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Passione tintarella? Dermatologi, ‘meglio di no, driver principale tumori pelle’

CENTRI ESTETICI CREME DI BELLEZZA CREMA SOLARE (Silvano Del Puppo, MILANO - 1993-01-31) p.s. la foto e' utilizzabile nel rispetto del contesto in cui e' stata scattata, e senza intento diffamatorio del decoro delle persone rappresentate - FOTOGRAMMA

L’esposizione intenzionale e imprudente alle radiazioni solari o alle fonti artificiali di radiazioni Uv per abbronzarsi "è un comportamento malsano e dovrebbe essere evitato. È il 'driver' principale dell’insorgenza dei tumori della pelle". Sono le conclusioni delle raccomandazione stilate da esperti provenienti da 5 continenti e da società scientifiche internazionali e pubblicate sull’'European Journal of Cancer'. È La prima consensus mondiale di esperti sulla prevenzione dei tumori della pelle e sulla corretta fotoprotezione basata su evidenze scientifiche. Secondo la Sidemast, la Società italiana di Dermatologia e Malattie sessualmente trasmesse: "Un’adeguata fotoprotezione deve includere la riduzione della fotoesposizione intenzionale modificando le abitudini di vita in riferimento all’andare al mare ed alla ricerca dell’abbronzatura”

Nelle popolazioni con la pelle chiara, "si stima che fino al 95% dei tumori cheratinocitari maligni, quali il carcinoma basocellulare e squamocellulare, e il 70-95% dei melanomi siano causati dalle radiazioni Uv - ricorda la società scientifica dei dermatologi - Pertanto, una percentuale significativa di tumori della pelle può essere prevenuta riducendo le radiazioni Uv inutili ed eccessive attraverso un’efficace fotoprotezione". Ma resistere alla 'tintarella' è difficile e per chi lavora all’aperto è inevitabile sottrarsi ai raggi solari. E allora la parola d’ordine è: "proteggersi con un’adeguata fotoprotezione. Quindi, utilizzare indumenti, cappello a tesa larga e occhiali da sole, applicare senza lesinare una protezione solare con fattore '30-50 +' ed etichetta Uva su tutte le aree cutanee che non possono essere protette dagli indumenti - sottolinea la Sidemast - Ultimo ma non ultimo, rinunciare all’utilizzo dei lettini solari.

Queste le raccomandazioni pratiche e concise basate sulle evidenze scientifiche per la prevenzione dei tumori della pelle e sulla corretta fotoprotezione arrivate da esperti internazionali provenienti da 5 continenti - Africa, America, Asia, Australia ed Europa - e dalle società scientifiche European Association of Dermato Oncology, Euromelanoma, Euroskin, European Union of Medical Specialists e Melanoma World Society, recentemente pubblicate sull’'European Journal of Cancer'.

L’aumento dell’incidenza del melanoma può essere evidenziato analizzando l’andamento nel lungo termine

La 'consensus internazionale' di esperti ha visto come coautrici le professoresse Maria Concetta Fargnoli, vice presidente Sidemast e professore ordinario di Dermatologia presso l’Università degli Studi dell’Aquila e Ketty Peris, past president Sidemast e professore ordinario di Dermatologia presso l’Università Cattolica di Roma. Tra gli italiani anche la professoressa Caterina Longo dell’Università di Modena e Reggio Emilia, il professore Giovanni Pellicani dell’Università Sapienza di Roma e Iris Zalaudek dell’Università di Trieste.

E il tema della prevenzione sarà al centro del 98esimo congresso Nazionale Sidemast che si terrà a Giardini di Naxos (Me) dal 28 al 31 maggio, presieduto dai professori Giuseppe Micali (Catania) e Luca Stingeni (Perugia). “La maggioranza della popolazione europea va in vacanza al sole, spesso più volte all’anno – evidenzia la Maria Concetta Fargnoli – questo comportamento è profondamente radicato, sarà difficile da modificare e tale cambiamento potrà richiedere decenni. Dobbiamo quindi iniziare con messaggi chiari e inequivocabili, sicuramente radicali, ma che andrebbero inclusi nell’attività educazionale per il paziente. Si guadagnerebbe inoltre molto tempo se almeno i dermatologi parlassero la stessa lingua”.

L’aumento dell’incidenza del melanoma può essere evidenziato analizzando l’andamento nel lungo termine. "Ad esempio, nel 1950 il Registro dei tumori danese ha documentato un caso di melanoma ogni 100mila abitanti, passando a tre casi ogni 100mila nel 1970, quindi a dieci casi nel 1990, 25 casi nel 1990 e 50-70 casi previsti per il 2036. L’aumento di 50 volte in meno di 90 anni è unico tra tutti i tumori e l’andamento dell’incidenza dei tumori cheratinocitari è molto simile", ricorda la Sidemast.

'Peris, 'un'adeguata fotoprotezione è la combinazione di: ombra, utilizzo di indumenti, cappelli e occhiali e l’applicazione di schermi solari'

Gli individui di pelle chiara, in particolare i bambini, dovrebbero quindi ridurre al minimo la loro esposizione alle radiazioni Uv, adottando misure di protezione solare quando si prevede che l’indice Uv, che quantifica l’intensità della radiazione Uv solare sulla superficie terrestre, raggiunge il valore di 3 o superiore. “Un’adeguata fotoprotezione – spiega la Professoressa Ketty Peris – deriva dalla combinazione di più misure quali cercare l’ombra, l’utilizzo di indumenti, cappelli e occhiali e l’applicazione di schermi solari sulle zone scoperte. Tuttavia, nella pratica clinica, le persone tendono a sovrastimare la protezione fornita dagli schermi solari, con una falsa sensazione di rassicurazione quando vanno al mare e si espongono al sole. Questo potrebbe favorire un comportamento a rischio per l’insorgenza dei tumori della pelle”.

Strategiche quindi le proprietà protettive di abiti, cappelli e occhiali da sole. Studi epidemiologici hanno ripetutamente riscontrato una riduzione del rischio di scottature solari, di sviluppo di nevi nei bambini e di melanoma proprio grazie alla protezione solare offerta dagli abiti rispetto alle creme solari. "Le proprietà protettive degli indumenti - spiegano i dermatologi - variano in base al tipo di fibra (poliestere, nylon > lana, seta > cotone), alla densità della trama, al colore (i coloranti contribuiscono a bloccare i raggi Uv), al design (ad esempio, maniche lunghe, colletto) e all’incorporazione di molecole che assorbono i raggi Uv. Gli indumenti con un elevato fattore di protezione Uv sono inoltre particolarmente utili in condizioni di elevata esposizione ai raggi Uv, come gli sport all’aperto e gli sport acquatici. I cappelli dovrebbero avere tese larghe per proteggere il cuoio capelluto, il viso, il collo e le orecchie".

'La riduzione della fotoesposizione intenzionale passa dalla modifica delle abitudini di vita'

"Un’adeguata fotoprotezione - aggiunge la Sidemast - dovrebbe perciò includere la riduzione della fotoesposizione intenzionale modificando le abitudini di vita in riferimento all’andare al mare ed alla ricerca dell’abbronzatura: “Questo consentirebbe di continuare a svolgere le nostre attività professionali o di svago esponendoci al sole in sicurezza e senza danni”.

La protezione dai raggi Uv ha inoltre un ritorno positivo in termini di investimento "perché consente di ridurre l’incidenza della malattia e quindi il suo peso economico. Dai dati dell'Oms un tumore su 3 è un tumore della pelle. La riduzione dell’esposizione ai raggi UV rappresenta quindi una strategia cruciale per controllare la recente epidemia di tumori cutanei", proseguono i dermatologi.

“I politici dovrebbero comunicare al pubblico messaggi forti sulla protezione dai raggi Uv e scoraggiare l’uso di fonti di radiazioni UV artificiali commerciali, attraverso una regolamentazione rigorosa o preferibilmente un divieto. Dovrebbero garantire la comunicazione e l’educazione della popolazione sull’indice UV giornaliero, ad esempio con i bollettini meteorologici, e creare strutture con ombra all’aperto nelle scuole e nelle aree ricreative", suggerisce infine Fargnoli, vice presidente Sidemast.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Salute e Benessere

Pediatri, ‘ansia e depressioni nei bimbi aumentano...

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Pediatri, 'ansia e depressioni nei bimbi aumentano disturbi gastrointestinali'

L'incidenza dei disturbi gastrointestinali è in costante aumento, non solo nella popolazione adulta ma anche tra i bambini, con sintomi che influiscono negativamente sulla qualità della loro vita e sulla spesa sanitaria nazionale. Si stima che riguardino oltre il 5% della popolazione pediatrica nei Paesi dell’area mediterranea. "Tra le principali cause l’incremento di ansia e depressione tra i bambini, aggravate dalla pandemia da Covid-19. Secondo alcune stime un bambino su quattro soffre di depressione e uno su cinque presenta disturbi d'ansia". Questa situazione, allarmante per le implicazioni sul loro benessere, sta spingendo la ricerca a esplorare sempre di più la complessa interazione tra intestino e cervello. Il tema è al centro di un focus del 79esimo congresso della Società italiana di pediatria a Firenze.

"È fondamentale comprendere l’impatto che le emozioni e lo stress possono avere sul benessere fisico dei bambini. Spesso, a causa delle naturali ansie dei genitori, si ricorre a esami non necessari che, anziché rassicurare, finiscono per amplificare lo stress nei più piccoli. Come Società Italiana di Pediatria, il nostro obiettivo è supportare le famiglie nella gestione serena di questi disturbi, fornendo strumenti basati sulle più recenti evidenze scientifiche e promuovendo un approccio di cura centrato sulla salute psico-fisica dei bambini", afferma Annamaria Staiano, Presidente SIP.

Cervello-intestino. "Comunicano costantemente e questa connessione incide su molte funzioni viscerali (come secrezione, motilità, composizione del microbioma), influenzando anche le nostre emozioni e sensazioni fisiche. Uno squilibrio in questo delicato dialogo con un eccesso di informazioni provenienti dall’intestino (ipersensibilità viscerale) o dal cervello (stress, disturbi ansiosi) può portare a disturbi. Non a caso, i disordini funzionali dell'intestino sono ora chiamati 'disturbi dell’interazione intestino-cervello' (Dgbi), un termine che enfatizza quanto questo legame sia cruciale per la nostra salute. Questi disturbi possono manifestarsi in tutte le fasce di età pediatrica: dai rigurgiti nei lattanti fino alla stipsi funzionale e al colon irritabile nei bambini più grandi. Pur essendo generalmente di lieve entità, rappresentano oltre il 50% delle visite di gastroenterologia pediatrica", sottolineano i pediatri.

Il decalogo, cosa non fare

Il ruolo della corretta alimentazione. "Un’alimentazione corretta, a partire dai primi mille giorni di vita, è fondamentale per il benessere fisico e mentale dei bambini. È importante considerare non solo ciò che mangia il bambino, ma anche la dieta della madre durante l’allattamento, poiché quest’ultima può influenzare le preferenze alimentari del neonato", prosegue la nota dei pediatri.

Decalogo. Cosa fare e cosa non fare per il benessere dell’asse intestino-cervello nei bambini:

Cosa non fare:

1. Evitare esami inutili: Spesso legati all’ansia dei genitori, possono risultare invasivi e non necessari. Fare sempre riferimento al proprio pediatra curante.

2. Evitare tisane dolci e succhi per alleviare le coliche: Il gusto dolce può creare dipendenza e favorire l’obesità.

3. Evitare cambi frequenti del latte senza motivo: Cambiare marca senza una reale esigenza non apporta benefici. Sostituirlo con bevande 'a base di …' può compromettere la crescita.

4. Non adottare diete di eliminazione senza guida professionale: Possono causare squilibri nutrizionali e compromettere lo sviluppo. Sbagliato eliminare il glutine senza una provata diagnosi di celiachia e far mangiare in bianco il bambino in caso di diarrea.

5. Evitare prodotti ultra-processati: Possono avere effetti negativi sull’umore e sul microbiota intestinale.

Il decalogo, cosa fare

Cosa fare: 1. Consultare il pediatra prima di intraprendere nuove terapie o cambiare dieta: Per evitare trattamenti non necessari e garantire scelte sicure.

2. Seguire la dieta mediterranea: Ricca di verdure, frutta, legumi, cereali integrali e olio d'oliva.

3. Considerare la terapia cognitivo-comportamentale e l’ipnoterapia: Approcci innovativi per insegnare ai bambini a gestire stress e dolore.

4. Incoraggiare tecniche di rilassamento come lo yoga o il rilassamento di Benson: Esercizi di respirazione addominale e focalizzazione positiva possono alleviare i sintomi dello stress.

5. Utilizzare le televisite per un accesso più semplice a specialisti qualificati: Una soluzione pratica per ricevere supporto professionale anche a distanza.

Non vanno nemmeno sottovalutate le scelte in fase di svezzamento. "Occorre cautela con le tisane dolci per alleviare le coliche o i disturbi del sonno, poiché il gusto dolce può portare a una dipendenza precoce che condizionerà le future scelte alimentari del soggetto, creando le premesse per lo sviluppo dell’obesità– sottolinea Maria Immacolata Spagnuolo, Professore Associato di Pediatria – Università Federico II- Napoli- Nei disturbi funzionali del neonato e del piccolo lattante si tende talvolta a cambiare ripetutamente etichetta (marca) del latte e ciò crea solo confusione, perché non c’è di fatto l’indicazione ad un cambio della formula che il lattante sta assumendo; è inoltre sicuramente sconsigliato sostituire il latte con bevande alternative "a base di …", poiché questi cambiamenti non forniscono soluzioni adeguate e rischiano di compromettere la crescita del bambino".

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Salute e Benessere

‘Scienza e tecnologia per creare valore’, a...

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Incontro promosso da Merck con le istituzioni - Gemmato, 'con rappresentanti settore al lavoro su incentivi a ricerca e procedure amministrative più snelle'

'Scienza e tecnologia per creare valore', a Modugno esperti su futuro pharma

Un dialogo con le istituzioni sul futuro del settore farmaceutico nella Regione Puglia: è l'obiettivo di 'Scienza e tecnologia per creare valore', incontro promosso in questi giorni da Merck nello stabilimento dell'azienda farmaceutica a Modugno (Bari). Come sottolineato da Ramón Palou de Comasema, presidente e amministratore delegato di Merck Italia, "noi di Merck crediamo nell'importanza di effettuare investimenti innovativi per consentire una maggiore competitività dell'Italia e confermare l'importanza strategica dell'investimento in questo Paese per la nostra azienda. Vogliamo continuare in questa direzione, e sappiamo che la politica è consapevole del contributo che aziende globali come Merck danno ai territori in cui operano. Tutti noi, attori pubblici e privati, dobbiamo lavorare insieme per assicurare un sistema sanitario equo, sostenibile e competitivo. Sono fortemente convinto che questo rivesta una priorità fondamentale per il nostro Paese".

Per questo motivo, lo stabilimento è stato identificato come il luogo ideale per ospitare un dibattito con le istituzioni sul contributo che aziende globali come Merck - riporta una nota - e più in generale il settore farmaceutico, possono offrire al territorio che le ospitano. Ad aprire i lavori Ramón Palou de Comasema, Annalisa Calvano, direttore dello stabilimento di Bari-Modugno, e il sindaco di Modugno Nicola Bonasia. Alla prima tavola rotonda, con focus sull'attrazione di nuovi investimenti, in un'ottica di incremento dell'autonomia strategica per la sicurezza sanitaria dell'Italia, hanno preso parte, tra gli altri, anche Dario Damiani, capogruppo in Commissione Bilancio del Senato, Gianmauro Dell'Olio, vicepresidente Commissione Bilancio della Camera, Mariangela Matera della Commissione Finanze della Camera, Alessandro Delli Noci, assessore Sviluppo economico Regione Puglia, Fabrizio Lobasso, vicedirettore generale Maeci, e Sergio Fontana, presidente Confindustria Bari e Bat.

Il secondo momento di confronto è stato dedicato a temi quali: equità di accesso alle cure e sostenibilità del sistema, prestando particolare attenzione alle sfide che la sanità pubblica dovrà affrontare nel prossimo futuro. Sono intervenuti l'europarlamentare Michele Picaro, Ignazio Zullo della Commissione Affari sociali del Senato, Vito Montanaro, direttore Dipartimento Salute umana e animale Regione Puglia, Stefania Percolla, rappresentante dell'Associazione Pazienti Strada per un Sogno, e Gianluca Pedicini, rappresentante Aism.

"Il sito produttivo di Merck a Modugno-Bari rappresenta un esempio di come una multinazionale possa contribuire alla crescita economica di un territorio, posizionandosi come uno dei principali poli manifatturieri del settore farmaceutico nella Regione - ha detto Calvano - Con 200 milioni di euro di investimenti negli ultimi anni, abbiamo consolidato la nostra presenza in Puglia, attirando risorse europee e nazionali e favorendo lo sviluppo economico e sociale del territorio. Negli anni siamo riusciti a integrare un respiro internazionale con un impatto locale rilevante, contribuendo alla creazione di posti di lavoro e alla crescita delle competenze, grazie a politiche orientate all’inclusione e al supporto dei giovani talenti".

A margine dell'evento e in occasione della visita istituzionale allo stabilimento Merck, il sottosegretario al ministero della Salute Marcello Gemmato ha dichiarato: "E' prioritario per il Governo individuare misure in grado di mantenere il nostro Paese attrattivo e competitivo, in termini di competenze e investimenti. E' per questo che il ministero della Salute, insieme al Mimit, ha dato vita a un tavolo congiunto con i rappresentanti della filiera farmaceutica per lavorare insieme su possibili misure, quali incentivi alla ricerca e procedure amministrative più snelle. Quest'ultimo, ad esempio, è uno degli obiettivi della Zes unica del Mezzogiorno, che ha contribuito in questi ultimi mesi a far diventare il Sud locomotiva economica dell'Italia. Un risultato dovuto all'attuale stabilità governativa".

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Dermatologo Stingeni: “Delgocitinib una svolta in...

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'Usato a livello topico blocca molti meccanismi infiammatori responsabili danno cutaneo'

Dermatologo Stingeni:

La maggiore comprensione dei meccanismi all’origine dell’eczema cronico delle mani “ha portato allo sviluppo di farmaci che vanno a bloccare il meccanismo infiammatorio e tutte le modulazioni che ci sono alla base di questi processi” patologici. “Mi riferisco, in modo particolare, a quelli che agiscono sul JAK-STAT, un meccanismo di traduzione del segnale infiammatorio, come delgocitinib, che alla fine di settembre è stato approvato dall'Ema, Agenzia europea dei medicinali”. Così Luca Stingeni, Professore Ordinario di Dermatologia all'Università di Perugia e Direttore Struttura Complessa di Dermatologia del dipartimento di Medicina e chirurgia dell’ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia, all’Adnkronos Salute spiega che questa “è una terapia che segnerà un'importante svolta nel trattamento dei pazienti affetti da eczema cronico delle mani perché questo farmaco per uso topico veicolato sotto forma di crema va a bloccare molti dei meccanismi che portano poi alla produzione delle molecole infiammatorie responsabili dirette del danno a livello cutaneo”.

L'eczema cronico delle mani “è una patologia non trasmissibile da persona a persona, non è quindi contagiosa - chiarisce lo specialista - Si può definire una malattia infiammatoria della cute con una specifica localizzazione alle mani, anche se, per definizione, possono essere coinvolti anche i polsi”. Certo, “la prima forma di terapia è la prevenzione, ma è importantissimo, quando questa non si riesce ad attuare, avere a disposizione una nuova terapia che consentirà ai pazienti affetti da eczema cronico delle mani di migliorare notevolmente la qualità di vita, oltre ad apportare, chiaramente, un beneficio tangibile sulle lesioni che caratterizzano queste patologia localizzata nelle mani. Fino a poco tempo fa - osserva Stingeni - avevamo a disposizione un numero estremamente limitato di approcci terapeutici che, nelle forme lievi e moderate, consistevano quasi esclusivamente sull'impiego di prodotti per uso topico a base di corticosteroidi a media o bassa potenza per le forme lievi e moderate l’impiego di quelli ad alta potenza per le forme gravi e un unico farmaco per somministrazione orale - che ha avuto l'approvazione ormai molti anni fa - che tuttavia ha un profilo di sicurezza per il paziente decisamente impegnativo, gravato da una serie di eventi avversi tra i quali sicuramente la teratogenicità”.

La nuova molecola, delgocitinib, è un pan-JAK inibitore (ovvero inibitore di JAK1, JAK2, JAK3 e TYK-2) “agisce su tanti meccanismi che portano alla formazione delle citochine pro-infiammatorie e su diversi aspetti della nostra immunità - precisa l’esperto - Questo è il motivo per cui il farmaco, negli studi di fase 3 condotti a 16 settimane (recentemente pubblicati su Lancet), ma anche nello studio di più lunga durata a 32 settimane hanno dimostrato il raggiungimento di tutti gli obiettivi primari”.

L’eczema delle mani si compone di “quadri clinici differenziati - rimarca Stingeni - Una parte importante dei pazienti con eczema delle mani, stimanti in circa due terzi, è affetta da eczema cronico delle mani. È una patologia che viene così definita quando dura più di 3 mesi consecutivi oppure quando ci sono più di 2 recidive della sintomatologia in un anno. Si differenzia così dalla forma acuta che ha una durata inferiore a 3 mesi consecutivi. Normalmente sono 4 le cause dell'eczema cronico delle mani. Distinguiamo 2 forme di dermatiti da contatto, cioè causate dal contatto con sostanze esterne nell’ambiente professionale e non, che sono la forma irritativa e la forma allergica della dermatite da contatto. Una terza forma si chiama protein-contact dermatitis è la quarta è la dermatite atopica delle mani”.

Questa patologia “ha settori di pazienti in cui la frequenza è sicuramente maggiore rispetto alla popolazione generale - sottolinea Stingeni - Secondo stime abbastanza recenti ottenute da studi condotti su ampie casistiche, la prevalenza nel corso della vita può arrivare a circa il 15% della popolazione generale, con una prevalenza ad un anno pari al 9%. Nell'ambito di questi valori generali di prevalenza esistono delle popolazioni sicuramente maggiormente predisposte all'eczema cronico delle mani. Un esempio per tutti sono i cosiddetti lavoratori impiegati nelle professioni umide come gli operatori sanitari - medici, infermieri, ausiliari - ma anche le casalinghe e i metalmeccanici. Negli operatori sanitari, la prevalenza a un anno e la prevalenza durante il corso della vita, arrivano rispettivamente al 13% e a oltre il 30%, quindi aumentano notevolmente in presenza di alcuni fattori di rischio legati molto spesso al tipo di professione che viene svolta e alla possibilità che la cute delle mani possa essere esposta a dei fattori esogeni dannosi che vanno a ledere l'integrità della barriera cutanea. La qualità di vita dei pazienti è profondamente alterata sia nelle loro attività professionali ma anche nella gestione della loro vita privata, affettiva, familiare e, ancora prima dell'inizio delle attività lavorative - conclude - nella scelta della futura professione.

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