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Epurazioni, complotti e l’ombra di un colpo di Stato...
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Elezioni Gran Bretagna, Nigel Farage: ora Mr Brexit vuole...
Il 60enne istrionico leader populista vuole riformare il Paese abbassando drasticamente le tasse e dichiarando guerra a criminalità e, soprattutto, all'immigrazione
Per quasi tre decenni Nigel Farage è stato il volto dell'euroscetticismo nel Regno Unito, diventando uno dei campioni della Brexit alla guida dell'Ukip prima e poi del Brexit Party. Ora che l'uscita del Regno Unito dall'Unione Europea è una realtà, il 60enne istrionico leader populista, grande amico e fan di Donald Trump che lo voleva ambasciatore britannico a Washington, vuole riformare il Paese abbassando drasticamente le tasse e dichiarando guerra a criminalità e, soprattutto, all'immigrazione.
Alla guida di Reform Uk Farage afferma di volte guidare "una rivolta politica, voltando le spalle allo status quo politico che non funziona, niente funziona più". Iniziata la campagna con l'11%, il partito di Farage è costantemente salito, arrivando anche a metà giugno a 19% e facendo precipitare i Tories al terzo posto. Gli ultimi sondaggi lo danno intorno al 16%, che sarà confermato sarà un enorme risultato per il partito.
Farage è candidato a Clacton, la cittadina dell'Essex dove nel 2016 si registrò la percentuale più alta, il 70%, in favore della Brexit. Si tratta dell'ottava volta che Farage tenta di ottenere un seggio ai Comuni, impresa finora sempre fallita a causa del sistema maggioritario, mentre invece, ironia della sorte, è stato eletto più volte al Parlamento Europeo, grazie al proporzionale che Farage ora propone tra le riforme per rivoluzionare il Regno Unito.
Figlio di un agente di cambio, Farage è nato nel Kent ed ha frequentato una scuola privata, il Dulwich College, nel sud di Londra. Suoi ex compagni lo ricordano come sempre incline a provocare altri studenti ed insegnanti con affermazioni controverse. A 18 anni decine di non andare all'università e nel 1982 diventa trader al London Metal Exchange.
Farage abbandona i Tories quando il Regno Unito ratifica il Trattato di Maastricht nel 1992, unendosi alla formazioni euroscettica UK Independence Party (Ukip). Dal 2006 è il leader del partito, diventando un volto noto televisivo, soprattutto quando nel 2009 il suo partito alle Europee prende più voti di laburisti e liberali. Protagonista della campagna che porta alla vittoria dei sì al referendum per la Brexit nel 2016, dopo il voto lascia l'Ukip e nel 2019 fonda il Brexit Party che dopo l'effettiva uscita dall'Unione diventa Reform Uk.
A questo punto però si allontana dalla politica, iniziando nel 2021 una carriera televisiva sul nuovo canale di destra Gb News. Non mancano poi le partecipazioni a reality come I’m a Celebrity...Get Me Out of Here. E nei mesi che hanno preceduto la convocazione delle elezioni per il 4 luglio ha continuato a ripetere che non si sarebbe candidato ai Comuni, salvo poi cambiare idea lo scorso 3 giugno ed annunciare la candidatura a Clacton.
Caposaldo del suo programma elettorale è il congelamento dell'ingresso dei migranti non essenziali, la deportazione immediata dei migranti con pendenze penali e il blocco dei barchini sulla Manica. In materia di politica estera si propone un taglio del 50% degli aiuti allo sviluppo e anche l'uscita di Londra dalla Convenzione europea dei diritti umani, oltre che l'abolizione del Windsor Framework, il complesso protocollo firmato nel 2023 per risolvere il problema delle barriere commerciali tra Irlanda del Nord, Gran Bretagna e Ue.
Sul piano fiscale promette un drastica riduzione delle tasse, sollevando a 100mila sterline la soglia minima per la tassazione delle imprese, a 20mila per i redditi individuali, abolendo la tassa di successione sotto i due milioni di sterline e in generale tutte le "non necessarie regolamentazioni".
Infine, si impegna ad un programma di 'law and order" aumentando il numero dei poliziotti, realizzando altri 10mila posti nei penitenziari ed abolendo tutte le regole considerate 'woke', liberal, che limitano, a detta di Farage, l'azione della polizia.
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Biden e il dilemma dem: più chance per Kamala Harris contro...
Per un sondaggio Cnn il vantaggio del tycoon sul presidente Usa è di 6 punti e di appena 2 sulla vice presidente
Nella situazione di enorme difficoltà che si è determinata dopo il disastro di Joe Biden al dibattito della scorsa settimana, Kamala Harris, la vice presidente che non è mai riuscita a conquistare i favori di establishment e elettori, potrebbe avere più chance del presidente di battere Donald Trump il prossimo novembre? Questa la domanda al centro del dilemma che stanno affrontando in questi giorni i democratici, anche alla luce di sondaggi che sembrano indicare che la preoccupazione e panico per le fragilità mostrate da Biden sembrano iniziare a cambiare la percezione della sua poco amata veep.
Secondo un sondaggio realizzato per la Cnn tra elettori registrati nei giorni successi al dibattito, il vantaggio di Donald Trump su Joe Biden sarebbe salito a 6 punti, il 49% contro il 43%. Ma questo si ridurrebbe a due punti, 47% a 45%, se a sfidare l'ex presidente a novembre ci fosse la Harris. Lo stesso sondaggio indica il 56% degli elettori democratici crede che il partito avrebbe maggiori possibilità di vittoria con un candidato diverso dall'81enne presidente.
"Noi vogliamo vincere, e probabilmente sarebbe più facile con qualcun di diverso da Biden", dichiara a The Hill il collaboratore di un senatore dem. E riguardo alle chance di Harris, bisogna sottolineare che James Clyburn, uno degli esponenti di punta del caucus afroamericano, e grande alleato di Biden, ha già detto che, se il presidente si ritirerà, lui sosterrà Harris, la prima vice presidente afroamericana.
Anche la senatrice afroamericana Laphonza Butler loda "l'incredibile lavoro" svolto da Harris come "partner del presidente nel guidare il Paese e il partito", rispondendo a chi le chiede se crede che la vice presidente potrà essere efficace come candidata alla Casa Bianca.
"Tutto sono nello spirito di continuare la battaglia per il popolo americano e vincere queste elezioni", ha continuato la senatrice eletta in California dove, dopo il dibattito, ha accompagnato Harris per un tour elettorale. "Quello che la vice presidente mi ha detto è che lei è pronta a continuare a girare il Paese, parlare con gli elettori e lavorare per vincere le elezioni", ha poi concluso la democratica.
Un altro alleato di Harris, lo stratega Jamal Simmons, che fino allo scorso anno è stato direttore della comunicazione della vice presidente, ricorda che, in caso di uscita di scena di Biden, sarebbe lei la candidata più legittimata a prendere il suo posto, anche se da giorni circolano altri nomi. "Istituzionalmente non c'e' nessuno in una posizione migliore di Kamala Harris, penso che vincerebbe una convention aperta", aggiunge, riferendosi al possibile scontro tra diversi candidati a prendere il posto di Biden che potrebbe andare in scena alla convention di Chicago.
In realtà Harris ha avuto anni difficili alla Casa Bianca, segnati da tensioni ed incomprensioni con il team del presidente che le avrebbe riservato solo 'patate bollenti', a cominciare dal dossier immigrazione, portandola a tassi di popolarità ancora più bassi di quelli di Biden. I sondaggi dopo il dibattito danno infatti al presidente una popolarità del 34% e alla vice presidente del 29%,
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Ucraina, Kiev replica a Orban: “Nessun compromesso...
La replica di Kiev al premier ungherese che ieri ha incontrato Zelensky
L'Ucraina non è disposta a scendere a compromessi con la Russia e a rinunciare a qualsiasi suo territorio per mettere fine alla guerra. Lo ha detto Andriy Yermak, capo dell'ufficio del presidente dell'Ucraina, Volodymyr Zelensky, all'indomani della visita a Kiev, in qualità di presidente di turno dell'Ue, del primo ministro ungherese Viktor Orban.
Kiev ascolterà qualsiasi consiglio su come raggiungere una "pace giusta" - ha detto Yermak, ribadendo un concetto già espresso da Zelensky durante il faccia a faccia con Orban - Ma non siamo pronti a scendere a compromessi su cose e valori molto importanti come indipendenza, libertà, democrazia, integrità territoriale e sovranità".
Da Orban, ieri alla prima visita a Kiev dall'invasione russa, era arrivato invece un messaggio dai toni opposti. Il capo del governo ungherese, accusato di essere su posizioni filo-russe, ha esortato l'Ucraina a considerare di accettare ''un cessate il fuoco rapido'' che permetta di accelerare l'avvio di negoziati per arrivare alla fine della guerra. L'Ungeria apprezza le iniziative di pace elaborate dall'Ucraina, ha aggiunto Orban, sottolineando la volontà di migliorare i rapporti con Kiev e di firmare un accordo di cooperazione bilaterale.
La necessità di un negoziato tra Ucraina e Russia è stata più volte evidenziata anche da un alleato di Orban, quel Donald Trump che a novembre saprà se per la seconda volta gli sarà permesso varcare la porta della Casa Bianca da presidente.
La notizia, lanciata da Politico, secondo cui tra Trump e Putin sarebbe in corso un dialogo e che il tycoon starebbe negoziando su territori dell'Ucraina da consegnare alla Russia, è stata smentita dal portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov. Rispondendo in conferenza stampa alla richiesta di commentare la notizia di un dialogo in corso tra le parti, Peskov ha tagliato corto dicendo "no, non è vero".
In Ucraina, intanto, si continua a morire. Almeno cinque persone hanno perso la vita ed altre 34, tra cui una ragazza di 14 anni, sono rimaste ferite nell'ennesimo raid aereo russo condotto con missili e droni su Dnipro, nella zona centrale del Paese. Lo ha denunciato il governatore locale, Serhii Lysak, spiegando che il raid ha fatto scoppiare ''diversi incendi, si registrano numerosi danni''.
E mentre il segretario alla Difesa americano, Lloyd Austin, ha annunciato un nuovo pacchetto di aiuti militari da oltre 2,3 miliardi di dollari per l'Ucraina, incontrando al Pentagono il ministro della Difesa ucraino, Rustem Umerov, è notizia di oggi che la Russia - secondo funzionari dell'intelligence occidentale - starebbe conducendo una nuova campagna di reclutamento in Africa per la sua guerra in Ucraina dopo aver subito pesanti perdite.