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Un italiano su due segue una dieta, ma vince il ‘fai da te’

Solo il 19% si affida a un professionista

Misurazione del giro vita

La metà degli italiani segue una dieta o sta attento a quello che mangia ma pochi si affidano a uno specialista. "Il 51% si attiene a una dieta o a un regime alimentare controllato, ma solo nel 19% dei casi a prescriverli è stato un professionista", è la fotografia che emerge dall'indagine dell’Osservatorio Sanità di UniSalute, che insieme a Nomisma ha interrogato un campione di 1.200 persone sul loro rapporto con il cibo.

"La prima notizia è che sempre più italiani dichiarano di seguire una dieta o un regime alimentare controllato: se nella rilevazione effettuata nel 2021 erano meno di un terzo (29%), oggi sono ben il 51% - evidenzia il report - Questa percentuale è composta però solo per il 19% da chi si è affidato a uno specialista, come un dietologo o un nutrizionista, nonostante il 60% degli intervistati si dichiari interessato a farsi seguire da un professionista dell’alimentazione. Molti optano invece per il 'fai-da-te' o per il consiglio di amici e parenti (22%), mentre nel resto dei casi uno specifico tipo di alimentazione è stato suggerito dal medico di base (6%) o da un personal trainer (4%)".

Ma perché seguire una dieta? "La motivazione più spesso citata è il sentirsi bene con se stessi (46%), insieme al volersi mantenere in forma e curare il proprio aspetto fisico (46%). In secondo piano, ma comunque importanti, ci sono le questioni legate alla salute: da chi vuole risolvere un problema di sovrappeso oppure obesità (29%), a chi cerca di fare prevenzione rispetto a malattie e altri disturbi (25%), o anche chi ha dovuto cambiare il proprio regime alimentare dopo aver riscontrato dei valori fuori norma nelle analisi del sangue (22%)", evidenzia il report.

"In ogni caso, che sia a dieta o meno, quasi un italiano su due (46%) dice di aver mangiato in modo più sano ed equilibrato nell’ultimo anno, e il 55% ritiene le buone abitudini alimentari un aspetto fondamentale della propria salute. La dieta Mediterranea - si legge nel report - risulta molto diffusa, con il 45% che la indica come lo stile alimentare più simile al proprio. Seguono, a una certa distanza, le diete ipocaloriche (13%), alimentazioni personalizzate in base alle proprie esigenze specifiche (12%) e le diete iperproteiche (9%). Si descrive invece come vegano o vegetariano il 5% degli intervistati".

"Nonostante i ritmi di vita sempre più frenetici, sette italiani su dieci (70%) rivelano infine di mangiare cibo cucinato in casa in tutti i pasti o quasi. Circa uno su tre (32%) consuma anche cibi pronti o da riscaldare almeno 2 o 3 volte alla settimana, mentre solo il 16% dichiara di utilizzare almeno 2 o 3 volte a settimana i servizi di takeaway o delivery", conclude la nota.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Salute e Benessere

Bignami (Siaarti): “Da Ia a smart-watch, terapie...

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Al 78esimo congresso della Società scientifica a Napoli, 'per un monitoraggio più stretto fondamentali anche telemedicina e dispositivi indossabili’

Bignami (Siaarti):

"Dall’Intelligenza artificiale all’utilizzo di smart-watch, dalla telemedicina ai dispositivi indossabili. Le nostre terapie intensive sono sempre più hi-tech. Le nuove tecnologie in anestesia, rianimazione, terapia intensiva, emergenza, urgenza, terapia del dolore e iperbarica ci aiutano in moltissimi modi. Sicuramente ci consentono un monitoraggio sempre più stretto dei pazienti e un migliore trattamento nel post ricovero ospedaliero". Lo afferma all’Adnkronos Salute Elena Bignami, professore ordinario di Anestesiologia e Terapia Intensiva e del Dolore presso il Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell'Università di Parma e presidente eletto di Siaarti per il triennio 2025-2, in occasione del 78esimo congresso nazionale della Società italiana di anestesia, rianimazione, terapia intensiva e terapia del dolore, in corso a Napoli.

"Non solo l'intelligenza artificiale, ormai a noi nota già in Radiologia per la diagnostica per immagini – spiega Bignami – un grande aiuto arriva dagli smart-watch che possono essere un alert. Quotidianamente in anestesia, per esempio, le tecniche di intelligenza artificiale ci aiutano nella fase organizzativa della programmazione delle sale operatorie, evitando di avere problemi ad esempio rimandando gli interventi, o non essere adeguati nella tempistica. Inoltre, ci permettono di stratificare il rischio del nostro paziente, così come in terapia intensiva, e andare sempre di più verso la medicina personalizzata. Noi identifichiamo precocemente un paziente con una specifica diagnosi e riusciamo a proporre il trattamento giusto per quel paziente in quel momento".

"Un'altra cosa molto interessante nella fase perioperatoria", periodo che va dall'ingresso del paziente in sala operatoria fino al suo trasferimento in sala risveglio, "è la possibilità di unire l'intelligenza artificiale, per esempio, ai dispositivi indossabili che sono una nuova tecnologia. E quindi questo ci permette di scindere quel binomio difficile tra logistica e funzione. Non tutti i pazienti da terapia intensiva sono così gravi ma al tempo stesso non tutti i pazienti sono così tranquilli da non poter avere un monitoraggio. E quindi questi dispositivi indossabili, i cui i risultati vengono registrati con l'intelligenza artificiale, ci permettono uno stretto monitoraggio. Un'altra applicazione molto importante è la telemedicina che, insieme all'Ia, in terapia del dolore è fondamentale".

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Salute e Benessere

G7 Salute, Ryan (Oms): “Antibiotici tra più grandi...

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"Investire nell'agricoltura e negli allevamenti, questi farmaci non vanno usati per far crescere gli animali"

Mike Ryan, direttore esecutivo del Programma Emergenze sanitarie dell'Oms - Adnkronos

"L’antibiotico-resistenza sta diventando il più grande killer in tutto il mondo, anche per l'Occidente non è una sfida lontana. Io ho perso mio zio per l’antibiotico resistenza perché è stato infettato in ospedale. Gli antibiotici sono una delle più grandi invenzioni della storia umana e noi stiamo distruggendo questa grandissima invenzione usandola troppo sugli esseri umani. L’unico modo per combattere il problema sono le giuste politiche: tendiamo a colpevolizzare le persone e i medici, ma questo è un problema che riguarda le politiche, affinché gli antibiotici siano usati nel modo corretto sugli umani e sugli animali e non per fare crescere gli animali. Al momento ci sono delle politiche sbagliate e non dovremmo incolpare i singoli, anche se ciascuno ha la propria responsabilità. Ma troppe volte i governi spostano la responsabilità dalle politiche e dalle autorità di controllo alla comunità. Gi investimenti sono necessari ma non risolvono tutto, ci vuole consapevolezza, educazione e giuste politiche". Così Mike Ryan, direttore esecutivo del Programma Emergenze sanitarie dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms), ospite del G7 Salute ad Ancora in un punto stampa con i giornalisti.

"È necessario anche investire in agricoltura: l’obiettivo è non incentivare l’utilizzo di antibiotici come fattore di crescita per l’agricoltura e l’allevamento. Dobbiamo trovare dei modi per incentivare l’agricoltura ad abbandonare questo approccio - ha rimarcato - Non voglio spaventare le persone, lo stato a livello globale delle persone è sicuramente meglio oggi che in passato. Tuttavia l'Europa è stata sempre a rischio pandemie e l'Italia è particolarmente a rischio per la sua storia di viaggi e scambi commerciali, allo stesso tempo anche se siamo più forti non è detto non ci siamo più pericoli da un punto di vista sanitario".

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Salute e Benessere

Tumori, a Barilla ‘Premio impatto 2024’ per info a...

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Oggi la premiazione a Milano per il progetto realizzato in collaborazione con Breast Unit dell’Aou di Parma

Tumori, a Barilla ‘Premio impatto 2024’ per info a dipendenti su cancro al seno

Viene celebrata oggi all'Università Bocconi di Milano, la cerimonia di premiazione della terza edizione del ‘Premio impatto’. Il riconoscimento, che evidenzia l'importanza crescente della valutazione dell'impatto generato dalle aziende, ha premiato il Gruppo Barilla e la sua iniziativa dedicata all’informazione e prevenzione in azienda dei tumori al seno. Il progetto promosso da Barilla, che ha offerto alle persone che lavorano nel gruppo un programma di incontri presso la sede centrale, a Pedrignano (Parma), proprio nei luoghi in cui i dipendenti degli uffici, del pastificio e del molino Barilla passano gran parte del loro tempo. L’iniziativa - si legge in una nota - è realizzata in collaborazione con la Breast Unit dell’Azienda ospedaliero universitaria di Parma. I medici dell’ospedale Maggiore si sono resi disponibili a portare sui luoghi di lavoro dell’azienda le loro competenze e la cultura della prevenzione, con la possibilità di richiedere consulenze individuali. Inoltre, materiali informativi digitali sono disponibili sulla Intranet aziendale.

Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), la possibilità di prevenzione di tutti i casi di cancro sono tra il 30 e il 50%. Per alcune tipologie di tumore, come quello alla mammella, una diagnosi precoce aumenta notevolmente le aspettative di vita e la prevenzione e l’adozione di corretti stili di vita giocano un ruolo fondamentale. Per questo, Barilla ha dedicato alle sue persone anche questa iniziativa che mira a chiarire dubbi, approfondire la conoscenza di sé, spiegare quanto sia importante conoscere il proprio corpo e aderire ai programmi di prevenzione.

Il Premio impatto per Barilla è un importante riconoscimento dell’impegno quotidiano verso le 9mila persone che, ogni giorno, creano e mantengono il valore aziendale e aiutano l’azienda a concretizzare la sua purpose ‘La gioia del cibo per un mondo migliore’. Il loro benessere, la loro salute, e la sicurezza sono al centro delle priorità del Gruppo. Va in questa direzione anche il programma ‘sì.Mediterraneo’, nato da una collaborazione tra il dipartimento di Medicina clinica e sperimentale dell'Università degli Studi di Napoli Federico II e l'Università degli Studi di Parma, che ha permesso di sensibilizzare tutte le persone Barilla nel mondo sui benefici della dieta mediterranea, la migliore per prevenire i tumori, e sulle abitudini alimentari corrette.

L’impegno va anche verso i consumatori. Il Gruppo di Parma è in prima fila per favorire la diffusione della dieta mediterranea e di corretti stili di vita nel mondo, grazie ad una presenza capillare in oltre 100 Paesi in cui porta ogni anno circa 2 milioni di tonnellate di cibo ispirato alla dieta mediterranea: buono, nutrizionalmente equilibrato e da filiere sostenibili. In particolare, la produzione di pasta e sughi, in pratica tutto il necessario per “assemblare” il piatto simbolo della dieta mediterranea, rappresenta oltre il 50% del fatturato.

Come azienda alimentare, l’attenzione di Barilla per la nutrizione e per la promozione di stili di vita sani vanno di pari passo: sono quasi 500 i prodotti riformulati dal 2010, 16 quelli con un miglior profilo nutrizionale lanciati nel 2023 (per ridurre il contenuto di grassi, grassi saturi, sale e/o zucchero o incrementando il contenuto di fibre). L’azienda si impegna inoltre a sviluppare attività educative e informative per le nuove generazioni: attraverso Giocampus e Vivismart Barilla ha coinvolto oltre 44.500 i bambini in attività dedicate all’educazione alimentare, motoria e corretti stili di vita. Un altro segno dell'impegno del Gruppo è la collaborazione, attiva da diversi anni, con la Lilt Milano, Lega italiana per la lotta contro i tumori. L'azienda sostiene l'associazione attraverso donazioni dei propri prodotti, che vengono inclusi nel pacco alimenti distribuito mensilmente ai beneficiari di tutte le età che si trovano in condizioni di fragilità economica e sociale.

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