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Cronaca

In missione su Marte? Dai calcoli a un’insufficienza, reni...

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In missione su Marte? Dai calcoli a un’insufficienza, reni a rischio per astronauti

Lo studio: potrebbero essere varie le ripercussioni di un lungo viaggio nello spazio

Marte - (Fotogramma)

Verso l'infinito e oltre. Magari fino a Marte. L'attrazione per l'ignoto e la voglia di esplorare l'universo - che il personaggio Buzz Lightyear del film di animazione 'Toy Story' esprimeva con il suo famoso slogan - sta spingendo l'uomo ad addentrarsi sempre di più nello spazio profondo. E fra gli obiettivi a lungo termine dichiarati dalle agenzie del settore, fissati però non tanto in là nel tempo, c'è anche quello di mandare l'uomo sul Pianeta rosso. Ma quale potrebbe essere l'impatto sulla salute? Prova a dare qualche risposta uno studio appena pubblicato su 'Nature Communications', che aggiunge una nuova pagina alla nuova branca della medicina spaziale, mettendo in guardia sulla salute renale degli astronauti. Dalla formazione di calcoli all'insufficienza renale indotta dalle radiazioni cosmiche, potrebbero essere varie le ripercussioni di un lungo viaggio nello spazio.

Al lavoro, che ha come primo autore Keith Siew, University College di Londra, ha preso parte anche Viola D'Ambrosio, dottoranda del Dipartimento di Medicina sperimentale e traslazionale dell'università Cattolica del Sacro Cuore, campus di Roma, che ha condotto questo studio al London Tubular Centre, Dipartimento di Nefrologia, University College di Londra. Cosa succede dunque ai reni degli astronauti? Visto che l'umanità entro i prossimi anni si cimenterà in una serie di viaggi a bordo di aerei spaziali commerciali e nell'esplorazione del deep space, con Marte come prima tappa, gli esperti stanno cercando di capire se l'organismo è pronto ad affrontare questi viaggi che potrebbero durare molti anni.

Per quanto riguarda la salute renale, i ricercatori hanno esaminato i dati relativi a 5 uomini e 11 topi che hanno realmente soggiornato nello spazio e, accanto a questi, sono andati a studiare le conseguenze della microgravità simulata in un ratto e quelle delle radiazioni cosmiche galattiche simulate su 4 ratti. Lo studio ha dimostrato che i viaggi nello spazio potrebbero aumentare il rischio di formazione di calcoli renali (e una colica renale 'spaziale' non sarebbe di certo una piacevole esperienza, fanno notare gli esperti), per un'alterazione del funzionamento di alcuni enzimi renali e, in parte, per la mobilizzazione del calcio dalle ossa (l'osteoporosi dell'astronauta) che poi, filtrato dai reni, finisce nelle urine. Gli astronauti, secondo le evidenze raccolte, nel primo anno dopo una missione spaziale corrono un rischio di sviluppare calcoli renali 2-7 volte maggiore rispetto a prima del volo. E durante una missione spaziale prolungata, il rischio potrebbe essere addirittura il doppio di questo.

Nello spazio, osservano poi gli scienziati, aumenta anche l'escrezione renale di ossalati, altro 'ingrediente' comune dei calcoli; e questo potrebbe essere dovuto alle alterazioni che subisce il microbioma intestinale nello spazio, quali un aumento degli Oxalabacter, batteri responsabili del metabolismo degli ossalati, e dei Bacteroides, batteri aumentati nei formatori di calcoli. Per proteggere gli astronauti dal pericolo di formazione dei calcoli renali - qualche anno fa si è stati ad un passo dall'interrompere una missione spaziale sovietica per la colica renale di un povero astronauta che poi è riuscito ad eliminare spontaneamente il calcolo - sarebbe dunque opportuno mettere in atto misure preventive quali bere molto, assumere potassio citrato per bocca, somministrare bifosfonati per 'neutralizzare' l'osteoporosi degli astronauti e la mobilizzazione del calcio dalle ossa, o diuretici tiazidici che riducono l'escrezione renale di calcio. E c'è anche chi pensa di istruire l'equipaggio a fronteggiare l'emergenza di una colica renale, posizionando uno stent uretrale o effettuando una litotrissia (intervento per frantumare i calcoli).

Anche la forma dei nefroni, le unità funzionali del rene, si modifica nello spazio dal momento che il rene è un organo 'plastico', capace di rimodellare la sua architettura, in risposta a variazioni della pressione arteriosa e del contenuto di potassio nella dieta, già nell'arco di pochi giorni. E questo potrebbe avere ricadute sulla funzionalità. Gli autori dello studio hanno inoltre simulato le conseguenze per i reni dell'esposizione ad una quantità di radiazioni cosmiche pari a quella a cui sarebbe esposto un astronauta in un viaggio di andata e ritorno su Marte; queste potrebbero provocare un malfunzionamento, fino a portare all'insufficienza renale terminale e alla dialisi gli astronauti. Il rene infatti - osservano gli esperti - è un organo molto sensibile sia alle radiazioni che alla ridistribuzione della perfusione sanguigna (il sangue nello spazio 'migra' nella metà superiore del corpo), che si verifica in condizioni di microgravità. Bastano inoltre 6 mesi nello spazio per far invecchiare le arterie di circa 20 anni e anche questo apre la porta all'insufficienza renale.

Vivere per mesi o per molti anni in assenza di peso e bombardati di radiazioni cosmiche avrà dunque delle conseguenze per la salute dell'uomo e i reni sono tra i vari organi nel mirino, anche se sono stati quelli meno studiati finora nello spazio. Sono invece note da tempo una serie di conseguenze a carico degli occhi, dell'apparato cardiovascolare, muscolo-scheletrico e del sistema nervoso, che possono manifestarsi anche durante le prime settimane di una missione spaziale. "Lo studio pubblicato su Nature Communications - conclude Giuseppe Grandaliano, ordinario di nefrologia all'Università Cattolica del Sacro Cuore e direttore dell'Uoc di Nefrologia della Fondazione Policlinico Gemelli Irccs - viene a colmare molti dei gap di conoscenza relativi alla salute dei reni, suggerendo le istruzioni per l'uso per mantenerli in buona salute durante un lungo viaggio nel deep space e segna la nascita di una nuova specialità, la nefrologia spaziale".

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Vaccini, Monti (Lombardia): “Per prevenire Rsv...

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"Tecnologia mRna può guidarci verso iniziative a beneficio paziente e risultati di qualità"

Emanuele Monti, presidente della IX Commissione Sostenibilità sociale, casa e famiglia della Regione Lombardia

“Regione Lombardia sta già lavorando con grande attenzione sul tema del virus respiratorio sinciziale (Rsv). Dobbiamo guardare all'innovazione e all'adozione di nuove tecnologie. Sicuramente l’ambito dell'mRna è estremamente interessante, può guidarci verso iniziative che, da un lato, portano beneficio al paziente e dall'altro vanno a riportare al centro Regione Lombardia in un'agenda nazionale sulla quale, anche in termini di ricerca, innovazione e collaborazione con i nostri centri di riferimento sul territorio, si possa ottenere un risultato di qualità”. Così Emanuele Monti, presidente della IX Commissione Sostenibilità sociale, casa e famiglia della Regione Lombardia, intervenendo oggi all’expert advisory panel dedicato all’Rsv organizzato a Milano da Summeet con il contributo non condizionato di Moderna.

Il virus respiratorio sinciziale è responsabile di infezioni dell'apparato respiratorio e può causare tosse o respiro sibilanti, bronchiolite (infiammazione e ostruzione dei bronchioli, le ultime diramazioni bronchiali) e polmonite. Grazie alla tecnologia ad mRna, usata già per la prevenzione del Covid-19, è stato sviluppato, e recentemente approvato in Europa, un vaccino per prevenire queste infezioni respiratorie, i ricoveri in terapia intensiva e i decessi.

Il panel organizzato a Milano ha “l'obiettivo di segnare il perimetro tecnico sull'argomento e capire come Regione Lombardia può essere attivamente impegnata su questo ambito - ha sottolineato Monti - È necessario tracciare un percorso e una direttrice sulla quale muoversi in ambito regionale, riguardo ai nostri 10 milioni di abitanti. Per quanto riguarda il virus respiratorio sinciziale - conclude - siamo al lavoro come Regione Lombardia. Il convegno di oggi, infatti, apre un dibattito sulla necessità di avere tecnologie capaci di rendere più efficaci campagne di prevenzione e di vaccinazione sul territorio regionale”.

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Rotary, l’omaggio dei governatori italiani al Milite...

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Rotary, l'omaggio dei governatori italiani al Milite ignoto

Omaggio del Rotary International al Milite Ignoto. I quattordici Governatori dei Distretti del Rotary International, provenienti da tutta Italia, oggi si sono dati appuntamento all’Altare della Patria a Roma per deporre una corona d’alloro al Sacello del Milite Ignoto. Una cerimonia tradizionale, che si svolge ogni anno il 1 luglio e che sugella l’inizio dell’anno rotariano 2024-2025. A deporre la corona è stato Fabio Arcese, nuovo Governatore del Distretto 2080 che comprende Roma, il Lazio e la Sardegna. Quest’anno la cerimonia ha visto anche la partecipazione del Trustee e Chair eletto della Rotary Foundation, Holger Knaack. "La cerimonia di deposizione della corona d'alloro all'Altare della Patria – ha detto il Governatore Arcese – simboleggia l'unità e la coesione di intenti della nostra associazione. La nostra forza è lavorare insieme per raggiungere traguardi importanti: debellare la poliomielite, favorire l'istruzione, mettere al servizio dei meno fortunati le nostre capacità professionali e umane, promuovere la pace".

Un’attenzione particolare è stata posta sull’importanza dei Centri per la Pace. "Il clima che si sta vivendo a livello globale è preoccupante – ha osservato il Governatore Arcese – Secondo i dati raccolti dal Conflict index 2024 nel 2023 i conflitti hanno avuto un’impennata del 12% rispetto al 2022 e del 40% rispetto al 2020. E benché gli occhi siano puntati sulla guerra in Ucraina e sul conflitto tra Israele e Hamas, sempre nel 2023 sono stati registrati oltre 147mila conflitti. Numeri che creano preoccupazione e allarme. Che fare? Il Rotary – ha proseguito Arcese – ha una lunga storia di promozione della pace e di impegno nell’affrontare le cause dei conflitti. Lo fa attraverso i suoi sette Centri della Pace che sono dislocati all’interno delle migliori università di tutto il mondo e che hanno formato circa 1800 borsisti. Ma la situazione è talmente drammatica che bisogna impegnarsi sempre di più, formare i giovani e trasformarli in professionisti della pace, solo così si potrà creare un mondo libero dai conflitti".

Poi il Governatore Arcese ha posto l’accento sugli impegni del Distretto 2080. "Siamo in prima linea. A febbraio 2025 parteciperemo alla Conferenza mondiale sulla Pace che si terrà a Istanbul, in Turchia sul tema "Guarire in un mondo diviso". Proprio a Istanbul, la Bahçeşehir University ospita il settimo Centro della Pace e accoglierà all’inizio del prossimo anno la sua prima classe di borsisti. Non solo – ha concluso Arcese – stiamo anche lavorando per poter inserire il nostro Distretto 2080 tra i distretti edificatori della Pace Globale".

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Vaccini, Fimp Piemonte: “Coperture migliori se...

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Oggi il corso 'Pediatria di famiglia. La protagonista della raccomandazione vaccinale', organizzato dalla federazione nell'ambito del progetto 'VaccinAzione'

Vaccini, Fimp Piemonte:

"Sulle vaccinazioni l'impegno della Fimp, la Federazione italiana medici pediatri, è totale perché il pediatra si occupa del bambino nella sua interezza, dalla prevenzione delle malattie alla diagnosi e cura. La vaccinazione è fondamentale per evitare malattie pericolose, ma è meglio se ad effettuarla ai propri assistiti sono i pediatri". Lo ha detto Giuseppe Palena, segretario regionale Fimp Piemonte, in occasione del corso 'Pediatria di famiglia. La protagonista della raccomandazione vaccinale', organizzato dalla federazione nell'ambito del progetto 'VaccinAzione' che si è svolto in questi giorni a Torino.

"In Piemonte la prevenzione vaccinale è diffusa a macchia di leopardo - spiega Palena - Le Asl con indici vaccinali molto elevati sono quelle in cui c'è una convenzione secondo cui la vaccinazione viene somministrata dal pediatra del bambino nel proprio ambulatorio, oppure all'interno della struttura dell'Asl" preposta. "Dove le Asl prevedono che il pediatra sia il principale attore e responsabile vaccinale dei propri assistiti, la percentuale di vaccinazione raggiunta è molto elevata perché la pratica avviene all'interno di un rapporto di fiducia e ogni dubbio è chiarito con un linguaggio semplice e dati scientifici che evidenziano i benefici della prevenzione rispetto al rischio di una malattia grave". Così, "in occasione del primo bilancio di salute - continua lo specialista - si informano entrambi i genitori sui vantaggi del vaccino".

Proprio per questo la "formazione del pediatra è fondamentale: si deve sapere tutto sulla vaccinazione che si somministra - avverte Palena - anche perché, se i genitori sono intenzionati a fare solo i vaccini obbligatori, si procede solo con quelli. Vedendo che i vaccini obbligatori funzionano, i genitori tendono poi a rassicurarsi e ad essere più disponibili a considerare anche le vaccinazioni raccomandate", come l'anti-meningococco B che protegge da una malattia grave come la meningite.

"Dal punto di vista della salute, la raccomandazione è di considerare tutte le vaccinazioni utili - aggiunge Renato Turra, segretario provinciale Fimp Torino - La differenza tra obbligatori e raccomandati è solo legislativa: gli obbligatori sono tali per poter frequentare la scuola". Certo, in questo contesto "il ruolo del pediatra è fondamentale", soprattutto per le vaccinazioni non obbligatorie come l'anti-meningococco B o l'anti-pneumocco che, anche secondo gli ultimi dati di copertura, soffrono sempre di più rispetto quelle obbligatorie.

"Esiste una fascia del 5-10% delle famiglie in cui ci si scontra con problematiche di tipo ideologico - osserva Turra - Come pediatri, uno dei nostri compiti fondamentali è comunicare con le famiglie con cui abbiamo un rapporto di fiducia". Rispetto all'informazione, "la comunicazione è bidirezionale: bisogna rispondere a domande, dubbi e spiegare con parole semplici e adatte agli interlocutori che, se malattie gravi come il vaiolo per esempio non esistono più, è proprio grazie alle vaccinazioni". Si tratta di chiarire quanto trovato "su dottor Google o nelle chat, facendo esempi pratici, mettendo in risalto i rischi della vaccinazione, che sono trascurabili, rispetto ai benefici in termini di salute non solo per il bambino, ma anche per la collettività".

Su una questione come la co-somministrazione di più vaccini, una leva per incrementare le coperture vaccinali, va ricordato che "fare ad esempio per un vaccino esavalente 6 distinte iniezioni non sarebbe auspicabile. Questa pratica non modifica infatti l'efficacia dei singoli vaccini. Somministrare più vaccini contemporaneamente permette, inoltre, il vantaggio di ridurre il numero di iniezioni e quindi il disagio e lo stress del bambino. Del resto, un bambino è sempre a contatto con migliaia di antigeni, anche solo andando al supermercato. Somministrare più vaccini in un'unica iniezione - conclude il pediatra - non è controindicato e non aumenta gli effetti collaterali, anzi sembra potenziare la risposta immunitaria".

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