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Tumore al polmone, de Marinis (Aiot): “Anti-Alk in adiuvante migliora sopravvivenza”

L’oncologo su studio Alina, ‘importante dopo chirurgia per quantità e qualità di vita pazienti giovani non fumatori’

Tumore al polmone, de Marinis (Aiot):

“Questa terapia è in grado, in pazienti operati, di ritardare la progressione della malattia, quindi aumentale la loro sopravvivenza. Stiamo parlando di soggetti giovani: trentenni, quarantenni, cinquantenni non fumatori, di donne, mariti, con famiglie, con figli. L’assunzione per 2 anni di una terapia mirata, orale quotidiana, dopo la chirurgia, migliora la quantità, ma anche la qualità di vita complessiva di questi pazienti e delle loro famiglie”. Così Filippo de Marinis, direttore della Divisione di Oncologia toracica dell'Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano e presidente Aiot (Associazione italiana oncologia toracica), all’Adnkronos, commenta il via libera della Commissione europea all’ampliamento dell’indicazione di alectinib come prima e unica terapia a bersaglio molecolare in adiuvante, dopo l’intervento chirurgico, nel tumore al polmone non a piccole cellule (Nsclc) Alk-positivo in stadio iniziale. Il farmaco è infatti già approvato per la forma metastatica.

Lo studio Alina, che ha portato a questa approvazione in Europa, “è decisamente importante - spiega de Marinis - Pubblicato nell'aprile di quest'anno sul New England Journal of Medicine, una prestigiosa rivista scientifica”, risponde al problema dei “pazienti che abbiano un adenocarcinoma allo stadio precoce” e dimostra che “la malattia recidiva più tardi”, rispetto a chi “riceve la chemioterapia”, allungando così la speranza di vita. Si tratta di “un trattamento specifico che inibisce l'alterazione del gene Alk, che viene individuata prima o dopo l'intervento. In questa tipologia di tumori, la presenza dell'alterazione genica costituisce un fattore prognosticamente negativo per la sopravvivenza del paziente, a meno che, non si possa revertare”, cioè trasformare “questo dato negativo in una situazione predittivamente positiva attraverso l'utilizzo di farmaci selettivi costruiti contro” un target specifico, il gene alterato Alk, “per bloccare i meccanismi di avanzamento del tumore”.

Nel dettaglio “rispetto alla chemioterapia standard che segue l'intervento chirurgico per quattro cicli, cioè per 2 mesi - sottolinea il presidente della Aiot - i 2 anni di trattamento in compresse, a domicilio, con alectinib, che inibisce il riarrangiamento del gene Alk, si ottengono risultati decisamente importanti, con un abbassamento del rischio di recidiva di malattia di oltre il 74%”, con anche un miglioramento della qualità della vita. “A oggi - continua l’oncologo - abbiamo il dato che riguarda la cosiddetta progression free survival, cioè la sopravvivenza libera da progressione (Pfs), cioè il tempo da quando inizia il trattamento fino a quando c’è la recidiva”. Si tratta di un “vantaggio incommensurabile: questo dato si tradurrà sicuramente in un aumento della sopravvivenza globale”, dato che però non è ancora disponibile.

“Questa terapia biologica inibitoria selettiva - aggiunge de Marinis - non ha la stessa portata negativa della chemioterapia. Lo vediamo da una decina di anni, da quando sono arrivate le terapie mirate”. Rispetto alla chemioterapia che colpisce più cellule, la terapia a target molecolare, inibendo un gene malfunzionante perché riarrangiato, “è come se si andasse a bloccare un meccanismo della singola cellula tumorale che è sostenuta da quel gene - precisa - Abbiamo quindi un approccio completamente diverso, con aspetti di tollerabilità completamente diversi e tutti a vantaggio della terapia biologica inibitoria. Per questo non si migliora solo la quantità di vita, ma anche la qualità, tenendo conto che stiamo parlando di soggetti giovani e, per o più, non fumatori”.

Nella ricerca e sviluppo di alectinib “si è partiti dalla malattia metastatica: nel momento in cui facciamo una diagnosi di malattia diffusa sostenuta dal gene Alk, alectinib è lo standard di cura”. Si è quindi testato in fasi più precoci di patologia, “nei pazienti che andavano dal chirurgo - ribadisce l’oncologo - per farsi togliere l’adenocarcinoma che, nel tempo, in alcuni casi, però si ripresentava, dove non doveva ritornare, a causa delle logiche legate essenzialmente al tumore”, cioè alla presenza del gene Alk alterato. “L'individuazione quindi del gene attraverso un test genico che si fa sul tumore, prima o dopo l'intervento, permette di individuare quei pazienti che possono giovarsi di un trattamento di 2 anni di pillole da prendere quotidianamente a casa, per ritardare il ripresentarsi della patologia” e avere una sopravvivenza migliore e più lunga, “che è ancora in fase di valutazione”.

Un altro fattore a favore di questo approccio terapeutico è che “rispetto ad altri test genetici, quello che deve individuare il riarrangiamento del gene Alk - chiarisce de Marinis - è individuabile attraverso tre diversi test. Per quello che riguarda la possibilità di utilizzo del farmaco è sufficiente la valutazione immunoistochimica” che si effettua “nell'ambito del test diagnostico dell'adenocarcinoma: la positività permette di individuare il riarrangiamento del gene Alk, non c'è la necessità di andare su diagnosi più complesse”. In ogni caso è fondamentale “la collaborazione tra le diverse figure professionali impegnate nell'ambito del trattamento del tumore polmonare - conclude l’oncologo - affinché il paziente possa entrare in un percorso di speranza che gli permetta di vivere la sua quotidianità con un percorso personalizzato che lo coinvolga e lo renda protagonista di questo percorso di vita”.

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Cronaca

Covid, chi deve fare il vaccino e quando: tutte le risposte

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Si 'riscaldano i motori' della campagna vaccinale, che partirà in contemporanea con quella antinfluenzale i primi di ottobre

Vaccino anti covid - Fotogramma

Nell'ultima settimana sono stati registrati in Italia 9.670 nuovi contagi Covid, in calo del 25% circa rispetto ai 12.876 della settimana precedente. I decessi sono passati invece da 75 a 97, in aumento di circa il 30%. Con questi numeri si 'riscaldano i motori' della campagna vaccinale anti-Covid, che partirà in contemporanea con quella antinfluenzale i primi ottobre. Ma chi dovrà fare il vaccino e quando? E chi ha avuto la malattia da Sars-CoV-2 in estate - quando c'è stato un rialzo dei casi - quando deve fare il vaccino?

Vaccino anti covid, chi e quando? Tutte le risposte

Alla prima domanda ha risposto la circolare del ministero della Salute con le indicazioni per la campagna vaccinale. I pilastri sono la raccomandazione per alcune categorie e l'offerta gratuita comunque per chi vuole fare la dose dei vaccini adattati alla variante JN.1. Alla seconda domanda risponde Roberta Siliquini, presidente della Società italiana di igiene e medicina preventiva e sanità pubblica (Siti). "Per chi ha avuto la malattia Covid in estate e rientra nelle categorie per cui il ministero ha indicato la raccomandazione, le linee guida dell'Oms e della Siti ci dicono che è opportuno fare la dose di richiamo dopo 3 mesi dalla positività al Covid. Quindi - chiarisce all'Adnkronos Salute - chi ha fatto la malattia a luglio-agosto può fare il vaccino, aggiornato all'ultima variante, a novembre".

Il vaccino è quindi raccomandato alle "persone con età superiore a 60 anni; ospiti delle strutture per lungodegenti; donne che si trovano in qualsiasi trimestre della gravidanza o nel periodo post-partum, comprese le donne in allattamento; operatori sanitari e sociosanitari addetti all'assistenza negli ospedali, nel territorio e nelle strutture di lungodegenza; studenti di medicina, delle professioni sanitarie che effettuano tirocini in strutture assistenziali e tutto il personale sanitario e sociosanitario in formazione; persone dai 6 mesi ai 59 anni di età compresi con elevata fragilità, in quanto affette da patologie o con condizioni che aumentano il rischio di Covid-19 grave".

"Dobbiamo ricordare - sottolinea Siliquini - che il vaccino non è lo stesso della campagna 2023-2024, ma è aggiornato alla variante JN.1. Quindi non può esserci la scusa 'ma ho fatto la dose lo scorso anno': chi è nelle categorie per cui è raccomandato, è bene che faccia il richiamo da ottobre". Si può fare il vaccino anti-Covid insieme all'antinfluenzale? Sì, anzi è consigliato dagli esperti e infatti la circolare Covid chiarisce che è "possibile la co-somministrazione dei nuovi vaccini aggiornati con altri vaccini (con particolare riferimento al vaccino antinfluenzale), fatte salve eventuali specifiche indicazioni d'uso o valutazioni cliniche".

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Cronaca

Maculopatia ed edema diabetico, studi confermano efficacia...

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Ulteriori evidenze dagli studi Pulsar e Photon presentate al Meeting annuale di Euretina2024 a Barcellona

Maculopatia ed edema diabetico, studi confermano efficacia aflibercept

La degenerazione maculare di tipo neovascolare correlata all'età (nAmd) è una patologia dell'occhio che progredisce rapidamente e che, se non trattata, può portare alla perdita della vista in pochi mesi. Nel mondo 170 milioni di persone sono affette da degenerazione maculare correlata all'età (Amd) e si prevede che questa cifra arriverà a 288 milioni entro il 2040. Circa il 10% delle persone affette da Amd svilupperà la forma avanzata neovascolare. L'edema maculare diabetico (Dme) è una complicanza oculare delle persone affette da diabete che può portare alla perdita della vista e, in alcuni casi, alla cecità. Attualmente, a livello globale, 146 milioni di persone soffrono di retinopatia diabetica (Rd), che può evolvere in una condizione più grave, il Dme che colpisce circa 27 milioni di persone nel mondo. Per questi pazienti una buona notizia arriva dal Meeting annuale della Società europea degli specialisti della retina (Euretina2024), in programma dal 19 al 22 settembre a Barcellona: ulteriori evidenze dagli studi Pulsar e Photon confermano i dati di efficacia e sicurezza duraturi di aflibercept 8 mg intravitreale, con lunghi intervalli di trattamento, in diverse popolazioni di pazienti affetti da nAmd e Dme.

Lo comunica Bayer, presente a Euretina2024 con 3 simposi e 8 abstract per dibattere sui risultati degli studi registrativi nella pratica clinica nella nAmd e nel Dme, mettendo in luce i benefici per i pazienti trattati con aflibercept 8 mg. Aflibercept 8 mg - riporta la nota - è stato sviluppato per ridurre il burden della gestione della patologia e prolungare gli intervalli di trattamento tra le somministrazioni, con un'efficacia e una sicurezza equiparabili a quelle dello standard di cura aflibercept 2 mg. Il successo degli studi clinici registrativi Pulsar e Photon ha portato all'approvazione del farmaco nell'Ue per la nAmd e il Dme, con la possibilità per la prima volta di estendere gli intervalli di trattamento fino a 5 mesi. Inoltre, l'iniziale fase di loading prevede, sempre per la prima volta, solo 3 iniezioni mensili sia per i pazienti affetti da nAmd sia per i pazienti con Dme con ulteriore riduzione del burden.

"Molti dei nostri pazienti necessitano di un approccio prolungato per controllare la loro malattia retinica e preservare la loro capacità visiva. Questo è esattamente ciò che gli studi clinici con aflibercept 8 mg hanno dimostrato e rappresenta un punto di svolta nella cura delle patologie della retina", ha dichiarato Anat Loewenstein, Direttore del Dipartimento di Oftalmologia del Tel Aviv Medical Center.

In questi giorni - si legge nella nota - aflibercept 8 mg ha inoltre ottenuto dal Comitato per i medicinali per uso umano (Chmp) dell'Agenzia europea dei medicinali (Ema) parere positivo per l'approvazione in Ue della siringa preriempita per la somministrazione di aflibercept 8 mg (114,3 mg/ml soluzione iniettabile). Il nuovo dispositivo (OcuClickTM) offrirà agli oftalmologi una modalità semplice ed efficace per somministrare con precisione la dose da 70 μl di aflibercept 8 mg nelle indicazioni approvate. Questo sistema semplice, maneggevole e accurato porterà notevoli benefici ai pazienti e agli oftalmologi, con la certezza di somministrare in modo rapido e preciso il corretto dosaggio di aflibercept 8 mg.

Aflibercept 8 mg è stato sviluppato da Bayer insieme a Regeneron, che detiene i diritti esclusivi per aflibercept 2 mg e aflibercep 8 mg negli Stati Uniti. Bayer ha in licenza i diritti esclusivi di commercializzazione al di fuori degli Stati Uniti. Aflibercept 8 mg (114,3 mg/ml soluzione iniettabile) è stato finora approvato in oltre 40 Paesi per il trattamento della degenerazione maculare di tipo neovascolare correlata all'età e dell'edema maculare diabetico. In altri Paesi sono in corso richieste di autorizzazione per l'utilizzo di aflibercept 8 mg.

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Cronaca

Corazza (Apiafco): “Pazienti psoriasi aspettano 12...

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"Chiediamo sia inserita nel Piano nazionale di cronicità per dare dignità alla malattia"

Corazza (Apiafco):

"Ben vengano tutte le innovazioni terapeutiche in grado di normalizzare il decorso della psoriasi, anche perché in genere il tempo medio per accedere a trattamenti specifici per noi pazienti è di 12 anni. Un'eternità, se consideriamo che la psoriasi presenta un forte impatto sulla vita quotidiana, in quanto i sintomi sono molto visibili e provocano un senso di vergogna e frustrazione. Parliamo di una malattia cronica e recidivante, ma che non è ancora inserita nel Piano nazionale di cronicità. E' una battaglia che combattiamo da 4 anni per dare 'dignità alla malattia'". Lo ha detto Valeria Corazza, presidente Apiafco-Associazione psoriasici italiani amici Fondazione Corazza, intervendo alla conferenza stampa a Roma sull'approvazione della rimborsabilità per il farmaco deucravacitinib.

"Oggi vivere con la psoriasi non è certamente come quando è stata diagnostica a me che di anni ne avevo 10 - spiega all'Adnkronos Salute - Oggi abbiamo a disposizione tantissime proposte terapeutiche che possono curare chi ha due macchioline ma, soprattutto, quei 250mila pazienti che invece soffrono di psoriasi severe e che per questo motivo possono avere il 90% del corpo coperto da placche oppure localizzate su viso e mani, il nostro biglietto di presentazione. Quindi poter avere più opzioni terapeutiche non è poco". Però, per la rappresentate dei pazienti, "c'è ancora una mancanza di informazione. Come associazione lavoriamo su questo aspetto - sottolinea Corazza - perché moltissime persone continuano a non curarsi, hanno paura degli effetti collaterali delle terapie o le abbandonano, o non sanno in quale centro e a quale specialista affidarsi". "Credetemi, c'è chi non sa dove andare, c'è chi non conosce le bellissime cose che vengono fatte per questa patologia che quando è in forma severa è una malattia devastante", conclude.

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