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Europee, striscione ‘Noi siamo Giorgia’ e tricolori: Piazza del Popolo accoglie Meloni

A Piazza del Popolo la manifestazione di Fdi che chiude la campagna elettorale. La premier: "In piazza in mezzo alla gente, è da qui che veniamo". Sulle parole di Schmit: "Schlein non scappi come sempre, sono o no leader democratico?"

Giorgia Meloni (Afp)

"Dicono che ormai le campagne elettorali e la politica in generale si facciano soprattutto in rete e sui social, non per noi. Per noi si fanno ancora guardando le persone negli occhi perché quelle persone possano vedere se il nostro sguardo è sincero. Non rinunceremo mai alla piazza, perché è da dove siamo venuti. E sarà qui che torneremo, in piazza in mezzo alla gente". Giorgia Meloni è sul palco della manifestazione di Fdi in Piazza del Popolo, che chiude la campagna elettorale per le europee, e si rivolge alla platea dei militanti: "Questa piazza racconta anche la differenza tra noi e la rabbia, la cattiveria dei nostri avversari più livorosi. Promettetemi che non diventeremo mai come loro e che il nostro motore sarà sempre l'amore e non l'odio, costruire e non distruggere".

Ed è sempre ai militanti che la leader Fdi si rivolge per sottolineare di non aver "smesso neanche un minuto di lavorare ai tanti provvedimenti" del governo, "non ho smesso di incontrare i leader internazionali per contribuire alla soluzione delle crisi che viviamo. Quando ho annunciato la candidatura" alle europee "ho detto che lo facevo a patto che ci foste voi a fare la campagna elettorale anche per me. Questo è il mio unico comizio e se me lo sono potuto permettere è grazie a voi".

"Finita stagione Italia con piattino in mano"

"L'Italia a quei tavoli si siederà e lo farà da protagonista, non più col piattino in mano. Quella stagione è finita. L'8 e il 9 giugno abbiamo la possibilità di archiviarla per sempre. Vogliamo fare a Bruxelles quello che abbiamo fatto anche a Roma, costruire un governo di centrodestra e mandare all'opposizione le sinistre rosse verdi e gialle...", dice la leader di Fdi in Piazza del Popolo. "Con la sinistra non abbiamo mai governato e non governeremo, né in Italia né in Europa", scandisce la premier. Con le prossime europee è arrivato il momento di "alzare un po' la posta. Abbiamo vinto lo scudetto, adesso dobbiamo vincere la Champions".

Gli esponenti della sinistra "non fanno che ripetere che bisogna mettere un argine alla destra, che siamo lupi travestiti da agnelli", la loro "è una specie di terapia di gruppo, fa anche un po' sorridere". "Il messaggio è sempre lo stesso - incalza Meloni - non abbiamo visione, idee, programmi... Abbiamo fatto solo disastri ma gli altri sono pericolosi, e quindi 'turati il naso e vota per noi'".

Il voto dell'8 e 9 giugno "è maledettamente importante", scandisce ancora, e sarà "il punto di svolta per la Ue". L'obiettivo è costruire "una maggioranza alternativa alla sinistra" per "fare la storia".

Meloni contro Schmit: "Alimenta odio per raggranellare voti"

Meloni parla anche del candidato del partito socialista alla Commissione europea, Nicolas Schmit, secondo il quale "io non sarei una leader democratica. Chiedo pubblicamente a Elly Schlein se condivide queste parole. Elly, è una domanda semplice, non scappare anche stavolta".

"Se non sono un leader democratico, cosa sono? Un dittatore? E cosa si fa, la lotta armata per depormi?", incalza la leader di Fratelli d'Italia stigmatizzando "le dichiarazioni irresponsabili e deliranti di chi, per raggranellare mezzo voto, scherza con il fuoco". "Spero - auspica Meloni - che Schmit si renda conto di quel che ha detto" perché con le sue dichiarazioni "fornisce alibi agli estremisti per avvelenare le democrazia con odio politico".

"Maggioranza forte e coesa"

Meloni dal palco scandisce che la maggioranza di governo "è forte e coesa", mandando "un abbraccio ad Antonio Tajani e Matteo Salvini".

"Non stiamo al governo a pensare come rimanerci, noi siamo qui per lasciare questa Nazione in condizioni migliori di come l'abbiamo trovata, costi quel che costi. Costerà tanto lavoro, sgambetti, colpi bassi, trame nell'ombra. Perché le forze della conservazione dello status quo che per decenni hanno bivaccato faranno di tutto per impedircelo, ma noi siamo dalla parte giusta della storia e non dobbiamo avere paura", dice la leader Fdi.

L'affondo alle opposizioni è a più riprese. "L'isolamento internazionale lo abbiamo avuto quando governava la sinistra. Con Fdi e il centrodestra, la nostra Nazione è tornata protagonista in tutte le dinamiche europee internazionali. E' finito il tempo dei 'Giuseppi' e della sinistra cerchiobottista".

"Voi vi immaginate cosa sarebbe successo se al governo ci fosse stato il campo largo? Con le contraddizioni che hanno, l'Italia avrebbe rischiato di dichiararsi guerra da sola...", ironizza dal palco.

Meloni rimarca che il premierato è "una riforma che dà agli italiani il diritto di scegliere da chi essere governati. Sinistra e M5S stanno facendo un'opposizione che non hanno riservato a nessun altro provvedimento del governo, non gli va giù l'idea che possano essere gli italiani a scegliere direttamente il presidente del Consiglio". "Bisogna capirli, del resto il Pd come avrebbe fatto a governare quando perdeva le elezioni? E come avrebbe fatto Conte a diventare premier quando gli italiani non sapevano nemmeno chi fosse?", aggiunge la premier e leader di Fdi. "Per loro la democrazia c'è solo se comandano", la stoccata di Meloni rivolta alle opposizioni.

Si è abbattuto "un diluvio di fake news sulle nostre riforme, che invece sono riforme di buon senso", rivendica. "Capisco la disperazione della sinistra" a cui "resta solo la carta della propaganda", rimarca la premier, puntando il dito in particolare contro le "bugie" sul Pnrr, "smontate giorno per giorno".

Ancora, "hanno tifato per l'aumento dello spread e della disoccupazione" ma si sono dovuti arrendere "al buonsenso" del governo. La presidente del Consiglio rimarca come l'aumento dell'occupazione sia stato "una doccia gelata per chi ci attaccava". In vista del voto dell'8 e 9 giugno la sfida è "far cambiare rotta" all'Europa: basta con la Ue "dei due pesi e due misure", le parole della leader di Fratelli d'Italia.

"Un'Europa che regolamenta tutto e diventa un paradiso per i burocrati e i tecnocrati è un inferno per chi fa impresa", sottolinea, e a questo "declino" noi "ci opponiamo per il bene del continente europeo, per il bene dei suoi cittadini, delle sue imprese e dei suoi lavoratori".

Poi il tema immigrazione. "Mandiamo un abbraccio al primo ministro socialista albanese Edi Rama, che stanno massacrando solo perché ha tentato di dare una mano all'Italia", dice Meloni in un passaggio del suo intervento. Siamo stati descritti "come cinici e disumani" ma i barconi dei migranti "si rovesciano" a causa dei criminali "che la sinistra faceva finta di non vedere", afferma la leader Fdi, rivendicando i risultati del governo sul fronte immigrazione: "60% di sbarchi in meno rispetto al 2023 e continuano a diminuire".

Dal palco anche un riferimento allo scontro con il governatore campano Vincenzo De Luca (non nominato dalla premier): "Si scandalizzano se una donna si difende... Vale solo per me perché io sono una donna di destra e lui un uomo di sinistra? Una donna insultata può difendersi o no?", chiede Meloni. "Noi siamo abituati a non abbassare la testa e non darla vinta a bulli e gradassi. Sono una donna e pretendo lo stesso rispetto che do agli altri. Eccola la parità, eccolo l'orgoglio femminile, quello che gli altri non sanno più difendere".

Il comizio di Meloni si chiude con l'Inno di Mameli. Sul palco, insieme alla premier, la squadra di Fdi (dagli europarlamentari ai candidati sindaco per le prossime amministrative). A seguire, le note di 'A mano a mano' di Rino Gaetano.

"Un'altra grande giornata per Fratelli d'Italia: oggi circa 30mila italiani hanno partecipato all'iniziativa 'Con Giorgia l'Italia cambia l'Europa', dove il nostro leader Giorgia Meloni ha parlato su un palco di 15 metri - fa sapere in una nota il deputato e responsabile organizzazione di Fratelli d'Italia, Giovanni Donzelli - Circa 400 i giornalisti accreditati da tutto il mondo: grazie al governo Meloni l'Italia è tornata al centro della scena internazionale". "Ancora una volta - prosegue Donzelli - i cittadini hanno risposto con un'eccezionale presenza: il popolo di Fratelli d'Italia c'è e parlerà anche nelle urne".

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Politica

M5S, Conte: “Grillo è il papà ma non può esercitare...

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Il leader del M5S parla dello scontro con il garante: "Non vedo scissioni, se Grillo continua con le pec risponderanno gli avvocati"

Giuseppe Conte (Fotogramma)

"Grillo dice che non è il padrone del Movimento 5 Stelle ma il papà. Certo, è il fondatore del Movimento, ha avuto quest'opera meritoria di lancio del Movimento... Però il papà non può pensare di avere un telecomando in mano e di esercitare il parental control decidendo cosa dobbiamo vedere, perché siamo una comunità di adulti". Lo ha detto Giuseppe Conte, leader del M5S, parlando dello scontro con Beppe Grillo a '4 di sera' su Rete 4.

"Spero che la questione finisca qui - ha aggiunto - Se continueranno le pec da parte di Grillo o le diffide formali, vuol dire che risponderanno gli avvocati. Io non rispondo più. Ho già detto che questo processo è irreversibile e nessuno lo può fermare. Scissioni non ne vedo: una scissione si fa quando non c'è un'occasione di discussione".

Il presidente M5S ha parlato anche dell'ondata di maltempo che ha colpito l'Emilia Romagna. "Dobbiamo evitare - ha sottolineato - quello che è successo in passato, con la presidente Meloni in stivali pronta a intervenire a favore di telecamere ma poi i ristori non sono ancora arrivati ed è passato tantissimo tempo".

"Ho sentito il ministro Musumeci scaricare le responsabilità sulle autorità regionali o addirittura rimpallare responsabilità con un altro ministero del governo. Questa è una cosa che non va fatta. Se durante la pandemia di Covid avessi fatto la stessa cosa, il Paese sarebbe collassato. Bisogna lavorare a tutti i livelli: governo, regioni e comuni". ha scandito Conte.

Poi su Open Arms: "Non auguro la condanna a nessuno, nemmeno a un avversario politico. Ma le mie posizioni sul caso Open Arms, attraverso le lettere scritte, sono state chiare. Dire 'io difendo i confini nazionali' è un concetto fondamentale. Ma qui non erano confini terrestri, erano confini marittimi. E se ci sono persone in condizioni critiche bisogna intervenire".

"Eravamo a cavallo di Ferragosto. Su quella nave c'erano anche minori. Spettava a Salvini consentire l'attracco. Salvini aveva già la prospettiva di uscire dal governo, quindi assunse un tono muscolare", ha aggiunto Conte ricordando le fasi critiche della vicenda Open Arms.

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Politica

Lega, Vannacci: “Partito mio? Invenzione stampa di...

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"Rosicate quanto volete, ma il governo italiano dura"

Roberto Vannacci (Afp)

Roberto Vannacci non fonderà un partito suo, non adesso perlomeno. A dirlo è stato lo stesso europarlamentare eletto nelle file della Lega alla platea di poco più di 300 persone che, dalla prima festa organizzata in suo onore a Viterbo, sarebbe stata ben felice di accogliere una creatura politica solo del generale.

Prima di dirlo coram populo, però, Vannacci lo rivela ai giornalisti che durante l'arco della giornata hanno provato a carpirlo dall'organizzatore della kermesse, Umberto Fusco, e dal presidente de 'Il mondo al contrario', Fabio Filomeni. "Il partito è un’altra invenzione della stampa di sinistra, io non l'ho mai detto, ma non escludo nulla", chiarisce prima di sottolineare che lui sta bene nella Lega. E davanti a tutti aggiunge che il suo obiettivo è di "essere fedele, coerente con le idee che ho espresso. Non mi interessano le poltrone, mi interessa portare avanti idee, che ora sono condivise" con il partito di Matteo Salvini, con cui non c'è nessuna frizione, insomma.

D'altronde, i temi che affronta sul palco sono molto simili a quelli che porta avanti il Carroccio, i migranti e la sicurezza su tutti. L'Italia, dice infatti, diventerebbe una nuova Svizzera se la sicurezza fosse garantita al 100%, perché "siamo il Paese più bello del mondo". Un Paese che, forse, dice ancora, non dovrebbe svendere la cittadinanza, che invece dovrebbe essere concessa solo a determinate condizioni.

Vannacci parla anche dell'Ucraina, dei missili e della costruzione di un processo di pace, che dovrebbe partire da quell'Unione europea di cui lui ora è un esponente, e che sì, esiste. Parla della comunità Lgbt, di cui non capisce alcune cose, delle donne e del supporto alla maternità. Esprime anche un parere sul governo: "Durerà, anche se rosicate", afferma tra gli applausi dei presenti, ma si dispensa dal commentare l'operato del ministro della Difesa, Guido Crosetto.

L'occasione, però, è utile per scagliarsi contro i giornalisti, facendo nome e cognome. Se, infatti, deve essere grato a Matteo Pucciarelli di Repubblica, che ha scovato il suo libro e ha fatto in modo che diventasse famoso, non arrivano parole di stima nei confronti di un cronista de La Stampa e di uno del Giornale. E anche per alcuni colleghi, due su tutti Maurizio Gasparri e Chiara Gribaudo, arrivano frecce appuntite.

Sono le ultime, però. Il generale, acclamato fin dal suo arrivo con un po' di ritardo, si congeda firmando le copie dei suoi libri. Poi chissà se arriverà davvero un partito prima o poi.

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Politica

Rai, sudoku nomine ancora senza soluzione: ‘fumata...

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Dopo la visita di Roberto Sergio ieri a Palazzo Chigi per un faccia a faccia con Giorgia Meloni, salgono i rumors su una sua permanenza in Viale Mazzini, seppur nelle vesti di direttore generale

Sede Rai (Fotogramma/Ipa)

C'è chi si dice convinto che il sudoku verrà risolto 24 ore prima del voto del Parlamento, non un minuto prima. La deadline per l'elezione del Cda Rai si avvicina - il 26 settembre il giorno X - ma maggioranza e opposizione navigano ancora a vista, seppur sia convinzione diffusa che la fumata bianca arriverà senza colpi di scena o nuovi rinvii. Dopo la visita di Roberto Sergio ieri a Palazzo Chigi per un faccia a faccia con Giorgia Meloni, salgono i rumors su una sua permanenza in Viale Mazzini, seppur nelle vesti di direttore generale. L'incarico di amministratore delegato, salvo sorprese, dovrebbe andare a Giampaolo Rossi, in quota Fdi, anche se, raccontano i beninformati, il suo nome nei mesi scorsi avrebbe 'ballato' anche in seno al partito di via della Scrofa oltre che nei piani alti di Palazzo Chigi.

E se sui vertici la soluzione sembrerebbe ormai a portata di mano, l'affaire Cda al momento è lungi dall'esser risolta. Per la presidenza serve infatti l’ok dei due terzi della Commissione di Vigilanza Rai, quindi un accordo con almeno una parte dell'opposizione. Il Cda Rai è composto da sette membri: due vengono eletti dalla Camera e due dal Senato, altri due vengono indicati dal ministero dell'Economia (uno è l'amministratore delegato, l'altro il presidente che appunto deve passare per il gradimento della Vigilanza) e un altro membro viene eletto dai dipendenti dell'azienda.

Dopo il passaggio di Maria Stella Gelmini nelle file di Noi Moderati, al centrodestra mancano due voti per portare a casa la partita, vale a dire il raggiungimento del quorum dei due terzi necessario per l'entrata in carica del presidente. Forza Italia continua a puntare su Simona Agnes, che farà sì parte del Cda - su indicazione del Mef o del Parlamento, semmai dovesse servire un piano B - ma che difficilmente la spunterà come guida del Consiglio d'amministrazione. In caso di indicazione parlamentare, i piani di Meloni e del centrodestra, che attualmente prevedono un nominato in quota Fdi (Valeria Falcone) e uno in quota Lega verrebbero scompaginati. A dare le carte potrebbe essere ancora una volta Matteo Renzi, potenziale ago della bilancia visti i due membri in quota Iv. Ma è soprattutto il M5S che potrebbe fare la differenza, mentre Pd e Avs minacciano l'Aventino.

Giuseppe Conte ha aperto alla possibilità di convergere su un nome di garanzia, qualora "ci fosse un presidente autorevole, assolutamente non riconducibile a logiche partitiche". Un identikit che però non corrisponde, secondo i pentastellati, al profilo di Agnes: "Per noi - spiegano fonti M5S vicine al dossier Rai - non si tratta di un veto sulla persona, ma di un problema di metodo. Agnes non può essere un presidente di garanzia" in quanto "espressione di Fi": un mix di fattori che renderebbe per i 5 Stelle "molto difficile" esprimere un voto a favore della figlia di Biagio Agnes.

La palla, sottolineano nel Movimento, è nelle mani della maggioranza: "Serve uno sforzo comune per trovare un nome condiviso". Negli ultimi giorni sono tornate ad affacciarsi diverse ipotesi alternative per la presidenza Rai, come Antonio Di Bella e Gianni Minoli, due figure interne all'azienda con alle spalle una lunga carriera nel servizio pubblico. Nei sondaggi interni al M5S, Di Bella verrebbe preferito a Minoli alla luce del contenzioso milionario (ormai chiuso, ndr) che vedeva contrapposti il padre di Mixer e Viale Mazzini sui diritti di 'La storia siamo noi'. Altra ipotesi gradita per il Movimento guidato da Giuseppe Conte sarebbe Milena Gabanelli.

Se non dovesse arrivare un accordo, ipotesi da non escludere, la soluzione sarebbe la nomina a presidente del membro più anziano: il timone del cda spetterebbe a quel punto ad Antonio Marano, ex direttore di Rai2 ma anche un passato da deputato nelle file della Lega.

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