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Libri, ‘La cultura del noi’: storia di...

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Libri, ‘La cultura del noi’: storia di tradizione e cooperazione agricola

Letizia Magnani racconta Orogel, da oltre 50 anni nella produzione di verdure surgelate

Libri, 'La cultura del noi': storia di tradizione e cooperazione agricola

Una storia di tradizione e di cooperazione agricola. In libreria è da poco arrivato 'La cultura del noi. Dai campi a Fruttadoro e Orogel: storia di uomini e di donne, di territorio, di impresa, di cibo buono e di futuro', di Letizia Magnani, edito da Mondadori Electa. La presentazione del libro è in programma il 25 giugno a Milano, presso Rizzoli Galleria, dove l'autrice dialogherà con Massimo Borgnis.

Cooperazione, filiera, cultura del lavoro e futuro sono le parole chiave di questo libro, che racconta la storia di Orogel, gruppo italiano che oltre 50 anni è nella produzione di verdure surgelate e di uomini e donne che si uniscono per dare risposte a problemi concreti. Letizia Magnani è giornalista professionista, consigliera di disciplina in Emilia-Romagna, contributor di 'Grazia', 'Quotidiano Nazionale' e 'Salvagente'. Si occupa di esteri, politica, economia, cultura, salute e grande cronaca. È consulente di Mondadori Media.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

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Tele ‘dipinte’ da un pallone, le opere di Marco...

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'Palla al centro' la personale dell'artista che non usa il pennello ma una palla per realizzare i suoi quadri, fino al 15 settembre alla Galleria d’arte moderna e contemporanea 'Lorenzo Viani'

Tele 'dipinte' da un pallone, le opere di Marco Adamo a Viareggio

Se nel gioco del calcio l’obiettivo è quello di mandare la palla in porta, nell’arte di Marco Adamo l’obiettivo è quello di mandare la palla sulle tele. Sporca di colore, però, non di fango. Il messaggio - lo dice lui stesso - è chiaro: ogni pallonata è un tentativo per abbattere l’odio, la corruzione e la violenza, è una partita giocata per colorare un mondo diverso, un mondo migliore. Per fare questo, Marco Adamo sceglie il pallone, non un pennello, lo usa con i piedi, non con le mani. Tira calci e incontra tele, non reti. E sulle tele lascia le impronte. Le opere dell'artista esposte, fino al 15 settembre, in una mostra personale dal titolo 'Palla al centro', al Museo Galleria d’arte moderna e contemporanea (Gamc) 'Lorenzo Viani' di Viareggio.

L'esposizione presso il Gamc, in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura di Viareggio, raccoglie le opere dell'action painter del pallone Marco Adamo che, a forza di pentagoni ed esagoni stampati sulla superficie, gli stessi che disegnano la caratteristica palla da calcio, crea un tessuto di stencil che disegnano astratti di colore o forme 'impressioniste' che si intravedono a colpo d’occhio. Come uno sciame di api che costruisce gli esagoni dell’alveare, Marco Adamo cuce e tinge insieme. Il pallone è il coautore di un’arte che, tiro dopo tiro, forma un concetto chiaro e inconfondibile. Si diverte e scarica la tensione, facendo esplodere l’energia espressiva con il suo fedele compagno-palla, esecutore di traiettorie ben studiate. Le pallonate di colore si sovrappongono e si sostituiscono alla pennellata con un simbolico 'io c’ero' che ricorda le pitture rupestri con stencil e impronte di mani di uomini primitivi.

Dalla 'manata' alla pallonata il passo è breve. L'artista, classe 1990, nato a Gallipoli, vive e lavora a Roma, approda dunque su un campo di calcio immaginario e scende a giocare la partita di un cambiamento, prendendo a calci l’odio e il razzismo che non gli piacciono e sostituendoli con la policromia dei suoi elaborati. La metafora non lascia dubbi e lo sport calcistico, il più comune e il più seguito del pianeta, offre le sue 'porte' dentro le quali tirare pallonate di significati e dipingere le reti di creatività e di colori 'schiaccianti'. Inizio del gioco…palla al centro! Inoltre una scultura monumentale di circa tre metri a forma di cuore e costituita da 42 palloni colorati eseguiti in bronzo sarà collocata, per tutta la durata della mostra estiva nella parte terminale dello spiazzo del molo di Viareggio.

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Benjamin Labatut: ‘Nuovo romanzo sarà sulla logica...

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Lo scrittore cileno ha ricevuto il Premio Hemingway

Benjamin Labatut: 'Nuovo romanzo sarà sulla logica moderna'

"Sto lavorando su un nuovo libro: tutto ciò che posso dire è che è fondamentalmente sulla logica moderna. Voglio indagare le grandi trasformazioni legate allo sviluppo della logica, che magari sono passate inosservate". Lo ha annunciato lo scrittore cileno Benjamin Labatut a Lignano Sabbiadoro (Udine), ricevendo la quarantesima edizione del Premio Hemingway per la sezione Letteratura. "La logica moderna ha trasformato il mondo, ma le cose molto profonde vengono completamente non notate", ha aggiunto Labatut, diventato autore di culto con "Quando abbiamo smesso di capire il mondo" (Adelphi, 2021) e "Maniac" (Adelphi, 2023), romanzi capaci di trascinare il letto­re nei labirinti della scienza, lasciandogli intravedere l'oscurità che la nutre.

"Non mi sono mai posto l'obiettivo di unire scienza e letteratura - ha chiarito Labatut conversando con l'Adnkronos - Sono stato sempre affascinato dai limiti del pensiero e sono arrivato alla scienza cercando i suoi limiti. La scienza è davvero una delle uniche cose che ci porta in contatto con ciò che è non conosciuto del mondo, ciò che è oscuro e ciò che è ancora meraviglioso. Sono, quindi, arrivato alla scienza dal punto di vista penso più vicino al mistero e per questo i miei libri hanno un sapore strano. Secondo me la scienza è una vera e propria fonte di misteri assai profondi e al giorno d'oggi la scienza è una delle cose che ci riporta in contatto con l'inconoscibile, l'oscurità e la meraviglia del mondo".

Autore pluripremiato a soli 44 anni, con una serie di riconoscimenti recenti anche nel nostro Paese, Labatut ha osservato: "Le poche cose sulle quali sono pienamente felice sono l'accoglienza che ricevono i miei libri in Italia. E io accetto tutti gli inviti pur di arrivare in Italia, perché qui c'è semplicemente troppa bellezza. Provo una felicità spudorata per l'accoglienza meravigliosa che i miei libri hanno avuto in Italia".

Quanto ai premi letterari, ha spiegato Benjamin Labatut, "in genere mi fanno schifo, non mi piacciano troppo, ma nel caso del Premio Hemingway ho guardato la lista dei vincitori e mi sento orgoglioso di essere parte di un gruppo che comprende autori che ammiro".

"I premi letterari, però, non possono essere la misura per uno scrittore - ha avvertito il romanziere cileno che ha vinto l'English Pen Award, il Premio Galileo, il Premio Malaparte ed è stato selezionato per l'International Booker Prize - Uno scrittore si allena sempre a fare qualcosa che ha un valore per sé e che non ha bisogno di lettori, successo o applausi. Quindi, se ottieni un tipo di riconoscimento, lo prendi sapendo che è solo una fase, è un momento. E anche quando le persone non ti leggono, devi continuare a scrivere. Io ho un doppio atteggiamento nei confronti dei premi: da un lato, ovviamente, mi rendono felice, dall'altro mi provocano anche vergogna. Ad esempio mi vengono in mente le parole di Roberto Bolano che ha sempre detto: 'affinché la tua opera si possa chiamare un'opera d'arte deve passare inosservata'. Questo è il requisito di base".

Benjamin Labatut ha poi definito "strana la categoria della letteratura contemporanea", spiegando: "La maggior parte degli scrittori che mi piacciono sono morti, ma questo è solo perché alla letteratura serve il tempo. Il tempo è un buon giudice della qualità e di solito gli autori devono essere morti per essere pienamente apprezzati". Infine una battuta sull'intelligenza artificiale e sull'impatto che sempre più avrà sull nostre vite reali: "Nessuno sa quali saranno le conseguenze ma l'inconoscibile tocca tutti noi. Sono in corso progressi a ritmo vertiginoso che potrebbero rendere la vita non più vivibile. Ci sono anche delle questioni per le quali l'intelligenza artificiale è perfetta. Ci sono alcuni tipi di invenzioni che cambiano tutto e l'intelligenza artificiale è una di quelle destinate probabilmente a cambiare tutto".

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Voltolini: ‘Spero in sei ex aequo al Premio...

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L'autore di 'Invernale' (La Nave di Teseo) prende in prestito anche una battuta del celebre allenatore Nereo Rocco: 'Vinca il migliore? Speriamo di no!'

Voltolini: 'Spero in sei ex aequo al Premio Strega'

Partecipare alla serata finale del premio Strega con un sogno nel cassetto tanto irrealizzabile quanto dirompente. Ovvero che, arrivati al rush finale - quando lo spoglio delle schede scandisce i momenti salienti del rito che anno dopo anno si consuma al Ninfeo di Villa Giulia, a Roma - emerga un verdetto inedito. Nessun vincitore assoluto, tutti premiati. E' l'auspicio, venato forse da una buona dose di divertita immaginazione, che esprime Dario Voltolini in gara con il suo 'Invernale', pubblicato da La Nave di Teseo e presentato da Sandro Veronesi. "Spererei in sei ex aequo", dice infatti lo scrittore all'AdnKronos. Un risultato "che sarebbe formidabile anche dal punto di vista della comunicazione, farebbe molta notizia”, osserva Voltolini che prende anche in prestito, sorridendo, una battuta fulminante di Nereo Rocco. "'Vinca il migliore? Speriamo di no!'. Il grande allenatore sapeva che la sua squadra era la più debole e per questo sperava che non vincesse la formazione più titolata”, ricorda Voltolini alludendo, chissà, a quello che potrebbe succedere durante la serata del 4 luglio.

Fuor di metafora per Voltolini il fatto di essere entrato in sestina è già una vittoria. "Non aspetto il risultato per dire che è stata un'esperienza positiva e che sono felice di avervi partecipato". Che cosa si aspetta? "Personalmente non mi aspetto nulla”, ammette Voltolini. In ogni caso, rimarca, gli autori che formano la sestina e che hanno presentato i loro libri in giro per l'Italia formano "un gruppo molto amichevole, ci divertiamo molto. Mi aspetto che, qualunque sia il risultato, continui così fra noi sei. A me piacerebbe che si riuscisse a mettere in luce e a mandare avanti un'idea condivisa di letteratura. Credo che siamo in un buon momento per le nostre lettere”.

Voltolini si sofferma ora a raccontare gli elementi essenziali del suo libro che può essere considerato come “una specie di celebrazione di mio padre. Descrivo i suoi ultimi anni di vita. La sua malattia e la sua morte sono avvenuti 40 anni fa. Avrei potuto scrivere questo libro in qualunque altro momento, ma l'ho scritto ora come se fosse una specie di omaggio. Per me questa storia è un po' come se fosse il mio esame di maturità di scrittore. Spero che sia andato bene, ma questo non tocca a me dirlo", sostiene Voltolini.

"Mio padre – racconta ancora - era un macellaio di carne ovina, polli e conigli, quindi bestie piccole. Aveva uno stand nel grande mercato di Porta Palazzo a Torino. Io ogni tanto andavo da lui, un po' ho anche lavorato lì. Quello che descrivo è in presa diretta, è il mio ricordo. Da bambino ero affascinato dal rutilare di lame, dai gesti, dalla velocità. Il sabato era un giorno in cui c'era tanta ressa” ricorda Voltolini.

“Ho voluto raccontare – spiega - una storia specifica senza pretendere che abbia dei valori universali. E' la testimonianza di un rapporto con una persona poco espansiva dal punto di vista della parola. Non ci siamo parlati tanto neanche della malattia che gli stava capitando. Però è come se avessimo avuto un legame saldo e indistruttibile anche a prescindere dalla parola". Insomma, è la storia "di due persone solidali anche nel silenzio".

Un racconto privato, certo. Un frammento di vita personale che, tuttavia, ha toccato le corde di molti lettori che si rispecchiano nelle vicende narrate da Voltolini. "Molte persone mi hanno detto: 'Hai raccontato una storia tua che è anche un po' la mia. E' capitata anche a me. Questa – osserva - è una delle soddisfazioni impagabili di questo mestiere. Narrare un fatto molto personale e privato nel quale si ritrovano tanti altri. E' il mistero della letteratura”, conclude.

(di Carlo Roma)

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