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Quanto costa crescere i figli? Una questione di calcoli

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Hai presente quei momenti in cui trovi il frigo vuoto, le scarpe fuori posto e il portafoglio un po’ più leggero? Benvenuto nella realtà di cinque italiani su dieci, che convivono con i propri figli, molti dei quali maggiorenni e totalmente a carico. Un’avventura quotidiana fatta di spese impreviste e rinunce, come ci racconta il report FragilItalia ‘Il costo dei figli’, elaborato da Area Studi Legacoop e Ipsos.

Figli maggiorenni, tra condivisione e indipendenza economica

I figli maggiorenni sono una componente vitale delle famiglie italiane, influenzando non solo la quotidianità ma anche le decisioni economiche a lungo termine. Secondo il report FragilItalia, il 47% di questi giovani adulti continua a vivere sotto lo stesso tetto dei genitori senza contribuire economicamente, mettendo in luce una realtà diffusa che riflette le sfide che molti giovani italiani devono affrontare per raggiungere l’indipendenza economica.

Il fenomeno presenta diverse sfaccettature interessanti: molti giovani, pur avendo un lavoro, preferiscono rimanere a casa per risparmiare sui costi elevati dell’affitto e delle spese di mantenimento, evidenziando le difficoltà nel trovare soluzioni abitative accessibili e il desiderio di molti genitori di garantire un ambiente sicuro e confortevole per i propri figli.

D’altro canto, il 29% dei figli maggiorenni è attivamente impiegato e contribuisce alle spese familiari, rappresentando un esempio di partecipazione economica attiva all’interno della famiglia. Questa situazione non solo allevia il carico finanziario sui genitori, ma promuove anche un senso di responsabilità e reciprocità tra i membri della famiglia, rafforzando i legami familiari e generazionali.

La persistenza di un così alto numero di figli maggiorenni a carico dei genitori solleva anche domande più ampie riguardo alle politiche abitative, all’accesso al lavoro e all’istruzione superiore in Italia, con un impatto che si estende ben oltre le singole famiglie, influenzando le politiche pubbliche e la struttura economica e sociale del paese nel suo complesso.

Spese familiari: quanto pesano i figli?

Le spese per i figli rappresentano una sorta di avventura economica per molte famiglie italiane, un mix di sorprese e costi che possono far vacillare persino il bilancio più preparato. Secondo FragilItalia, i figli assorbono in media il 34% della spesa mensile familiare. Questo dato non fa solo riflettere, ma può anche far venire voglia di fare una rapida revisione del proprio budget.

Cosa include questa “avventura” economica? Principalmente, c’è l’abbigliamento, che rappresenta una vera e propria sfida per il 63% delle famiglie. Tra abiti, scarpe, borse e accessori, la moda dei figli può tranquillamente stravolgere qualsiasi budget mensile. Poi ci sono i libri scolastici, che rappresentano il 51% delle spese a loro dedicate.

Ma non finisce qui! L’attività sportiva è un’altra voce importante, incidendo sul 48% della spesa totale. Quindi, se il tuo bambino o la tua bambina è un futuro campione olimpico, preparati a investire in palestre, attrezzature e competizioni. E poi ci sono i pasti fuori casa, un piacere che per il 46% delle famiglie italiane è un lusso da concedersi ogni tanto, ma che può facilmente diventare una voce costante del bilancio familiare.

Ma nonostante queste spese apparentemente esorbitanti, c’è sempre spazio per qualche sorriso. Ad esempio, il 17% delle famiglie riesce a gestire le spese per i figli con un budget che rappresenta solo il 10-20% del totale mensile. Sembra quasi un miracolo, vero? Eppure, questo ci ricorda che nonostante le sfide economiche, c’è sempre una soluzione se si pianifica con attenzione e si guarda con un po’ di creatività al modo di gestire le finanze familiari.

Facciamo due conti

Calcolare la spesa mensile media familiare destinata ai figli è cruciale per comprendere l’impatto finanziario che i figli hanno sul bilancio domestico. Secondo il report “Il costo dei figli”, la spesa destinata ai figli rappresenta in media il 34% della spesa media mensile familiare, la quale ipotizziamo essere di 2000 euro. Di conseguenza, la spesa mensile media per i figli ammonta a 680 euro.

Le famiglie italiane mostrano una varietà di distribuzioni nella spesa per i figli:

Famiglie che destinano tra il 21% e il 40% della spesa ai figli (51% delle famiglie):

Media: (21% + 40%) / 2 = 30.5%
Spesa media per figli: 30.5% di 2000 euro = 610 euro
Numero di famiglie: 51% di 2000 euro = 1020 euro

Famiglie che destinano tra il 40% e il 70% della spesa ai figli (32% delle famiglie):

Media: (40% + 70%) / 2 = 55%
Spesa media per figli: 55% di 2000 euro = 1100 euro
Numero di famiglie: 32% di 2000 euro = 640 euro

Famiglie che destinano tra il 10% e il 20% della spesa ai figli (17% delle famiglie):

Media: (10% + 20%) / 2 = 15%
Spesa media per figli: 15% di 2000 euro = 300 euro
Numero di famiglie: 17% di 2000 euro = 340 euro

Oltre alla percentuale della spesa, è importante considerare le voci di spesa che incidono maggiormente sul bilancio familiare. Le priorità di spesa delle famiglie italiane per i figli includono l’abbigliamento (63%), i testi e libri scolastici (51%), scarpe, borse e accessori e attività sportiva (48%), e i pasti fuori casa (46%). Inoltre, quattro su dieci famiglie (41%) affrontano anche spese per rette scolastiche, universitarie e asilo, aumentando ulteriormente il peso finanziario.

I sacrifici dei genitori e le rinunce dei figli

Le famiglie sono costrette a fare rinunce significative per sostenere queste spese, con il 66% dei genitori che rinuncia ad acquistare per sé stessi. Questo non è un gesto sporadico, ma una pratica regolare per molti, con il 31% che rinuncia spesso e il 34% occasionalmente.

Ma le rinunce non finiscono qui! Il 60% dei genitori ha dovuto dire addio alle cene al ristorante, mentre il 58% ha rimandato l’acquisto di un’auto nuova. E le vacanze? Sono diventate un lusso che il 60% delle famiglie ha dovuto limitare, con il 25% che ha addirittura accorciato i periodi di relax per far quadrare il bilancio.

Ma non è solo una via a senso unico. Anche i figli, consapevoli delle sfide economiche che la famiglia affronta, sono disposti a fare la loro parte. Il 37% di loro ha rinunciato a nuovi vestiti e scarpe di moda, dimostrando una maturità sorprendente. E cosa dire delle uscite con gli amici? Il 30% dei giovani ha dovuto ridimensionare la socialità per risparmiare, un gesto di responsabilità che parla del loro impegno nel sostenere la famiglia in tempi difficili.

Le spese familiari per i figli vanno ben oltre i numeri: sono un intricato mix di sacrifici, pianificazione e un continuo bilanciamento tra necessità e desideri, sia per genitori che per figli. Questa avventura economica è un percorso fatto di sfide e scelte oculate che influenzano non solo il presente ma anche il futuro delle famiglie italiane. È un viaggio che richiede creatività, responsabilità e un impegno costante nella gestione delle risorse, mantenendo sempre al centro il benessere e lo sviluppo dei giovani.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

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Discriminazioni LGBT+ sul lavoro, la realtà italiana

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Le persone LGBT+ in Italia affrontano ancora sfide significative nel mondo del lavoro, nonostante i progressi nelle politiche di inclusione. Questa è la cruda realtà che emerge dalla pubblicazione “Discriminazioni lavorative nei confronti delle persone LGBT+ e le diversity policy“, frutto di un progetto di ricerca quinquennale condotto da Istat e UNAR dal 2018 al 2023. Con dati alla mano e analisi approfondite, questo lavoro getta luce sulle barriere che ostacolano la piena integrazione delle persone LGBT+ nel contesto lavorativo italiano.

La produzione editoriale dell’Istituto di Statistica integra i report Istat-UNAR del 2022 e 2023, offrendo una visione complessiva delle discriminazioni basate su orientamento sessuale, identità di genere ed espressione, e caratteristiche sessuali. Le indagini rivelano che il 23% delle persone LGBT+ ha subito discriminazioni durante la ricerca di lavoro e il 19% ha subito trattamenti ingiusti sul posto di lavoro. Inoltre, il 12% ha riferito di aver subito molestie o comportamenti offensivi da colleghi o superiori​.

Diversity policy nelle imprese italiane

Le politiche di diversity management nelle imprese italiane sono variabili e spesso insufficienti. Il progetto ha rilevato che solo il 45% delle grandi aziende e il 20% delle piccole e medie imprese hanno implementato politiche specifiche per l’inclusione delle persone LGBT+. Queste politiche comprendono programmi di sensibilizzazione, formazione specifica per il personale e la creazione di gruppi di supporto interni​.

Le aziende che adottano politiche più avanzate tendono a creare un ambiente lavorativo più inclusivo e rispettoso, riducendo significativamente le esperienze di discriminazione. Tuttavia, molte aziende italiane sono ancora all’inizio del loro percorso di inclusione e necessitano di maggiore supporto e consapevolezza​.

Percezioni degli stakeholder

Le interviste agli stakeholder, che includono datori di lavoro, responsabili delle risorse umane e rappresentanti delle associazioni LGBT+, mostrano una crescente consapevolezza dell’importanza delle politiche di inclusione. Tuttavia, c’è ancora molta strada da fare: il 30% degli intervistati ha dichiarato di non avere una conoscenza approfondita delle tematiche LGBT+ e delle necessità specifiche di questa comunità.

Gli stakeholder sottolineano la necessità di un maggiore impegno da parte delle istituzioni e delle aziende per combattere le discriminazioni e promuovere la diversità. Emerge chiaramente la richiesta di strumenti legislativi più robusti e di campagne di sensibilizzazione per migliorare la percezione e l’accettazione delle persone LGBT+ nel contesto lavorativo​.

Emerge, insomma, che, nonostante i progressi, c’è ancora molto da fare per garantire un ambiente lavorativo veramente inclusivo per le persone LGBT+ in Italia. Le politiche di diversity devono essere ulteriormente rafforzate e integrate con misure concrete che affrontino le discriminazioni strutturali e culturali ancora presenti.

Tra le raccomandazioni emergenti dal progetto, vi è l’importanza di promuovere la formazione continua su temi di inclusione e diversità, migliorare la raccolta di dati sulle esperienze delle persone LGBT+ nel lavoro, e incoraggiare un dialogo costante tra imprese, istituzioni e comunità LGBT+ per sviluppare strategie efficaci di inclusione​.

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L’adozione vista attraverso gli occhi di un bambino, il...

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Cosa significa essere adottati? Quali emozioni attraversano il cuore di un bambino in attesa di una nuova famiglia? Risponde a queste domande il progetto “Da bambino a bambino”, promosso dal Servizio regionale per le adozioni internazionali della Regione Piemonte, che ci porta nel mondo di Moïse. Attraverso una serie di video animati, la storia di Moïse, un giovane africano, diventa il mezzo per spiegare in modo semplice e toccante il complesso percorso dell’adozione.

Con un linguaggio pensato per i più giovani, questi video non solo informano, ma coinvolgono ed emozionano, offrendo uno sguardo intimo e profondo su un’esperienza che cambia la vita.

La magia dei video animati

Tre video, disponibili su Youtube, che sono molto più di semplici animazioni: sono finestre aperte su un mondo spesso poco compreso. Grazie alle illustrazioni animate e a una voce narrante disponibile in più lingue, ogni spettatore, che sia un bambino, un genitore, un insegnante o un operatore, può immergersi nella storia di Moïse e seguire ogni passo del suo percorso adottivo. Questi video non solo educano, ma emozionano, permettendo di vivere le gioie e le paure di Moïse come se fossero le proprie.

Il progetto è frutto di un attento lavoro di squadra. Per creare un racconto autentico e coinvolgente, sono stati intervistati bambini che avevano già vissuto l’esperienza dell’adozione. Queste interviste, condotte sotto la supervisione del Dipartimento di Psicologia dell’Università di Torino, hanno offerto preziosi insight su come spiegare un’esperienza così complessa in modo accessibile e rispettoso. Mediatori culturali e operatori africani, esperti nel campo dell’infanzia in difficoltà, hanno ulteriormente arricchito il progetto, assicurando che ogni dettaglio fosse culturalmente sensibile e accurato.

La storia di Moïse

La storia di Moïse è il filo conduttore dei video. Moïse, un bambino africano che sta per essere accolto da una famiglia italiana, vive un’avventura fatta di scoperte e cambiamenti. Attraverso le sue vicende, i piccoli spettatori possono comprendere meglio il processo dell’adozione e le emozioni che lo accompagnano. Ogni capitolo della sua storia è un tassello che, passo dopo passo, costruisce un quadro completo del percorso adottivo. Le sue interazioni simboliche con altri bambini adottati prima di lui offrono un senso di continuità e appartenenza, rendendo il viaggio meno solitario e più comprensibile.

Un sostegno per bambini e adulti

Da bambino a bambino” è un ponte che collega culture e continenti, rispondendo ai bisogni dei bambini in modo inclusivo e attento. La disponibilità dei video in più lingue li rende accessibili sia nel paese di nascita che in quello di accoglienza, facilitando una transizione più dolce per i bambini adottati. Questa iniziativa della Regione Piemonte rappresenta un esempio luminoso di collaborazione internazionale, dove Europa e Africa si incontrano per garantire il benessere dei più piccoli.

Oltre a supportare i bambini in attesa di una famiglia, “Da bambino a bambino” offre uno strumento prezioso per tutti i bambini coinvolti nel percorso adottivo. I video, infatti, stimolano domande e riflessioni, diventando un punto di partenza per discutere di adozione in modo aperto e sicuro. Anche gli adulti, come genitori, insegnanti e operatori, trovano in questi racconti un valido aiuto per accompagnare i bambini attraverso le diverse fasi dell’adozione. Un progetto che non solo informa, ma che, soprattutto, emoziona e unisce, creando legami tra culture e generazioni.

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La Gen Z si informa su Instagram e considera poco...

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Quanto spazio occupano i social network nella dei giovani? E come si informano Millenials e Gen Z? A rispondere a queste domande è stato il team Public Affairs di Ipsos ha esplorato come le persone utilizzano queste piattaforme per informarsi e come esse abbiano cambiato il panorama dell’informazione, tra benefici e criticità. Vediamo insieme i principali risultati.

Le fonti di informazioni

Il ruolo dei telegiornali occupa sempre un posto di prim’ordine nella dieta mediatica degli italiani. Con questo termine di intende, in senso metaforico, il modo in cui la popolazione assorbe le informazioni e si “ciba” di notizie, alimentando la propria curiosità e il proprio senso civico. Il 60% degli intervistati predilige la televisione, con i telegiornali, e per il 43% ci sono anche programmi tv e approfondimenti. Una percentuale poco più bassa (38%) si informa direttamente dai giornali, sia cartacei che digitali.

In termini generali, questi dati possono essere validi per l’intera popolazione intervistata. Ma se si guarda alle diverse generazioni, la situazione cambia notevolmente. La Generazione Z indica tra le fonti principali di informazione Instagram (42%), siti o app di news/informazione (38%) e YouTube (33%), dimostrandosi la generazione più digitale. Anche i Millennials si distinguono, indicando Facebook (38%) e amici/familiari (33%) tra fonti di informazione rilevanti.

I mezzi di informazione “affidabili”

Ma i social network sono affidabili tanto quanto un telegiornale? La percezione degli intervistati rispetto all’affidabilità delle fonti vede le notizie alla radio come le più affidabili (75%), seguite da telegiornali (72%), giornali (72%) e programmi TV (71%). Le fonti tradizionali sono, quindi, percepite come le più affidabili.

Tik Tok (20%) e i gruppi Telegram (24%) occupano gli ultimi posti in termini di affidabilità, soprattutto per Generazione Z, Boomers e Silent Generation. Contrariamente all’opinione comune, i giovani sembrano consapevoli dell’affidabilità delle fonti, considerando tali– oltre a quelle tradizionali – solo i siti o app di news/informazione e YouTube.

In linea di massima, le informazioni veicolate tramite tv tendono ad essere meno soggette ad attacchi hacker o a diffusione manipolata e involontaria di fake news. Per questo motivo, in linea di massima, si potrebbe considerare vero tale assunto. Ciò non toglie che sui social ci siano le declinazioni dei singoli giornali e telegiornali, per cui non sempre ciò che gira sulle piattaforme deve essere considerato falso. L’importante è fare sempre attenzione alla fonte e consultarne più di una per verificare che ciò che è scritto sia vero e per diversificare i pareri espressi.

L’uso dei social media è un fenomeno positivo?

L’indagine Ipsos ha, infine, esplorato l’impatto emotivo dell’uso dei social media. Per la maggior parte degli intervistati, i social sono principalmente un modo per restare in contatto con amici (61%) e per passare il tempo senza troppi pensieri (58%).

La Generazione Z si distingue nuovamente, affermando che l’uso dei social li rende più consapevoli di ciò che accade intorno a loro (70%). Tuttavia, il pessimismo (47%) e l’ansia (41%) legati all’uso dei social sono più frequenti tra i giovani, probabilmente a causa della maggiore esposizione a canoni sociali, di bellezza e di standard di vita irraggiungibili.

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