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Ucraina, non solo armi per Kiev: una parte della Nato vuole accelerare

Kiev chiede istruttori alla Francia. Un gruppo di paesi valuta di fornire aiuti direttamente al fronte

Operazioni in guerra

Un gruppo di paesi della Nato è pronto ad aumentare il sostegno all'Ucraina e ad agire direttamente sul suolo del paese in guerra con la Russia. A delineare la svolta nel conflitto è la Bild, che fa riferimento all'orientamento di Estonia, Gran Bretagna, Polonia, Lituania e Francia.

Nato, il fronte che accelera

Tale linea non è condivisa al momento da Stati Uniti e Germania, in un contesto caratterizzato dalle dichiarazioni di Jens Stoltenberg: il segretario generale della Nato ha ribadito l'appello ai paesi membri dell'alleanza, 'invitati' a valutare se autorizzare Kiev a utilizzare le armi occidentali per colpire obiettivi militari in Russia. Il tema è di particolare attualità in questo momento: le forze di Mosca compiono raid quotidiani sulla regione ucraina di Kharkiv lanciando missili dal proprio territorio che, di fatto, è una 'safe zone' non raggiunta da Kiev.

I paesi favorevoli ad ulteriori azioni - rispetto alla fornitura di armi, munizioni e mezzi - stanno discutendo in particolare l'invio di istruttori sul territorio dell'Ucraina. La scelta consentirebbe di razionalizzare e accelerare attività di addestramento che attualmente sono condizionate dal trasferimento di migliaia di soldati ucraini in altri paesi.

Istruttori in arrivo dalla Francia

La fumata bianca sembra vicina per quanto riguarda la Francia: i primi istruttori militari francesi arriveranno "presto" in Ucraina, come ha annunciato su Telegram il generale Oleksandr Syrsky, comandante delle forze armate di Kiev, dopo un incontro in video-conferenza a cui hanno partecipato anche il ministro della Difesa ucraino, Rustem Umerov, ed il ministro francese delle Forze Armate, Sebastien Lecorne.

"Accolgo con favore l'iniziativa della Francia di inviare istruttori in Ucraina per addestrare il personale militare ucraino - ha affermato - Ho già firmato i documenti che consentiranno presto ai primi istruttori francesi di visitare i nostri centri di formazione e di familiarizzare con le loro infrastrutture ed il personale". "Credo che la determinazione della Francia incoraggerà altri partner ad aderire a questo ambizioso progetto", ha aggiunto Syrsky.

Qualche ora dopo, la parziale rettifica: "A partire dal febbraio 2024, l'Ucraina ha espresso interesse alla prospettiva di ricevere istruttori stranieri. Al momento siamo ancora in trattative con la Francia e altri paesi su questo tema", ha precisato il ministero della Difesa di Kiev, spiegando che si tratta di un "chiarimento in merito alle numerose richieste dei mass media circa l'accoglienza di istruttori provenienti dai Paesi partner", dopo le parole di Syrsky.

"Il Ministero della Difesa, insieme allo Stato Maggiore Generale, ha avviato il lavoro interno sui documenti rilevanti su questo tema al fine di non perdere tempo nel coordinare le questioni burocratiche quando verrà presa la decisione appropriata", aggiunge il ministero su 'X'.

Spagna, aiuti record a Kiev

Nel mosaico della coalizione pro-Kiev, la Spagna donerà all'Ucraina un pacchetto di aiuti militari del valore di oltre 1,1 miliardi di euro, una cifra senza precedenti per il governo di Madrid. La decisione è stata comunicata nel giorno della visita in Spagna del presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, che ha incontrato il primo ministro Pedro Sanchez e re Felipe VI.

Zelensky e Sanchez hanno firmato un accordo bilaterale sulla sicurezza che comprende la fornitura di equipaggiamenti militari che vanno dai missili Patriot ai carri armati Leopard, oltre a proiettili di artiglieria, sistemi anti-droni e lanciarazzi portatili. L'accordo comporta contratti milionari per l'industria della difesa spagnola in quanto - ha scritto El Pais - gli equipaggiamenti saranno prodotti da aziende come Trc, Indra, Escribano, Uro, Expal o Instalaza.

Scudo aereo per l'Ucraina, Germania dice no

All'interno della Nato, riferisce ancora Bild, si profila una divisione per quanto riguarda anche la fornitura di armi e munizioni: Gran Bretagna, Canada ed Estonia - probabilmente anche con altri paesi - sono pronti a consegnare armi e munizioni non solo ai confini dell'Ucraina, ma anche oltre la linea del fronte. Le discussioni proseguono e sul tavolo ci sarebbe anche un impegno maggiore per la protezione dello spazio aereo dell'Ucraina occidentale da parte dei sistemi antiaerei della Nato.

In questo settore, la Germania continua a dire 'nein' all'idea di realizzare uno scudo difensivo per proteggere l'Ucraina occidentale, come ha ribadito il portavoce del governo tedesco, Steffen Hebestreit. "Dal nostro punto di vista questo sarebbe un coinvolgimento diretto in questo conflitto e questo è qualcosa a cui non puntiamo", ha detto.

Hebestreit non ha voluto poi rispondere a chi si chiedeva se e in che forma Kiev abbia dato assicurazioni di non usare per attacchi nel territorio russo i sistemi di arma forniti dalla Germania. Queste interrelazioni sono confidenziali ed hanno dimostrato di funzionare, ha detto il portavoce che ha comunque osservato che la legge internazionale stabilisce che un Paese sotto attacco può anche difendersi oltre i propri confini.

La Polonia continua a armarsi

Il quadro è in evoluzione e lo conferma anche l'annuncio della Polonia, che ha acquistato dagli Stati Uniti di missili da crociera con una gittata di mille chilometri per un valore di 677 milioni di euro. Il ministro della Difesa di Varsavia ha evidenziato che ''la guerra in Ucraina ha dimostrato l'importanza di poter lanciare missili contro obiettivi anche molto lontani dalla linea del fronte, e la gittata dei missili acquistati è di circa mille chilometri''.

Le consegne dei missili Agm-158 Jassm-Er saranno effettuate tra il 2026 e il 2030, ha affermato il ministero. La Polonia dispone già di missili Jaddm con una gittata di 370 chilometri che vengono utilizzati dai suoi aerei da caccia multiruolo F-16 di fabbricazione americana.

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Esteri

Cercapersone e walkie talkie esplosi, Libano nel panico: la...

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Civili sono terrorizzati dal fatto che dispositivi di uso quotidiano possano esplodere in qualsiasi momento

Militari libanesi - (Afp)

Una psicosi collettiva sta dilagando in Libano dopo le due ondate di attacchi contro Hezbollah con walkie talkie e cercapersone esplosivi che hanno causato decine di morti e migliaia di feriti. L'operazione non rivendicata, ma che in molti hanno attribuito al Mossad, ha anche provocato danni gravissimi agli occhi di molti sopravvissuti, tra cui l'ambasciatore iraniano a Beirut, Mojtaba Amani. Gli ospedali sono saturi e il Paese - già da tempo alle prese con una devastante crisi economica e politica - è in preda al panico.

I civili sono terrorizzati dal fatto che dispositivi di uso quotidiano possano esplodere in qualsiasi momento. E le voci girano ormai senza alcun freno causando ancora più caos. "Si dice che potrebbero esplodere i pannelli solari, le batterie, i frigoriferi, qualsiasi cosa", ha scritto il giornalista Hassan Harfoush sul Daily Mail. "Ho persino detto ai miei genitori di prendere un estintore, nel caso in cui qualcosa esplodesse in casa", ha aggiunto Harfoush che ha descritto le scene dell'orrore - con corpi e volti dilaniati - a cui si è assistito negli ultimi giorni.

I libanesi, scrive la stampa locale, hanno iniziato ad adottare misure drastiche per proteggersi, spegnendo i cellulari, gettando via i dispositivi elettronici e strappando le batterie dai walkie-talkie per il timore che possano essere stati manomessi con esplosivi. In alcuni casi, le persone hanno staccato gli elettrodomestici, persino spento i router wi-fi. Intanto una fonte dell'intelligence statunitense ha rivelato ad Abc News che l'operazione per fabbricare i device esplosi era stata pianificata da almeno 15 anni, coinvolgendo società fittizie.

Una delle principali conseguenze a lungo termine di quanto accaduto sarà che Hezbollah "ora dovrà condurre una caccia alle streghe all'interno dell'organizzazione", ha commentato a Sky News il ricercatore su terrorismo e politica mediorientale, Magnus Norell, evidenziando come la "vittoria tattica per Israele" sia stata "l'interruzione dei sistemi di comunicazione di Hezbollah in un colpo solo".

Ma i nervi dei libanesi sono messi a dura prova anche dal rischio concreto che le esplosioni dei walkie talkie e dei cercapersone siano, come molti osservatori sostengono, il preludio a un'operazione militare su larga scala dello Stato ebraico contro Hezbollah. Il ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant, ha parlato di una "nuova fase" della guerra, il cui baricentro si sposterà inevitabilmente da Gaza verso il confine nord con il Libano. Il segretario generale di Hezbollah, Hassan Nasrallah, nel suo atteso intervento ieri ha definito l'operazione di Israele "un'operazione di guerra".

La tensione è altissima. Aerei militari israeliani hanno sorvolato Beirut, a bassa quota e a velocità superiori di quella del suono, mentre Nasrallah teneva il suo discorso. Negli stessi minuti Hezbollah ha colpito almeno quattro nel nord dello Stato ebraico. Nella notte, poi, c'è stato uno dei più intensi attacchi israeliani nel sud del Libano dal 7 ottobre. L'agenzia libanese Nna sostiene che siano stati condotti 52 raid e le Idf hanno comunicato di aver colpito 100 lanciatori di razzi.

Il punto sulla crisi

L'escalation sembra davvero un passo, ma nella comunità internazionale si ritiene ci sia ancora una finestra di opportunità per risolvere la crisi pacificamente. "Abbiamo parlato a lungo di ciò che accade in Medio Oriente, con grande preoccupazione, ma anche convinti che ci possa ancora essere lo spazio per iniziative diplomatiche'', ha dichiarato ieri sera a Parigi il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, al termine della riunione del formato Quint - con i rappresentanti di Usa, Germania, Francia e Gb - incentrata sulla crisi in Medio Oriente. "Una strada diplomatica esiste", ha confermato il presidente francese, Emmanuel Macron, rivolgendosi ai libanesi e sottolineando che "la guerra non è inevitabile".

Mosca, invece, ha messo in guardia dagli "effetti catastrofici" dell'attacco che ha falcidiato Hezbollah, dicendosi "profondamente preoccupata dai pericolosi sviluppi" in Libano. "Siamo convinti che l'avvio di una operazione militare su vasta scala in Libano avrebbe le conseguenze più distruttive per la sicurezza dell'intero Medio Oriente. E' necessario evitare tale scenario catastrofico", ha affermato la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova.

Dall'Iran - che non dimentica anche l'uccisione a luglio del leader politico di Hamas, Ismail Haniyeh - è arrivata invece l'ennesima minaccia di rappresaglia contro Israele, stavolta attraverso il potente capo dei Guardiani della Rivoluzione. Israele riceverà una "risposta terribile" per i suoi attacchi contro Hezbollah, ha tuonato Hossein Salami, denunciando "il crimine atroce commesso dal regime sionista a causa della sua disperazione e dei suoi fallimenti".

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Esteri

Nuovi raid aerei di Israele nel sud del Libano –...

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(Fotogramma/Ipa)

Nuovi raid aerei di Israele contro il sud del Libano. Distrutti centinaia di razzi pronti per essere lanciati in territorio israeliano, e altre infrastrutture militari. I media libanesi denunciano che ci sono stati fra i 50 e i 70 attacchi aerei, concentrati in brevissimo tempo, e che quella di ieri è stata l'operazione più pesante dall'inizio del conflitto a Gaza lo scorso ottobre. Il ministro della difesa israeliano Yoav Gallant ha anticipato che le azioni militari contro Hezbollah "proseguiranno" e ha parlato di "una nuova fase della guerra".

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Esteri

Israele-Libano, rischio escalation preoccupa Usa e Russia:...

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Wsj: "Pentagono non esclude operazione di terra Tel Aviv nel prossimo futuro". Ma Washington teme che la situazione possa andare fuori controllo

Carro armato israeliano - (Fotogramma)

Crescono i timori per l'avvio di una operazione militare di terra delle forze israeliane nel sud del Libano nel prossimo futuro. Ad essere preoccupati sono non solo gi Usa, ma anche la Russia, che parla di "conseguenza catastrofiche".

Secondo quanto scrive il Wall Street Journal, nei giorni scorsi ne ha parlato il segretario della difesa Lloyd Austin e l'attacco contro Hezbollah con cercapersone e walkie talkie esplosivi dà sostanza a tali timori. Austin e il dipartimento di stato hanno insistito nel sollecitare Israele a dare più tempo alla diplomazia, ma gli Stati Uniti temono che la situazione possa andare fuori controllo.

Russia: "Da operazione vasta scala effetti catastrofici e conseguenze in regione"

Da Mosca a parlare è la portavoce del ministero degli esteri russo, Maria Zakharova. "Date le dimensioni e le potenziali conseguenze degli eventi in corso, siamo profondamente preoccupati dai pericolosi sviluppi in Libano", ha affermato, denunciando le esplosioni dei dispositivi in dotazione agli esponenti di Hezbollah come "cyber attacchi di terrorismo". "Siamo convinti che l'avvio di una operazione militare su vasta scala in Libano avrebbe le conseguenze più distruttive per la sicurezza dell'intero Medio Oriente. E' necessario evitare tale scenario catastrofico", ha aggiunto. Mosca esprime la sua disponibilità per "strette interazioni con partner regionali e internazionali per ridurre le tensioni e stabilizzare la situazione militare e politica".

Wsj: improbabile accordo Israele-Hamas entro fine mandato Biden

Intanto, sempre dalla pagine del Wall Street Journal, alti funzionari statunitensi hanno ammesso che è "improbabile" che Israele e Hamas raggiungano un accordo prima della fine del mandato del presidente degli Stati Uniti, Joe Biden. Questo dopo che per mesi diversi esponenti dell'Amministrazione hanno indicato che un cessate il fuoco e un accordo per il rilascio degli ostaggi sia a portata di mano.

La Casa Bianca ha precedentemente affermato che le parti in conflitto hanno già accettato il "90%" del testo dell'accordo, quindi ci sarebbe la speranza di una svolta. Ma diversi funzionari di alto livello della Casa Bianca, del Dipartimento di Stato e del Pentagono sono piuttosto scettici in merito a un via libera definitivo. "Nessun accordo è imminente" e "non sono sicuro che verrà mai raggiunto", ha affermato uno dei funzionari statunitensi.

Le fonti hanno spiegato che dietro il loro pessimismo ci sono diversi motivi. Il numero dei prigionieri palestinesi che Israele dovrebbe rilasciare in cambio degli ostaggi era uno dei nodi principali, ma si è ancora più complicato dopo la morte di sei rapiti, tra cui un cittadino americano. E l'attacco di due giorni a Hezbollah con cercapersone e walkie-talkie esplosivi, seguito da raid aerei israeliani, ha reso molto più probabile la possibilità di una guerra totale, complicando la strada per una soluzione diplomatica con Hamas.

Un altro problema è che, secondo i funzionari dell'Amministrazione Biden, Hamas prima avanza delle richieste e poi si rifiuta di dire "sì" dopo che gli Stati Uniti e Israele le accettano. L'intransigenza ha frustrato i negoziatori, che ritengono sempre di più che la fazione palestinese non sia seriamente intenzionata a concludere un accordo. I critici hanno anche accusato il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, di sabotare il processo, in parte nel tentativo di placare l'estrema destra della sua coalizione di governo.

Di conseguenza, l'umore all'interno dell'Amministrazione e in Medio Oriente è cupo come non lo è mai stato negli ultimi mesi. "Non c'è alcuna possibilità che accada ora - ha aggiunto un funzionario di un Paese arabo poco dopo l'operazione contro Hezbollah - Tutti sono in modalità attesa fino a dopo le elezioni. L'esito determinerà cosa può accadere nella prossima Amministrazione".

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