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Nausea e vomito per il 66% delle donne in gravidanza, studio italiano indaga l’impatto

A soffrirne è il 66% delle donne, solo il 25% ha ricevuto un trattamento per contrastare i sintomi

Nausea e vomito per il 66% delle donne in gravidanza, studio italiano indaga l’impatto

La nausea e il vomito colpiscono in totale il 66% delle donne durante la gravidanza in Italia, un dato che evidenzia la rilevanza numerica di questo disturbo; solo il 25% delle donne con nausea e vomito ha ricevuto un trattamento per contrastare i sintomi. Sono i dati che emergono dallo studio PURITY che rappresenta, a oggi, il primo e unico studio multicentrico che ha indagato in modo approfondito la prevalenza della nausea e del vomito in gravidanza (NVP) nelle donne italiane e il suo impatto sulla qualità di vita, sull’attività lavorativa e sulla vita personale, in un campione ampio e rappresentativo delle gestanti italiane. Questi disturbi - riporta una nota - sono sempre stati vissuti, nell’immaginario collettivo, come tipici delle prime fasi della gravidanza e in quanto tali, destinati a scomparire con l'evolvere dell’epoca gestazionale. Gli studi più recenti su questa tematica hanno invece dimostrato che non è così.

"Nella maggior parte dei casi la NVP si manifesta in maniera moderata, anche se la durata dei sintomi può superare il primo trimestre di gravidanza. Sebbene il disturbo più frequente sia la nausea, vi è un'alta percentuale, circa il 37% dei casi, in cui alla nausea si associa anche il vomito – commenta Romolo Di Iorio, professore associato di Ginecologia e Ostetricia dell’Università di Roma Sapienza – In una casistica più rara, circa il 4%, ritroviamo inoltre donne in stato interessante in cui la NVP può peggiorare e diventare iperemesi gravidica, una condizione patologica che può portare anche al ricovero e che nei casi più gravi comporta rischi significativi sia per la donna che per il bambino".

Nel nostro Paese la NVP è stata spesso sottovalutata e sottotrattata – si legge - PURITY è nato proprio per colmare tale vuoto conoscitivo ed ha coinvolto un campione omogeneo di 528 pazienti gravide afferenti a tre strutture ospedaliere italiane: l’Ospedale dei Bambini ‘Vittore Buzzi’ di Milano, il Presidio Ospedaliero SS. Annunziata di Chieti e l’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli. Alle donne intervistate è stato somministrato un questionario in due fasi: nella prima, tra la diciottesima e la ventiduesima settimana di gravidanza, si valutava la prevalenza e la gravità della NVP, l’insorgenza e la durata dei sintomi, il loro trattamento e l’impatto sulla qualità della vita; la seconda fase, entro 14 giorni dopo il parto, ha esaminato invece la correlazione tra i sintomi della NVP in gravidanza e gli esiti neonatali, nonché lo stato di salute post-parto delle donne.

"Ci siamo posti come obiettivo non solo quello di esaminare la gravità del disturbo e le possibili terapie, ma anche gli aspetti legati alla qualità di vita della gestante. Ed è proprio per questo motivo che abbiamo inserito domande specifiche che hanno evidenziato come le donne richiedano una maggiore attenzione al problema, che in quanto tale deve essere riconosciuto e curato – spiega Irene Cetin, professore ordinario di Ginecologia e Ostetricia dell'Università degli Studi di Milano e Direttore dell’Ostetricia del Policlinico di Milano – In questo senso il professionista sanitario svolge un ruolo fondamentale per dare sollievo e fornire un aiuto concreto alla donna. È nostro compito, infatti, rendere consapevole la donna che è possibile vivere questa fase della vita in tutti i suoi aspetti senza sacrificare il rapporto di coppia, né dover rinunciare alla propria vita sociale o lavorativa. In situazioni difficili o invalidanti si può infatti ricorrere ad una terapia efficace e sicura che permetta di vivere a pieno i nove mesi della gravidanza, senza più limitazioni".

Lo studio ha evidenziato che, in alcuni casi, la NVP può portare le donne a star male al punto da obbligarle a smettere di lavorare o, in casi estremi, a pensare di interrompere la gravidanza; questo porta il fenomeno a essere considerato di grande impatto anche nell’opinione pubblica, che invece lo ha sempre sottovalutato e associato a una condizione quasi normale della gravidanza. Inoltre, sulla base di una scala, utilizzata a livello internazionale, che ha valutato la gravità del disturbo (PUQE - Pregnancy-Unique Quantification of Emesis and Nausea), è emerso che 348 donne su 528 hanno sofferto di nausea e vomito in gravidanza nelle prime 22 settimane. Nello specifico, i sintomi si sono presentati in forma lieve in 118 donne, pari al 34% dei casi, moderata in 217 donne (62%) e grave in 13 pari al 4%. L’indagine evidenzia che solo il 25% delle donne coinvolte ha ricevuto un trattamento (farmacologico o non farmacologico) per contrastare i sintomi. Tra queste, la maggior parte delle intervistate, pari al 67,7%, ha dichiarato di aver utilizzato l’associazione di Doxilamina 10 mg e Piridossina 10 mg. "Oltre a questi dati, uno dei risultati più importanti e statisticamente significativi raccolti nella seconda fase dello studio è stato quello riferito al tempo gestazionale: infatti le donne che presentano nausea e vomito in gravidanza – conclude Cetin - hanno avuto in media un tempo gestazionale più corto; quindi, hanno avuto un parto pretermine, in quanto non sono arrivate alla quarantesima settimana".

Sposando lo stesso razionale dello Studio PURITY, la SIGO, Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia, ha avviato uno studio prospettico osservazionale multicentrico denominato “PURITY Extended”, con l’obiettivo di determinare la dimensione della NVP su un campione più ampio e la sua evoluzione nel corso dei tre trimestri della gravidanza. Questo studio ha visto il coinvolgimento di 1.300 gestanti afferenti a 100 strutture ospedaliere italiane dislocate su tutto il territorio nazionale. In questa nuova indagine sono state valutate in particolare l’incidenza e l’evoluzione della NVP durante il primo, il secondo e il terzo trimestre della gravidanza su un campione molto ampio, prendendo in considerazione anche le differenze geografiche e socioeconomiche e l’atteggiamento comunemente assunto dai ginecologi nella gestione di tale disturbo, oltre alle possibili conseguenze della NVP sulla gravidanza (es. diabete gestazionale, ipertensione/preeclampsia) e sul bambino (es. iposviluppo fetale, modalità del parto e peso alla nascita).

“La SIGO ha ritenuto necessario colmare un vuoto esistente nella letteratura scientifica italiana avviando lo studio PURITY Extended” – commenta Nicola Colacurci, già professore ordinario di Ginecologia e Ostetricia dell’Università della Campania Luigi Vanvitelli e Past President di Sigo - Attualmente, infatti, l’impatto di nausea e vomito in gravidanza risulta essere ancora sottostimato, sia perché le donne potrebbero evidenziare la presenza di tale problematica solo quando i disturbi impattano negativamente sulla qualità della loro vita, sia per la modalità di ricerca dei disturbi da parte dei ginecologi. Ad oggi abbiamo intervistato oltre 500 donne gravide e prevediamo di avere i primi dati dello studio nel mese di ottobre”.

A tale proposito, Mario Mangrella, direttore Medico Scientifico e degli Affari Regolatori di Italfarmaco, afferma che l’azienda “ha una missione chiara: migliorare la vita dei pazienti e il loro benessere attraverso prodotti innovativi e ricerche scientifiche di grande valore qualitativo che generano nuove e moderne evidenze. Il nostro impegno si manifesta concretamente nell'area terapeutica ginecologica - sottolinea - dove l'azienda si dedica allo sviluppo di soluzioni innovative e complete, mirate a migliorare la salute e il benessere delle donne in tutte le fasi della loro vita. Italfarmaco rappresenta oggi una delle principali realtà italiane focalizzate in questa importante area terapeutica. Lo Studio PURITY - aggiunge Mangrella - promosso da Italfarmaco, è il primo e unico studio clinico in Italia nel suo genere, costituisce un esempio significativo di questo impegno: siamo orgogliosi di averlo promosso e di aver così contribuito a generare nuove e solide evidenze scientifiche. Sostenere le donne durante la gravidanza è essenziale, poiché questo periodo cruciale può influenzare profondamente la vita familiare, sociale e professionale. Per questo” l’azienda “ritiene fondamentale il ruolo dell'alimentazione materna nei diversi momenti della vita della donna e negli stadi della gravidanza e del puerperio, poiché essa è decisiva per la crescita e lo sviluppo fetale e può influire sul futuro stato di salute del bambino. La nausea e il vomito in gravidanza (NVP) possono compromettere gravemente l’alimentazione materna e l’introito di componenti, quali vitamine e oligoelementi, essenziali per il corretto progresso della gestazione e per la salute e la crescita del bambino. Anche per questo - conclude - è particolarmente importante identificare precocemente la NVP e saperla gestire con i trattamenti appropriati. Siamo perciò particolarmente orgogliosi di aver introdotto in Italia l’associazione precostituita di Doxilamina 10 mg e Piridossina 10 mg, il primo trattamento farmacologico specificamente sviluppato e autorizzato per curare la nausea e il vomito in gravidanza”.

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Trasporto pubblico, domani sciopero per 24 ore

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Modalità diverse da città a città

Sono previsti domani disagi per pendolari e viaggiatori per lo sciopero nazionale di 24 ore dei lavoratori del trasporto pubblico. Bus, tram e metro si fermeranno con modalità diverse da città a città.

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Cronaca

Covid, caccia all’animale che ha scatenato la...

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Ritorno a Wuhan: un nuovo studio punta sull'origine naturale Sars-CoV-2

Il mercato di Wuhan

Alle radici del covid. Ritorno a Wuhan, Cina, dove tutto è cominciato a fine 2019, anno in cui un nuovo coronavirus, Sars-CoV-2, faceva il suo ingresso nel mondo degli esseri umani scatenando di lì a poco una pandemia senza confini. Virus fuggito da un laboratorio o arrivato all'uomo per vie naturali, tramite un animale 'ospite intermedio'? E' il giallo mai risolto di Covid-19. Un nuovo studio riavvolge il nastro, seguendo le tracce del 'Dna fantasma' nei campioni ambientali raccolti a inizio 2020 nel mercato all'ingrosso di frutti di mare di Huanan, dove sono stati censiti i primi casi umani. Gli autori del lavoro pubblicato su 'Cell' sono riusciti così a stringere il cerchio, fornendo una 'short list' delle specie selvatiche presenti nel mercato su cui si concentrano i sospetti.

Lo studio collaborativo internazionale porta la firma di scienziati di diversi atenei statunitensi ed europei e si basa su una nuova analisi dei dati pubblicati dal Cdc cinese, Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie, provenienti da oltre 800 campioni raccolti nel mercato di Huanan e nei dintorni, a partire dall'1 gennaio 2020 e dai genomi virali segnalati dai primi pazienti Covid.

Nell'elenco delle specie da cui secondo il team molto probabilmente ha fatto il salto all'uomo Sars-CoV-2, ci sono diversi sospettati: secondo la ricerca, il virus era presente in alcune delle stesse bancarelle della fauna selvatica venduta al mercato, tra cui cani procioni (piccoli animali simili a volpi con macchie simili ai procioni) e zibetti (piccoli mammiferi carnivori imparentati con manguste e iene).

"Questo - evidenzia Florence Débarre, coautrice corrispondente del Centro nazionale francese per la ricerca scientifica (Cnrs) - è uno dei set di dati più importanti esistenti sull'origine della pandemia di Covid e siamo grati che siano stati condivisi". Lo studio, aggiunge il coautore corrispondente Kristian Andersen dello Scripps Research Institute, "aggiunge un ulteriore livello alle prove accumulate che puntano tutte allo stesso scenario: che gli animali infetti sono stati introdotti nel mercato da metà a fine novembre 2019, il che ha innescato la pandemia". Come si è arrivati a questi risultati. Analizzando i dati raccolti dal Cdc cinese "in modi nuovi e rigorosi", interviene l'altro coautore corrispondente, Michael Worobey dell'Università dell'Arizona.

Le indagini

L'1 gennaio 2020, dopo che gli animali erano stati rimossi e a poche ore dalla chiusura del mercato di Huanan, i ricercatori del Cdc cinese si sono recati nella struttura per raccogliere campioni. Hanno fatto tamponi su pavimenti, pareti e altre superfici delle bancarelle e sono tornati giorni dopo per concentrarsi sulle aree in cui si vendevano animali selvatici, e quindi su gabbie e carrelli usati per spostare gli animali. Infine hanno anche raccolto campioni dagli scarichi e dalle fogne.

Su quei campioni è stato eseguito il sequenziamento metatrascrittomico, tecnica che mira a ottenere tutte le sequenze di Rna (e che può anche raccogliere il Dna) da tutti gli organismi presenti in un campione: virus, batteri, piante, animali, esseri umani. Il team cinese, guidato da Liu Jun, ha pubblicato i propri risultati nel 2023 su 'Nature' e ha condiviso in modalità ad accesso aperto i dati raccolti. Quello che veniva lasciato irrisolto era il nodo delle identità esatte delle specie animali trovate che potrebbero rappresentare plausibili ospiti intermedi. Secondo l'ultima analisi di questi dati condotta dal team internazionale, in alcuni casi il materiale genetico del virus Sars-CoV-2 e degli animali è stato persino trovato sugli stessi tamponi. Le specie sono state identificate tramite la genotipizzazione dei loro genomi mitocondriali nei campioni.

"Molte delle specie animali chiave erano state eliminate prima dell'arrivo dei team del Cdc cinese, quindi non possiamo avere prove dirette che gli animali fossero infetti", afferma Débarre. "Stiamo osservando i 'fantasmi' del Dna e dell'Rna di questi animali nei campioni ambientali, e alcuni si trovavano in stand in cui è stato trovato anche il virus. Questo è ciò che ci si aspetterebbe di vedere in uno scenario in cui ci fossero stati animali infetti nel mercato". Tra l'altro, fa notare Worobey, "questi sono gli stessi tipi di animali che sappiamo aver facilitato il passaggio del coronavirus Sars originale agli esseri umani nel 2002. La cosa più rischiosa che si può fare è prendere animali selvatici che pullulano di virus e poi metterli a contatto con esseri umani che vivono nel cuore di grandi città, la cui densità di popolazione rende facile per questi virus prendere piede".

Potrebbe essere successo proprio questo nel 2019. Il team internazionale ha anche eseguito un'analisi evolutiva dei primi genomi virali riportati, comprese queste sequenze ambientali, e ha dedotto i genotipi progenitori più probabili del virus che ha infettato gli esseri umani e portato alla pandemia di Covid. I risultati implicano che ci fossero pochissime persone infettate, se non nessuna, prima del focolaio nel mercato.

Gli animali 'sospettati'

Attraverso la nuova analisi si è arrivati alla short list di specie animali presenti nel mercato umido e trovate contestualmente a campioni virali, che potrebbero rappresentare gli ospiti intermedi più probabili per Sars-CoV-2: il comune cane procione, specie suscettibile al virus e nota per aver portato la Sars nel 2003, è l'animale geneticamente più abbondante nei campioni delle bancarelle, e poi è stato trovato in una bancarella con Rna di Sars-CoV-2 del materiale genetico di civette delle palme mascherate, anch'esse associate alla precedente epidemia di Sars. Anche altre specie come il ratto del bambù e i porcospini malesi sono state trovate presenti in campioni positivi a Sars-CoV-2, così come una moltitudine di altre specie.

Gli esperti sottolineano l'importanza di comprendere le origini della pandemia di Covid, anche ora che è alle spalle, soprattutto alla luce di altri recenti 'spillover', salti di specie come quello che ha portato negli Usa alla diffusione del virus dell'influenza aviaria nei bovini. "C'è stata molta disinformazione" sulle radici di Sars-CoV-2, conclude Worobey. Capire queste dinamiche può avere un peso, a suo avviso, per la sicurezza nazionale e la salute pubblica. "La verità - chiosa - è che da quando la pandemia è scoppiata più di 4 anni fa, nonostante ci sia stata una maggiore attenzione al tema della sicurezza in laboratorio, non è stato fatto molto per ridurre la possibilità che uno scenario perfetto per una zoonosi si verifichi di nuovo".

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Cronaca

Sangiuliano denuncia Boccia: Procura di Roma aprirà...

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La denuncia, annunciata nelle scorse settimane, è ora all’attenzione dei magistrati di piazzale Clodio

Gennaro Sangiuliano - Agenzia Fotogramma

E' arrivata in procura a Roma la denuncia presentata dal legale dell’ex ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, contro l'imprenditrice Maria Rosaria Boccia. La denuncia, annunciata nelle scorse settimane dal legale dell’ex ministro, l’avvocato Silverio Sica, è ora all’attenzione dei magistrati di piazzale Clodio che procederanno all’apertura del procedimento.

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