L'incontro con la presidente dell'Ecr Giorgia Meloni "è andato bene, è sempre positivo collaborare con gli italiani". Lo dice il premier ungherese Viktor Orban, lasciando l'hotel Amigo, nell'Ilot Sacré, il centro storico di Bruxelles, dove ha incontrato la presidente del Consiglio, insieme all'ex premier polacco Mateusz Morawiecki, che è uscito poco dopo di lui. L’incontro si è tenuto per preparare il Consiglio Europeo informale dedicato ai 'top jobs', le cariche apicali Ue. Sul tavolo ci sono Ursula von der Leyen presidente della Commissione Europea, Antonio Costa al Consiglio Europeo, Kaja Kallas Alto Rappresentante.
Esteri
Hassan Nasrallah, chi è il capo di Hezbollah
Bersaglio del raid su Beirut di oggi
Hassan Nasrallah, il leader di Hezbollah che Israele ha voluto colpire con il raid su Beirut oggi, è nato il 31 agosto 1960 in una modesta famiglia di nove figli a Beirut. La sua famiglia proveniva dal villaggio di Bazouriyé, nel sud del Libano.
Da adolescente ha studiato teologia nella città santa sciita di Najaf, in Iraq, ma ha dovuto lasciare durante le repressioni contro gli sciiti guidate dall'allora presidente iracheno Saddam Hussein. Tornato in Libano, si unisce al movimento sciita Amal, ma se ne separa durante l'invasione israeliana del Libano nell'estate del 1982 per entrare a far parte del nucleo fondatore di Hezbollah.
Sposato e con cinque figli, Hassan Nasrallah parla correntemente il farsi. Indossa il turbante nero dei Sayyed, i discendenti del Profeta Maometto. In una rara intervista, ha dichiarato di aver giocato a calcio in gioventù e di amare ancora Maradona.
Sebbene non sia tecnicamente una figura pubblica ufficiale in Libano, Nasrallah è uno dei politici più in vista del Paese. Decide della guerra o della pace, è a capo di potenti istituzioni e di una formidabile milizia pesantemente armata. Nemico giurato di Israele, appare raramente in pubblico dopo la guerra che ha contrapposto il suo movimento all'esercito israeliano nell'estate del 2006, e il suo luogo di residenza è tenuto segreto. Ma tutto il Paese è sintonizzato sui suoi lunghi discorsi, trasmessi in diretta, in cui usa l'umorismo, ma anche non esita a minacciare i suoi nemici. I suoi seguaci lo chiamano “Il Sayyed” o “Abu Hadi” - in arabo padre di Hadi, il figlio ucciso negli scontri con le truppe israeliane nel 1997.
Hassan Nasrallah è il leader carismatico di Hezbollah dal 1992, quando è succeduto ad Abbas Moussaoui, assassinato da Israele. Da allora, ha trasformato Hezbollah, armato e finanziato dall'Iran, in una forza politica tenuta in considerazione, rappresentata in parlamento e nel governo. Allo stesso tempo, ha sviluppato l'arsenale del suo gruppo, che secondo lui dispone di 100mila combattenti e di armi potenti, tra cui missili ad alta precisione.
Hezbollah - la cui ala militare è nella lista delle organizzazioni terroristiche dell'Ue e degli Stati Uniti - è l'unico gruppo ad aver tenuto le armi alla fine della guerra libanese (1975-1990) in nome della "resistenza contro Israele", il cui esercito si è progressivamente ritirato dal Libano fino ad evacuare il sud del Paese nel maggio 2000, dopo 22 anni di occupazione.
Alla fine della guerra del 2006, Hassan Nasrallah ha proclamato una "vittoria divina" e si è affermato come un vero eroe nel mondo arabo. Ma in Libano si è alienato diverse fazioni quando il suo partito è stato accusato di essere coinvolto nell'assassinio dell'ex Primo Ministro Rafik Hariri nel 2005 e poi quando i suoi uomini armati hanno preso brevemente il controllo della capitale nel maggio 2008. Oggi Hezbollah è il principale tra gli alleati dell'Iran nella regione, raggruppati all'interno di un "asse di resistenza" che comprende gruppi armati in Iraq e i ribelli Houthi nello Yemen, oltre al palestinese Hamas. Dall'inizio della guerra a Gaza tra Hamas e Israele, Hassan Nasrallah ha aperto il fronte meridionale libanese per sostenere il suo alleato palestinese, ma finora ha cercato di evitare una guerra su larga scala con Israele.
Esteri
Trump incontra Zelensky: “Ho ottimi rapporti con...
Il candidato repubblicano alla Casa Bianca riceve il presidente ucraino alla Trump Tower
"Ho ottimi rapporti con Putin". Donald Trump accoglie Volodymyr Zelensky alla Trump Tower di New York e si cala nel ruolo di potenziale mediatore per porre fine alla guerra tra Ucraina e Russia. Il candidato repubblicano alla Casa Bianca si presenta davanti ai cronisti con Zelensky per dichiarazioni che riguardano tanto le elezioni americane quanto il conflitto.
"Mancano 37 giorni alle elezioni, sono in vantaggio nei sondaggi, vediamo come andrà". La guerra "deve finire ad un certo punto. Questo paese (l'Ucraina, ndr) sta vivendo una situazione infernale", dice Trump, che - dopo le considerazioni critiche espresse nei giorni scorsi - oggi mostra profondo apprezzamento per Zelensky soprattutto per un motivo.
Trump: I have a very good relationship with President Putin
— Acyn (@Acyn) September 27, 2024
Zelenskyy: I hope we have more good relations with us
Trump: Oh, ha ha I see pic.twitter.com/5vgHy0xT0t
"Zelensky è stato come un pezzo d'acciaio quando c'è stata l'inchiesta sull'impeachment: ha detto 'il presidente Trump non ha fatto nulla di sbagliato' e l'inchiesta è morta lì", dice il tycoon. Il presidente ucraino è stato coinvolto nel caso del primo processo di impeachment di Trump: 5 anni fa, i democratici indagavano sull'ipotesi che Trump avesse bloccato un pacchetto di aiuti militari e negato una visita alla Casa Bianca all'allora appena insediato presidente ucraino.
Le parole di Zelensky, dice Trump, hanno contribuito a far archiviare la vicenda. "Abbiamo un ottimo rapporto", dice l'ex presidente, prima di 'gelare' il suo omologo. "Ho un ottimo rapporto anche con il presidente Putin". Una frase che, inevitabilmente, innesca la reazione di Zelensky: "Spero che noi avremo relazioni migliori...", dice il presidente ucraino. L'ultima parola, però, spetta ancora a Trump: "Bisogna essere in due per ballare il tango... Se vinco le elezioni, prima di insediarmi credo sarà possibile fare qualcosa di positivo per entrambe le parti".
Esteri
Netanyahu: “La verità è che Israele vuole la...
Il premier israeliano all'Assemblea generale dell'Onu: "All'Iran dico che se ci attaccate noi risponderemo". Molte delle delegazioni presenti hanno lasciato l'aula mentre parlava
"Ho deciso di venire per dire la verità, parlare per il mio popolo, il mio Paese e la verità, e la verità è che Israele vuole la pace, ha fatto la pace e la farà". Così Benjamin Netanyahu in apertura del suo discorso all'Assemblea Generale dell'Onu. Il premier israeliano ha detto che quest'anno non intendeva andare a New York perché "il mio Paese è in guerra, sta combattendo per la vita", ma di aver deciso di venire "dopo aver sentito le bugie e le falsità dette sul mio Paese da questo podio". "Non ci fermeremo fino a quando non saranno portati a casa gli ostaggi rimasti", ha ribadito, sottolineando che "la nostra sacra missione" è quella di liberare gli ostaggi a Gaza.
"Guerra a Gaza finisce se Hamas si arrende, depone armi e restituisce ostaggi"
Poi il messaggio ad Hamas: "Lasciate andare gli ostaggi, quelli che sono vivi liberateli e restituite alle famiglie i resti di quelli che avete ucciso". "La guerra a Gaza può finire se Hamas si arrende, depone le armi e restituisce gli ostaggi, altrimenti continueremo fino alla vittoria", ha affermato Netanyahu, ribadendo che "Hamas deve andarsene" da Gaza, perché se rimarrà "potrà riorganizzarsi e attaccare di nuovo Israele come ha promesso di fare". Per questo ha detto di ritenere "inconcepibile e ridicolo" che Hamas possa essere parte della ricostruzione di Gaza, chiedendo polemicamente, a chi sostiene il contrario, cosa avrebbero detto di un post Seconda Guerra mondiale in Europa che comprendesse i nazisti. Netanyahu ha anche affermato che appoggerà qualsiasi amministrazione civile di Gaza che sia pacifica.
Il messaggio all'Iran: "Se ci attaccate noi risponderemo"
"Ho un messaggio per l'Iran: se voi ci attaccate noi vi colpiremo. Non ci sono posti in Iran che il lungo braccio di Israele non possa raggiungere, e questo è vero per tutto il Medio Oriente", ha scandito poi il premier israeliano rivendicando che "Israele sta vincendo", mostrando due mappe, una della "maledizione" dell'influenza dell'Iran e l'altra della "benedizione" della risposta di Israele e dei Paesi che lo sostengono. Dal podio dell'Onu, Netanyahu ha chiesto la fine della politica di 'appeasement' nei confronti dell'Iran. "Si deve fare di tutto per assicurarci che non abbia le armi nucleari - ha aggiunto - e Israele farà di tutto perché non succeda".
"Sono venuto qui per dire basta, non ci fermeremo fino a quando i nostri cittadini non potranno tornare in sicurezza alle loro case. Noi non accetteremo un esercito terrorista che incombe sul nostro confine settentrionale, in grado di compiere un altro massacro come il sette ottobre", ha continuato Netanyahu difendendo dal podio dell'Onu l'operazione militare lanciata contro il Libano per colpire Hezbollah che continuerà, ha detto, "fino a quando saranno raggiunti tutti i nostri obiettivi".
"Per 18 anni Hezbollah ha rifiutato in modo sfacciato di rispettare la risoluzione 1701. Fino a quando Hezbollah sceglie la guerra, Israele ha tutti i diritti di rimuovere questa minaccia", ha aggiunto il premier israeliano ricordando che 60mila residenti del nord di Israele sono diventati rifugiati.
"Quanto il governo americano potrebbe tollerare questo?", ha chiesto polemicamente, accusando poi Hezbollah di mettere a repentaglio anche la popolazione libanese "piazzando un missile in ogni cucina, un razzo in ogni garage".
L'attacco all'Onu
"Fino a quando Israele, fino a quando lo Stato ebraico, non sarà trattato come le altre nazioni, fino a quando la palude antisemita non sarà drenata, l'Onu sarà considerato dalle persone imparziali di tutto il mondo niente di più di una sprezzante farsa", è stato poi il duro attacco all'Onu lanciato da Netanyahu dal podio dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite in cui ha denunciato quella che lui ritiene essere "ipocrisia" e "doppio standard" nei confronti di Israele.
Netanyahu ha inoltre attaccato il capo procuratore della Corte penale internazionale che lo ha incriminato, insieme al ministro della Difesa, Yoav Gallant, e diversi leader di Hamas. "I veri criminali di guerra non sono in Israele, sono in Iran, a Gaza, in Siria, in Libano, nello Yemen", ha scandito.
"Considerato l'antisemitismo all'Onu non deve sorprendere nessuno che il procuratore dell'Icc, organo affiliato dell'Onu, stia considerando di emettere un mandato d'arresto contro di me e il ministro della Difesa, leader democraticamente eletti del democratico Stato di Israele", ha detto il premier israeliano. "Il suo rifiuto di trattare con i tribunali indipendenti di Israele, nel modo in cui vengono trattate le democrazie, è difficile non spiegarlo altro che con puro antisemitismo", ha concluso.
Molte delegazioni escono dall'aula in segno di protesta
Molte delle delegazioni presenti all'Assemblea generale hanno lasciato l'aula in segno di protesta quando è entrato il primo ministro israeliano. Il discorso di Netanyahu si è aperto con molti fischi e, successivamente, sono arrivati gli applausi delle persone che sono rimaste ad ascoltarlo.
La richiesta era stata avanzata da Hamas. E' ''il minimo che i leader possano fare per esprimere il loro rifiuto e la loro condanna rispetto al genocidio'' in corso a Gaza, aveva aggiunto Izzat al-Rishq, membro della leadership politica di Hamas. "E' accettabile che i leader mondiali ascoltino Hitler parlare all'Assemblea generale delle Nazioni Unite?", si è chiesto al-Rishq, dicendo che "Netanyahu è l'esecutore diretto del genocidio a Gaza, in corso da quasi un anno".