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Dal digitale alle abilità cognitive, le nuove competenze del lavoro

In un mondo del lavoro in continua evoluzione, le competenze professionali rappresentano la chiave per la competitività e l’innovazione. Le abilità richieste oggi sono molteplici e variegate, spaziando dalle competenze digitali a quelle cognitive, fino alle abilità fisico-motorie. Comprendere come queste competenze siano distribuite tra la popolazione lavorativa è fondamentale per affrontare le sfide future.

Secondo l’Istat, che ha diffuso i risultati del modulo ad hoc sulle competenze professionali inserito nella Rilevazione sulle forze di lavoro 2022, gli italiani mostrano un panorama diversificato di abilità. Questa indagine, rivolta a persone di età compresa tra i 16 e i 74 anni, ha messo in luce non solo le competenze utilizzate nel lavoro quotidiano, ma anche le differenze tra vari settori e gruppi demografici.

Le digital skill degli italiani

Nel frenetico mondo del lavoro moderno, le competenze digitali sono diventate essenziali per la maggior parte delle professioni. Le competenze tecnologiche non sono più una prerogativa esclusiva dei settori IT, ma si estendono trasversalmente a numerose professioni. Dal semplice invio di email alla complessa programmazione di algoritmi per l’intelligenza artificiale, le abilità digitali sono il filo conduttore che lega le diverse attività lavorative.

L’uso delle competenze digitali varia significativamente a seconda del settore lavorativo. Ad esempio, nel settore terziario, come la finanza, il marketing e l’educazione, l’utilizzo di strumenti digitali è pressoché onnipresente. Anche nei settori più tradizionali, come il manifatturiero e l’agricoltura, si nota una crescente integrazione di tecnologie digitali, evidenziando un trend di modernizzazione e innovazione.

Secondo l’Istat, quasi i due terzi degli occupati in Italia utilizzano competenze digitali nel loro lavoro quotidiano. Le digital skill, che comprendono un vasto insieme di abilità tecnologiche, permettono di individuare, utilizzare, condividere e creare contenuti mediante tecnologie informatiche e Internet. Ma non si tratta solo di abilità di base come l’uso del computer; queste competenze spaziano fino alla scrittura di codici e allo sviluppo di sistemi software per l’intelligenza artificiale.

Italia vs Europa: un confronto digitale

Il 37,1% degli occupati italiani svolge attività che richiedono l’utilizzo di apparecchiature digitali per almeno la metà del tempo di lavoro. Sebbene questa cifra sia leggermente inferiore alla media dell’Unione Europea (41,2%), rappresenta comunque un segno positivo per l’Italia. Tuttavia, il 32,9% degli occupati italiani non utilizza mai tali apparecchiature, una percentuale superiore alla media europea del 27,5%.

Chi sono i maestri del digitale?

Gli occupati tra i 30 e i 44 anni sono i veri protagonisti della digitalizzazione, utilizzando strumenti digitali più di qualsiasi altra fascia d’età. Al contrario, tra i giovani di 15-29 anni, sorprendentemente, si registra la percentuale più alta di coloro che non utilizzano affatto competenze digitali (36,5%). Inoltre, le donne superano gli uomini nell’utilizzo della strumentazione digitale per almeno metà del tempo di lavoro (42,1% contro 33,4%).

Professioni tradizionali e digital divide

L’uso massiccio di strumenti digitali caratterizza in particolar modo l’attività degli impiegati: ben l’80,9% di loro dedica almeno la metà del tempo lavorativo ad attività digitali. Tra questi, le donne e i laureati raggiungono quote ancora più elevate, rispettivamente l’88,5% e l’89,1%. Anche le professioni intellettuali e scientifiche, così come quelle tecniche, fanno largo uso delle competenze digitali. Ad esempio, circa i due terzi di questi professionisti utilizzano pc, tablet e smartphone per la maggior parte della giornata lavorativa, con percentuali che sfiorano il 90% tra specialisti in scienze matematiche, informatiche, chimiche, fisiche e naturali, ingegneri e architetti.

Le digital skill sono diffuse anche tra legislatori, imprenditori e alta dirigenza, che nel 50% dei casi le utilizzano per almeno metà del tempo lavorativo. Tuttavia, tra imprenditori e responsabili di piccole aziende, l’uso delle tecnologie digitali scende al di sotto del 40%, con il 13,8% che dichiara di non utilizzarle affatto. Questo evidenzia una spaccatura tra le grandi realtà aziendali, dove l’adozione tecnologica è elevata, e le piccole imprese, che potrebbero trarre vantaggio da un maggiore utilizzo delle competenze digitali.

Mentre il digitale domina molte professioni, altre rimangono saldamente ancorate a metodi tradizionali. Operai specializzati, artigiani, agricoltori e conduttori di mezzi dichiarano, nel 90% dei casi, di utilizzare poco o mai strumenti digitali nel loro lavoro. Questo digital divide evidenzia la necessità di politiche mirate per l’alfabetizzazione digitale anche nei settori più tradizionali.

Competenze cognitive: fondamentali ma non per tutti

Secondo i dati dell’Istat, un occupato su cinque dedica più della metà del tempo lavorativo a competenze di lettura e calcolo. Questo fenomeno non è solo un dato statistico, ma una finestra aperta sul futuro delle professioni e sulla crescente importanza delle abilità intellettuali.

L’indagine ha rivelato che l’Italia non è un caso isolato: in tutti i paesi dell’Unione Europea, c’è una forte correlazione positiva tra la percentuale di occupati che dedicano buona parte del loro tempo lavorativo alla lettura di documenti e quella di coloro che svolgono calcoli complessi. In media, il 19,7% degli occupati europei impiega più della metà del proprio tempo in queste attività, con l’Italia che si attesta su percentuali simili. Questo dato mette in luce un trend comune a livello continentale: la necessità di lavoratori sempre più qualificati e competenti in ambiti specifici.

L’uso delle competenze cognitive varia significativamente in base al livello di istruzione e alla cittadinanza. Tra le persone con al massimo la licenza media, solo il 4,1% dedica almeno metà del tempo lavorativo alla lettura, mentre la percentuale scende al 3,4% per i calcoli complessi. Al contrario, tra i laureati, queste percentuali salgono rispettivamente al 26,3% e al 16,2%.

Le differenze sono ancora più accentuate quando si considerano i lavoratori stranieri. Tra gli stranieri che svolgono professioni non qualificate, il 91% non legge mai documenti nel corso della propria attività lavorativa. Questo dato si riflette anche nei lavoratori del commercio e dei servizi, dove oltre il 50% non utilizza competenze di lettura.

Analizzando le competenze cognitive in relazione ai profili professionali, emergono differenze rilevanti. Per esempio, meno del 5% degli artigiani e degli operai specializzati utilizza reading skill per almeno la metà del tempo lavorativo. Al contrario, queste percentuali superano il 20% tra i legislatori, gli imprenditori e chi svolge professioni specialistiche o tecniche. In particolare, tra gli ingegneri e gli architetti, la quota di chi utilizza competenze di lettura sale fino al 40%.

La situazione si fa ancora più interessante quando si analizzano le competenze di calcolo. Queste caratterizzano l’attività lavorativa di un’ampia gamma di professionisti, dagli impiegati agli amministratori di grandi aziende. Gli ingegneri e gli architetti, in particolare, vedono quasi il 39% di loro dedicare almeno metà del tempo lavorativo a calcoli complessi.

Le competenze di calcolo, sebbene fondamentali in molti settori, sono quasi assenti in altri. Tra i lavoratori che svolgono professioni non qualificate, l’86,6% dichiara di non dover mai ricorrere a calcoli complessi. Anche tra i conduttori di veicoli per il trasporto delle persone e gli operai semi-specializzati, la quota di chi non utilizza queste competenze è molto elevata, superando il 73%.

L’assenza di competenze di calcolo è particolarmente pronunciata tra le donne, gli over 60 e gli stranieri, che spesso occupano posizioni in settori meno qualificati.

Competenze fisico-motorie: il ruolo cruciale di forza e destrezza

Nel panorama mutevole del lavoro europeo, emergono dati significativi riguardanti le competenze fisico-motorie e le abilità relazionali che plasmano le dinamiche del mercato del lavoro. L’analisi rivela uno scenario complesso, caratterizzato da differenze tra generi, livelli di istruzione e cittadinanza.

Le competenze fisico-motorie, fondamentali in numerosi settori lavorativi, si rivelano essere una componente essenziale del panorama lavorativo. La capacità di impiegare la forza muscolare è un requisito per oltre un terzo degli occupati europei, con una percentuale significativamente più alta tra gli uomini. Questi lavori, che richiedono un impegno fisico intenso, sono particolarmente diffusi tra artigiani, operai specializzati e agricoltori.

D’altra parte, la destrezza, definita dall’abilità nel compiere movimenti precisi delle dita, coinvolge un quarto degli occupati europei. Questa competenza, spesso coordinata dagli occhi, è richiesta in settori come la meccanica di precisione, l’artigianato artistico e la lavorazione di materiali come il legno e il tessuto.

Le differenze si riflettono anche nei livelli di istruzione e nella cittadinanza. Le persone con un livello di istruzione più basso e gli stranieri tendono ad impiegare più frequentemente la forza fisica nei loro lavori, mentre coloro con titoli di studio più alti sono inclini ad utilizzare maggiormente la destrezza nelle loro attività quotidiane.

Ma anche le competenze relazionali, che comprendono la comunicazione, la formazione e la consulenza, giocano un ruolo chiave nella vita professionale. Quasi la metà degli occupati europei dedica almeno la metà del tempo lavorativo a queste attività. La comunicazione interna, soprattutto tra colleghi, è frequente, mentre quella esterna coinvolge una percentuale leggermente inferiore di lavoratori.

Le competenze relazionali sono più diffuse tra gli occupati con titoli di studio più elevati, evidenziando un legame tra istruzione e capacità di interazione sociale. Tuttavia, queste abilità sono meno comuni tra gli stranieri e tra coloro con un basso livello di istruzione.

Le modalità di svolgimento del lavoro

Oltre alle competenze specifiche, l’indagine ha esaminato le modalità di svolgimento del lavoro, focalizzandosi su tre dimensioni principali: l’autonomia, la ripetitività dei compiti e il rispetto di procedure standardizzate. L’autonomia nel lavoro è particolarmente valorizzata nelle professioni creative e manageriali, dove l’innovazione e la capacità decisionale sono fondamentali.

La ripetitività dei compiti, invece, è più comune nelle professioni manuali e di produzione, dove le attività standardizzate sono essenziali per mantenere efficienza e qualità. Infine, il rispetto di procedure fortemente standardizzate è un aspetto cruciale in settori come la sanità e la sicurezza, dove il rigore nelle procedure è vitale per garantire la sicurezza e l’efficacia delle operazioni.

Differenze tra occupati ed ex-occupati

L’analisi dell’Istat ha dedicato un’attenzione particolare agli ex-occupati, che hanno smesso di lavorare da meno di due anni. Le differenze rispetto agli occupati sono significative e offrono spunti interessanti. Gli ex-occupati tendono a riportare un uso inferiore delle competenze digitali e cognitive, probabilmente a causa della discontinuità lavorativa e della mancanza di aggiornamento professionale.

Inoltre, le difficoltà nel reinserimento lavorativo possono essere accentuate dalla rapida evoluzione delle competenze richieste dal mercato del lavoro. Questo sottolinea l’importanza di politiche attive del lavoro e programmi di formazione continua per favorire la riqualificazione e l’aggiornamento delle competenze.

In un contesto di rapida evoluzione tecnologica e sociale, l’analisi delle competenze professionali in Italia offre uno sguardo profondo sul tessuto stesso del mondo del lavoro. L’Istat ha tracciato un quadro dettagliato, rivelando non solo le sfide attuali ma anche le opportunità che si presentano. Mentre la digitalizzazione si diffonde in molti settori, rimane una spaccatura digitale tra grandi e piccole imprese e tra professioni tradizionali e innovative. Inoltre, l’importanza delle competenze cognitive e fisico-motorie non può essere sottovalutata, evidenziando la necessità di politiche mirate per l’alfabetizzazione digitale e il miglioramento delle competenze intellettuali e pratiche. Guardando al futuro, investire nell’aggiornamento e nella riqualificazione professionale diventa cruciale per affrontare le sfide del mercato del lavoro in continua evoluzione.

ATTENZIONE - Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.

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Haleon premiata ai CEOforLIFE Awards 2024 per il progetto...

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“Sono davvero orgogliosa di questo grande riconoscimento che dimostra, in maniera tangibile, il nostro impegno in Haleon nel promuovere la salute e il benessere delle persone, con un’attenzione particolare alle donne. Questa iniziativa, lanciata da Haleon e Multicentrum in occasione della Festa della Mamma il 12 maggio 2024, mette in primo piano la salute e il benessere delle neomamme nel periodo post-parto, spesso trascurati a favore del neonato, ma essenziali per il benessere di entrambi”. Elsa Martignoni, Southern Europe Marketing Director di HALEON, ha commentato così il premio ricevuto dalla sua azienda ai CEOforLIFE Awards 2024 per il progetto “Anche tu hai bisogno di amore mamma. L’impegno di Haleon e Multicentrum per la salute delle donne nel post-parto”.

Si tratta, ha spiegato Martignoni che ha ritirato il premio durante una cerimonia a Roma, di “un progetto olistico pensato a supportare le mamme a 360° e che vede coinvolti i nostri prodotti Multicentrum dedicati al post parto, gli operatori sanitari (ginecologi ed ostetriche in primis) e un partner di eccezione, Fondazione Onda, con l’obiettivo non solo di migliorare la salute fisica attraverso l’integrazione multivitaminica, ma anche di supportare emotivamente e socialmente le neomamme, creando un vero e proprio ecosistema di aiuto. Un ruolo centrale in questo progetto è riservato anche alle neo mamme di Haleon che da oggi possono entrare a far parte del nostro programma “Maternity Journey” che le accompagna dalla gravidanza fino al rientro al lavoro, favorendo un equilibrio tra vita privata e professionale. Ringrazio CEOforLIFE per aver premiato questo progetto e i colleghi in Haleon che hanno creduto in questa iniziativa e si sono impegnati con passione per farlo diventare realtà.”

I CEOforLIFE Awards 2024 su prevenzione, welfare, sanità e salute

Il riconoscimento ricevuto da Haleon rientra nell’ambito dei CEOforLIFE Awards 2024 dedicati al tema prevenzione, welfare, sanità e salute. La cerimonia di premiazione si è tenuta a Roma presso la CEOforLIFE Clubhouse di Piazza Monte Citorio, durante le giornate focalizzate su Health & Wellbeing: tre giorni in cui si sono susseguiti panel, tavole rotonde, premiazioni e interventi dal mondo aziendale e istituzionale per approfondire un tema vasto, che spazia dalla prevenzione al welfare, dalla sanità alla salute. Nell’occasione si è parlato anche delle due task force create a livello nazionale: una su Sport e Next Generation e una su Prevenzione, Welfare, Sanità e Salute.

Si tratta di aspetti ormai diventati vere e proprie sfide e allo stesso tempo un imperativo non solo sanitario, ma anche sociale ed economico. E che sempre più sono un tema aziendale, sia perché spesso la difficoltà a conciliare vita privata e lavoro è un grosso ostacolo all’adozione di abitudini e stili di vita più sani e purtroppo anche alla maternità, sia perché un dipendente che sta bene è più produttivo.

Ecco perché diventa ogni giorno più importante per le aziende ridefinire le proprie priorità e adottare strategie mirate al benessere dei collaboratori, aspetto in cui i Ceo possono giocare un ruolo fondamentale. Da qui nascono i CEOforLIFE Awards, giunti alla quarta edizione, che puntano a valorizzare le eccellenze manageriali e i progetti portati avanti nell’ambito dello sviluppo sostenibile, oltre che a promuovere una cultura d’impresa orientata alla responsabilità sociale e ambientale.

ATTENZIONE - Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.
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Nordio: “Affievolito potere degli uomini. Violenza di...

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L’accentuazione della violenza di genere è dovuta all’affievolirsi di “quel dominio degli uomini nei confronti delle donna che aveva mantenuto per migliaia di anni”. E questo, negli ultimi 50 anni, in caso di mancata accettazione “si è tradotta in forme di violenza di prevaricazione in tutti i sensi, qualche volta economica, qualche volta sessuale o semplicemente in violenza morale”.

A spiegarlo è il ministro della Giustizia Carlo Nordio, a margine del convegno ‘Scenari giuridici e sociali delle violenze di genere: dalla repressione alla percezione e prevenzione del fenomeno’, organizzato dalla Corte di Appello di Napoli e dalla Procura Generale presso la Corte d’Appello.

Negli scorsi giorni, nell’ambito di una tavola rotonda organizzata dalla Croce Rossa italiana, Nordio aveva chiarito il suo punto di vista su come affrontare il problema della violenza di genere. Secondo il ministro, in fatti, è la prevenzione la chiave di lettura e su quella è tornato oggi, ribadendo: “La legislazione esiste ed è adeguata, la magistratura si sta comportando in modo eccellente per rapidità ed efficienza, però la legislazione e l’intervento repressivo della Magistratura sono elementi necessari, ma non sufficienti. Occorre prevenire piuttosto che reprimere e la prevenzione si attua solo attraverso l’educazione e l’informazione”.

Educazione e legalità

Secondo il Ministro, “a monte deve esservi l’educazione al rispetto e più in generale alla legalità. Sono importanti la scuola e gli altri momenti di aggregazione ma il bambino forma la propria mentalità essenzialmente nei primi anni ed è quindi nelle famiglie che occorre intervenire affinché siano loro ad insegnare i principi del rispetto e della legalità nei bambini”.

Il ministro ha ricordato di aver “fortemente voluto” promuovere un opuscolo contro la violenza di genere proprio “per sensibilizzare la popolazione su questo gravissimo problema delle violenze nei confronti dei soggetti deboli e delle donne in particolare”. Nel libretto sono “segnalati i momenti di allarme che possono essere sintomatici di un atteggiamento aggressivo e via via i rischi che si corrono”, ha continuato Nordio.

La necessità di fiducia nelle istituzioni

La tavola rotonda sul tema della lotta alla violenza contro le donne di mercoledì, nella Sala Solferino, all’interno della sede del Comitato Nazionale della Croce Rossa Italiana a Roma è stata l’occasione per ribadire l’importanza di prevenire questo fenomeno. ‘La violenza invisibile’, il titolo dell’incontro ha visto la partecipazione di istituzioni pubbliche, enti privati, associazioni e volontari.

“Quella contro le donne è una violenza spesso invisibile, coperta da una coltre di silenzi che va superata. Bisogna sensibilizzare tantissimo e creare un sentimento di fiducia nei confronti delle istituzioni: solo se si ha fiducia nelle istituzioni si può fare in modo che le donne denuncino le violenze e si sentano protette”. Queste le parole di Rosario Valastro, presidente della Croce rossa italiana (Cri), a margine dell’incontro.

“Purtroppo – ha spiegato Valastro – i dati su violenza contro le donne sono allarmanti. Gli ultimi rapporti indicano un costante aumento dei casi di violenza domestica e di femminicidio: solo nel 2024 in media viene uccisa una donna ogni tre giorni, da gennaio 30 donne hanno perso la vita nella maggior parte dei casi per mano di partner o ex partner”.

“È imperativo sviluppare strategie di prevenzione e sostegno attraverso una rete solida e strutturata”, ha aggiunto spiegando che “in questa rete la Cri intende svolgere un ruolo centrale”. “Le volontarie e i volontari – ha sottolineato- diventano vere e proprie sentinelle della violenza, capaci di intercettare segnali che potrebbero altrimenti passare inosservati”. “Parlare di questi temi è fondamentale perché il silenzio è terreno fertile su cui cresce la violenza”, ha proseguito Valastro aggiungendo che “abbiamo bisogno di una disobbedienza femminile che sfidi questa condizione di vulnerabilità domestica e allo stesso tempo abbiamo bisogno di costruire una rete sociale in grado di prendersi cura di quella vulnerabilità”.

Opposizioni unite sul tema

E che sul tema ci sia una particolare sensibilità al governo è dato anche dall’intervento di Giuseppe Conte, presidente del Movimento 5 Stelle ed ex premier che ha sottolineato l’importanza di affrontare la violenza di genere con un approccio culturale e politico. Durante una conferenza stampa oggi al Senato intitolata “La violenza di genere colpisce le donne ma è un problema degli uomini. Cambiare si può”, organizzata dal senatore pentastellato Marco Croatti, ha dichiarato: “Il tema ci sta particolarmente a cuore per ragioni culturali, per ragioni di azione concreta politica e perché lo consideriamo un obiettivo strategico”.

Conte ha ricordato le iniziative legislative e finanziarie del suo governo, come il Codice Rosso e il finanziamento dei centri per uomini maltrattanti, per sostenere le donne che denunciano e prevenire la violenza. Ha anche sottolineato l’importanza dell’educazione nelle scuole per cambiare i modelli culturali e aiutare i giovani a gestire le proprie emozioni. “Bisogna quindi assistere gli uomini per prevenire la violenza”, ha aggiunto, evidenziando la necessità di un approccio preventivo e sistemico.

Durante lo stesso evento, Francesco Boccia, presidente dei senatori del Pd, ha evidenziato come, nonostante le divisioni politiche, il Parlamento abbia lavorato unito sul tema della violenza di genere. Boccia ha dichiarato: “Sul tema della violenza però il Parlamento ha lavorato unito e oggi continuiamo, come opposizioni unite, a sollecitare il governo a investire risorse a tutela delle donne contro la violenza”. Ha sottolineato l’importanza del lavoro legislativo sulla prevenzione e ha ricordato i 40 milioni destinati ai centri antiviolenza e alle case rifugio nella scorsa manovra. “Serve l’impegno continuo della politica e delle istituzioni”, ha aggiunto, chiedendo ulteriori risorse per combattere quella che ha definito “una piaga sociale”.

E ha concluso: “Quest’anno, in occasione del 25 novembre, stiamo lavorando per portare il ddl che istituisce il reato di molestie sessuali, con l’aggravante nei luoghi di lavoro in aula, sarà un’altra occasione per ribadire il nostro impegno permanente in Parlamento a tutela delle donne”.

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Gestazione per altri reato universale? Non proprio

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Ieri, mercoledì 16 ottobre, la gestazione per altri è diventata “un reato universale” secondo la legislazione italiana. Il riferimento alla ‘legislazione italiana’ stride con l’aggettivo ‘universale’, ma è necessaria per inquadrare la proposta di legge presentata da Fratelli d’Italia, approvata anche al Senato dopo l’ok della Camera.

Maternità surrogata reato universale: quali sanzioni?

La Gpa o maternità surrogata, chiamata anche ‘utero in affitto’ con accezione dispregiativa, è già illegale in Italia ex articolo 12 della legge 40/2004. La nuova legge è composta da un solo articolo, che aggiunge un comma all’articolo appena visto: “Se i fatti di cui al periodo precedente sono commessi all’estero, il cittadino italiano è punito secondo la legge italiana”.

Da qui la classificazione come ‘reato universale’ che, come vedremo, è errata.

In base alla legge italiana chiunque realizzi, organizzi o pubblicizzi la Gpa è punito con una reclusione da tre mesi a due anni e una multa da 600mila a un milione di euro. Con la modifica approvata ieri, queste sanzioni valgano anche per i cittadini italiani che vanno a praticare la Gpa all’estero nei Paesi in cui è legale.

Che cosa è la gestazione per altri o maternità surrogata

La maternità surrogata è una tecnica di procreazione assistita in cui una donna porta avanti una gravidanza per conto di altre persone o coppie, chiamate genitori intenzionali. In pratica, una singola persona o una coppia che vuole avere un figlio ma che non può averlo si rivolge a un’altra persona che porti avanti la gravidanza a patto di adottare la bambina o il bambino dopo la nascita.

Oggi la gestazione per altri è utilizzata principalmente da coppie eterosessuali con problemi di fertilità, anche dovuti a malattie grave come tumori e conseguente rimozione dell’utero, o da coppie di uomini, più raramente da coppie di donne. Il dibattito sul tema si è acceso da quando esistono le tecnologie mediche per rendere la Gpa praticabile su larga scala.

Esistono due principali tipi di Gpa:

surrogazione tradizionale: la madre surrogata è fecondata con lo sperma del padre intenzionale e ha un legame genetico con il bambino;
surrogazione gestazionale: l’embrione, creato tramite fecondazione in vitro con gameti dei genitori intenzionali o di donatori, è impiantato nell’utero della surrogata, che non ha legami genetici con il bambino.

A luglio, quando la proposta di legge ha ricevuto l’approvazione della Camera, è stato bocciato l’emendamento della Lega, che mirava a introdurre pene fino a 10 anni di reclusione e multe fino a 2 milioni di euro.

Secondo un’indagine dell’Eurispes, solo il 39,5% degli italiani è favorevole alla maternità surrogata, che trova maggiore sostegno tra i giovani. Ma cosa succede all’estero?

Maternità surrogata, dove è legale in Europa?

Tra i Paesi che hanno messo al bando ogni forma di maternità surrogata ci sono Italia, Spagna, Francia e Germania. In Irlanda, Paesi Bassi, Belgio e Repubblica Ceca, gli accordi sono “nulli e inapplicabili”, il che significa che “non esiste alcuna legislazione che riconosca la maternità surrogata e quindi non c’è modo di trasferire la genitorialità ai genitori committenti”, come ha spiegato Families Through Surrogacy.

Nel Regno Unito, la maternità surrogata è legale per i cittadini britannici se altruistica, mentre il Portogallo consente la maternità surrogata altruistica anche alle coppie eterosessuali con esigenze mediche.

L’Ucraina e la Russia hanno le leggi più permissive in Europa sulla maternità surrogata, consentendo alle persone, compresi gli stranieri, di pagare una madre surrogata per portare avanti la gravidanza.

Il nodo del compenso

Come accennato, la regolamentazione della gestazione per altri cambia molto da Paese a Paese, soprattutto per quanto riguarda la possibilità di prevedere un accordo contrattuale o un compenso economico.

Quest’ultimo aspetto è al centro del confronto politico e sociale sul tema che condanna chi ‘presta’ il suo utero per farne un vero e proprio business. Una soluzione potrebbe essere quella adottata da alcuni Paesi (come Paesi Bassi, Grecia, Canada) dove è vietato riconoscere un compenso per la maternità surrogata, ma solo un rimborso spese per coprire le spese mediche e l’assicurazione.

La Gpa che prevede un compenso economico è legale in alcuni Paesi, ma in nessun Paese europeo.

Negli Stati Uniti, per esempio, la gestazione per altri è legale solo in alcuni Stati federati e sono permesse anche forme commerciali. Le spese vanno dai 100 ai 150mila dollari e coprono i costi sanitari, quelli burocratici, la retribuzione delle agenzie che seguono la pratica e mettono in contatto le persone richiedenti con le donne gestanti o donatrici di ovuli. Il compenso per la donna può variare tra i 25mila e i 50mila dollari. Per evitare che la scelta non sia altruistica ma di business, alcuni Stati selezionano le donne che vogliono proporsi come gestanti, per esempio chiedendo un certo livello salariale o che abbiano già dei figli.

Un altro Paese in cui è permessa la gestazione con un compenso è l’Ucraina, una destinazione molto ambita visto che ha costi più contenuti rispetto agli Usa (circa 30-40mila euro). Si stima che i nati da Gpa in Ucraina siano circa 2mila all’anno. In Ucraina la Gpa è permessa anche ai cittadini stranieri, ma solo a coppie eterosessuali e sposate. Il compenso della donna gestante equivale a circa 10mila euro, che rapportato al costo della vita (pre guerra) equivale a circa 20 mila euro.

Sul certificato di nascita i genitori riconosciuti sono quelli che hanno chiesto la Gpa, senza che sia necessaria la procedura d’adozione, richiesta invece da altri Paesi.

Perché è sbagliato dire che la gestazione per altri è un reato universale

Come dicevamo in apertura, parlare di reato universale non è proprio corretto. Il motivo è semplice: non esistono i reati universali, ma esistono i reati perseguiti dalla giurisdizione universale.

Il principio della giurisdizione universale è un’eccezione alla regola della giurisdizione nazionale e si basa sull’idea che alcune azioni siano così gravi da dove essere perseguite dai tribunali di tutto il mondo, indipendentemente da dove sono stati commessi i crimini a cui si riferiscono.
Sono reati secondo la giurisdizione universale: il genocidio, la tortura, i gravi crimini di guerra e i reati che rientrano nella categoria dei crimini contro l’umanità.

Invece, qualificare come ‘universale’ un reato, equivale a dire che tutti i Paesi del mondo riconosce quell’azione come reato. Il che, nel caso della maternità surrogata, è falso.

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