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Malattie infiammatorie croniche intestinali, studi promuovono guselkumab

Risultati presentati da J&J in occasione della Digestive Disease Week di Washington, efficacia e sicurezza confermate

Malattie infiammatorie croniche intestinali, studi promuovono guselkumab

Guselkumab, il primo anticorpo monoclonale completamente umano diretto selettivamente contro la subunità p19 dell'IL-23, si è dimostrato una terapia efficace e sicura sia nella colite ulcerosa sia nella malattia di Crohn. E' quanto emerge da tre studi registrativi (Quasar e Galaxi 2 e 3) sul trattamento di colite ulcerosa e malattia di Crohn, presentati da Johnson & Johnson in occasione della Digestive Disease Week di Washington. Lo comunica Johnson & Johnson in una nota.

Lo studio Quasar - si legge - ha dimostrato che guselkumab è efficace e sicuro in pazienti adulti con colite ulcerosa da moderata a severa in fase attiva. Negli studi Galaxi 2 e 3, il trattamento con guselkumab in pazienti adulti con malattia di Crohn attiva da moderata a severa ha raggiunto gli endpoint co-primari rispetto al placebo, stabilendo nuovi elevati standard di efficacia nel trattamento della malattia.

Il farmaco - ricorda J&J - è già disponibile nel nostro Paese per il trattamento della psoriasi a placche da moderata a severa in pazienti adulti candidabili ad una terapia sistemica, e dell'artrite psoriasica attiva in pazienti adulti che hanno avuto una risposta inadeguata o che hanno mostrato intolleranza a una precedente terapia con farmaci antireumatici modificanti la malattia.

Lo studio di mantenimento di fase 3 Quasarm, randomizzato, in doppio cieco - dettaglia la nota - ha valutato due diversi regimi di trattamento con guselkumab per via sottocutanea in pazienti adulti con colite ulcerosa da moderata a severa: 100 mg ogni 8 settimane (q8w) e 200 mg ogni 4 settimane (q4w). Secondo i dati presentati al congresso, in entrambi i gruppi di trattamento con guselkumab sono stati raggiunti sia l'endpoint primario dello studio, cioè la remissione clinica alla settimana 44, sia tutti e 9 gli endpoint secondari maggiori, con elevata significatività statistica e miglioramenti clinicamente rilevanti. Alla settimana 44, il 45,2% dei pazienti che hanno ricevuto guselkumab 100 mg per via sottocutanea e il 50% dei pazienti che hanno ricevuto guselkumab 200 mg per via sottocutanea hanno raggiunto la remissione clinica (un parametro rigoroso, che comprende valutazione clinica ed endoscopica), rispetto al 18,9% che hanno ricevuto il placebo. Non sono stati osservati nuovi rischi per la sicurezza rispetto al profilo di guselkumab già noto dalle indicazioni approvate.

Gli studi Galaxi 2 e 3 sono due studi di fase 3 di 48 settimane dal disegno sperimentale identico, che hanno valutato invece l'efficacia e la sicurezza di guselkumab, rispetto al placebo e ustekinumab, in pazienti adulti con malattia di Crohn da moderata a severa che avessero fallito o fossero intolleranti alla terapia convenzionale (immunosoppressori o corticosteroidi) biologica (antagonisti del Tnf o vedolizumab). Per entrambi gli studi è stato adottato un disegno treat-through, nel quale i pazienti nei bracci di trattamento attivo hanno continuato ad assumere la terapia alla quale erano stati inizialmente randomizzati, indipendentemente dalla risposta clinica alla settimana 12, fatta eccezione per il gruppo di non-responder del braccio placebo, che è passato al trattamento con ustekinumab in cieco. In ciascuno dei due studi, gli endpoint co-primari erano la risposta clinica alla settimana 12 e la remissione clinica alla settimana 48 e la risposta clinica alla settimana 12 e la risposta endoscopica alla settimana 48, mettendo a confronto ciascun regime di dosaggio con il placebo.

I due regimi di dosaggio di guselkumab testati (200 mg come dose di induzione per via endovenosa alle settimane 0, 4 e 8, seguiti da 100 mg per via sottocutanea ogni 8 settimane o 200 mg s.c. ogni 4 settimane) hanno soddisfatto gli endpoint co-primari rispetto al placebo in entrambi gli studi, stabilendo così un nuovo standard altamente rigoroso per l'efficacia nel trattamento della malattia di Crohn. Ogni regime di dosaggio di guselkumab è stato confrontato con il placebo e, alla settimana 48, entrambi hanno portato a differenze statisticamente e clinicamente significative in termini di efficacia rispetto a ustekinumab su più endpoint endoscopici.

"I risultati di questi studi - commenta Silvio Danese, direttore dell'Unità di Gastroenterologia ed Endoscopia digestiva dell'Irccs Ospedale San Raffaele e professore ordinario di Gastroenterologia presso l'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano - sono incoraggianti per tutti coloro che continuano a sperimentare i sintomi persistenti e debilitanti delle malattie infiammatorie croniche intestinali (Mici). Guselkumab si è dimostrato una terapia promettente, potenzialmente capace di indurre una rapida e sostenuta efficacia e di portare a una remissione duratura, sia nella colite ulcerosa sia nella malattia di Crohn, grazie al suo meccanismo d'azione mirato all'IL-23. L'efficacia dimostrata da questa molecola in termini di remissione della malattia e di miglioramento clinico rappresenta il tipo di progresso che ci aspettiamo dallo sviluppo di nuovi trattamenti per le Mici sia in linee precoci, sia in linee più avanzate".

A maggio 2024 - riporta la nota - J&J ha presentato all'Agenzia europea dei medicinali (Ema) una richiesta di estensione di indicazione per guselkumab nel trattamento di pazienti adulti con malattia di Crohn e colite ulcerosa da moderate a severe. Inoltre, a marzo dello stesso anno l'azienda ha presentato una richiesta di licenza biologica supplementare alla Fda per ottenere l'approvazione di guselkumab per il trattamento di adulti con colite ulcerosa da moderata a severa.

In Europa sono quasi 2 milioni le persone che convivono quotidianamente con i sintomi persistenti e debilitanti della malattia di Crohn. A questi si aggiungono gli oltre 2 milioni di pazienti con colite ulcerosa. "E' da lì che nasce il nostro impegno nel portare avanti la ricerca nel campo delle Mici, con l'obiettivo di migliorare gli standard di cura, garantendo una continua evoluzione delle soluzioni terapeutiche - chiosa Ludovic de Beaucoudrey, Senior Director, Therapeutic Area Lead, Immunology, Johnson & Johnson Innovative Medicine - Il nostro programma Galaxi di fase 3 comprende due rigorosi studi indipendenti che dimostrano il potenziale di guselkumab per le persone con malattia di Crohn da moderata a severa, dove ci sono ancora notevoli bisogni insoddisfatti. Allo stesso modo, lo studio di mantenimento di fase 3 Quasar risponde alla necessità di offrire nuove opzioni terapeutiche ai pazienti che affrontano le sfide della colite ulcerosa".

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Salute e Benessere

Nuovo presidente Cda Fondazione Gemelli, prende quota...

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L'ex ministro dell'Economia del governo Draghi sembrerebbe il profilo giusto

Daniele Franco

Prende quota il nome dell'ex ministro Daniele Franco come prossimo presidente della Fondazione Policlinico Gemelli di Roma. Entro la fine del mese dovrebbe essere nominato tutto il nuovo Consiglio d'amministrazione della Fondazione Policlinico che si è insediato a metà ottobre 2020. Nulla trapela dal Gemelli ma il nome di Franco - secondo quanto apprende l'Adnkronos Salute - sembrerebbe essere il profilo giusto. Franco è un economista, tra gennaio 2020 e febbraio 2021 ha ricoperto il ruolo di ministro dell'Economia e delle Finanze del Governo Draghi, ma è stato in precedenza Ragioniere generale dello Stato e direttore generale della Banca d'Italia.

Il Cda della Fondazione privata no-profit è nominato dagli enti fondatori del Gemelli, Università Cattolica del Sacro Cuore e l'Istituto Giuseppe Toniolo di Studi Superiori, ed è costituto da 11 componenti. Oggi ne fanno parte: Carlo Fratta Pasini (presidente); Sergio Alfieri; Alessandro Azzi; Renato Balduzzi; Antonio Gasbarrini; monsignor Claudio Giuliodori; Giuseppe Guerrera; Cesare Mirabelli; Alfredo Pontecorvi; Mario Taccolini. Nel Cda c'era anche il rettore dell'Università Cattolica, Franco Anelli, prematuramente scomparso il 23 maggio scorso.

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Salute e Benessere

Giovagnoni (Sirm): “Su teleradiologia una normativa...

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Al convegno Fism, 'tavolo aperto con Agenas e società scientifiche europee per trovare una soluzione'

Giovagnoni (Sirm):

"La teleradiologia sta al centro di numerosi dibattiti. Abbiamo aperto diversi tavoli di discussione, uno con Agenas, proprio per cercare di trovare una soluzione ai problemi di vecchia normativa che ci sta un pochino inchiodando e limitando quello che è stato, parallelamente, l'avanzamento tecnologico in questi anni". Lo ha detto Andrea Giovagnoni, presidente Sirm, Società italiana radiologia medica, partecipando al convegno organizzato dalla Federazione delle Società medico-scientifiche italiane (Fism) sul tema della trasformazione digitale e dell'intelligenza artificiale, oggi al ministero della Salute.

"Le norme - spiega Giovagnoni - sono di 10 anni fa. Le cose adesso sono cambiate, le norme non lo sono, ma bisogna non fare il passo più lungo dalla gamba. E' una delle materie di cui discuteremo negli Stati generali a novembre, quando riuniremo i 12.500 radiologi iscritti alla società scientifica, e che raccolgono diverse anime all'interno della professione per trovare una quadra, soprattutto per un tema così importante". A tale proposito, "da qualche anno abbiamo aperto un tavolo di confronto con altre due società scientifiche internazionali, francesi e spagnole, proprio perché abbiamo problemi simili e forse, proprio con la contaminazione di esperienze diverse europee, potremmo trovare sicuramente un inquadramento per quella che - conclude - è la via giusta per prendere".

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Salute e Benessere

Carcinoma retto, guarigione completa per 1 su 4 anche senza...

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All'Esmo 2024 presentato studio promosso e realizzato dall'ospedale Niguarda di Milano

Carcinoma retto, guarigione completa per 1 su 4 anche senza chirurgia

Un paziente su 4 con carcinoma del retto medio-basso localmente avanzato guarisce completamente anche senza la chirurgia. Ne sono convinti gli autori dello studio No-Cut, i cui risultati sono stati presentati al Congresso Esmo 2024 in corso a Barcellona. I ricercatori dello studio - promosso e realizzato dall'Ospedale Niguarda di Milano - hanno dimostrato che preservare l'integrità del retto, garantendo gli stessi livelli di sicurezza e guarigione dati dall'approccio chirurgico tradizionale, è possibile.

Allo studio, condotto dal 2018 al 2024, hanno partecipato con radioterapisti, oncologi medici, chirurghi, radiologi, endoscopisti, patologi, biologi, farmacisti, coordinatori di studio, amministrativi e ricercatori in 4 istituzioni in Italia: l'Ospedale Niguarda di Milano (ente promotore), l'Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano, l'Istituto oncologico veneto (Iov) di Padova e l'Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. A illustrare i dati nel simposio presidenziale 'Eyes to The Future' l'oncologo Alessio Amatu di Niguarda: "Gli obiettivi traslazionali di genomica e trascrittomica, presentati per la prima volta al congresso Esmo, riguardano il valore predittivo del Dna tumorale circolante (ctDna, liquid biopsy) e dell'Rna tumorale e sono anch'essi significativi e indicativi perché in grado di predire la risposta clinica".

Nei tumori del retto localmente avanzato, una delle strategie di cura attualmente più utilizzate prevede la rimozione chirurgica della malattia. In particolare, i casi di carcinoma del retto medio-basso localmente avanzato fino al 2017 venivano sempre curati in tutti i casi con chemio-radioterapia e chirurgia del retto, e a seguire chemioterapia precauzionale (adiuvante) post-chirurgica per diminuire il rischio di recidiva. Con lo studio No-Cut i ricercatori hanno voluto invece indagare l'efficacia di un percorso di cura che potesse preservare l'integrità del retto garantendo gli stessi livelli di guarigione e sicurezza dati dalla chirurgia. Il protocollo ha previsto la somministrazione preventiva di una terapia più intensa, composta da una prima fase di chemioterapia seguita da una seconda potenziata con radioterapia. Successivamente, se alla rivalutazione clinica strumentale (con esame rettale, risonanza magnetica nucleare, ecoendoscopia rettale e biopsia) veniva evidenziata una remissione clinica completa della malattia, il paziente poteva evitare la chirurgia rettale venendo invece sottoposto a sorveglianza attiva con stretti controlli nel tempo.

Nello studio in questi anni sono state curate e studiate 180 persone e il risultato clinico è stato che una persona su 4 ha raggiunto la remissione clinica completa che si è mantenuta nel tempo. Una caratteristica che ha consentito loro di evitare la chirurgia del retto e la colostomia, migliorando sensibilmente la qualità di vita. All'interno dello studio No-Cut, inoltre, sono stati studiati alcuni biomarcatori multiomici (caratteristiche radiologiche e patologiche, 'radiopatomica'; Dna del tumore e circolante nel sangue, 'genomica e biopsia liquida'; Rna del tumore, 'trascrittomica'), con lo scopo di identificare a priori in quali casi fosse possibile evitare la chirurgia del retto o coloro che, non raggiungendo una remissione clinica completa, avrebbero potuto beneficiare in futuro di nuove terapie.

"L'obiettivo principale dello studio - commenta Salvatore Siena, direttore Oncologia dell'Ospedale Niguarda di Milano e principal investigator di No-Cut - è molto innovativo e rilevante per lo sviluppo della terapia senza chirurgia del carcinoma del retto localmente avanzato: si tratta di verificare se evitare la chirurgia (il Non-Operative Management, Nom) condizioni il tasso di metastasi del tumore. L'obiettivo principale è stato raggiunto ed è positivo, perché seguendo la Nom la sopravvivenza dei pazienti a distanza di 30 mesi era del 97%, e libera da metastasi. Un risultato ampiamente più favorevole di quanto atteso".

Lo studio No-Cut è finanziato dal grant IG-20685 di Fondazione Airc Ets, da Fondazione Oncologia Niguarda Ets e dal Fondo Divisionale della Struttura complessa Oncologia Falck di Niguarda.

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