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Turismo: lungo la Wild Atlantic Way, dove il saper fare irlandese diventa esperienza

Lungo l'itinerario turistico che accompagna da 10 anni i visitatori si possono conoscere aziende che tramandano attività tradizionali

Turismo: lungo la Wild Atlantic Way, dove il saper fare irlandese diventa esperienza

Da dieci anni la Wild Atlantic Way, la strada che per 2.500 chilometri segue la costa occidentale dell’Irlanda affacciata sull’Oceano, attira i visitatori di tutto il mondo per la sua natura incontaminata e i suoi paesaggi selvaggi. Grazie all’itinerario turistico segnalato creato nel 2014 da Fáilte Ireland, l’autorità nazionale per lo sviluppo del turismo, e promosso all’estero da Tourism Ireland. Ma a renderla unica è anche la sua gente, con la sua rinomata ospitalità e quell’essere laboriosa che tenacemente ha portato anche questo angolo più remoto dell’isola ad affermarsi come meta internazionale. Così, oltre ad ammirare panorami mozzafiato e a praticare tutto ciò che una vacanza ‘active’ possa offrire, dal biking al surf, si può entrare in contatto con le tante piccole e grandi aziende che, spesso da generazioni, portano avanti attività tradizionali, conoscere prodotti e produzioni, immergersi nella vita dei piccoli centri come un ‘temporary citizen’. In tempi in cui il turista è sempre di più a caccia di esperienza, la Wild Atlantic Way è sicuramente una destinazione dove ‘sperimentare’ il saper fare.

A cominciare dalla più settentrionale delle nove contee attraversate dall’itinerario, il Donegal. Una parte dell’isola remota e bellissima, schiacciata tra l’Oceano - su cui si gettano scogliere tra le più alte d’Europa, come Sliabh Liag, gettonatissima meta di escursioni tanto da vantare un nuovissimo Visitors Centre - e l’invisibile confine con l’Irlanda del Nord, che neanche la Brexit ha accentuato. E che si è riscattata come nuova destinazione tutta da scoprire proprio grazie alla Wild Atlantic Way.

Il Donegal è la ‘patria’ del celebre tweed, come a dire che il ‘saper fare’ qui non è secondo a nessuno. Con questo elegante tessuto in lana a trama spinata si confezionano giacche, abiti, cappelli e persino cravatte, anche per conto dei più grandi brand di moda internazionale. Sono molte le aziende che tramandano questa tradizione e qualcuna ha deciso anche di condividerla con i turisti, aprendo la propria fabbrica al pubblico per una visita guidata. Lo ha fatto, ad esempio, da un anno, Hanna Hats, dove Eleanor Hanna, terza generazione di un’azienda che lavora al centro della città di Donegal dal 1924, mostra come le sarte cucitrici e macchiniste sono in grado di realizzare in mezz’ora un cappello, che sia un’iconica coppola da uomo o una femminile cloche.

Non lontano, ad Ardara, una ‘summa’ di prodotti artigianali, tessili ma non solo, della regione si può trovare nella galleria Donegal Designer Makers. E i pezzi più interessanti sono esposti anche in alcuni degli esclusivi resort che la zona offre, come Harvey’s Point, premiato come ‘Miglior albergo d’Irlanda’ da Tripadvisor ed esso stesso un’esperienza, che racchiude una intrigante storia famigliare celata nella pace del lago Eske.

Quanto a storie, miti e leggende, infatti, l’Irlanda ne ha da vendere. E un modo speciale per averne un assaggio è anche l’esperienza notturna al Nephin National Park nella Mayo’s Dark Sky Reserve: per raggiungerlo ci si affida alle guide del parco che offrono il pick up nell’albergo in cui si alloggia (tra i più vicini i Mulranny Park Hotel affacciato sulla laguna) per condurre i visitatori, nel bel mezzo della notte, fino al Visitor Centre dove ad attenderli c’è un prestigiatore che tra giochi e magie narra racconti e aneddoti a lume di candela. I più fortunati, se il cielo è limpido, potranno anche mettersi in osservazione delle stelle, con spiegazione di galassie e pianeti.

Tra le attività più importanti lungo la Wild Atlantic Way, certamente quelle legate al mare. In particolare in quel tratto protetto da Achill Island, la più grande ‘isola dell’isola’ di Irlanda, collegata al resto del paese solo dal Michael Davitt Bridge, oltrepassato il quale si scoprono spiagge pluripremiate, come Keem beach, raggiungibili anche in bici lungo la Great Western Greenway. Poi, scogliere a picco ma anche ruderi di castelli e il famoso ‘Villaggio deserto’, impronta di un passato che ha segnato questa nazione con povertà e carestia costringendo milioni di irlandesi ad abbandonare le proprie case ed emigrare.

Se la pesca è certamente nota, soprattutto di merluzzo (lo provano fritto tutti i golosi di fish&chips) e di salmone (dal sentore selvatico, questa specie irlandese a torto poco conosciuta all’estero), non tutti sanno che qui ci sono allevamenti di ostriche di primissima qualità, che nulla hanno da invidiare a quelle francesi, grazie al particolare microclima che caratterizza le insenature che ritagliano la costa. Temperatura, umidità, venti, flora, marea, tutto contribuisce a questo processo che dura dai 3 ai 6 anni, quanti ne servono per ottenere un’ostrica pronta per il consumo, portato avanti da un’acquacoltura ormai eroica, minacciata costantemente dal cambiamento climatico.

A raccontarla gli ‘oyster farmers’, come Padraic Gannon, che questo mestiere lo fa da 30 anni nell’azienda di famiglia, da lui stesso trasformata da agricola ad allevamento di ostriche, dopo l’illuminante incontro con un francese, che nel 1984 gli ha aperto gli occhi sull’acquacoltura. Oggi l’azienda Croagh Patrick Seafoods si è aperta ai visitatori e ha appena creato una nuova struttura per accogliere chiunque voglia saperne di più sulle ostriche. Un tour esperienziale che porta a passeggiare tra l’acqua dove affiorano le ceste in cui il prezioso mollusco si sviluppa, provando a scuoterle con quel preciso movimento che solo gli esperti allevatori conoscono; si può poi imparare come aprire il guscio con lo speciale coltellino e naturalmente assaporarle nel ricco tasting proposto con i più gustosi abbinamenti, alghe comprese.

E proprio le alghe aprono una nuova frontiera per il turismo, in questa parte di Irlanda, legato al wellness. Sono ancora poche le strutture che lo fanno ma c’è chi offre trattamenti benessere ed estetici con bagni alle alghe, massaggi con oli essenziali e un’intera linea cosmetica che sfrutta i principi nutritivi di questa pianta acquatica. E’ il caso di Voya Seaweed Bath, dove questa antica pratica viene riproposta in cabine lusso e all’avanguardia, con vista fronte oceano e spalle alla cosiddetta ‘montagna piatta’, il Ben Bulben. Si trova a Strandhill, spiaggia famosa per il surf, tanto da essersi dotata del nuovissimo National Surf Centre, una struttura per accogliere sportivi e appassionati ma anche per offrire un’esperienza, non solo atletica, al visitatore. Come per esempio una passeggiata sugli scogli accompagnati dalle guide di Nourished by Sea Rocks, che spiegheranno tutto sulle alghe, compreso il loro uso per preparare dolci, decotti, medicinali e altro ancora, fra storytelling e degustazione.

Chi invece, in fatto di benessere, ama i ‘rimedi della nonna’ può fare un salto all’Old Irish Goat Centre, dove un gruppo di volontari si prende cura delle poche centinaia di esemplari rimasti e salvati dall’estinzione di questa razza autoctona di capra, che vive sul suolo irlandese da cinquemila anni, simbolo evocativo nella cultura pagana gaelica e fonte di sopravvivenza nel periodo della grande carestia, e da cui ricavano solo il latte per farne una linea speciale di sapone dal forte potere nutriente.

Quella culinaria, si sa, è una delle esperienze di viaggio più ricercate e non manca di certo lungo la Wild Atlantic Way. Basta andare, su tutte, nella cittadina di Sligo: il vivace centro pedonale che si snoda lungo il fiume Garavogue pullula di ristorantini che non ti aspetti. Da qui l’idea di Anthony Gray, imprenditore ed ex golfista, proprietario di due ristoranti, Eala Bahn per il fine dining e Hooked, più informale, di creare ‘Taste of Sligo’: un tour gastronomico guidato attraverso almeno 5 locali della città, compresi un oyster bar, una cioccolateria e un’enoteca, per assaggiare quanto di meglio la costa ovest dell’Irlanda ha da offrire in fatto di prodotti tipici. Un’idea lanciata appena prima della pandemia e ora diventata un must per chi visita questa parte d’Irlanda, che ha reso questo appassionato ristoratore un vero ambasciatore della Wild Atlantic Way.

Chiunque vada in Irlanda, poi, almeno una volta, prova il celebre Irish coffee, vero e proprio simbolo del paese. Ma non tutti sanno come si prepara. In soccorso arrivano le ‘lezioni’ offerte al Clew Bay Hotel di Westport, pittoresca cittadina affacciata sul mare, una delle poche nel paese con un piano regolatore geometricamente disegnato, molto frequentata pure dagli irlandesi nella bella stagione ma anche per congressi, nonché meta di pellegrinaggi per la vicinanza del monte sacro dedicato a St.Patrick (Croagh Patrick), patrono d’Irlanda, e nota anche per l’antica dimora dei discendenti della leggendaria ‘Regina pirata’, Grace O’Malley, che sarebbe vissuta a cavallo del 1500.

In questo albergo, una gestione famigliare avviata fin dagli anni Cinquanta cominciando da un ‘fish&chips’ (una novità per l’epoca in questo angolo del paese), si organizzano, infatti, dei mini-corsi per gli ospiti con tanto di parte pratica e, ovviamente, degustazione finale seguita, per i più meritevoli, da diploma. I proprietari, Maria con suo marito Darren Madden, svelano i segreti di un Irish coffee preparato ad arte - unendo nell’ordine whiskey, zucchero di canna, caffè e, parte più difficile, la panna - ma, soprattutto, raccontano la storia di una famiglia che, nonostante le difficoltà, continua a credere nella Westport Bay, la baia che si apre di fronte alla città e che la Wild Atlantic Way ha portato a riscoprire.

A pochi passi, immancabile il Matt Malloy's Pub, sempre aperto per una autentica serata irlandese: il proprietario, da cui prende il nome, è un flautista che si esibisce con una delle più famose band irlandesi di musica tradizionale, The Chieftains, nel ‘back bar’ di fronte al caminetto acceso. Quella del pub, del resto, è una delle esperienze da non perdere in Irlanda. Ad Ardara, il Nancy’s Barn, gestito da sette generazioni dalla stessa famiglia, sembra una casa d’altri tempi, dove tra cimeli e collezioni di pinte si può degustare una pluripremiata soup a base di pesce.

In una città come Sligo, poi, non c’è che l’imbarazzo della scelta: si può andare da Hargadon’s, che conserva gli arredi originali risalenti al 1864 e serve un’ampia scelta di birre artigianali locali, oppure al Thomas Connolly’s Bar, il più antico della città, dove sin dal 1861 sono passati personaggi famosi. Uscendo, non passa inosservata la statua in bronzo del poeta e drammaturgo irlandese William Butler Yeats, Premio Nobel per la letteratura, che trascorse molto tempo proprio a Sligo. Una “terra dei desideri e del cuore” la definisce nei suoi tanti scritti dedicati a questi luoghi. Perché anche questo angolo d’Irlanda “va dritto al cuore”, e ci resta.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Lavoro

Osteopati, imminente chiusura iter albo professionale:...

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La presidente del Roi Paola Sciomachen: "Categoria da anni porta avanti lavoro costantemente orientato a ricerca scientifica e aggiornamento professionale"

Osteopati, imminente chiusura iter albo professionale:

“La chiusura dell’iter legislativo è ormai imminente e porterà alla creazione dell’albo professionale. Gli osteopati sono pronti a dare il loro contributo sempre maggiore all’interno del Sistema Sanitario Nazionale e ad avere un ruolo centrale nell’ambito della prevenzione e nella promozione della salute dei cittadini di tutte le età, in sinergia con le altre professioni sanitarie". Ad affermarlo, ad Adnkronos/Labitalia, Paola Sciomachen, presidente del Roi - Registro Osteopati d'Italia.

"Nelle ultime ore - sottolinea - sono emerse polemiche strumentali in seguito a una manovra mostrata in una nota trasmissione televisiva da un professionista laureato in fisioterapia e osteopata non iscritto alla nostra associazione. Il Roi - Registro Osteopati d’Italia fa appello all’etica e alla deontologia professionale, contro la ‘spettacolarizzazione’ dei trattamenti manipolativi osteopatici, che confondono le idee ai cittadini e sviliscono una categoria che da anni porta avanti un lavoro costantemente orientato alla ricerca scientifica e all’aggiornamento professionale. Un concetto sottolineato anche attraverso una campagna condotta lo scorso anno per una corretta informazione dei pazienti".

Nel futuro dell’ordinamento universitario italiano, quindi, ci sarà l’osteopatia, come ha stabilito il decreto interministeriale n. 1563 pubblicato il 1° dicembre dal ministro dell’Università e della ricerca, che definisce, per la prima volta, l’ordinamento didattico del corso di laurea in osteopatia. Per il completamento dell’iter, è necessario affrontare il tema conclusivo delle equipollenze dei titoli pregressi alla laurea universitaria che chiuderà il percorso legislativo in attesa della creazione dell’albo professionale.

Ma ecco la 'storia' dell’iter per il riconoscimento della professione osteopatica, che parte dal ddl Lorenzin, che ha attraversato tre governi, una votazione alla Camera e due al Senato. Il percorso è iniziato nel luglio 2013, con l’approvazione del ddl da parte del Consiglio dei ministri. Nel giugno 2014 il Roi chiede un’audizione in Senato alla relatrice del ddl, la senatrice Emilia De Biasi, per segnalare la necessità della regolamentazione dell’osteopatia come professione sanitaria. Nel febbraio 2014 il ddl viene trasmesso dal Consiglio dei ministri al Senato che nel maggio 2016 approva al suo interno il testo dell’emendamento per l’istituzione e definizione della professione di osteopata presentato in commissione Sanità da Emilia Grazia De Biasi. Nell’ottobre 2017 il ddl è approvato anche alla Camera dei deputati e trasmesso al Senato.

Il 22 dicembre 2017 il ddl Lorenzin sulla riforma degli Ordini e le sperimentazioni cliniche è approvato in larga maggioranza con 148 voti su 173 Senatori presenti. L’osteopatia, che in Italia esiste da oltre 30 anni, è ufficialmente individuata come professione sanitaria. La legge 3/2018 è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 31 gennaio 2018.

L’articolo 7 della legge 3/2018 ha tracciato l’iter per la definitiva istituzione dell’osteopatia come professione sanitaria. La procedura ha previsto che il percorso per il definitivo riconoscimento passi attraverso l’accordo in Conferenza Stato-Regioni per definire l’ambito di attività, le funzioni, i criteri di valutazione dell’esperienza professionale nonché quelli per il riconoscimento dei titoli equipollenti connessi a tali professioni. La legge prevede che con decreto del Miur, di concerto con il ministro della Salute, debba essere definito l’ordinamento didattico della formazione universitaria.

Dal febbraio 2018 all’ottobre 2020 il ministero della Salute ha avviato le consultazioni con le associazioni di categoria e gli stakeholder per la definizione del profilo professionale. Ha chiesto poi il parere del Consiglio Superiore di Sanità di cui ha recepito la proposta e ha quindi inviato il testo alla Conferenza Stato-Regioni. La Conferenza delle Regioni, nel novembre 2020, ha approvato il profilo professionale degli osteopati. Il decreto del Presidente della Repubblica (dpr) relativo al profilo professionale è stato adottato il 24 giugno 2021. Il dpr è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 30 settembre 2021. Questo decreto rappresenta il primo importante tassello di un iter atteso dall’intera categoria e getta le basi necessarie per la definizione del percorso di formazione e delle relative equipollenze.

Dopo due anni dalla pubblicazione del decreto sul profilo professionale, il Mur (ministero dell’Università e della Ricerca), di concerto con il ministero della Salute, il 1° dicembre 2023, pubblica il decreto interministeriale n.1563, relativo alla 'Definizione dell’ordinamento didattico del Corso di Laurea in Osteopatia ai sensi dell’articolo 7 della legge 11 gennaio 2018, n. 3'. Il testo definisce gli obiettivi formativi qualificanti e le attività formative della classe, specificando che “nell’ambito della professione sanitaria dell’osteopata, il laureato è un operatore sanitario cui competono le attribuzioni previste dal decreto del Presidente della Repubblica 7 luglio 2021, n. 131; ovvero è quel professionista sanitario che svolge in via autonoma, o in collaborazione con altre figure sanitarie, interventi di prevenzione e mantenimento della salute attraverso il trattamento osteopatico di disfunzioni somatiche non riconducibili a patologie nell’ambito dell’apparato muscolo scheletrico”.

Dopo il controllo di legittimità espresso dalla Corte dei Conti, il decreto è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il 16 febbraio 2024.

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Lavoro

Bari, Di Bisceglie (Camera Commercio): “Più occupati...

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L'intervista alla presidente dell'Ente camerale

Luciana Di Bisceglie

"Gli effetti positivi sul piano occupazionale fanno pensare ad un territorio che nel complesso ha reagito bene allo choc pandemico, superando la precedente offerta di lavoro di gran lunga e nel complesso crescendo. Intanto è però in atto un fenomeno di concentrazione delle imprese in alcuni comparti (commercio e agricoltura in primis) ed espulsione dei player meno competitivi dal mercato, con contemporaneo rafforzamento di una base produttiva più consolidata e dinamica. Lo stock di imprese del territorio di competenza della Camera di Commercio di Bari fa infatti segnare una diminuzione di 4.401 aziende in cinque anni (-3%)". Così, con Adnkronos/Labitalia, Luciana Di Bisceglie, presidente Camera di Commercio di Bari e di Unioncamere Puglia, analizza la situazione delle imprese e del tessuto produttivo barese.

Secondo l'ufficio studi di Unioncamere Puglia, le imprese nelle province di Bari e BAT al 2° trimestre 2024 risultano essere 142.262 dando lavoro a 466mila persone, contro i 410mila occupati di cinque anni prima. (2° trim. 2019).

Per Di Bisceglie quella che stanno vivendo le imprese del territorio "è una dinamica complessa, che vede uscire dal mercato soprattutto aziende poco strutturate e non riguarda tutti i settori. Si perdono aziende nei comparti del commercio al dettaglio (-2.201) e ingrosso (-1.027), dell'agricoltura (-932) e di altri settori maturi (moda, edilizia, ecc.). Vanno invece molto bene, per natimortalità, altri settori: lavori di costruzione specializzati, dalla muratura all'idraulica, dagli infissi alla pitturazione e ad altri installatori (+910 imprese)".

Secondo la presidente della Camera di commercio "crescono anche l'alloggio (+602), le attività immobiliari (+500), i servizi alla persona (+398, soprattutto estetisti, parrucchieri, centri benessere) e le attività di direzione aziendale e di consulenza gestionale (+385). Questo dato "bipolare", con aumento dell'occupazione e diminuzione di alcuni settori, ma con crescita in altri, è assolutamente in linea non solo con quanto avviene in Puglia, ma con gli andamenti dell'intero Paese", sottolinea.

Sulle imprese che stanno performando al meglio Di Bisceglie chiarisce che "non è possibile fornire dati precisi a fronte di processi articolati che per molti versi sono ancora in itinere. Possiamo probabilmente dire che i servizi sono stati trainanti nell’ultimo periodo, nonostante qualche rallentamento, per alcuni specifici settori, rispetto all’anno precedente".

E sulle aspettative per la ripresa di settembre la presidente della Camera di commercio sottolinea che "in queste ultime settimane è evidente che si stanno raccogliendo i dati soprattutto sul turismo che, al di là dei numeri, sembrano segnalare un lento ma progressivo allungamento della stagionalità, andando oltre i canonici mesi estivi, soprattutto per i turisti stranieri. Ѐ chiaro però che c’è ancora molto da fare in direzione della destagionalizzazione, anche per avere una risposta occupazionale che specie nell’ultimo anno ha visto grandi problemi di reperimento di molte figure professionali, soprattutto le più qualificate", sottolinea.

Le difficoltà più serie sono in altri settori. "Sono invece molte le incertezze sul versante agricolo, anche a causa dei cambiamenti climatici e più in generale per la redditività connessa ai prezzi all’origine, ancora mediamente relativamente bassi specie se raffrontati con il forte incremento dei costi di produzione. Preoccupazioni si registrano anche per alcuni importanti comparti industriali, a cominciare dall’automotive e la relativa componentistica alle prese con gli effetti delle transizioni energetica ed ambientale", sottolinea.

E sulle preoccupazioni delle aziende per il futuro Di Bisceglie spiega che "non si può parlare di specificità territoriali. Si tratta di problemi che affrontano da tempo la maggior parte delle imprese del Mezzogiorno. La ripresa post pandemica è stata vivace, come segnalato anche dal Rapporto Svimez secondo il quale la Puglia nel periodo 2019-2023 è stata la regione italiana più dinamica con una crescita del 6,1%. Una crescita che ovviamente si sviluppa a macchia di leopardo anche all’interno delle singole province".

"Le imprese vivono tutte le incertezze di un periodo che, nonostante l’incremento del Pil e dei tassi occupazionali, mostra ancora difficoltà negli investimenti, preoccupazioni in termini di mercato, soprattutto domestico, qualche difficoltà di accesso al credito ed un mismatch tra domanda e offerta di lavoro che risulta particolarmente grave nel Mezzogiorno, specie nelle aree più sviluppate, anche a fronte di una emigrazione giovanile non irrilevante. Un fenomeno, quest’ultimo, che aggrava un inverno demografico che non accenna ad attenuarsi. Basti dire che al 1° gennaio 2023 in Puglia risiedevano 4.052.566 persone, oltre 144mila in meno (-3,5%) del 2011", conclude.

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Lavoro

Manageritalia, nasce Tech EmpowHER per aumentare la...

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Ideato da Boom in collaborazione con Manageritalia Emilia Romagna

Manageritalia, nasce Tech EmpowHER per aumentare la presenza delle donne nel settore hi-tech

Sono ancora troppo poche le donne nel modo tech in Italia e in Emilia-Romagna. Soprattutto se si paragonano i livelli di occupazione femminile nel settore hi-tech nazionale con quelli degli altri paesi europei: secondo gli ultimi dati Eurostat, le posizioni tech occupate da donne sono il 22% in Europa e solo il 15% in Italia. Anche sul fronte della formazione il Bel Paese è il fanalino di coda: in Europa la media dei laureati in materie tecnico-scientifiche è del 13%, in Italia del 6,7% e di questi solo una su tre è donna. Per colmare questo gap nasce Tech EmpowHER il progetto ideato da Boom, il nuovo knowledge e innovation hub di Crif a Bologna che, in collaborazione con Manageritalia Emilia Romagna e altre aziende e associazioni del territorio, vuole favorire la presenza delle donne in ambito tech superando così il pregiudizio che vuole la tecnologia e il mondo dell’innovazione come un 'lavoro esclusivamente da uomini'.

“Come manager - commenta Cristina Mezzanotte, presidente di Manageritalia Emilia-Romagna - siamo i primi a dover interpretare e favorire i cambiamenti culturali necessari per rendere le nostre imprese più performanti e i luoghi di lavoro più inclusivi per le donne Questa iniziativa consente di raggiungere contemporaneamente un duplice risultato. Per le imprese si apre la possibilità di intercettare tanti talenti qualificati, riducendo i tempi e i costi di selezione, oltre a creare una maggiore inclusività negli ambienti di lavoro. Per le donne invece rappresenta una concreta opportunità di crescita professionale ed economica”.

“L'inclusione - sottolinea Loretta Chiusoli, chief hr & organization director Crif e managing director di Boom – ha in primis un valore etico, ma è anche una leva per l'innovazione e il successo aziendale. Con Tech EmpowHER, offriamo alle giovani donne la possibilità di accedere a competenze e conoscenze specialistiche in ambito tecnologico e dei dati. Vogliamo non solo colmare il gender gap, ma creare un ecosistema in cui le donne possano crescere professionalmente e diventare protagoniste nell’innovazione tecnologica”.

Tech EmpowHER si compone di 4 diversi percorsi che uniscono awareness e formazione pratica con l’obiettivo finale di accrescere diversità e inclusività nei team aziendali, aumentando di conseguenza creatività, collaborazione, dialogo ed efficacia. In particolare, un percorso è interamente dedicato alle aziende mentre tre sono pensati per neodiplomate e giovani laureate che vogliono intraprendere una carriera stem o tech. Se per le donne si tratta di un’importante occasione di formazione e sviluppo di carriera, le aziende avranno l’opportunità di incontrare tanti talenti qualificati, ridurre il gender gap in azienda e migliorare le proprie politiche di diversity, inclusion e responsabilità sociale.

Il percorso dedicato alle aziende si compone di tre incontri in presenza nella sede di Boom, e si rivolge ai manager di ogni settore aziendale per sensibilizzarli sul tema e iniziare a implementare insieme strategie per colmare il gender gap nelle aree tecnologiche. Si parlerà di inclusione, bias inconsci, binomio tecnologia – femminilità, ma sarà anche l’occasione per creare il primo network di aziende Tech EmpowHER.

Gli incontri si terranno il 15 ottobre, il 6 e il 27 novembre 2024 dalle 17 alle 19 presso la sede di Boom a Bologna. Per iscriversi visitare la seguente pagina: https://crifhr.magnews.net/Awareness_3.

Il percorso rivolto alle neodiplomate e giovani laureate prevede tre differenti opzioni. Teen in Tech: un percorso Ifts, della durata di un anno e altamente specializzato, per neodiplomate di talento: 400 ore di formazione tecnica + 400 ore di stage nelle aziende del circuito Tech EmpowHER. Il percorso inizierà a novembre 2025.

Pink Tech Academy: il percorso intensivo di 6 settimane su data science dedicato a neolaureate in ambito Stem: corsi teorici, laboratori pratici e project work per essere pronte all’inserimento in azienda. Il percorso si svolgerà da gennaio a ottobre 2025.

Switch to Tech: il percorso formativo della durata di 6 mesi dedicato a giovani neolaureate in discipline umanistiche che faticano a trovare un’occupazione o che vogliono reinventarsi in ambito tech, per diventare esperte sviluppatrici software. Il percorso si svolgerà tra novembre 2024 e aprile 2025. L’accesso ai percorsi formativi è totalmente gratuito. Tutte le informazioni su Tech EmpowHer sono disponibili su https://www.bo-om.it/news-ed-eventi/tech-empowher/. Per iscriversi ai corsi scrivere a: info@bo-om.it.

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