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Assange, dai ‘War Diary’ al rilascio: le tappe del caso

Era stato arrestato il 12 luglio del 2019 dopo essersi nascosto nell'ambasciata ecuadoriana a Londra dal 2012. Ecco una cronologia delle principali tappe della vicenda

Manifestazione per Julian Assange - (Fotogramam)

Julian Assange, cofondatore di WikiLeaks, è stato rilasciato dal carcere di Belmarsh a Londra dove era detenuto da cinque anni. Era stato arrestato il 12 luglio del 2019 dopo essersi nascosto nell'ambasciata ecuadoriana a Londra dal 2012. Ecco una cronologia delle principali tappe della vicenda:

Luglio 2010: WikiLeaks pubblica il suo Afghanistan War Diary, una raccolta di circa 90.000 documenti del governo Usa, principalmente top secret, relativi all'impegno militare delle forze alleate in Afghanistan;

Agosto 2010: i pubblici ministeri svedesi emanano un mandato di arresto europeo per Assange per le accuse di stupro, molestie sessuali e di ''coercizione illegittima'' che coinvolgono due donne svedesi. Assange nega le accuse;

Ottobre 2010: WikiLeaks pubblica altri 400.000 documenti classificati, questa volta inerenti la guerra in Iraq;

Dicembre 2010: Assange si arrende alla polizia britannica. E' posto in custodia, ma rilasciato su cauzione dopo che i suoi sostenitori pagano 200.000 sterline (circa 235.000 euro) in contanti e garantiscono una serie di misure cautelative come l'obbligo della firma ed il braccialetto elettronico. Inizia la battaglia legale per la sua estradizione in Svezia;

Febbraio 2011: la Belmarsh Magistrates Court di Londra stabilisce che Assange dovrebbe essere estradato in Svezia. Assange giura di appellarsi alla decisione perché teme l'estradizione negli Stati Uniti.

Maggio 2012: la Corte Suprema stabilisce che Assange deve essere estradato in Svezia;

Giugno 2012: Assange si rifugia nell'ambasciata ecuadoriana a Londra, dove chiede asilo politico. Le autorità britanniche minacciano di arrestarlo se lascia la sede diplomatica. L'Ecuador accetta di valutare la sua richiesta di asilo;

Agosto 2012: il governo del socialista Rafael Correa concede asilo a Assange, scatenando una battaglia diplomatica con la Gran Bretagna, che minaccia di entrare nell'ambasciata per arrestarlo;

Agosto 2015: i procuratori svedesi annunciano che tre delle quattro accuse rivolte a Julian Assange sono andate in prescrizione. Rimane in piedi l'accusa per un sospetto stupro nel 2010, per la quale Assange potrà essere incriminato fino al 2020;

Febbraio 2016: un gruppo delle Nazioni Unite stabilisce che la Gran Bretagna e la Svezia hanno assoggettato Assange a una "detenzione arbitraria" e che dovrebbe essere rilasciato. I due Paesi respingono la sentenza definendola non vincolante;

14 novembre 2016: la procura svedese interroga per la prima volta a Londra il fondatore di WikiLeaks sui fatti dell'agosto 2010 al centro dell'inchiesta.

Gennaio 2017: Assange afferma che potrebbe consegnarsi agli Usa in cambio della libertà per Chelsea Manning, la militare transgender informatrice di Wikileaks, ma dopo la concessione della grazia, avvenuta per commutazione, non si è consegnato;

19 maggio 2017: i pubblici ministeri svedesi archiviano l'inchiesta per stupro, facendo così decadere il mandato di arresto europeo. Assange accoglie la decisione e giura di combattere contro la "terribile ingiustizia" nei suoi confronti. Il ministro degli esteri dell'Ecuador esorta la Gran Bretagna a dare ad Assange un passaggio sicuro;

24 maggio 2017: Lenin Moreno diventa presidente dell'Ecuador dopo aver vinto un ballottaggio fortemente contestato e dichiara che Assange può rimanere all'ambasciata. Il principale avversario di Moreno, il conservatore Guillermo Lasso, aveva dichiarato durante la campagna che, se fosse stato eletto, avrebbe chiesto ad Assange di lasciare la sede diplomatica. Il giorno seguente, Moreno avverte Assange di non intromettersi nella politica interna dell'Ecuador e lo definisce un "hacker";

12 dicembre 2017: l'Ecuador concede la cittadinanza ad Assange.

11 gennaio 2018: la Gran Bretagna afferma di aver respinto una richiesta di Quito di concedere lo status diplomatico ad Assange, che gli avrebbe permesso di lasciare l'ambasciata senza essere arrestato;

24 gennaio 2018: Moreno rende chiaro che Assange non è più il benvenuto, dicendo che è un ''problema ereditato'' e un ''sasso nella scarpa'';

6 febbraio 2018: un tribunale britannico stabilisce che il mandato di arresto per Assange per la violazione dei termini della libertà condizionale rimane valido;

28 marzo 2018: l'Ecuador rende noto di aver sospeso l'accesso a Internet di Assange e di avergli vietato di ricevere visite perché i suoi messaggi sui social media stanno mettendo "a rischio le buone relazioni" con la Gran Bretagna, l'Unione Europea e altre nazioni. La mossa arriva dopo che Assange ha criticato l'arresto dell'ex leader catalano Carles Puigdemont su Twitter e si è chiesto se Mosca fosse responsabile dell'avvelenamento con un'agente nervino di un'ex spia russa a Salisbury.

ottobre 2018: l'Ecuador impone una nuova serie di regole ad Assange, dicendo che deve pulire il suo bagno, badare al suo gatto James e pagare per la propria elettricità e connessione internet. Il 29 un giudice ecuadoriano respinge la denuncia di Assange secondo cui le nuove regole sono una violazione dei suoi diritti;

15 novembre 2018: negli Stati Uniti emergono rapporti secondo cui il Dipartimento della Giustizia statunitense si sta preparando a perseguire legalmente il fondatore di Wikileak per crimini non specificati.

23 gennaio 2019: gli avvocati di Assange chiedono alla Commissione interamericana dei diritti umani (Iahcr) di fare un "intervento urgente", sollecitando l'amministrazione Trump a rivelare le accuse "segretamente presentate" contro il giornalista e chiedendo all'Ecuador la protezione per la potenziale estradizione negli Stati Uniti.

15 marzo 2019: l'Iahcr respinge la denuncia di Assange.

2 aprile 2019: Moreno accusa Assange di aver ripetutamente violato le condizioni del suo asilo e, implicitamente, di essere coinvolto nella sottrazione e diffusione sui social media di diverse sue foto private e personali, dove sono ritratti membri della sua famiglia e stanze della sua casa.

11 aprile 2019: Assange viene arrestato nell'ambasciata ecuadoriana dopo che l'ambasciatore ecuadoriano "ha invitato la polizia britannica" all'interno.

1 maggio 2019: Il giudice Deborah Taylor incarcera Assange per 50 settimane per aver violato la sua cauzione chiedendo asilo presso l'ambasciata presso la Southwark Crown Court. Durante l'udienza viene consegnata una lettera al giudice in cui Assange si scusa "senza riserve" con chiunque ritenga di "aver mancato di rispetto" per il modo in cui ha "perseguito" il suo caso.

11 giugno 2019. Il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti chiede formalmente alla Gran Bretagna di estradare Assange negli Stati Uniti per affrontare le accuse di aver cospirato per hackerare computer governativi e violato una legge sullo spionaggio.

19 novembre 2019. I procuratori svedesi abbandonano completamente il caso sull'accusa di stupro, adducendo la mancanza di prove e il fatto che è trascorso troppo tempo dai presunti reati.

12 aprile 2020. Si scopre che Assange ha segretamente avuto due figli mentre viveva nell'ambasciata ecuadoriana. La sua compagna Stella Moris ne chiede la liberazione, tra i timori per la sua salute.

24 giugno 2020. Il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti emette un atto d'accusa aggiornato con 18 capi d'accusa sul presunto ruolo di Assange in "uno dei più grandi compromessi di informazioni riservate nella storia degli Stati Uniti".

4 gennaio 2021. Un giudice britannico stabilisce che Assange non dovrebbe essere estradato negli Stati Uniti per affrontare accuse penali a causa del timore che possa togliersi la vita in prigione. Il governo degli Stati Uniti ha deciso che farà appello contro la decisione, aggiungendo che potrebbe scontare la pena in prigione in Australia.

10 dicembre 2021. Il governo degli Stati Uniti vince la richiesta dell'Alta Corte di ribaltare la decisione del giudice di non estradare Assange.

23 marzo 2022. Assange sposa la sua fidanzata Stella nella prigione di Belmarsh. Lei indossa un abito disegnato da Vivienne Westwood.

17 giugno 2022. Il governo britannico approva l'estradizione di Assange negli Stati Uniti, dove dovrà affrontare l'accusa di spionaggio. L'allora ministro degli Interni Priti Patel firma l'ordine di estradizione per il fondatore di WikiLeaks. Gli vengono concessi 14 giorni per impugnare la decisione.

Giugno 2023. Il giudice dell'Alta Corte di Londra stabilisce che Assange non ha motivi legali per ricorrere in appello.

20 febbraio 2024. Assange lancia quello che secondo i suoi sostenitori sarà il suo ultimo tentativo di impedire l’estradizione.

26 marzo 2024. L'estradizione viene sospesa quando la corte afferma che gli Stati Uniti devono fornire garanzie che Assange non affronterà una potenziale pena di morte.

10 aprile 2024. Il presidente americano Joe Biden afferma che gli Stati Uniti stanno "considerando" di abbandonare il processo contro Assange su richiesta dell'Australia. Il primo ministro australiano Anthony Albanese ha sostenuto una mozione che chiede il ritorno di Assange nel suo paese natale.

20 maggio 2024. L'Alta Corte concede ad Assange il permesso di presentare un ricorso completo contro la sua estradizione sulla base del fatto che, in quanto cittadino straniero sotto processo, potrebbe non essere in grado di fare affidamento sul diritto alla libertà di parola previsto dal Primo Emendamento.

24 giugno 2024. Il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti e Assange rivelano un accordo in cui si dichiarerà colpevole di un reato e sarà condannato a scontare una pena.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Lavoro

Previdenza, Forum Enpaia 2024 su Economia e società scenari...

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Martedì 24 settembre dalle ore 10 a Roma

Previdenza, Forum Enpaia 2024 su Economia e società scenari e prospettive

Lavoro, capitale umano e intelligenza artificiale, ma anche agroalimentare e sostenibilità saranno i temi al centro del Forum Enpaia 2024 su 'Economia e società. Scenari e prospettive', promosso dalla Fondazione Enpaia, l’Ente nazionale di previdenza per gli addetti e per gli impiegati in agricoltura e giunto alla quinta edizione, che si terrà martedì 24 settembre dalle ore 10, a Roma, presso Villa Aurelia, con la partecipazione del Premio Nobel per l'Economia, Christopher Pissarides e del Rettore dell’Università Luiss, Paolo Boccardelli.

Introdurrà i lavori Giorgio Piazza, Presidente della Fondazione Enpaia, e a seguire ci saranno gli interventi di Andrea Bonabello, Amministratore Delegato Ulixes Capital Partners; Gianpiero Calzolari, Presidente Gruppo Granarolo; Massimiliano Giansanti, Presidente Confagricoltura; Mario Lubetkin, Vice Direttore Generale FAO; Enrica Mammucari, Segretaria Generale Uila-Uil; Gianmatteo Manghi, Amministratore Delegato Cisco Italia; Alberto Oliveti, Presidente Adepp; Ettore Prandini, Presidente Coldiretti; Walter Renna, Amministratore Delegato Fastweb; Onofrio Rota, Segretario Generale Fai-Cisl; Patrizia Sandretto Re Rebaudengo, Presidente Fondazione Sandretto Re Rebaudengo; Agostino Scornajenchi, Amministratore Delegato CDP Venture Capital e Maria Tripodi, Sottosegretario Ministero Affari Esteri e Cooperazione internazionale.

Sarà possibile seguire la diretta dei lavori del Forum sul canale Youtube della Fondazione Enpaia: https://www.youtube.com/@fondazione-enpaia.

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Cronaca

Processo Open Arms, naufrago chiede risarcimento di 50mila...

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Il legale del migrante: "La condotta dell'imputato ha aggravato i danni già subiti in Libia da Musa, che aveva 15 anni"

Matteo Salvini

Un naufrago chiede 50mila euro di risarcimento a Matteo Salvini nel processo Open Arms. La somma è stata chiesta nell'udienza di oggi del processo a carico del leader della Lega, imputato per sequestro di persona e rifiuto di atti d'ufficio, dall'avvocata Serena Romano, legale di parte civile di Musa, uno dei naufraghi soccorsi dalla Open Arms nell'agosto del 2019.

"La condotta dell'imputato ha aggravato i danni già subiti in Libia da Musa, che aveva 15 anni, per le sofferenze fisiche ed emotive e per l'ingiustificato prolungamento della permanenza in mare, per il timore di essere riportato in Libia, per la violazione di tutti i diritti riconosciuti dalla nostra carta costituzionale che tutelano l'infanzia, che andava tutelata", ha detto Romano.

La nave della ong spagnola Open Arms "ha salvato decine di migliaia di persone" e nell'agosto 2019 , quando il ministro dell'interno di allora Matteo Salvini impedì lo sbarco di 147 persone a bordo della imbarcazione, "la ong si è trovata non solo a non avere il supporto che avrebbe dovuto avere e che è previsto dalla convenzione Sar da parte dello Stato rivierasco, ma si è trovata di fronte a questo muro", ha detto ha detto l'avvocato Arturo Salerni, legale di parte civile della ong spagnola Open Arms.

"E' evidente il danno che si è creato all'armatore umanitario Open Arms, il danno prodotto al suo equipaggio alla sua funzionalità, alle attività che perseguono con un fine esclusivamente umanitario che tanti frutti ha dato", ha aggiunto.

"L'udienza di oggi del processo Open Arms a Palermo conferma la totale insussistenza delle tesi dell’accusa, che pure ha chiesto 6 anni per Matteo Salvini perché ha difeso i confini: nell'indifferenza clamorosa degli immigrati presunti sequestrati, sarà interessante verificare quanti finanziamenti pubblici hanno incassato le realtà, a partire da Legambiente e Arci, che hanno speso soldi e tempo per partecipare a questo teatrino. Verificheremo con grande attenzione. E ancora: quanto sta costando ai contribuenti questo processo, voluto dalla sinistra contro Salvini?", la posizione espressa dalla Lega in una nota.

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Esteri

Cercapersone e walkie talkie esplosi, Libano nel panico: la...

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Civili sono terrorizzati dal fatto che dispositivi di uso quotidiano possano esplodere in qualsiasi momento

Militari libanesi - (Afp)

Una psicosi collettiva sta dilagando in Libano dopo le due ondate di attacchi contro Hezbollah con walkie talkie e cercapersone esplosivi che hanno causato decine di morti e migliaia di feriti. L'operazione non rivendicata, ma che in molti hanno attribuito al Mossad, ha anche provocato danni gravissimi agli occhi di molti sopravvissuti, tra cui l'ambasciatore iraniano a Beirut, Mojtaba Amani. Gli ospedali sono saturi e il Paese - già da tempo alle prese con una devastante crisi economica e politica - è in preda al panico.

I civili sono terrorizzati dal fatto che dispositivi di uso quotidiano possano esplodere in qualsiasi momento. E le voci girano ormai senza alcun freno causando ancora più caos. "Si dice che potrebbero esplodere i pannelli solari, le batterie, i frigoriferi, qualsiasi cosa", ha scritto il giornalista Hassan Harfoush sul Daily Mail. "Ho persino detto ai miei genitori di prendere un estintore, nel caso in cui qualcosa esplodesse in casa", ha aggiunto Harfoush che ha descritto le scene dell'orrore - con corpi e volti dilaniati - a cui si è assistito negli ultimi giorni.

I libanesi, scrive la stampa locale, hanno iniziato ad adottare misure drastiche per proteggersi, spegnendo i cellulari, gettando via i dispositivi elettronici e strappando le batterie dai walkie-talkie per il timore che possano essere stati manomessi con esplosivi. In alcuni casi, le persone hanno staccato gli elettrodomestici, persino spento i router wi-fi. Intanto una fonte dell'intelligence statunitense ha rivelato ad Abc News che l'operazione per fabbricare i device esplosi era stata pianificata da almeno 15 anni, coinvolgendo società fittizie.

Una delle principali conseguenze a lungo termine di quanto accaduto sarà che Hezbollah "ora dovrà condurre una caccia alle streghe all'interno dell'organizzazione", ha commentato a Sky News il ricercatore su terrorismo e politica mediorientale, Magnus Norell, evidenziando come la "vittoria tattica per Israele" sia stata "l'interruzione dei sistemi di comunicazione di Hezbollah in un colpo solo".

Ma i nervi dei libanesi sono messi a dura prova anche dal rischio concreto che le esplosioni dei walkie talkie e dei cercapersone siano, come molti osservatori sostengono, il preludio a un'operazione militare su larga scala dello Stato ebraico contro Hezbollah. Il ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant, ha parlato di una "nuova fase" della guerra, il cui baricentro si sposterà inevitabilmente da Gaza verso il confine nord con il Libano. Il segretario generale di Hezbollah, Hassan Nasrallah, nel suo atteso intervento ieri ha definito l'operazione di Israele "un'operazione di guerra".

La tensione è altissima. Aerei militari israeliani hanno sorvolato Beirut, a bassa quota e a velocità superiori di quella del suono, mentre Nasrallah teneva il suo discorso. Negli stessi minuti Hezbollah ha colpito almeno quattro nel nord dello Stato ebraico. Nella notte, poi, c'è stato uno dei più intensi attacchi israeliani nel sud del Libano dal 7 ottobre. L'agenzia libanese Nna sostiene che siano stati condotti 52 raid e le Idf hanno comunicato di aver colpito 100 lanciatori di razzi.

Il punto sulla crisi

L'escalation sembra davvero un passo, ma nella comunità internazionale si ritiene ci sia ancora una finestra di opportunità per risolvere la crisi pacificamente. "Abbiamo parlato a lungo di ciò che accade in Medio Oriente, con grande preoccupazione, ma anche convinti che ci possa ancora essere lo spazio per iniziative diplomatiche'', ha dichiarato ieri sera a Parigi il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, al termine della riunione del formato Quint - con i rappresentanti di Usa, Germania, Francia e Gb - incentrata sulla crisi in Medio Oriente. "Una strada diplomatica esiste", ha confermato il presidente francese, Emmanuel Macron, rivolgendosi ai libanesi e sottolineando che "la guerra non è inevitabile".

Mosca, invece, ha messo in guardia dagli "effetti catastrofici" dell'attacco che ha falcidiato Hezbollah, dicendosi "profondamente preoccupata dai pericolosi sviluppi" in Libano. "Siamo convinti che l'avvio di una operazione militare su vasta scala in Libano avrebbe le conseguenze più distruttive per la sicurezza dell'intero Medio Oriente. E' necessario evitare tale scenario catastrofico", ha affermato la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova.

Dall'Iran - che non dimentica anche l'uccisione a luglio del leader politico di Hamas, Ismail Haniyeh - è arrivata invece l'ennesima minaccia di rappresaglia contro Israele, stavolta attraverso il potente capo dei Guardiani della Rivoluzione. Israele riceverà una "risposta terribile" per i suoi attacchi contro Hezbollah, ha tuonato Hossein Salami, denunciando "il crimine atroce commesso dal regime sionista a causa della sua disperazione e dei suoi fallimenti".

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