Due volte campione con Portland e Boston, era malato di cancro
Bill Walton, leggenda della Nba, è morto a 71 anni per cancro. La lega ha annunciato il decesso dell'ex giocatore, che in carriera ha vinto 2 titoli ed è stato inserito nella Hall of Fame. Walton, dopo la carriera Ncaa a Ucla, nel 1975 è sbarcato nella Nba con i Portland Trail Blazers. Il centro ha guidato la squadra al titolo nel 1977 ed è stato eletto MVP nel 1978. Dal 1979 al 1985 ha giocato con i Clippers, prima a San Diego e poi a Los Angeles. Quindi, dal 1985 al 1987 le ultime stagioni con la maglia dei Boston Celtics, con cui si è laureato campione nel 1986.
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Demografia, a StatisticAll una lettura positiva...
Con l’Italia in prima linea nel processo di invecchiamento globale, il nostro è un paese 'pioniere', ci troviamo in un territorio inesplorato, privo di modelli precedenti da cui trarre insegnamento. Caratterizzata da livelli estremi in tutti i suoi indicatori demografici, l’Italia offre frontiere sconosciute di sperimentazione per affrontare l’invecchiamento a tutti i livelli, dall’individuo alla famiglia, dai territori alla società. Sono queste le ragioni che hanno spinto le eccellenze della ricerca sull’invecchiamento in Italia ad impegnarsi nel Programma di Ricerca Age-It (Ageing Well in an Ageing Society), finanziato dal PNRR, che mira a rendere il Paese un punto di riferimento scientifico in grado di proporre soluzioni anche per altre società che stanno rapidamente invecchiando. Sono i temi trattati dal talk ‘Think Demography, Think Positive! Una lettura positiva dell’invecchiamento della popolazione’, svoltosi nella mattinata del terzo giorno di StatisticAll, il festival della statistica e della demografia.
Per Elisabetta Barbi, professore di Demografia presso il Dipartimento di Scienze Statistiche dell’Università di Roma La Sapienza e direttore della rivista scientifica Genus - Journal of Population Sciences: “Chi si occupa di longevità e sopravvivenza, non può essere che positivo. È vero che anche in questo campo c’è chi ha un atteggiamento più preoccupato, più scuro e cupo, perché i guadagni, ad esempio, sono stati inferiori a quelli della generazione precedente. Io però mantengo un atteggiamento razionalmente positivo per vari motivi: diversi paesi a bassa mortalità hanno attraversato periodi di stagnazione, ma poi di recupero. Poi, è importante anche il ruolo della sopravvivenza selettiva. C’è sempre un sottogruppo di persone che, per caratteristiche genetiche o altro, guidano l’estensione della longevità. Inoltre, ci aspettiamo che la speranza di vita aumenterà quando aumenterà la mortalità in età avanzata, il che ce lo dice l’analisi statistica del profilo dell’età per mortalità".
"A età estreme - spiega la Barbi - il tasso di mortalità non aumenta più, diventa stabile. Il che fa capire che i progressi contro la mortalità aumentano perché non diminuisce il processo di invecchiamento, che anzi sembra non rallentare. Ci aspetta una crescita del numero degli anziani: non bisogna preoccuparsene, ma occuparsene. Spostare l’età della pensione non significa necessariamente lavorare di più. La fase lavorativa spesso è schiacciata,specie per le donne, tra la cura dei familiari e le aspettative lavorative. E’ necessario investire sulla riqualificazione dei lavoratori, di modo che persone con esperienza e persone giovani con bagaglio tecnologico possano lavorare insieme. Penso alle innovazioni e ai progressi sul campo della biomedicina: c’è chi è talmente visionario da parlare della morte della morte o, penso ancora, all’innovazione nel campo tecnologico per l’assistenza sanitaria e per l’accesso ai servizi sanitari, cui tutti non hanno accesso. È vero che abbiamo un periodo di grandi trasformazioni demografiche, ma anche tecnologiche, che sono più veloci. Se sapremo implementare le giuste misure, le prospettive non possono che essere positive”.
Marco Marsili, responsabile del Servizio Registro della popolazione, statistiche demografiche e condizioni di vita nel contesto della Direzione centrale delle statistiche demografiche e del censimento della popolazione dell’Istat, sottolinea come l'istituto "non si è mai iscritta al partito dei pessimisti, ma neanche a quello degli ottimisti. Di certo in Italia si considerano bambini coloro fino ai 14 anni e gli anziani coloro sopra i 65 anni. In questa situazione ci sono elementi positivi: il fatto che la popolazione diminuisca non è necessariamente negativo. Abbiamo una situazione più problematica dai 65 anni in poi, con la possibilità però che l’Italia venga vista come modello di riferimento, in quanto si sta cercando di capire se siamo in grado di rispondere alle sfide che ci aspettano. Sotto questo profilo siamo sotto gli occhi del mondo. Quanto sento parole come invertire la tendenza demografica, mi viene l’orticaria, perché per fare questo, ci vorrebbero presupposti insostenibili. Sugli anziani il tema centrale è la speranza di vita. Generalmente ha un effetto plateau, che però non è scontato. Per far crescere la popolazione servono gli stili di vita e i contesti in cui si vive. Il contesto è quello sanitario-previdenziale. Una chiave di lettura per il futuro è investire nell’aspetto sanitario. Siamo uno dei paesi con uno dei più bassi tassi di attività e di occupazione, ma margini di manovre ce li abbiamo. Un paese democratico deve interfacciare il mondo della scuola con quello dell’impresa, tutto deve essere giusto, ma non aspettiamoci cambi di tendenza nel breve termine”.
Anna Paterno, professore di Demografia presso l’Università di Bari Aldo Moro e vicepresidente dell’Associazione Italiana per gli Studi di Popolazione (Aisp) spiega come la presenza straniera possa contribuire a rallentare l’invecchiamento della popolazione: “Abbiamo il compito di approfondire la tematica e dimostrare la grande opportunità rappresentata dalla presenza straniera di contribuire a rallentare invecchiamento e declino della popolazione. La domanda di fondo è: quanti stranieri sono necessari per questo? Dal 2001 il dibattito si è molto ampliato. Gli stranieri arrivano principalmente in età giovane. Si propongono nel contesto economico come lavoratori e nel contesto demografico come genitori. D’altra parte c’è il discorso legato a salute e sopravvivenza. Non possiamo fare paragoni con gli stranieri, a causa dell’effetto salmone: chi tende a invecchiare generalmente fa ritorno nel proprio paese, quindi il loro decesso non viene registrato in Italia. Generalmente chi emigra lo fa in buone condizioni di salute. L’importante risorsa rappresentata dagli stranieri ha bisogno di essere valorizzata. Abbiamo l’idea di tracciare le strade da seguire. Chi si occupa da tanto tempo di migrazioni non fa che dire da tanto tempo di una politica che va dalla gestione dei flussi, caratterizzata da sanatorie e regolarizzazioni non con una periodicità fissa, ai decreti flussi. È necessario passare a una gestione delle presenze. Un periodo temporale di dieci anni per diventare cittadini italiani è troppo lungo. Anche lo ius scholae è un provvedimento assolutamente necessario, in quanto i bambini sono nati e scolarizzati qui. Bisogna riconoscere, inoltre, i titoli di studio e le professionalità acquisiti nei Paesi di origine, per poter permettere loro di contribuire al sistema fiscale in modo migliore. I ragazzi subiscono già difficoltà di inclusione e sappiamo che questi ragazzi hanno sogni di raggiungere determinati obiettivi”.
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America’s Cup resta in Nuova Zelanda, Britannia...
Il Team Emirates New Zealand diventa il primo a conquistare per la terza volta di seguito la Vecchia Brocca
L'America's Cup rimane stabilmente in Nuova Zelanda dopo la breve vacanza in esposizione a Barcellona: il Team Emirates New Zealand diventa il primo a conquistare per la terza volta di seguito la Vecchia Brocca (la quinta per il paese oceanico), dominando per 7-2 il Team Ineos Britannia, che accarezzava il sogno di vincere una competizione mai vinta e convocata proprio dai britannici ai tempi della regina Vittoria.
La gara
Partenza perfetta di Britannia che tiene sottovento New Zealand e vanno in testa sul lato sinistro del campo di regata ma alla seconda virata i kiwi, mure a dritta, costringono Ineos Britannia a poggiare e riduce lo svantaggio fino al sorpasso grazie alla ormai palese maggior velocità del mezzo. Già prima della metà del primo lato la distanza è intorno ai 200 metri e al primo giro di boa il vantaggio è di 19", nel secondo lato la distanza supera i 300 metri. Secondo gate con 22" di vantaggio New Zealand, ma il colpo di scena arriva nella seconda bolina: i kiwi entrano in un lato di bonaccia e perdono gran parte del vantaggio fino ad arrivare a 20 metri ma poi riprendono a correre, a metà gara sono meno di 100 metri di vantaggio, poi 200 per una virata non perfetta di Ineos. Al quarto giro di boa vantaggio New Zealand di 13", la distanza si allunga e supera i 160 metri nel corso del quinto bastone. Ultimo giro di boa: 17" di svantaggio Britannia e la distanza sfiora i 600 metri: difesa disperata inglese fino ai -400, e il team capitanato da Ben Ainslie dà l'addio all'America's Cup.
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Demografia, Billari (Bocconi): “E’ lente per...
Il rettore a StatisticAll, Italia è leader dell’invecchiamento della popolazione, deve dare risposte ai problemi connessi
"La demografia è come il meccanismo di un orologio: si muove con la lancetta dei secondi, che può provocare ansia, ma si muove anche con la lancetta delle ore, quindi è pericoloso vederla solo come lenta. Sessant’anni fa abbiamo avuto il picco del baby boom. E’ un aspetto che emerge oggi ed è una conseguenza del passato. Ad oggi, infatti, se i nati sono 379mila, i diciottenni tra alcuni anni non potranno essere un milione. Nell’orologio c’è un meccanismo che si chiama ‘corona’, che sposta la lancetta delle ore ed è il ruolo della politica e dell’economia. Se è importante il lungo periodo dobbiamo sederci e ragionare in modo bipartisan: è necessario che il consenso vada al di là del dibattito annuale e della semplificazione destra/sinistra. I cambiamenti nella popolazione possono avere tempi lenti. Per ragionare sui prossimi cinque anni, la natalità non è il parametro da valutare”. Lo ha sottolineato Francesco Billari, rettore dell’università Bocconi, durante il talk ‘Guardare al futuro dell’Europa attraverso la lente della demografia’, nel terzo giorno di lavori del StatisticAll, in corso a Treviso. Un confronto che ha avuto come obiettivo il considerare le trasformazioni profonde che stanno plasmando il continente in termini di popolazione, struttura per età, flussi migratori e dinamiche familiari e che che avranno impatti significativi sull'Europa dei prossimi decenni. Billari sottolinea il legame fra demografia e innovazione: “Storicamente molte innovazioni sono state frutto dell’ingegno di giovani. Ora per la prima volta nella nostra storia siamo in presenza di più generazioni". "In Italia siamo il terzo paese al mondo con over65 - sottolinea - Pertanto, a causa dell’invecchiamento e dello spopolamento, la demografia è parte della mancanza di innovazione. Se l’Italia è leader mondiale dell’invecchiamento della popolazione, deve essere anche leader mondiale nel dare risposte a questo segmento di popolazione”.
Un altro aspetto toccato da Billari nel corso del talk è il rapporto tra demografia e sostenibilità: “Il concetto di sostenibilità nasce dalla demografia, per garantire un pianeta e delle società che servano le generazioni future. In qualche modo la demografia è madre della sostenibilità, ma il concetto odierno, discusso anche in ambito europeo, a volte è troppo restrittivo - continua - Ad oggi si parla di ambiente, ambienti sociali e configurazione di norme, ma quando si parla di sostenibilità è necessario capire cosa succede nelle aree che si stanno spopolando. La governance ha bisogno che le imprese riescano ad aggredire questi temi e che la società sia pronta a queste sfide senza precedenti”.
Infine, Billari conclude illustrando la sua visione dell’Europa con le lenti della demografia: “E’ un continente in decrescita, forse lenta o forse no. Sulle politiche migratorie, che è una parte cruciale, l’Europa non ha ancora deciso. Abbiamo un continente anagraficamente anziano e una posizione geografica che ci ha assicurato, però, millenni di cultura, all’incrocio del mediterraneo, tra nord e sud, tra est e ovest, poi dobbiamo decidere noi se guardare solo la lancetta dei secondi - dell’orologio demografico - e farci prendere dall’ansia. La società deve lavorare per più generazioni e gli anziani non vanno demonizzati: il sistema deve funzionare tanto per gli anziani quanto per i bambini. Se si pensa che l’Europa funzioni per più generazioni, forse la gente tornerà a fare più figli. E’ necessario avere una politica migratoria più adeguata”.