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Allarme droga tra i giovani, cresce il consumo

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L’adolescenza è un periodo di scoperte, sfide e, purtroppo, per un numero crescente di giovani italiani, anche di rischio. Il consumo di droghe tra i ragazzi è in aumento, come conferma l’ultima Relazione annuale al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze in Italia 2024. Un quadro preoccupante che, in occasione della Giornata mondiale contro l’abuso di droga che ricorre il 26 giugno, richiede una riflessione profonda e un intervento deciso.

Un fenomeno in crescita

I dati sono chiari: quasi un milione di giovani tra i 15 e i 19 anni, pari al 39% della popolazione studentesca, ha fatto uso di una sostanza psicoattiva illegale almeno una volta nella vita, con oltre 680.000 (28%) che hanno consumato droghe nell’ultimo anno. Il consumo di droghe è più prevalente tra i ragazzi (30%) rispetto alle ragazze (25%). Questa tendenza evidenzia un ritorno ai valori osservati nel 2019, dopo un calo durante il periodo pandemico.

Ad eccezione della cannabis, che ha visto una flessione nella prevalenza dei consumi rispetto al 2022, l’uso di altre droghe è in aumento. Tra i dati più preoccupanti, emerge l’incremento dell’uso di cocaina, stimolanti, allucinogeni e nuove sostanze psicoattive tra i giovani. La Relazione annuale al Parlamento rivela che il 40% della spesa per sostanze stupefacenti è attribuibile al consumo dei derivati della cannabis, mentre il 32% è legato all’uso di cocaina. Gli studenti tra i 15 e i 19 anni riportano un aumento del consumo di cocaina (dal 1,8% al 2,2%), stimolanti (dal 2,1% al 2,9%), allucinogeni (dal 1,6% al 2%) e nuove sostanze psicoattive (dal 5,8% al 6,4%).

E non è solo una questione di numeri: dietro ogni statistica c’è una storia, una vita che potrebbe essere radicalmente cambiata.

L’età del primo contatto

Un altro dato allarmante evidenziato dalla comunità di San Patrignano è l’età del primo contatto con gli stupefacenti, che si è abbassata significativamente. Oggi, il 40% dei nuovi arrivati in comunità ha iniziato a usare droghe prima dei 14 anni. Questo dato riflette una normalizzazione dell’uso di sostanze tra i giovani, influenzati da modelli di comportamento sempre più permissivi e da una società che spesso chiude un occhio.

La voce degli esperti

Gli esperti offrono prospettive cruciali e diversificate sul fenomeno dell’abuso di droghe tra i giovani, convergendo su un punto cruciale: la necessità di una strategia di prevenzione che sia educativa, informativa e che coinvolga tutti gli aspetti della vita dei giovani.

Boschini (San Patrignano): “La prevenzione deve iniziare dalle prime sostanze”

“La prevenzione va fatta su quelle che sono le prime sostanze con cui si entra in contatto; se la prevenzione partisse dal primo gradino, la cannabis, poi l’avrei anche sui gradini successivi, sulle sostanze successive”, afferma Antonio Boschini, responsabile terapeutico della comunità di San Patrignano, commentando la Relazione annuale al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze in Italia 2024. Boschini sottolinea l’importanza di iniziare la prevenzione già negli ultimi anni delle scuole medie e nei primi anni delle superiori, affrontando il problema con intelligenza e senza allarmismi, per evitare una prevenzione ambigua che si limiti a dire che “la droga fa male”.

Secondo Boschini, è fondamentale far comprendere ai giovani il valore dell’uso del cervello senza inquinarlo con le droghe: “Non avete idea di quanto sia bello usare il cervello senza inquinarlo. Questo dovrebbe essere il messaggio da far comprendere ai giovani. Come si combatte l’inquinamento dell’aria, allo stesso modo dobbiamo combattere l’inquinamento del cervello dalle droghe, ed è quello che cerchiamo di fare noi a San Patrignano”.

Boschini evidenzia che i dati della relazione annuale mostrano il consumo cumulativo delle sostanze, non solo di chi ne è dipendente ma anche di chi si trova nella fase precedente alla dipendenza. Particolare attenzione è data alla cannabis, la prima sostanza utilizzata e considerata la porta d’ingresso nel mondo delle droghe. Con l’aumento della concentrazione dei principi attivi, la cannabis moderna presenta maggiori rischi di dipendenza e danni cerebrali. “In tantissimi che entrano a San Patrignano ci dicono che hanno iniziato con la cannabis. Nella nostra casistica, la dipendenza da cannabis è relativa all’8% delle persone che entrano in comunità: affermano che la sostanza da cui avevano maggiore dipendenza era appunto la cannabis, e non è poco”.

La relazione evidenzia anche la dipendenza da crack e cocaina, che rispecchia la realtà osservata a San Patrignano: “Il 90% delle persone che entrano a San Patrignano hanno problemi o con il crack o con la cocaina o, addirittura, con entrambe, un dato in crescita da qualche anno a questa parte”. Per quanto riguarda le nuove droghe psicoattive, Boschini spiega che, sebbene siano molto dannose, raramente causano dipendenza diretta. Tuttavia, il 50% delle persone che arrivano a San Patrignano confessano di aver fatto uso di queste sostanze come “ponte” tra la cannabis e le droghe che causano dipendenza come cocaina, eroina e crack.

DJ Aniceto: “Per la Generazione Z l’unico valore assoluto è il denaro”

DJ Aniceto, noto per il suo impegno contro l’abuso di droghe tra i giovani, commenta con preoccupazione la situazione attuale: “Da anni denuncio uno stato di malessere sociale e le cattive abitudini degli adolescenti e dei giovani, sempre più spesso ‘affogati’ nell’abuso di alcol, droghe e azioni violente. L’unico valore assoluto per i giovani oggi è il denaro facile, a tutti i costi”. Le sue parole, pronunciate in occasione della tragica vicenda del giovane ucciso con 25 coltellate a Pescara per un debito di droga di 200 euro, riflettono un quadro allarmante.

Testimonial della campagna ‘SeGuidiNonBere’, promossa dall’Associazione Familiari e Vittime della Strada (Afvs) ed ex membro della consulta nazionale per le politiche antidroga a Palazzo Chigi, Aniceto sottolinea come molti giovani vendano il proprio corpo sui social o si dedichino allo spaccio di droghe leggere, culturalmente più accettate, come mezzo rapido per guadagnare. “Molti di loro si drogano e, siccome tutte le droghe danneggiano in modo irreparabile la mente dei giovanissimi, si può arrivare a tragedie simili”, afferma.

Suor Monia Alfieri vs trapper e influencer

“Dati interessanti e preoccupanti quelli forniti dalla Relazione al parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze in Italia, perché forniscono dati certi sull’utilizzo di sostanze stupefacenti da parte dei giovani e, conseguentemente, preoccupanti per quanto ne emerge,” esordisce Suor Anna Monia Alfieri, Cavaliere al Merito della Repubblica ed esperta di politiche scolastiche, commentando il recente rapporto annuale.

“Chiaramente, gli interessi delle realtà criminali sul mercato della droga sono rilevanti e di ampia portata. Inoltre, l’impiego di tali sostanze non può essere sradicato se non vengono eliminate le cause che portano i giovani all’utilizzo di esse: noia, superficialità, desiderio di emulazione, solitudine,” sottolinea con enfasi. “Ritengo altresì che una grande responsabilità venga esercitata da tutti quei cantanti, rapper, influencer che fanno bella mostra di sé in preda agli effetti della cannabis o della cocaina, ingenerando nei giovani il desiderio dell’imitazione, agevolato dalla perdita della percezione della pericolosità di tale comportamento.”

Suor Anna Monia Alfieri continua con fermezza il suo discorso: “Ritorno a ripeterlo: occorre educare i giovani, occuparsi di loro, perdere tempo con loro, altrimenti saranno loro a perdere il loro tempo con l’abuso di alcool e droghe, colmando i loro vuoti esistenziali”.

La dimensione europea del problema

Il problema delle droghe non è confinato all’Italia. A livello europeo, l’Osservatorio europeo sulle droghe e le tossicodipendenze ha monitorato oltre 950 nuove sostanze psicoattive nel 2023, molte delle quali estremamente potenti e pericolose, con 26 di queste segnalate per la prima volta. Questo mercato diversificato offre prodotti di alta potenza e purezza, spesso in forme, miscele e combinazioni che comportano rischi insidiosi per la salute, poiché la composizione precisa di ciò che viene assunto rimane spesso sconosciuta, aumentando il pericolo di intossicazioni potenzialmente letali.

Gli esperti del Centro doping e dipendenze dell’Istituto superiore di sanità mettono in guardia contro i potenti oppiacei sintetici, la cui composizione non è nota ai consumatori e che talvolta vengono miscelati con medicinali e altre droghe. La relazione segnala anche fenomeni preoccupanti come l’ecstasy adulterata con catinoni sintetici e prodotti a base di cannabis adulterati con cannabinoidi sintetici, rappresentando una minaccia crescente.

A livello europeo, la cannabis rimane la sostanza più comunemente utilizzata. Tuttavia, emergono nuove preoccupazioni riguardo una gamma in crescita di prodotti a base di cannabis, inclusi quelli edibili e da svapo, spesso adulterati con cannabinoidi sintetici più potenti.

La relazione evidenzia anche dati cruciali sui decessi per intossicazione acuta da sostanze stupefacenti. Nel 2023, sono stati segnalati 227 casi, inferiore ai 298 dell’anno precedente, ma comunque indicativo di una realtà drammatica. Dal 1973, sono stati registrati complessivamente 26.976 decessi correlati alla droga, con un netto cambiamento nella distribuzione demografica: se negli anni Novanta la maggioranza dei decessi riguardava giovani, oggi il 58% coinvolge persone di 25-49 anni e il 36% persone di 50 anni o più. L’età media dei deceduti è aumentata progressivamente, passando da 38 a 43 anni, con significative variazioni regionali nel tasso di mortalità.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

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Maternità surrogata, ok della Commissione Giustizia del...

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La Commissione Giustizia del Senato ha approvato il disegno di legge promosso da Fratelli d’Italia che introduce il reato universale di maternità surrogata, segnando un importante passo avanti nella legislazione italiana su questo delicato tema. Il provvedimento, già approvato dalla Camera il 26 luglio 2023, è pronto per l’esame definitivo in Aula. La relatrice di FdI, Susanna Campione, è stata incaricata di presentare il ddl in Senato.

Contenuto e reazioni al ddl

Il disegno di legge propone la criminalizzazione universale della maternità surrogata, rendendo perseguibile chiunque, ovunque nel mondo, pratichi o utilizzi questa tecnica per ottenere un bambino. Il ddl è stato approvato senza modifiche nonostante il tentativo della Lega di inasprire ulteriormente le pene previste. L’emendamento del Carroccio, che mirava a introdurre pene fino a 10 anni di reclusione e multe fino a 2 milioni di euro, è stato bocciato con il voto contrario di Fratelli d’Italia, Forza Italia e delle opposizioni.

Il provvedimento è stato fortemente sostenuto da Giorgia Meloni e rappresenta una delle bandiere politiche di Fratelli d’Italia. Il capogruppo di FdI alla Camera, Tommaso Foti, ha dichiarato: “Con questo provvedimento diciamo basta al business esecrabile di commercializzazione del corpo femminile e di bambini. È una battaglia di civiltà e libertà.”

Opposizioni e critiche

Le opposizioni hanno espresso forti critiche verso il ddl, sottolineando l’inaccettabile rapidità con cui è stato portato avanti e denunciando l’assenza di una calendarizzazione del dibattito sul fine vita. Ilaria Cucchi, senatrice dell’Alleanza Verdi e Sinistra (Avs), ha dichiarato: “La maggioranza ha voluto approvare a tutti i costi il reato universale di maternità surrogata, una proposta di legge irragionevole, a rischio di incostituzionalità e inapplicabile.”

Secondo Cucchi, il provvedimento non solo ignora i diritti dei bambini nati da maternità surrogata ma evita anche un dibattito più ampio sui diritti delle coppie omogenitoriali e sulle adozioni per single e coppie omosessuali.

Maternità surrogata: una panoramica

La maternità surrogata è una tecnica di procreazione assistita in cui una donna porta avanti una gravidanza per conto di altre persone o coppie, chiamate genitori intenzionali. Esistono due principali tipi di maternità surrogata:

surrogazione tradizionale: la madre surrogata è fecondata con lo sperma del padre intenzionale e ha un legame genetico con il bambino.
surrogazione gestazionale: l’embrione, creato tramite fecondazione in vitro con gameti dei genitori intenzionali o di donatori, è impiantato nell’utero della surrogata, che non ha legami genetici con il bambino.

In Italia, la maternità surrogata è vietata dalla legge n. 40 del 19 febbraio 2004, che prevede pene fino a due anni di reclusione e multe fino a un milione di euro per chi pratica o utilizza la surrogazione. Nonostante il divieto, alcune coppie italiane ricorrono a questa tecnica all’estero, affrontando poi complesse questioni legali al momento del ritorno in patria.

Opinione pubblica e prospettive future

L’opinione pubblica italiana è divisa sulla questione. Secondo un’indagine dell’Eurispes, il 39,5% degli italiani è favorevole alla maternità surrogata, con un maggiore sostegno tra i giovani. Questo indica che il dibattito sulla surrogazione potrebbe evolvere ulteriormente in futuro, portando forse a una revisione delle leggi attuali.

Il disegno di legge sull’universalizzazione del reato di maternità surrogata rappresenta una significativa stretta normativa in un contesto già fortemente regolato. Il suo futuro ora dipende dall’esame e dall’approvazione del Senato, dove continueranno a confrontarsi visioni etiche, giuridiche e sociali profondamente diverse su questo complesso tema.

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Perché il bonus mamme non decolla?

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Immaginate di poter ricevere un bonus di tremila euro all’anno solo per essere madri lavoratrici. Sembra una manna dal cielo, vero? Si tratta del bonus mamme introdotto dal governo Meloni, non richiesto, però, dal 40% delle lavoratrici con due o tre figli. Un’opportunità sfuggita di mano o una misura mal comunicata? I dati dell’Inps relativi ai primi cinque mesi del 2024 offrono uno sguardo su questa vicenda, rivelando le ragioni dietro la mancata adesione di molte donne.

Un’opportunità non colta da molte

A fine maggio 2024, solo 484.730 lavoratrici avevano richiesto il bonus mamme, nonostante la platea delle aventi diritto fosse significativamente più ampia, contando 793 mila potenziali beneficiarie tra dipendenti pubbliche, private e lavoratrici agricole a tempo indeterminato. Le lavoratrici precarie, autonome e domestiche, tuttavia, sono escluse da questa misura, il che riduce ulteriormente la possibilità di raggiungere una parte consistente della forza lavoro femminile.

Una delle ragioni dietro il basso tasso di adesione potrebbe essere la confusione generata dalla gestione di due differenti bonus mamme. Il primo, destinato alle madri con tre o più figli, è valido fino al 2026, mentre il secondo, riservato a quelle con due figli, uno dei quali sotto i dieci anni, scade a fine 2024. Questa distinzione ha creato incertezza tra le lavoratrici, amplificata dall’obbligo di presentare una domanda formale al datore di lavoro, un passaggio che molte non avevano previsto.

Solo 142 euro al mese nelle tasche delle mamme

La scoperta che il bonus di tremila euro è lordo e corrisponde solo a circa 1.700 euro netti ha deluso molte lavoratrici. Questo importo, distribuito mensilmente, si traduce in un aumento di circa 142 euro al mese, un contributo significativo ma non rivoluzionario. Inoltre, per ottenere il massimo beneficio, è necessario avere una retribuzione annua lorda superiore a 27.500 euro; chi guadagna meno riceve proporzionalmente di meno. L’aumento effettivo della busta paga è ulteriormente influenzato dalla decontribuzione generale del 6-7% prevista per il 2024, il che significa che l’incremento potrebbe essere inferiore rispetto alle aspettative.

Il bonus erogato dall’Inps è accessibile anche a dirigenti e funzionarie, senza limiti di reddito. Tuttavia, molte lavoratrici con redditi superiori ai 35 mila euro hanno erroneamente pensato di non aver diritto all’agevolazione, a causa di informazioni fuorvianti. Inoltre, la scarsa pubblicità della misura ha contribuito alla limitata adesione, lasciando potenzialmente inutilizzati parte dei 450 milioni di euro stanziati per questo scopo.

Un’analisi delle categorie di lavoratrici rivela differenze significative nell’adesione al bonus. Solo il 37% delle lavoratrici agricole a tempo indeterminato ha fatto richiesta dell’agevolazione, mentre la percentuale tra le dipendenti pubbliche è del 56%. Nel settore privato, il 62% delle lavoratrici aventi diritto ha presentato domanda.

Un bonus con tante ombre

Il bonus mamme 2024, pur essendo stato concepito per sostenere le lavoratrici con figli, ha sollevato diverse critiche. Una delle principali riguarda l’esclusione delle lavoratrici domestiche, autonome, libere professioniste e quelle con contratti a termine. Inoltre, l’esonero contributivo può comportare la riduzione di altre misure di sostegno come l’assegno unico o un aumento dell’Irpef, che potrebbero annullare parzialmente i benefici del bonus. Le simulazioni mostrano che l’incremento effettivo dello stipendio netto potrebbe essere inferiore alle aspettative a causa di imposte aggiuntive.

L’implementazione del bonus ha incontrato ostacoli burocratici che hanno causato ritardi nell’erogazione. A gennaio 2024, molte lavoratrici non avevano ancora ricevuto il bonus nelle loro buste paga a causa della mancata pubblicazione tempestiva della circolare Inps necessaria per l’attuazione della misura. Questo ritardo ha ulteriormente complicato la situazione, generando insoddisfazione e confusione tra le beneficiarie.

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Mezzi pubblici e vestiti, le (discutibili) misure...

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Più di due terzi delle giovani donne italiane vivono con la paura costante di essere vittime di violenza o molestie. È quanto emerge da una ricerca inedita di Eumetra per Telefono Donna Italia, che getta luce su paure, percezioni e vissuti di oltre 800 giovani tra i 16 e i 25 anni.

La paura di subire violenza è una presenza costante nella vita delle giovani donne italiane, influenzando profondamente il loro comportamento quotidiano. Il dato impressionante del 66% delle giovani donne che teme di vivere episodi di violenza o molestie mette in luce una realtà allarmante. Questa paura non è solo teorica, ma si traduce in azioni concrete e strategie di auto-protezione. Più di sei ragazze su dieci adottano misure preventive come evitare i mezzi pubblici nelle ore serali e notturne, preferire abiti più coprenti e cercano la sicurezza di una telefonata mentre tornano a casa.

Paura e precauzioni quotidiane

Questi comportamenti rivelano un livello di allerta che condiziona fortemente la loro libertà e il loro stile di vita. Le giovani donne sentono il bisogno di navigare nella vita pubblica con una costante attenzione alla propria sicurezza, rinunciando spesso a libertà che i loro coetanei maschi danno per scontate. La paura di un’aggressione fisica rappresenta la preoccupazione più diffusa, ma anche altre forme di molestia influenzano significativamente le loro abitudini.

Le differenze di genere emergono chiaramente anche nella percezione delle cause di comportamenti violenti. Molti ragazzi ritengono che l’abbigliamento provocante o l’assunzione di alcol e droghe possano giustificare le molestie, una visione che le ragazze respingono fermamente. Queste ultime, infatti, sottolineano che nessun comportamento, stato di alterazione o scelta di abbigliamento può mai giustificare una violenza.

Questa disparità di percezione evidenzia la necessità di una maggiore educazione e sensibilizzazione sulle tematiche della violenza di genere, non solo per proteggere le giovani donne ma anche per rieducare i giovani uomini a una cultura del rispetto e della parità. I dati di Eumetra, dunque, non solo raccontano una realtà preoccupante, ma lanciano un appello urgente a tutta la società per un cambiamento profondo e strutturale.

“Questa ricerca, mai effettuata prima d’ora, – racconta Stefania Bartoccetti, fondatrice di Telefono Donna – rivela il grado di consapevolezza dei giovani nei confronti del rispetto delle donne ed è un atto dovuto per affrontare il tema della violenza in maniera preventiva”.

L’impatto di social e trap

Un aspetto cruciale emerso dall’indagine condotta da Eumetra riguarda l’influenza dei social media e della musica trap sull’immagine e sul trattamento delle donne nella società contemporanea. Secondo i risultati, quattro ragazze su dieci ritengono che i social media contribuiscano a dipingere una visione negativa delle donne, mentre oltre la metà delle intervistate crede che questi strumenti favoriscano comportamenti offensivi. Dall’altro lato, solo il 10% dei ragazzi attribuisce ai social media la responsabilità di creare una visione distorta delle donne.

Similmente, la musica trap è stata identificata come una fonte di contenuti che spesso trivializzano o riducono le donne a stereotipi sessualizzati. Secondo il 40% delle ragazze intervistate, i testi delle canzoni trap contribuiscono a diffondere un’immagine poco rispettosa delle donne. Questo dato contrasta con l’opinione di solo il 20% dei ragazzi, indicando una percezione differenziata tra i generi riguardo al modo in cui la musica influisce sulla percezione delle donne nella società.

La paura nelle relazioni

La paura di subire violenza o molestie non si limita ai contesti pubblici, ma permea anche le relazioni interpersonali delle giovani donne italiane. Secondo l’indagine, il 56% delle ragazze teme i partner gelosi come potenziali minacce. Questo timore è praticamente assente tra i ragazzi, evidenziando una disparità di percezione tra i sessi riguardo alle dinamiche di controllo e di violenza all’interno delle relazioni sentimentali.

Questa paura influisce profondamente sulle decisioni quotidiane delle giovani donne. Quasi tre ragazze su dieci hanno ammesso di aver fatto rinunce, come modificare il proprio abbigliamento o limitare la propria vita sociale, per accontentare il partner e prevenire comportamenti potenzialmente aggressivi. Queste scelte non sono solo una risposta alla minaccia percorsa, ma anche un riflesso della pressione psicologica e emotiva che molte ragazze vivono nelle loro relazioni.

La difficoltà della denuncia

L’indagine ha rivelato le complesse dinamiche che circondano la denuncia delle violenze subite dalle giovani donne italiane. Nonostante l’alto livello di consapevolezza riguardo ai rischi e alle paure legate alla violenza, molte giovani donne affrontano significativi ostacoli nel processo di denuncia.

Un primo ostacolo critico è rappresentato dalla reticenza delle vittime, che spesso preferiscono tacere per timore di ritorsioni. Questo atteggiamento riflette una profonda preoccupazione nel confrontarsi con un sistema giudiziario e sociale che potrebbe non offrire il supporto necessario. Come sottolineato da Renato Mannheimer, Advisory Board Consultant di Eumetra, “Mi ha molto colpito che, secondo le ragazze, il tema della violenza sulle donne è molto sottovalutato, soprattutto dagli uomini, dalla classe politica e dalla Chiesa”. Questa percezione può contribuire a un clima generale di sfiducia verso le istituzioni.

In aggiunta, la ricerca ha evidenziato come alcuni ragazzi intervistati ritengano che una donna sia in parte responsabile se rimane con un partner violento senza denunciarlo. Questa opinione riflette una mancanza di comprensione delle dinamiche complesse che spesso caratterizzano le relazioni abusive, come il controllo psicologico e le minacce di violenza futura.

Altro ostacolo significativo è la mancanza di supporto istituzionale e sociale efficace. Le giovani donne possono temere di non essere credute o di non ricevere il sostegno necessario dalle autorità competenti, il che può dissuaderle ulteriormente dalla denuncia.

Affrontare queste sfide richiede un impegno continuo da parte di istituzioni, organizzazioni e società civile per migliorare l’accesso alla giustizia e garantire un supporto completo alle vittime di violenza di genere. La sensibilizzazione e l’educazione sono essenziali per promuovere una cultura di rispetto e di protezione per tutte le donne che vivono esperienze di violenza.

Educazione sentimentale e sessuale

L’indagine esplora anche l’educazione affettiva e sessuale, rivelando un divario significativo tra ragazzi e ragazze. Secondo i dati raccolti, c’è una differenza marcata tra ragazze e ragazzi riguardo all’informazione e alla formazione emotiva e sessuale. Le ragazze emergono come più coinvolte e informate riguardo all’educazione affettiva. Per il 60% di loro, l’educazione affettiva si definisce come la capacità di relazionarsi con rispetto e di gestire i propri sentimenti. Queste informazioni sono spesso acquisite attraverso internet, ma anche tramite l’influenza di insegnanti e genitori, soprattutto nelle fasce di età più giovani, come dimostrato dai dati relativi alle giovanissime tra i 16 e i 17 anni.

Nel contesto dell’educazione sessuale, i dati evidenziano una prevalenza del passaparola e dei media digitali rispetto al coinvolgimento degli adulti. Mentre la figura degli insegnanti e dei genitori rimane importante, solo il 20% dei ragazzi indica di ricevere informazioni significative da questi canali. Inoltre, il 40% dei ragazzi ammette di considerare la pornografia come una fonte d’informazione, contrapposta a soli due ragazzi su dieci tra le ragazze.

Questi dati mettono in luce la necessità di un approccio educativo più completo e informato riguardo alle relazioni affettive e sessuali. Educare i giovani su come sviluppare relazioni rispettose e consensuali è cruciale per contrastare stereotipi dannosi e promuovere una cultura di rispetto reciproco. L’educazione deve essere inclusiva, riflettendo la diversità delle esperienze e delle identità, e deve fornire gli strumenti per affrontare le sfide emotive e sociali che i giovani incontrano nella loro crescita.

Collegando questo approccio educativo alla tematica della violenza di genere, è essenziale garantire che l’educazione sentimentale e sessuale non solo informi, ma anche trasformi le norme culturali e sociali, preparando le nuove generazioni a costruire relazioni sane e rispettose in un contesto di pari opportunità e dignità per tutti.

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