Vaccini, da Aviaria a Dengue per Italia strategia ‘anti spreco’: si compra quando serve
No al contratto Ue per l'acquisto del vaccino prepandemico Seqirus. Lopalco: "Scelta miope che ci isola". Rezza: "
Passata l'emergenza della pandemia Covid, che ha lasciato non pochi strascichi rispetto alle politiche di acquisto centralizzato con regia Ue di milioni di dosi di vaccini - spesso rimaste nei depositi - la strategia dell'Italia nell'approvigionamento sembra essere cambiata.
No al contratto Ue per l'acquisto del vaccino preventivo
Mentre all'orizzonte si profilano nuove sfide infettivologiche, come l'aviaria e la Dengue, solo per fare due esempi, un primo segnale di una possibile svolta è che il nostro Paese non è tra quelli che hanno deciso, tramite l'Hera - l'Autorità Ue per la preparazione e la risposta alle emergenze sanitarie (Hera) della Commissione - di entrare nel contratto quadro di appalto congiunto per la fornitura di un numero fino a 665mila dosi di vaccino prepandemico di Seqirus, con l'opzione per ulteriori 40 milioni di dosi per tutti i 4 anni coperti dal contratto. Un'iniziativa finalizzata ad avere contromisure mediche per prevenire l'influenza aviaria (il vaccino in questione protegge da quella causata dai ceppi H5 del virus dell'influenza A).
Le ragioni della scelta
Sono 15 gli Stati membri dell'Ue che hanno detto sì. Perché l'Italia no? Una prima ipotesi è che si vada a comprare i vaccini quando servirà, ma soprattutto il cambio di paradigma su questo fronte è la volontà di andare a contrattare direttamente con le aziende farmaceutiche, senza passaggi intermedi. Obiettivo: minimizzare gli sprechi. Seqirus è l'unico vaccino preventivo contro l'influenza aviaria zoonotica oggi autorizzato nell'Ue. L'Italia non è comunque scoperta, né sul fronte aviaria né su quello Dengue. Per quanto riguarda nello specifico l'aviaria, per esempio, il precedente Governo con un'altra direzione Prevenzione del ministero della Salute, aveva opzionato il vaccino prepandemico di Gsk contro il virus H5N1 dell'influenza aviaria.
Lopalco: "Scelta ideologica miope"
"Una scelta miope" e "ideologica" quella dell'Italia. E' il parere di Pier Luigi Lopalco, docente di Epidemiologia all'università del Salento.
"Con questa scelta l'Italia - spiega l'epidemiologo all'Adnkronos Salute - si pone ancora una volta al di fuori del consesso internazionale di preparazione agli eventi pandemici. È una scelta che isola la sanità pubblica italiana".
Rezza: "Cruciale avere strategia"
"E' vero che se un Paese rimane fuori" dall'accordo europeo per il vaccino prepandemico contro l'influenza aviaria, "non è per forza sbagliato o un disastro. Però - ammonisce Giovanni Rezza, docente straordinario di Igiene all'università Vita-Salute San Raffaele di Milano - bisogna essere certi che, nel momento in cui ce ne fosse bisogno, i vaccini si riesce ad ottenerli. Bisogna avere una strategia pronta. Aderire a queste iniziative europee può essere vantaggioso. Certo non è obbligatorio. Ma se si decide di non aderire voglio sperare che sia perché c'è già una strategia pronta. È un fatto di strategia, non un fatto ideologico".
Rezza evidenzia che "vanno guardati anche gli altri grandi Paesi europei: l'Italia non è la sola a non aver firmato, per esempio anche la Germania e la Spagna non sono nell'elenco degli aderenti, mentre la Francia sì", evidenzia all'Adnkronos Salute. L'iniziativa Ue è finalizzata ad avere contromisure mediche per prevenire l'influenza aviaria (il vaccino in questione protegge da quella causata dai ceppi H5 del virus dell'influenza A). "Ci sono due vaccini prepandemici - spiega Rezza - Uno è quello di Gsk, l'altro è questo di Seqirus". L'opzione dell'Italia "è per il vaccino Gsk perché in passato c'era stato un altro agreement europeo e l'Italia è rientrata. E' per un vaccino che verrebbe reso disponibile - eventualmente adattato a un ceppo pandemico - nel momento in cui scoppiasse una pandemia. Questo di Seqirus è sempre basato su H5N1, come quello di Gsk, ma è già autorizzato per l'uso per esempio nelle persone a rischio, come gli allevatori che hanno un contatto diretto con animali. L'Italia è già dentro l'altro, però quel vaccino non può essere utilizzato".
"E' vero - continua Rezza - che si può fare una contrattazione individuale con l'industria, bilaterale. Questa dovrebbe essere fatta nel momento in cui ce ne fosse bisogno e potrebbe prendere più tempo. Quindi, se magari noi avessimo operatori esposti, perché ci sono molti focolai, non avremmo subito il vaccino disponibile. Ed è sempre meglio averlo già, magari in un numero piccolo di dosi. Poi c'è una riflessione legata al prezzo che si può ottenere in una contrattazione bilaterale. Terza riflessione riguarda il fatto che per l'agreement europeo si è fatta garante questa nuova autorità che è Hera, dentro la quale ci sono tutti i Paesi europei. Naturalmente è utile in genere partecipare a iniziative in una cornice come questa. Non è una questione ideologica, ribadisco, ma legata al fatto che tante volte ci sono dei meccanismi di compensazione che possono essere utili".
Hera, illustra l'ex Dg Prevenzione del ministero della Salute, "contratta per tutti i Paesi europei e facilita il compito. Non bisogna vederla come una perdita di sovranità nazionale, ma come una cosa vantaggiosa da un punto di vista pratico. E' chiaro che per fare 'preparedness'", preparazione in vista di eventuali minacce future, "bisogna impegnare dei soldi per strumenti che uno spera dopo di non dover utilizzare. Questo è scontato. E certamente non bisogna neanche buttare al vento i soldi. Bisogna però avere un piano e magari stare dentro un contratto" centralizzato "con un minimo di dosi disponibili. Perché questo vuol dire dopo poter avere la possibilità in tempi rapidi di avere più vaccini qualora ce ne fosse bisogno".
Cronaca
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Cronaca
Medjugorje, Paolo Brosio: “Giornata epocale, ho...
"La decisione è uno smacco per chi derideva chi ha deciso di credere"
Via libera al culto pubblico di Medjugorje e Paolo Brosio esulta. "Questa è una giornata epocale, unica, straordinaria. Quando l'ho saputo, ho pianto", dice il giornalistao all'Adnkronos, raggiunto telefonicamente proprio mentre si trova al santuario, commenta il via libera al culto pubblico di Medjugorje emesso stamane dalla Santa Sede con una nota firmata dal cardinale Víctor Manuel Fernandez, e da mons. Armando Matteo prefetto e segretario per la sezione dottrinale del Dicastero per la Dottrina della Fede.
"Ci sono voluti più di 40 anni, ma finalmente è arrivato il disco verde: questo luogo ha viaggiato forte pur avendo i freni tirati, e adesso andrà sempre più forte. Quella del Vaticano è una decisione che rappresenta anche uno smacco per chi derideva e prendeva in giro chi ha deciso di credere. Mi sento più che un giornalista, un tifoso della curva della Madonna", continua scherzando.
Per Brosio, giornalista e scrittore che proprio al santuario bosniaco ha riscoperto la fede, "quello di Medjugorje è un luogo misterioso, sovrannaturale, avvincente. Oggi sento di passare dalle mani di mia madre, volata in cielo lo scorso anno, a quelle della Madonna".
Il giornalista si trova nella località in Bosnia Erzegovina dove, dopo aver costruito le case per orfani e anziani abbandonati a Vionica da suor Cornelia, ora sta costruendo un ospedale di Pronto Soccorso della pace: "Sento di doverlo fare, anche perché il più vicino è a chilometri di distanza su una strada infernale". Sono già stati investiti più di 700mila euro fra terreno e costruzione, "ne servono altrettanti. La Chiesa e i frati non mi hanno dato niente, mi hanno aiutato il costruttore bosniaco e il comune di Čitluk (dove ha sede il santuario, ndr). I primi fondi mi sono giunti da Mediafriends e dalla trasmissione Scherzi a Parte (Brosio fu vittima di una finta telefonata da Papa Francesco, che poi lo ricevette in Vaticano, ndr). La fede è bella, ma senza carità - conclude - è sterile".
Cronaca
Covid, chi deve fare il vaccino e quando: tutte le risposte
Si 'riscaldano i motori' della campagna vaccinale, che partirà in contemporanea con quella antinfluenzale i primi di ottobre
Nell'ultima settimana sono stati registrati in Italia 9.670 nuovi contagi Covid, in calo del 25% circa rispetto ai 12.876 della settimana precedente. I decessi sono passati invece da 75 a 97, in aumento di circa il 30%. Con questi numeri si 'riscaldano i motori' della campagna vaccinale anti-Covid, che partirà in contemporanea con quella antinfluenzale i primi ottobre. Ma chi dovrà fare il vaccino e quando? E chi ha avuto la malattia da Sars-CoV-2 in estate - quando c'è stato un rialzo dei casi - quando deve fare il vaccino?
Vaccino anti covid, chi e quando? Tutte le risposte
Alla prima domanda ha risposto la circolare del ministero della Salute con le indicazioni per la campagna vaccinale. I pilastri sono la raccomandazione per alcune categorie e l'offerta gratuita comunque per chi vuole fare la dose dei vaccini adattati alla variante JN.1. Alla seconda domanda risponde Roberta Siliquini, presidente della Società italiana di igiene e medicina preventiva e sanità pubblica (Siti). "Per chi ha avuto la malattia Covid in estate e rientra nelle categorie per cui il ministero ha indicato la raccomandazione, le linee guida dell'Oms e della Siti ci dicono che è opportuno fare la dose di richiamo dopo 3 mesi dalla positività al Covid. Quindi - chiarisce all'Adnkronos Salute - chi ha fatto la malattia a luglio-agosto può fare il vaccino, aggiornato all'ultima variante, a novembre".
Il vaccino è quindi raccomandato alle "persone con età superiore a 60 anni; ospiti delle strutture per lungodegenti; donne che si trovano in qualsiasi trimestre della gravidanza o nel periodo post-partum, comprese le donne in allattamento; operatori sanitari e sociosanitari addetti all'assistenza negli ospedali, nel territorio e nelle strutture di lungodegenza; studenti di medicina, delle professioni sanitarie che effettuano tirocini in strutture assistenziali e tutto il personale sanitario e sociosanitario in formazione; persone dai 6 mesi ai 59 anni di età compresi con elevata fragilità, in quanto affette da patologie o con condizioni che aumentano il rischio di Covid-19 grave".
"Dobbiamo ricordare - sottolinea Siliquini - che il vaccino non è lo stesso della campagna 2023-2024, ma è aggiornato alla variante JN.1. Quindi non può esserci la scusa 'ma ho fatto la dose lo scorso anno': chi è nelle categorie per cui è raccomandato, è bene che faccia il richiamo da ottobre". Si può fare il vaccino anti-Covid insieme all'antinfluenzale? Sì, anzi è consigliato dagli esperti e infatti la circolare Covid chiarisce che è "possibile la co-somministrazione dei nuovi vaccini aggiornati con altri vaccini (con particolare riferimento al vaccino antinfluenzale), fatte salve eventuali specifiche indicazioni d'uso o valutazioni cliniche".