rezza. La stessa Oms, facendo il punto qualche giorno fa, aveva citato almeno 220 persone monitorate e 30 sottoposte a test, evidenziando anche che erano molte di più quelle esposte ad animali infetti e potenzialmente a rischio, quindi l'importanza che tutti venissero testati o monitorati. "Anche in questo caso vorrebbe dire poco il fatto che ci siano altri casi, ammesso che sia così - ragiona Rezza - perché resterebbe la domanda principale: se questi casi, cioè, sono dovuti a trasmissione interumana o sono comunque tutte persone che sono state a contatto con vacche infette. Vanno monitorati e testati, non è sicuro che siano casi di H5N1 e in ogni caso l'ipotesi che ci sia trasmissione interumana sarebbe ancora da verificare. Non da escludere - ammette - ma da verificare".

Cosa si sa sul virus H5N1 oggi, dopo la sua circolazione nei mammiferi? "Le analisi molecolari che hanno fatto, per esempio, alcuni biologi evoluzionisti inglesi non mostrano ancora un grande adattamento del virus all'uomo, sinceramente - osserva Rezza - Questo virus", secondo queste analisi condotte sulla sua evoluzione, "avrebbe ancora maggior affinità per i recettori 'profondi', quelli che si trovano nelle basse vie respiratorie. Difficile dire dunque cosa succederà. Ed è difficile dire se questo virus si adatterà all'uomo tanto da diventare trasmissibile da persona a persona. Si può escludere? No. Succederà sicuramente? Non lo sappiamo".

Un altro aspetto su cui si sofferma Rezza sono i timori espressi da alcuni esperti sul rischio che possa diffondersi un virus con una letalità elevata, anche del 50%. "Ma, ancora una volta, non è detto - precisa - Non è detto che un virus che si adatti all'uomo, dopo mantenga le caratteristiche di alta virulenza. Potrebbe farlo e potrebbe non farlo. Troppe certezze in questo momento non ne abbiamo. Un ultimo elemento è come si adatta un virus all'uomo. O si adatta facendo piccole mutazioni che gli conferiscono una maggiore affinità per i recettori delle alte vie respiratorie, della gola, in modo che si trasmetta più facilmente da persona a persona. Oppure, per esempio, in un ospite come il maiale, che è recettivo sia a virus umani che a virus aviari, potrebbe fare un riarrangiamento, quello scambio di segmenti genici che in genere i virus influenzali qualche volta fanno". Ecco quindi perché, per l'esperto, è presto per dire come andrà. "Al momento è una situazione in cui ogni allarmismo è fuori luogo, anche perché adesso non possiamo fare nulla se non osservare, monitorare, testare e prepararsi", conclude.

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Salute e Benessere

Lega vuole in Commissione covid il medico sospeso nel 2022,...

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Frajese, noto per le sue esternazioni critiche sui vaccini covid, nel mirino di Burioni: "Dracula all'Avis". Cartabellotta risponde a Borghi: "Governatori informati della scelta di un no-vax?"

Il leghista Claudio Borghi - Fotogramma

La Lega vuole in Commissione covid, in qualità di consulente, il prof. Giovanni Frajese, medico noto per le sue esternazioni estremamente critiche sui vaccini covid e sospeso dall'Ordine dei medici nel 2022. E sui social, dopo l'annuncio del senatore del Carroccio Claudio Borghi, si accende la polemica.

"Dracula consulente dell'Avis", la polemica e il botta e risposta

"Ieri si è tenuto l'ufficio di Presidenza della Commissione Covid. Come da promesse, come gruppo Lega chiederemo la nomina del professor Giovanni Frajese come consulente della commissione", scriveva ieri su X il senatore della Lega.

"Dracula consulente dell'Avis", il commento del virologo Roberto Burioni sulla sua pagina Facebook (parallelismo che aveva usato anche per Robert Kennedy jr a capo della sanità americana). "Il gruppo della Lega chiede che venga nominato come consulente della Commissione Covid Giovanni Frajese, un medico sospeso dall'Ordine dei medici per le sue posizioni antiscientifiche. Poi si lamentano se perdono voti", il commento postato anche su X.

Sulla stessa linea anche Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, che sempre via X attacca: "Borghi ha chiesto di nominare consulente per la Lega in Commissione Covid un medico no-vax già sospeso per inosservanza dell'obbligo vaccinale. Senatore Borghi - chiede Cartabellotta - ma i presidenti di Regione Zaia, Fedriga e Fontana sono stati informati di questa scelta oculata?".

La replica arriva a stretto giro e innesca un botta e risposta: "Caro Cartabellotta, quando lei arriverà al livello di Frajese come medico, come professore e come coraggio personale mi faccia un fischio. Quanto ai nostri ottimi presidenti di Regione non sono in Parlamento. Ognuno fa il suo mestiere e risponde ai suoi elettori".

"Caro Borghi - ribatte Cartabellotta - non giocando nel campionato dell'antiscienza non posso raggiungere certi livelli. Riguardo al suo mestiere, si domandi quanti voti guadagna rispetto a quelli che fa perdere alla Lega".

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Salute e Benessere

Aviaria, primo caso virus H5N1 in un bambino negli Usa

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E' il primo caso pediatrico negli States

Analisi di una provetta

Primo caso pediatrico di influenza aviaria H5 negli Stati Uniti. I Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) hanno confermato un'infezione umana da virus A H5N1 in un bambino in California. "In linea con i casi umani precedentemente identificati negli Usa - evidenziano dall'agenzia federale in una nota - il bambino risulta aver manifestato sintomi lievi e ha ricevuto antivirali antinfluenzali. Sono stati rilevati bassi livelli di materiale virale nel campione iniziale raccolto e i test di follow-up effettuati diversi giorni dopo sono risultati negativi per l'influenza aviaria H5 ma positivi per altri virus respiratori comuni. Il bambino si sta riprendendo dalla malattia". Ed è in corso un'indagine del Dipartimento di salute pubblica della California (Cdph) sulla possibile fonte di esposizione del bambino all'H5N1.

Nell'ambito di queste attività d'indagine, tutti i componenti della famiglia del bambino hanno riferito di aver avuto sintomi e sono stati raccolti campioni anche da loro, informano i Cdc. Tutti i risultati dei familiari però sono negativi per l'influenza aviaria H5, alcuni sono invece risultati positivi per gli stessi virus respiratori comuni rilevati successivamente nel bambino. Il tracciamento dei contatti continua, ma al momento non ci sono prove di diffusione da persona a persona dell'influenza aviaria H5N1 da questo bambino ad altri soggetti. "Ad oggi, non è stata identificata alcuna diffusione da persona a persona associata a nessuno dei casi di influenza aviaria H5N1 segnalati negli Stati Uniti", precisano i Cdc.

Questo caso è stato rilevato tramite test per l'influenza e segnalato al dipartimento californiano tramite il sistema di sorveglianza nazionale dell'influenza. E' il secondo caso statunitense identificato così. I Cdc continuano a monitorare i dati, in particolare negli Stati Usa colpiti da epidemie negli animali, tra cui la California, dove sono state rilevate epidemie diffuse di influenza aviaria H5N1 negli uccelli selvatici e nel pollame domestico dal 2022 e nelle mandrie da latte dall'agosto 2024 in quello Stato. Infezioni umane limitate e sporadiche con il virus dell'influenza aviaria H5N1, in cui non è stata identificata l'esposizione degli animali, sono molto rare ma si sono verificate, principalmente in paesi diversi dagli Stati Uniti, precisano ancora gli esperti. "Questi casi sottolineano l'importanza della sorveglianza e delle indagini in corso a livello locale, statale e federale", aggiungono.

Includendo questo caso più recente, nel 2024 sono stati segnalati negli Stati Uniti 55 casi umani di influenza aviaria H5, di cui 29 in California". La valutazione del rischio dei Cdc per il pubblico in generale rimane "bassa. Tuttavia, le persone esposte ad animali infetti o potenzialmente infetti, come uccelli, bovini da latte o altri animali (compreso il bestiame), o ad ambienti contaminati da uccelli infetti o altri animali, sono a più alto rischio di infezione".

I Cdc, si legge infine nella nota, "raccomandano di evitare l'esposizione non protetta ad animali malati o morti, tra cui uccelli selvatici, pollame, altri uccelli domestici e altri animali selvatici o domestici (comprese le mucche)".

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Salute e Benessere

Università: teatro in corsia, alla Sapienza progetto...

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Rosalba Panzieri, ideatrice del progetto, 'si deve ripartire da una relazione autentica in cui arte e scienza cooperano per sostenere la persona malata'

Rosalba Panzieri

Domani durante il convegno il Teatro e la cura all'Università Sapienza di Roma, attraverso il teatro e la letteratura Rosalba Panzieri - scrittrice e attrice e ideatrice del progetto di umanizzazione della medicina - sarà presenterà agli studenti la Cartella clinica umanizzata, un protocollo di sperimentazione per sostenere la psiche della persona malata e favorire il rapporto medico paziente. Il progetto cartella clinica umanizzata, sostenuto da Cnr, Fnomceo, riprende il tour di sperimentazione negli ospedali italiani e sarà presentato agli studenti anche attraverso una performance teatrale dell’autrice.

"Arte e medicina sono strumenti contigui e primari di cura e questo evento di studio e di incontro con i cittadini e si connotano come una risorsa e una riflessione necessaria per promuovere e sostenere una nuova cultura di dialogo tra arte e scienza, tra medico e paziente. Infatti - spiega Rosalba Panzieri - soltanto superando la separazione e la frammentazione tanto dei saperi quanto degli individui è possibile dare una formazione e una risposta evoluta alla richiesta di cura". Il convegno è organizzato dalla professoressa Sonia Bellavia, ordinario di storia del teatro, in collaborazione con Rosalba Panzieri, Alessandro Frolli, professore associato Psicologia Sviluppo e Comunicazione di Unint e la dottoressa Palma Guida, docente presso Unint, insieme a Roberto Calabrese, psicologo e musicoterapeuta. "Il convegno è stato pensato per far dialogare tra loro, in modo virtuoso, discipline diverse, per una rivalutazione globale dell’umano e rendere partecipi gli studenti", ha sottolineano Sonia Bellavia.

Paolo Petralia, già direttore Generale del Gaslini di Genova e vice presidente vicario della Fiaso, interverrà nella giornata di sabato, "nella relazione medico-paziente si esprime la necessità del prendersi cura, che precede e moltiplica gli effetti delle cure”. Cristoforo Pomara, professore di Medicina Legale all’Università di Catania, altro relatore della giornata di sabato, ricorda che "come sancito dalla legge, la comunicazione è tempo di cura ed è lo strumento più efficace nella prevenzione dei conflitti". Conclude Panzieri, "uno degli scopi primari del progetto è creare una nuova cultura dell’uomo che rivoluziona, e al contempo restituisce alle origini, la relazione medico-paziente. Soltanto ripartendo da una relazione autentica in cui arte e scienza cooperano per sostenere la persona malata è possibile superare la personalizzazione restituire una cura che sia rispondente al concetto di salute sancito dalla nostra costituzione".

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