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Benjamin Labatut: ‘Nuovo romanzo sarà sulla logica...

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Benjamin Labatut: ‘Nuovo romanzo sarà sulla logica moderna’

Lo scrittore cileno ha ricevuto il Premio Hemingway

Benjamin Labatut: 'Nuovo romanzo sarà sulla logica moderna'

"Sto lavorando su un nuovo libro: tutto ciò che posso dire è che è fondamentalmente sulla logica moderna. Voglio indagare le grandi trasformazioni legate allo sviluppo della logica, che magari sono passate inosservate". Lo ha annunciato lo scrittore cileno Benjamin Labatut a Lignano Sabbiadoro (Udine), ricevendo la quarantesima edizione del Premio Hemingway per la sezione Letteratura. "La logica moderna ha trasformato il mondo, ma le cose molto profonde vengono completamente non notate", ha aggiunto Labatut, diventato autore di culto con "Quando abbiamo smesso di capire il mondo" (Adelphi, 2021) e "Maniac" (Adelphi, 2023), romanzi capaci di trascinare il letto­re nei labirinti della scienza, lasciandogli intravedere l'oscurità che la nutre.

"Non mi sono mai posto l'obiettivo di unire scienza e letteratura - ha chiarito Labatut conversando con l'Adnkronos - Sono stato sempre affascinato dai limiti del pensiero e sono arrivato alla scienza cercando i suoi limiti. La scienza è davvero una delle uniche cose che ci porta in contatto con ciò che è non conosciuto del mondo, ciò che è oscuro e ciò che è ancora meraviglioso. Sono, quindi, arrivato alla scienza dal punto di vista penso più vicino al mistero e per questo i miei libri hanno un sapore strano. Secondo me la scienza è una vera e propria fonte di misteri assai profondi e al giorno d'oggi la scienza è una delle cose che ci riporta in contatto con l'inconoscibile, l'oscurità e la meraviglia del mondo".

Autore pluripremiato a soli 44 anni, con una serie di riconoscimenti recenti anche nel nostro Paese, Labatut ha osservato: "Le poche cose sulle quali sono pienamente felice sono l'accoglienza che ricevono i miei libri in Italia. E io accetto tutti gli inviti pur di arrivare in Italia, perché qui c'è semplicemente troppa bellezza. Provo una felicità spudorata per l'accoglienza meravigliosa che i miei libri hanno avuto in Italia".

Quanto ai premi letterari, ha spiegato Benjamin Labatut, "in genere mi fanno schifo, non mi piacciano troppo, ma nel caso del Premio Hemingway ho guardato la lista dei vincitori e mi sento orgoglioso di essere parte di un gruppo che comprende autori che ammiro".

"I premi letterari, però, non possono essere la misura per uno scrittore - ha avvertito il romanziere cileno che ha vinto l'English Pen Award, il Premio Galileo, il Premio Malaparte ed è stato selezionato per l'International Booker Prize - Uno scrittore si allena sempre a fare qualcosa che ha un valore per sé e che non ha bisogno di lettori, successo o applausi. Quindi, se ottieni un tipo di riconoscimento, lo prendi sapendo che è solo una fase, è un momento. E anche quando le persone non ti leggono, devi continuare a scrivere. Io ho un doppio atteggiamento nei confronti dei premi: da un lato, ovviamente, mi rendono felice, dall'altro mi provocano anche vergogna. Ad esempio mi vengono in mente le parole di Roberto Bolano che ha sempre detto: 'affinché la tua opera si possa chiamare un'opera d'arte deve passare inosservata'. Questo è il requisito di base".

Benjamin Labatut ha poi definito "strana la categoria della letteratura contemporanea", spiegando: "La maggior parte degli scrittori che mi piacciono sono morti, ma questo è solo perché alla letteratura serve il tempo. Il tempo è un buon giudice della qualità e di solito gli autori devono essere morti per essere pienamente apprezzati". Infine una battuta sull'intelligenza artificiale e sull'impatto che sempre più avrà sull nostre vite reali: "Nessuno sa quali saranno le conseguenze ma l'inconoscibile tocca tutti noi. Sono in corso progressi a ritmo vertiginoso che potrebbero rendere la vita non più vivibile. Ci sono anche delle questioni per le quali l'intelligenza artificiale è perfetta. Ci sono alcuni tipi di invenzioni che cambiano tutto e l'intelligenza artificiale è una di quelle destinate probabilmente a cambiare tutto".

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Cultura

Libri, in ‘Oro Rosa’ la vita delle atlete che...

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Da Ondina Valla a Federica Pellegrini, Marco Lollobrigida ha raccolto le testimonianze di sportive per le quali spesso essere donna o avere un certo orientamento sessuale è stato un problema

Libri, in 'Oro Rosa' la vita delle atlete che hanno portato l'Italia sul podio olimpico

Per la prima volta nella storia dei Giochi olimpici, a Parigi, nel 2024, parteciperà lo stesso numero di atlete donne rispetto agli uomini. Il 26 luglio di quest’anno rappresenta una data da non dimenticare. A spiegarne le motivazioni è il vicedirettore di Rai Sport, Marco Lollobrigida con il suo libro 'Oro rosa. Le donne che hanno portato l’Italia in cima al podio olimpico' pubblicato da Rai Libri con la prefazione del presidente del Coni Giovanni Malagò. Nel suo libro Lollobrigida ha raccolto le Storie, con la 'S' maiuscola, di tutte quelle delle donne che si sono contraddistinte nei vari sport e discipline olimpioniche e che hanno contribuito alla costruzione di una pagina di modernità e giustizia del nostro Paese.

A partire da Ondina Valla, campionessa olimpionica degli 80 metri ostacoli e prima italiana a vincere una medaglia d’oro a Berlino nel 1936, fino ad arrivare a Federica Pellegrini, la 'Divina' per gli appassionati, che con il suo oro nei 200 metri stile libero a Pechino nel 2008 ha fatto sognare tutti. L'autore, di queste donne, ha raccolto le testimonianze e ne ha ricostruito le storie personali, dall’infanzia fino ad arrivare ai grandi traguardi, alle maternità, alle scelte politiche di ognuna di loro. Passione e determinazione: questi i sentimenti che si alternano in una raccolta di piccoli romanzi corali che tracciano le linee di un percorso comune. Lollobrigida si è messo da parte dando voce alle vite di queste atlete senza esprimere giudizi, pareri, opinioni, ma solo raccontando i fatti. Uno degli aspetti sui quali si è soffermato è quello dell’orientamento sessuale che si dimostra essere un problema quando l’attenzione, quasi sempre solo per quanto riguarda le donne, ricade sulla vita privata e non sulle capacità agonistiche. Lo sa bene Antonella Bellutti, per citarne una. Ostacolista, pistard e bobbista, Bellutti ha vinto due ori nel ciclismo, prima ad Atlanta nel 1996 e poi a Sydney nel 2000. Al vicedirettore di Rai Sport, l’atleta infatti ha raccontato di essersi sentita "discriminare per tante cose: perché ero donna, gay, vegana".

Ma anche il pregiudizio nei confronti di sport considerati per lo più maschili ha generato 'qualche' difficoltà. Lo può ben dire Paola Pezzo che alla guida della sua mountain bike ha spalancato le porte all’universo femminile di uno sport completamente maschile, anche banalmente (ma non troppo) a partire dall’abbigliamento: "Le donne erano poche – si legge in 'Oro rosa' -. Era uno sport maschilista, fatto per gli uomini. Anche l’abbigliamento era da uomo con quelle tutine che andavano bene per i maschi, così mi inventai una linea da donna che non facesse perdere la femminilità, con la famosa scollatura. Vestiti di paillettes, tute dorate, argentate, colorate. Non solo: tagliai tutta la sella per renderla più comoda per noi donne. E adesso sono così anche per gli uomini”.

Ma non solo discriminazione e ricerca di parità; le Olimpiadi possono essere per gli atleti anche pagine di storia che si intreccia con politica e violenza, come ha raccontato Antonella Ragno, 'Lady scherma' che ha vinto l’oro a Monaco 1972 poco prima che si verificasse il massacro di Monaco di Baviera, un’Olimpiade che è rimasta nella storia per l’attentato palestinese ad alcuni atleti ebrei. “I Giochi dovevano fermarsi lì – ha spiegato Antonella Ragno - era stato affossato lo spirito olimpico. Non ha avuto senso gareggiare dopo. Vedemmo morire quei ragazzi che passeggiavano con noi fino al giorno prima. Non è stato neanche rispettato il 'cessate il fuoco' che da sempre esiste durante i Giochi”.

I Giochi olimpici, oltre a sancire vincitori e appagare l’immensa soddisfazione personale degli atleti dopo quattro anni di allenamenti durissimi, sono soprattutto un simbolo. Sono un simbolo politico, quando accadono fatti di cronaca che ne macchiano l’onore. E diventano un simbolo culturale e sociale, quando a vincere è una donna dopo quattro mesi dalla gravidanza. Come è capitato a Valentina Vezzali, la regina italiana del Fioretto, tre volte oro olimpico, che a Marco Lollobrigida ha raccontato: “Non devono essere gli altri a decidere se si può tornare a fare attività agonistica (dopo la maternità, ndr); nonostante trenta chili presi in gravidanza, nonostante il mio maestro fosse stato male […] io ho dimostrato che dopo quattro mesi si può tornare a vincere. Sono orgogliosa della mia tenacia: grazie a me è stata inserita una norma che congela il posizionamento di ranking e permette il mantenimento dell’indennità, se incinta. È stata introdotta nei principi fondamentali del Coni la tutela delle atlete in maternità”.

E, se sulle donne la carriera può incidere sulla maternità, lo stesso non si può dire delle idee e convinzioni politiche. Come quelle di Valentina Rondini e Federica Cesarini che nella vita hanno remato più che potevano vincendo insieme a Tokyo 2020 nel doppio pesi leggeri di regata. Loro sono state un vero esempio perché dopo quell’Olimpiade, “sono aumentate le iscrizioni tra le donne del trenta per cento – ha spiegato Rondini", che conclude: "Si è parlato di più del canottaggio femminile. È bello sentir riconosciuto il proprio valore”.

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Cultura

Amicizia e solitudine parole chiave dei ‘Dialoghi di...

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Nell'Acropoli e nelle piazze di Lipari dal 5 all'8 luglio

Amicizia e solitudine parole chiave dei 'Dialoghi di Eoliè'

Amicizia e Solitudine sono le parole chiave scelte per "I Dialoghi di Eoliè", che aprono, nell'Acropoli e nelle piazze di Lipari, dal 5 all'8 luglio, il cartellone della 4/a edizione del Festival e della mostra diffusa "Eoliè24 Arte Letteratura Società", con la direzione artistica di Francesco Malfitano, sul filo rosso dell'arte visiva contemporanea, della poesia, della filosofia e dell’attualità.

In cartellone un'inedita conversazione sui temi chiave di questa edizione con i filosofi e scrittori Massimo Cacciari e Marcello Veneziani. Lo storico dell'arte Claudio Strinati terrà una lectio su amicizia e solitudine nei processi creativi dei grandi artisti della storia con un focus su Raffaello. E ancora, la curatrice della mostra di Eoliè Roberta Tosi incontra il teologo dell’arte e della bellezza Jean Paul Hernandez. Musica e letture sceniche con il poeta Davide Rondoni e il compositore e pianista Carmelo Travia. "Verranno le stelle a toccare la terra" è il titolo, ispirato ai versi del poeta Cesare Pavese, della mostra diffusa, curata dalla storica dell'arte Roberta Tosi, che, dal 5 luglio al 5 agosto, invaderà tutti i luoghi più suggestivi dell’isola.Cinque gli artisti di fama internazionale sveleranno nelle loro opere, nei loro segni amicizia e solitudine.

A Eoliè 24 anche l'artista russa Emilia Kabakov con le sue installazioni concettuali. E poi: le luci, l'acqua, il sale, la polvere finissima di vetro eternato e cristallizzato delle 'Cenae' dell’artista catalano Joan Crous; l’inquietudine dei volti dipinti del pittore milanese Paolo Maggis; gli assemblaggi e le visioni delle sculture dell’artista bergamasco Dario Tironi. E per tutti gli appassionati di snorkeling, nei fondali della secca di Capistello, "Là dove Zefiro soffia£, l’installazione site specific di Alessandro La Motta: le sculture dell'artista adagiate al fondale marino e ancorate come a suggerire unrinvenimento archeosubaqueo.

Il Festival Eoliè assegna, insieme all'Associazione Globe per il clima, la prima edizione del Premio Magma all'artista strombolana Irene Lanza, le cui opere esprimono la cura per il mare e le spiagge della sua isola, coniugando bellezza, creatività e sostenibilità.

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Cultura

Tele ‘dipinte’ da un pallone, le opere di Marco...

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'Palla al centro' la personale dell'artista che non usa il pennello ma una palla per realizzare i suoi quadri, fino al 15 settembre alla Galleria d’arte moderna e contemporanea 'Lorenzo Viani'

Tele 'dipinte' da un pallone, le opere di Marco Adamo a Viareggio

Se nel gioco del calcio l’obiettivo è quello di mandare la palla in porta, nell’arte di Marco Adamo l’obiettivo è quello di mandare la palla sulle tele. Sporca di colore, però, non di fango. Il messaggio - lo dice lui stesso - è chiaro: ogni pallonata è un tentativo per abbattere l’odio, la corruzione e la violenza, è una partita giocata per colorare un mondo diverso, un mondo migliore. Per fare questo, Marco Adamo sceglie il pallone, non un pennello, lo usa con i piedi, non con le mani. Tira calci e incontra tele, non reti. E sulle tele lascia le impronte. Le opere dell'artista esposte, fino al 15 settembre, in una mostra personale dal titolo 'Palla al centro', al Museo Galleria d’arte moderna e contemporanea (Gamc) 'Lorenzo Viani' di Viareggio.

L'esposizione presso il Gamc, in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura di Viareggio, raccoglie le opere dell'action painter del pallone Marco Adamo che, a forza di pentagoni ed esagoni stampati sulla superficie, gli stessi che disegnano la caratteristica palla da calcio, crea un tessuto di stencil che disegnano astratti di colore o forme 'impressioniste' che si intravedono a colpo d’occhio. Come uno sciame di api che costruisce gli esagoni dell’alveare, Marco Adamo cuce e tinge insieme. Il pallone è il coautore di un’arte che, tiro dopo tiro, forma un concetto chiaro e inconfondibile. Si diverte e scarica la tensione, facendo esplodere l’energia espressiva con il suo fedele compagno-palla, esecutore di traiettorie ben studiate. Le pallonate di colore si sovrappongono e si sostituiscono alla pennellata con un simbolico 'io c’ero' che ricorda le pitture rupestri con stencil e impronte di mani di uomini primitivi.

Dalla 'manata' alla pallonata il passo è breve. L'artista, classe 1990, nato a Gallipoli, vive e lavora a Roma, approda dunque su un campo di calcio immaginario e scende a giocare la partita di un cambiamento, prendendo a calci l’odio e il razzismo che non gli piacciono e sostituendoli con la policromia dei suoi elaborati. La metafora non lascia dubbi e lo sport calcistico, il più comune e il più seguito del pianeta, offre le sue 'porte' dentro le quali tirare pallonate di significati e dipingere le reti di creatività e di colori 'schiaccianti'. Inizio del gioco…palla al centro! Inoltre una scultura monumentale di circa tre metri a forma di cuore e costituita da 42 palloni colorati eseguiti in bronzo sarà collocata, per tutta la durata della mostra estiva nella parte terminale dello spiazzo del molo di Viareggio.

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