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Sanità. Lettera appello di 50 medici: “Il Ssn è malato, basta curare solo i sintomi”

Lo sfogo di un gruppo di camici bianchi senior: "Abbiamo visto l'ascesa e il declino del servizio pubblico. Urge una 'Costituente' per riformare davvero il sistema. Vanno indetti Stati generali per soluzioni durature, o non funzionerà neanche la lotta alle liste d'attesa"

(Fotogramma)

"Siamo 50 medici che si sono ritrovati dopo 50 anni dalla laurea conseguita all'università Cattolica del Sacro Cuore di Roma. Siamo stati testimoni, avendo esercitato la professione in ambito ospedaliero, universitario e nei servizi territoriali, dell'intero arco della riforma sanitaria del 1978". "Abbiamo seguito l'evolversi e l'involversi del Servizio sanitario nazionale", "ascesa e declino". Nel frattempo "la società italiana è cambiata", invecchiata. Ma "l'aumento dei bisogni di salute riceve risposte differenti e troppo spesso inadeguate a seconda della regione in cui vive il paziente". E "l'attuazione dell'autonomia differenziata potrebbe ulteriormente aggravare questa situazione già inaccettabile". E' lo sfogo che un gruppo di camici bianchi 'senior' della sanità italiana ha affidato a una lettera aperta, "alle istituzioni, all'opinione pubblica, a tutte le parti in causa", che porta in calce una cinquantina di firme, di specialisti di ogni settore, dalla ginecologia alla pneumologia, dalla geriatria all'oncologia, dalla pediatria alla psichiatria, dall'endocrinologia all'immunologia, di base in diverse città d'Italia.

La preoccupazione degli esperti? Che anche adesso si stia "cercando di curare i sintomi" e non la malattia, "la radice del problema". Ed è così che "si tenta di ridurre il problema delle liste d'attesa, senza riuscirci", spiega all'Adnkronos Salute uno dei firmatari, Salvatore Di Giulio, nefrologo di lunga esperienza che è stato direttore del Dipartimento dei Trapianti dell'ospedale San Camillo di Roma, oggi in pensione. Di Giulio riassume i principali contenuti emersi dal confronto fra questi specialisti che hanno condiviso gli anni della formazione universitaria. "E' uno sfogo, certo, e non siamo né i primi né gli ultimi. Ma vuole avere anche uno scopo propositivo", puntualizza.

E infatti la lettera si chiude con una proposta: "Che, senza distorsioni e polemiche pretestuosamente di parte, si decida da parte delle forze politiche, sociali e sindacali" di "indire una sorta di Stati generali del Ssn, una nuova 'Costituente' di tutti gli attori in causa, che indichi soluzioni concrete e durature per la correzione del sistema. Colpevole sarebbe, nei confronti di tutti i cittadini e in particolare delle nuove generazioni, che il Ssn si sfasci per ignavia e/o per interessi economici particolari". Una nuova levata di scudi per il Servizio sanitario nazionale, che arriva a distanza di meno di 2 mesi dall'iniziativa che ha visto protagonisti 14 importanti scienziati italiani tra cui il premio Nobel Giorgio Parisi, in difesa della sanità pubblica. "Noi firmatari di questa lettera - spiegano i medici senior - non vogliamo e non possiamo tacere di fronte a questa deriva negativa e, anche se ormai non ricopriamo posizioni decisionali, ci sentiamo in dovere, sulla base della nostra lunga esperienza maturata nei più svariati campi della medicina, di denunciare la scarsità di iniziative coordinate che, anche in momenti di risorse economiche limitate, sta forzando il cittadino a pagarsi in proprio molte cure mediche".

"Tutti noi - racconta Di Giulio, 75 anni, che dopo una parentesi parigina decennale ha condotto la sua lunga carriera in Italia nel pubblico, fino alla pensione - abbiamo investito un impegno extra, oltre a quello della sola assistenza sanitaria, per la costruzione di un sistema sanitario pubblico efficiente ed efficace". Il camice bianco porta qualche esempio, attingendo alla sua storia personale e ricorda i traguardi raggiunti in quegli anni, per esempio come si sia riusciti a "creare il centro di trapianti dell'ospedale San Camillo e Spallanzani di Roma". E offre dei numeri esemplificativi, che - spiega - rendono l'idea della parabola che il Ssn sta vivendo: "Quando nel 2000 sono arrivato al San Camillo c'erano solo 16 posti di dialisi di cui alcuni non funzionanti, quando sono andato in pensione nel 2015 ce n'erano 44. Oggi purtroppo ne funzionano solamente 30 per mancanza di personale infermieristico e di personale medico". Molti medici sono andati in pensione come Di Giulio, "e dal 2015 non sono stati sostituiti mentre i bisogni sono aumentati in maniera esponenziale".

Il problema per l'esperto è anche questo: "Attualmente non c'è nessun programma per la valutazione dei bisogni di salute, per adeguare l'organizzazione del sistema sanitario nazionale alle esigenze reali", ma "si cerca solamente per ragioni politiche di rispondere alla domanda di salute, che a sua volta genera le liste d'attesa", le quali "sono solamente un sintomo del disservizio nel servizio sanitario nazionale". Per il primario nefrologo, "l'attuale decreto in preparazione per ridurle introduce dei concetti fuorvianti", riflette. "Alcuni di questi concetti, derivati dal mondo delle compagnie di assicurazione, trasposti nel servizio sanitario creano un filtro iniquo, non corretto", a suo dire. "L'analisi dei bisogni di salute - osserva - metterebbe in evidenza in maniera molto più chiara delle liste d'attesa quali sono le gravi differenze regionali nel servizio sanitario nazionale".

Secondo Di Giulio poi, un altro elemento che contribuisce a travisare la situazione reale è che "ci sono almeno 4,5 milioni di persone che rinunciano alle cure perché non possono permetterselo economicamente e altre che ricorrono alla sanità pagata di tasca propria. Io oggi lavoro in una clinica privata e lo vedo personalmente. Il dibattito deve andare oltre la soluzione emergenziale, la 'toppa'. Non può essere solo: come pagare più tac nel privato". Quello che preoccupa, prosegue il ragionamento del medico, "è che non solo queste diversità che vediamo sono tollerate a livello nazionale e a livello regionale, ma che per esempio nelle prossime elezioni europee non ci sia nessun programma di nessun partito che indichi un progetto di uniformità europea per i vari sistemi sanitari e io le differenze le colgo, esistono".

"Quello che mi colpisce - conclude - è la mancanza della soggettività del paziente nella vita politica. Ha più effetto uno sciopero dei controllori di volo che il malessere dei pazienti, che non sono rappresentati da nessuno. Vediamo denunce che piovono da più parti, è vero. Anche la nostra è una denuncia. Ma non c'è una sede in cui ci si possa sedere e confrontarsi per la ricerca di una vera soluzione. Per questo noi auspichiamo che si possa aprire una sorta di 'Costituente' per la riforma del Servizio sanitario nazionale, come quella che ha ispirato la nostra Costituzione repubblicana. Insomma, noi che abbiamo investito molte delle nostre energie e anni delle nostre vite nel Ssn non vogliamo che tutto quello che si è riusciti a costruire venga distrutto. Tutti, in ogni settore dello Stato e della società, in tutte le istituzioni che hanno voce in capitolo, devono impegnarsi perché non succeda".

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Salute e Benessere

Nuovo presidente Cda Fondazione Gemelli, prende quota...

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L'ex ministro dell'Economia del governo Draghi sembrerebbe il profilo giusto

Daniele Franco

Prende quota il nome dell'ex ministro Daniele Franco come prossimo presidente della Fondazione Policlinico Gemelli di Roma. Entro la fine del mese dovrebbe essere nominato tutto il nuovo Consiglio d'amministrazione della Fondazione Policlinico che si è insediato a metà ottobre 2020. Nulla trapela dal Gemelli ma il nome di Franco - secondo quanto apprende l'Adnkronos Salute - sembrerebbe essere il profilo giusto. Franco è un economista, tra gennaio 2020 e febbraio 2021 ha ricoperto il ruolo di ministro dell'Economia e delle Finanze del Governo Draghi, ma è stato in precedenza Ragioniere generale dello Stato e direttore generale della Banca d'Italia.

Il Cda della Fondazione privata no-profit è nominato dagli enti fondatori del Gemelli, Università Cattolica del Sacro Cuore e l'Istituto Giuseppe Toniolo di Studi Superiori, ed è costituto da 11 componenti. Oggi ne fanno parte: Carlo Fratta Pasini (presidente); Sergio Alfieri; Alessandro Azzi; Renato Balduzzi; Antonio Gasbarrini; monsignor Claudio Giuliodori; Giuseppe Guerrera; Cesare Mirabelli; Alfredo Pontecorvi; Mario Taccolini. Nel Cda c'era anche il rettore dell'Università Cattolica, Franco Anelli, prematuramente scomparso il 23 maggio scorso.

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Salute e Benessere

Giovagnoni (Sirm): “Su teleradiologia una normativa...

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Al convegno Fism, 'tavolo aperto con Agenas e società scientifiche europee per trovare una soluzione'

Giovagnoni (Sirm):

"La teleradiologia sta al centro di numerosi dibattiti. Abbiamo aperto diversi tavoli di discussione, uno con Agenas, proprio per cercare di trovare una soluzione ai problemi di vecchia normativa che ci sta un pochino inchiodando e limitando quello che è stato, parallelamente, l'avanzamento tecnologico in questi anni". Lo ha detto Andrea Giovagnoni, presidente Sirm, Società italiana radiologia medica, partecipando al convegno organizzato dalla Federazione delle Società medico-scientifiche italiane (Fism) sul tema della trasformazione digitale e dell'intelligenza artificiale, oggi al ministero della Salute.

"Le norme - spiega Giovagnoni - sono di 10 anni fa. Le cose adesso sono cambiate, le norme non lo sono, ma bisogna non fare il passo più lungo dalla gamba. E' una delle materie di cui discuteremo negli Stati generali a novembre, quando riuniremo i 12.500 radiologi iscritti alla società scientifica, e che raccolgono diverse anime all'interno della professione per trovare una quadra, soprattutto per un tema così importante". A tale proposito, "da qualche anno abbiamo aperto un tavolo di confronto con altre due società scientifiche internazionali, francesi e spagnole, proprio perché abbiamo problemi simili e forse, proprio con la contaminazione di esperienze diverse europee, potremmo trovare sicuramente un inquadramento per quella che - conclude - è la via giusta per prendere".

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Salute e Benessere

Carcinoma retto, guarigione completa per 1 su 4 anche senza...

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All'Esmo 2024 presentato studio promosso e realizzato dall'ospedale Niguarda di Milano

Carcinoma retto, guarigione completa per 1 su 4 anche senza chirurgia

Un paziente su 4 con carcinoma del retto medio-basso localmente avanzato guarisce completamente anche senza la chirurgia. Ne sono convinti gli autori dello studio No-Cut, i cui risultati sono stati presentati al Congresso Esmo 2024 in corso a Barcellona. I ricercatori dello studio - promosso e realizzato dall'Ospedale Niguarda di Milano - hanno dimostrato che preservare l'integrità del retto, garantendo gli stessi livelli di sicurezza e guarigione dati dall'approccio chirurgico tradizionale, è possibile.

Allo studio, condotto dal 2018 al 2024, hanno partecipato con radioterapisti, oncologi medici, chirurghi, radiologi, endoscopisti, patologi, biologi, farmacisti, coordinatori di studio, amministrativi e ricercatori in 4 istituzioni in Italia: l'Ospedale Niguarda di Milano (ente promotore), l'Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano, l'Istituto oncologico veneto (Iov) di Padova e l'Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. A illustrare i dati nel simposio presidenziale 'Eyes to The Future' l'oncologo Alessio Amatu di Niguarda: "Gli obiettivi traslazionali di genomica e trascrittomica, presentati per la prima volta al congresso Esmo, riguardano il valore predittivo del Dna tumorale circolante (ctDna, liquid biopsy) e dell'Rna tumorale e sono anch'essi significativi e indicativi perché in grado di predire la risposta clinica".

Nei tumori del retto localmente avanzato, una delle strategie di cura attualmente più utilizzate prevede la rimozione chirurgica della malattia. In particolare, i casi di carcinoma del retto medio-basso localmente avanzato fino al 2017 venivano sempre curati in tutti i casi con chemio-radioterapia e chirurgia del retto, e a seguire chemioterapia precauzionale (adiuvante) post-chirurgica per diminuire il rischio di recidiva. Con lo studio No-Cut i ricercatori hanno voluto invece indagare l'efficacia di un percorso di cura che potesse preservare l'integrità del retto garantendo gli stessi livelli di guarigione e sicurezza dati dalla chirurgia. Il protocollo ha previsto la somministrazione preventiva di una terapia più intensa, composta da una prima fase di chemioterapia seguita da una seconda potenziata con radioterapia. Successivamente, se alla rivalutazione clinica strumentale (con esame rettale, risonanza magnetica nucleare, ecoendoscopia rettale e biopsia) veniva evidenziata una remissione clinica completa della malattia, il paziente poteva evitare la chirurgia rettale venendo invece sottoposto a sorveglianza attiva con stretti controlli nel tempo.

Nello studio in questi anni sono state curate e studiate 180 persone e il risultato clinico è stato che una persona su 4 ha raggiunto la remissione clinica completa che si è mantenuta nel tempo. Una caratteristica che ha consentito loro di evitare la chirurgia del retto e la colostomia, migliorando sensibilmente la qualità di vita. All'interno dello studio No-Cut, inoltre, sono stati studiati alcuni biomarcatori multiomici (caratteristiche radiologiche e patologiche, 'radiopatomica'; Dna del tumore e circolante nel sangue, 'genomica e biopsia liquida'; Rna del tumore, 'trascrittomica'), con lo scopo di identificare a priori in quali casi fosse possibile evitare la chirurgia del retto o coloro che, non raggiungendo una remissione clinica completa, avrebbero potuto beneficiare in futuro di nuove terapie.

"L'obiettivo principale dello studio - commenta Salvatore Siena, direttore Oncologia dell'Ospedale Niguarda di Milano e principal investigator di No-Cut - è molto innovativo e rilevante per lo sviluppo della terapia senza chirurgia del carcinoma del retto localmente avanzato: si tratta di verificare se evitare la chirurgia (il Non-Operative Management, Nom) condizioni il tasso di metastasi del tumore. L'obiettivo principale è stato raggiunto ed è positivo, perché seguendo la Nom la sopravvivenza dei pazienti a distanza di 30 mesi era del 97%, e libera da metastasi. Un risultato ampiamente più favorevole di quanto atteso".

Lo studio No-Cut è finanziato dal grant IG-20685 di Fondazione Airc Ets, da Fondazione Oncologia Niguarda Ets e dal Fondo Divisionale della Struttura complessa Oncologia Falck di Niguarda.

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