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Francia, è il giorno delle elezioni legislative anticipate:...
Per la sfida tra Nouveau Front Populaire, Ensemble, Les Républicains e Rassemblement National attesa affluenza record. Cosa dicono i sondaggi
Francia al voto, oggi 30 giugno, per le elezioni legislative anticipate volute da Macron dopo il risultato deludente alle europee. Una sconfitta che ha l'exploit della destra e di Marine Le Pen nel Paese. I ballottaggi sono previsti per il prossimo 7 luglio.
Programmi sintetici, che riflettono cioè le priorità e gli indirizzi principali di ciascuna formazione, per i quattro principali gruppi politici che si sfideranno: il Nouveau Front Populaire (Nfp), Ensemble, Les Républicains (Lr) e Rassemblement National (Rn).
E' attesa intanto un'affluenza record, con gli elettori che hanno mostrato un crescente interesse per il voto. Secondo un sondaggio condotto da Ifop-Fiducial per Le Figaro, Lci e Sud Radio, che fornisce proiezioni finali dei seggi basate sulle intenzioni di voto a livello nazionale, la partecipazione è stimata al 67% (+3 in una settimana), ovvero 19,5 punti in più rispetto alle ultime elezioni legislative del 2022.
Cosa dicono i sondaggi
Per ora, il Rassemblement national (Rn) e alcuni dei suoi alleati del centrodestra hanno circa il 36% di sostegno, mentre il gruppo di sinistra del Nuovo Fronte Popolare è al 29% e i liberali di Macron hanno circa il 21%.
In un mese il capo dell'Eliseo ha perso sei punti di popolarità in un mese, arrivando al 36%, livello più basso dallo scorso marzo, mentre il presidente del Rassemblement national (Rn) Jordan Bardella è diventato l'esponente politico di cui i francesi si fidano di più, con un 40% di popolarità. E' quanto riporta un sondaggio condotto da Toluna-Harris-Lci.
Resta stabile la fiducia che i francesi ripongono nel primo ministro Gabriel Attal, al 43%. Stabili anche i ministri: il più popolare tra loro, il titolare del dicastero degli Interni Gérald Darmanin, guadagna due punti e si attesta al 35%.
Come funzionano le elezioni francesi, i numeri per vincere
I deputati del parlamento francese non vengono eletti sulla base della rappresentanza proporzionale, ma attraverso un voto a due turni in 577 collegi elettorali dove le dinamiche locali giocano un ruolo importante. In ogni circoscrizione, se nessun candidato ottiene il 50% dei voti al primo turno, i primi due candidati avanzano al secondo turno, così come qualsiasi altro candidato che abbia ottenuto il sostegno di almeno il 12,5% degli elettori registrati. Il candidato con il maggior numero di voti al secondo turno vince il seggio come membro del parlamento.
Per superare il primo turno, i partiti che condividono una visione politica, come i quattro principali partiti di sinistra del Paese, tendono a riunirsi e ad accettare di non mettere i candidati uno contro l'altro. L'affluenza alle urne è importante. Nel 2022, quando l'affluenza era vicina al 50%, i partiti dovevano ottenere circa un quarto dei voti espressi per raggiungere il 12,5% degli elettori registrati. Si prevede che l'affluenza alle urne sarà più alta in questa elezione, il che renderà più facile per i candidati avanzare al secondo voto.
Rassemblement National, Il partito di Marine Le Pen, ha bisogno di almeno 289 seggi per ottenere la maggioranza nel parlamento francese e al momento l'estrema destra sembra destinata a ottenere grandi guadagni grazie a una campagna di successo alle elezioni europee. I sondaggi d'opinione vanno presi con le pinze, mette in guardia Politico, ma Rassemblement national (Rn) e i suoi alleati potrebbero ottenere tra 220 e 260 seggi secondo le proiezioni attuali. Si tratterebbe di un aumento record rispetto agli 88 parlamentari di cui dispongono attualmente.
Se l'estrema destra ottenesse la maggioranza in Parlamento, il presidente francese dovrebbe stipulare un accordo di ''coabitazione'' con il Rassemblement national e nominare un primo ministro di estrema destra. Jordan Bardella, il presidente del Rassemblement national, ha più volte detto che non cercherà di guidare un governo se non avrà la maggioranza assoluta. Ciò presumibilmente significa che avrà bisogno di partner di coalizione, a meno che non si tratti di una strategia elettorale per ottenere una grande affluenza alle urne.
L'estrema destra ha già stretto un accordo con Éric Ciotti, leader del partito di centro-destra Les Républicains, per sostenere alcuni conservatori con idee simili in modo che non competano tra loro in alcune circoscrizioni. Per la maggioranza assoluta avrebbe però comunque bisogno di ottenere il sostegno di altri parlamentari Lr o del partito Reconquest, sempre di estrema destra, ma il suo leader è ostile a Le Pen. L'alleanza tra centro-destra e estrema destra è comunque una grande vittoria ideologica per il Rassemblement national, ma ha anche innescato una forte reazione tra quei conservatori inorriditi dal fatto che il partito de presidenti come Charles de Gaulle e Jacques Chirac stia facendo accordi con l'estrema destra.
Ma quanto Le Pen investirà nei colloqui di coalizione, dato il suo desiderio di mantenere intatto il suo capitale politico in vista delle presidenziali del 2027? Se il suo partito guidasse un governo che avesse un percorso accidentato, questo potrebbe ridurre le sue possibilità di guidare l'Eliseo.
L'Ensemble, la coalizione che sostiene il presidente francese, comprende il suo partito Renaissance, il centrista MoDem e il partito di centrodestra Horizons. Ensemble attualmente controlla 250 seggi in parlamento, ma sta subendo un calo nei consensi. Le proiezioni attuali vedono i parlamentari di Ensemble scendere a meno di 110 seggi nell'Assemblea nazionale composta da 577 persone, schiacciati sia dalla sinistra sia dall'estrema destra. Per la prima volta, la coalizione di Macron non si candida come partito unico. Horizons, il partito guidato dall'ex primo ministro Édouard Philippe che ha ambizioni presidenziali, sta andando avanti da solo, ma potrebbe rientrare in una coalizione dopo le elezioni.
Sebbene la coalizione di Macron sia terza nei sondaggi a livello nazionale, c'è ancora qualche barlume di speranza che non venga completamente spazzata via al primo turno. Un'elevata affluenza alle urne significa che tre candidati probabilmente passeranno al secondo turno in un massimo di 170 collegi elettorali, secondo le recenti proiezioni. Questa è sia una benedizione, sia una maledizione per i liberali di Macron e per l'alleanza di sinistra. I terzi candidati meglio piazzati nelle competizioni a tre dominate dall’estrema destra dovranno affrontare pressioni per ritirarsi e radunarsi dietro il secondo miglior piazzato per sconfiggere il candidato del di Rn.
Con una velocità inaspettata, i partiti di sinistra francesi hanno quindi messo da parte i loro litigi e si sono uniti prima del voto. In seguito a un accordo, l'estrema sinistra France insoumise (LFI), il Partito Socialista, il Partito Comunista e i Verdi stanno presentando candidati singoli in 546 circoscrizioni in tutta la Francia. L'alleanza, chiamata Nuovo Fronte Popolare, è una versione rivisitata dell'alleanza Nupes del 2022, ideata da Mélenchon. Questa volta, tuttavia, i socialisti sono un partner molto più potente dopo la campagna di successo del candidato sostenuto dai socialisti Raphael Glucksmann alle elezioni europee. Dei 546 candidati che rappresenteranno la nuova alleanza, 229 saranno sostenuti da France insoumise, rispetto ai 175 dei socialisti, ai 92 dei Verdi e ai 50 dei comunisti.
Il Nuovo Fronte Popolare sta sicuramente attirando gli elettori, dato le proiezioni attuali vedono l'alleanza vincere da 180 a 210 seggi. Vero è che ne servono 289 per ottenere la maggioranza e la sinistra avrebbe bisogno di formare una coalizione se mirasse a proporre un primo ministro che ottenga l’approvazione parlamentare. Ma tali calcoli non porteranno a nulla se i socialisti e France insoumise, in disaccordo su temi chiave come l'Ucraina e Gaza, non riusciranno a mettere da parte le loro divergenze. Con il moderato Glucksmann e altri che hanno affermato che non accetteranno mai Mélenchon come primo ministro, potrebbe essere un passo troppo lontano.
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Ucraina, Bielorussia rafforza confine: “Kiev ha...
Secondo Minsk, l'Ucraina ha aumentato l'attività dei droni spostando forze militari ed equipaggiamenti nella regione di Zhyomyr
La Bielorussia fa scattare l'allarme prospettando attacchi dell'Ucraina. Kiev smentisce, provando ad evitare nuove tensioni nel complesso quadro della guerra con la Russia. La Bielorussia del presidente Aleksandr Lukashenko è il principale alleato della Russia di Vladimir Putin: Minsk ha accolto armi nucleare dispiegate da Mosca e viene coinvolta nelle esercitazioni condotte dai russi. Soprattutto nella prima fase della guerra, innescata dall'invasione ordinata da Putin a febbraio 2022, l'Ucraina ha acceso i riflettori sul confine settentrionale temendo azioni massicce dalla Bielorussia.
Ora, è Minsk a rendere noto di aver rafforzato la difesa aerea al confine con l'Ucraina "per proteggere le infrastrutture critiche" denunciando dell'aumento dell'attività dei droni di Kiev nella zona e dello spostamento di forze militari ed equipaggiamenti ucraini nella regione di Zhyomyr. Il comandante delle forze aeree bielorusso, Andrei Severinchik ha ricordato che giorni scorsi, le forze militari bielorusse hanno abbattuto un drone ucraino che aveva superato il confine "per raccogliere informazioni sui siti bersaglio".
Il vice responsabile per l'ideologia al comando per le operazioni speciali delle forze bielorusse, Vadim Lukashevich, ha citato l'ammassamento di forze militari, armi ed equipaggiamenti militari "lungo il nostro confine", in particolare mezzi da combattimento per la fanteria di fabbricazione Usa, lanciagranate e sistemi di artiglieria pesante.
L'allarme bielorusso, in realtà, appare infondato a giudicare dalla posizione ribadita dall'Ucraina. Kiev ammette di fatto di aver voluto rafforzare le sue linee di difesa, pur respingendo le accuse di Minsk: "Non c'è alcuna provocazione, devono essersi confusi", ha affermato, Andriy Demchenko, portavoce delle Guardie di confine. "La minaccia reale arriva dalla Bielorussia. Ci sono sufficienti forze russe dispiegate lì", ha sottolineato Andriy Kovalenko, direttore del centro contro la disinformazione del Consiglio di sicurezza nazionale.
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Biden disastro? Trump ci resta male: “Nessuno parla...
"Tutti parlano della brutta figura di Joe l'imbroglione e non di come sono andato bene io"
Donald Trump ha stravinto il dibattito di Atlanta, ma si lamenta che la stampa sia tutta concentrata a parlare dei problemi mostrati dal presidente degli Stati Uniti Joe Biden e non della sua "fantastica" performance. "Appena sono uscito dal palco giovedì notte, alla fine dell'atteso dibattito, commentatori, giornalisti politici e tutti gli altri hanno gridato che la mia è stata la migliore performance nella lunga storia dei dibattiti presidenziali - scrive su Truth Social l'ex presidente - e tutti dicono 'Trump è stato fantastico'".
"Ma poi venerdì sera tutti parlavano della brutta figura di Joe l'imbroglione e non di come sono andato bene io", aggiunge Trump che ieri in un comizio in Virginia ha attaccato il presidente definendolo "un uomo stupido". Nel mirino anche il network che trasmetteva il dibattito, la Cnn, e le regole erano in favore del democratico.
Cosa farà Trump da presidente?
Intanto, prende forma la prima decisione che Trump in versione presidente assumerebbe. Se tornerà alla Casa Bianca, il tycoon farà uscire di nuovo gli Stati Uniti dagli accordi di Parigi sul clima. Lo ha dichiarato a Politico la portavoce della campagna elettorale dell'ex presidente, Karoline Leavitt, dopo che Trump nel dibattito di giovedì notte ha definito l'accordo per la riduzione delle emissioni dei gas serra che provocano un cambiamento climatico "un disastro" e "una fregatura gli Stati Uniti".
La mossa non sarebbe una sopresa, dal momento che Trump è già uscito dagli accordi durante il suo primo mandato, e che in questi mesi sta facendo raccolta di fondi con le grandi industrie energetiche promettendo che una volta tornato alla presidenza eliminerà le misure ambientali che le danneggiano. Secondo un avvocato vicino alla campagna di Trump, interpellato da Politico, gruppi conservatori che si oppongono agli accordi di Parigi starebbero già preparando le bozze dell'ordine esecutivo che potrebbe firmare, in caso di nuova elezione, Trump.