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Cronaca

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Bracciante morto a Latina, arrestato titolare azienda dove lavorava Satnam Singh

La procura di Latina contesta a Antonello Lovato il reato di omicidio doloso: "Per consulenza medica Satnam Singh se soccorso si sarebbe salvato"

Satnam Singh - (Fotogramma)

Custodia cautelare in carcere per Antonello Lovato, titolare dell'azienda in cui lavorava Satnam Singh, il bracciante morto nelle campagne di Latina in seguito ad un incidente sul lavoro. L'ordinanza è stata emessa dal Gip del Tribunale di Latina per il reato di omicidio doloso, ed eseguita dai Carabinieri della Compagnia di Latina. Dai risultati della consulenza medico legale, la Procura della Repubblica di Latina ha variato l’ipotesi di reato inizialmente configurata, omicidio colposo, ed ha contestato il reato di omicidio doloso con dolo eventuale.

La consulenza medico legale ha accertato che "ove l’indiano, deceduto per la copiosa perdita di sangue, fosse stato tempestivamente soccorso, si sarebbe con ogni probabilità salvato. Le condizioni del lavoratore dopo l’infortunio sono risultate talmente gravi da rendere evidente la necessità di un tempestivo soccorso".

Per la Procura di Latina "è dunque da ritenersi che la decisione di omettere il doveroso soccorso abbia costituito accettazione del rischio dell’evento letale ed abbia integrato la causa che ha direttamente determinato il decesso".

Le indagini proseguono con riferimento al delitto oggetto di contestazione e ad altri delitti connessi, con riguardo specificamente all’accertamento delle condizioni di lavoro.

Odinanza: "Da Lovato condotta disumana"

"Prescindendo da valutazioni etiche (irrilevanti per il diritto penale) che, nel caso in esame, pure si imporrebbero a fronte di una condotta disumana e lesiva dei più basilari valori di solidarietà, non può sottacersi che l'indagato si è intenzionalmente e volontariamente disinteressato delle probabili conseguenze del suo agire. Ha fatto ritorno sui terreni dell'azienda agricola, quando ormai la p.g. intervenuta aveva delineato le circostanze spazio-temporali dell'accaduto e, in presenza dei suoi difensori, ha rappresentato circostanze parte e allo stato, risultano sconfessate", scrive il gip di Latina nell’ordinanza.

Il comportamento è apparso lucido e finalisticamente teso a dissimulare quanto accaduto, a tutti i costi”, si legge ancora. “D'altra parte, è logico ritenere che qualunque persona, in assenza di condizionamenti o diverse finalità perseguite, dinanzi ad un infortunio dalle conseguenze visibili (tra l'altro, amputazione di un arto) ed estremamente gravi, anche e soprattutto a fronte delle insistenti richieste in tal senso della coniuge della vittima, chiami i soccorsi o conduca il ferito nel più vicino presidio sanitario. Antonello Lovato, nonostante il prospettato stato emotivo, carica il corpo sul furgone, abbandona il corpo e separatamente l'arto amputato ('vi era una cassettina di plastica nera, tipica di quelle per la frutta, al cui interno vi era un pezzo di mano, che veniva poi recuperato dai sanitari', secondo una testimonianza), si allontana repentinamente ('iniziava a correre verso la strada dove era parcheggiato un furgone bianco'), intima il silenzio ai presenti ('faceva il gesto del dito davanti la bocca, come per dirci di stare zitti'), provvede a ripulire le tracce ematiche dal furgone adoperato”.

Gip: "Lavoratori in clima soggezione"

Nell’ordinanza il Gip sottolinea come "l'attività investigativa non si è ancora conclusa, sono state escusse alcune persone informate sui fatti, ma altre testimonianze dovranno essere oggetto di futura acquisizione. Pertanto, proprio nel descritto contesto, la procura evidenzia gli ulteriori approfondimenti investigativi necessari, nel corso dei quali è necessario recidere i contatti con l'esterno di Antonello Lovato, applicando la più gravosa misura cautelare della custodia in carcere”. “Il clima di soggezione nel quale versano gli altri lavoratori stranieri (oggetto di futura escussione), le possibili intimidazioni o i condizionamenti esterni andrebbero certamente a minare la genuinità delle loro affermazioni, non solo nell'attuale fese investigativa ma, anche, in ottica di correlate e futura protezione, delle fonti dichiarative, in vista della loro assunzione dibattimentale”, scrive il gip.’

“Il contesto nel quale continua ad operare l'azienda del Lovato, alla luce delle accertate violazioni antinfortunistiche e con la presenze dl lavoratori privi di garanzie contrattuali, addirittura irregolari sul territorio nazionale, permette di ritenere la possibilità che accadimenti (come quello descritto) possano ancora realizzarsi e, per l'effetto, l'indole manifestata dall'indagato impone di evidenziare che non si asterrebbe se ‘si presentasse affettivamente un'occasione per compiere ulteriori della stesse specie’”, si sottolinea nell’ordinanza.

Moglie a inquirenti: "Lovato urlava ‘è morto’ senza chiamare soccorsi

Negli atti è presente anche la testimonianza della moglie di Satnam Singh, anche lei bracciante agricola: “Antonello urlava le frasi ‘è morto! è morto!’ mentre mio marito si trovava a terra con l'arto superiore destro tranciato. Ho visto che aveva subito anche delle lesioni ad entrambe le gambe. Nell'immediatezza ho chiesto ad Antonello di chiamare i soccorsi ma lo stesso continuava a dire le frasi ‘è morto! è morto!’ Solo dopo aver insistito nella mia richiesta Antonello ha preso un furgone di colore bianco, ha caricato mio marito all'interno dello stesso riponendo l'arto staccato in una cassetta in plastica per poi accompagnarci presso il nostro domicilio di via Genova”.

“Giunti a casa, un mio connazionale che vive anche lui in via Genova con la sorella, visto le condizioni cui versava mio marito, subito si è attivato a richiedere l'intervento di personale medico che giungeva poco dopo, operando il soccorso di mio marito che è stato trasportato con urgenza in una struttura ospedaliera. Antonello, giunti in via Genova 13, prendeva in braccio mio marito e lo deponeva innanzi all'ingresso dell'appartamento dove dimoriamo e si allontanava velocemente. Subito dopo mi sono resa conto che il mio cellulare e quello di mio marito erano rimasti nel furgone”, ha spiegato.

Alla domanda se Antonello Lovato, dopo l'incidente, si fosse adoperato per chiamare i soccorsi medici, la donna ha risposto “no, assolutamente”.

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Cronaca

Mafia, domani l’interrogatorio dell’ex pm Natoli

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Gioacchino Natoli

"Sono qui per fornire un resoconto ordinato degli accadimenti, come risultano dai documenti ufficiali dell'epoca, e non già da ricostruzioni inesatte, se non oggettivamente false, in alcuni passaggi, che sono state proposte in precedenza", dall'avvocato Fabio Trizzino, genero del giudice Paolo Borsellino. E' il 23 gennaio del 2024 e l'ex pm del pool antimafia di Palermo Gioacchino Natoli, è seduto davanti alla Commissione nazionale antimafia per replicare alle dichiarazioni fornite nei mesi precedenti a Palazzo San Macuto proprio dall'avvocato Trizzino, marito di Lucia Borsellino e legale della famiglia del giudice nei processi sul depistaggio sulla strage di via D'Amelio. Natoli a Palazzo San Macuto parla di "gravissime insinuazioni" e "accuse" che sono state mosse e ribadisce la sua "enorme sorpresa" per "le accuse di sostanziale infedeltà, se non addirittura più gravi" nei suoi confronti.

Sorpresa, "dovuta non tanto al fatto che mai nei 31 anni trascorsi da quei fatti, né prima di allora, è stato da alcuno anche solo ipotizzato o azzardato che la mia attività di magistrato fosse stata ispirata a principi a condotte che non fossero di corretezza, senso di giustizia e rispetto di legalità, ma soprattuto si fondono su una ricostruzione di avvenimenti reali distorta e del tutto destituita di fondamento". Sono trascorsi cinque mesi da allora e l'ex magistrato è finito nel registro degli indagati per favoreggiamento a Cosa nostra e calunnia. L'inchiesta è coordinata dalla Procura di Caltanissetta, che ha notificato un invito a comparire per interrogarlo al magistrato, che sarà interrogato domani mattina alle 11. Le contestazioni a Natoli sono legate all'indagine Mafia e appalti, avviata agli inizi degli anni Novanta a Palermo e a cui lavorò con grande impegno il giudice Paolo Borsellino.

Per i pm nisseni, Natoli avrebbe insabbiato l’indagine della Procura di Massa Carrara, poi confluita nel procedimento sulle gare pubbliche gestite dalla criminalità organizzata, per favorire l’imprenditore palermitano Francesco Bonura. Ma avrebbe aiutato anche altri imprenditori Antonino Buscemi, Ernesto Di Fresco, Raoul Gardini (morto suicida), Lorenzo Panzavolta e Giovanni Bini ad eludere le indagini.

Ma cosa aveva detto l'avvocato Fabio Trizzino nelle lunghe audizioni rese davanti all'Antimafia, guidata da Chiara Colosimo, nell'ambito del procedimento sul depistaggio Borsellino? Secondo il legale, l'allora pm del pool antimafia, nel giugno del 1992, subito dopo la strage di Capaci e prima della strage di via D'Amelio, aveva chiesto l'archiviazione e la smagnetizzazione delle intercettazioni e la distruzione dei brogliacci di una inchiesta riguardante due società operanti nelle cave di marmo di Massa Carrara, legate in qualche modo ai fratelli Nino e Salvatore Buscemi, e al boss mafioso Totò Riina.

L'avvocato ha collegato l’indagine sui Buscemi a quelle del Ros dei Carabinieri su 'Mafia e appalti', indicandole come il movente segreto della strage Borsellino. Il comportamento di Natoli, secondo il legale, era stato "anomalo" per "un’indagine di mafia". "Il dottore Natoli avrebbe dovuto giustificare quella distruzione a Borsellino, se Borsellino fosse sopravvissuto”, ha sostenuto Trizzino in Commissione Antimafia.

Natoli, nella sua lunga deposizione in Antimafia, ha parlato di "affermazioni denigratorie" che "sono tutte clamorosamente destituite di fondamento”. E, con documenti alla mano, ha sottolineato che le affermazioni dell'avvocato Trizzino su quelle intercettazioni fossero “clamorosamente false”. Innanzitutto, perché “le bobine delle intercettazioni telefoniche eseguite su indicazione della procura di Massa Carrara non furono mai consegnate a Palermo, e perché l’ordine di smagnetizzazione atteneva esclusivamente ai decreti emessi dal gip di Palermo”, ha detto Natoli in Antimafia. L'ex pm ed ex Presidente della Corte d'Appello di Palermo ha anche riferito alla Commissione di aver richiesto alla Procura di Palermo, nella persona del procuratore della Repubblica Maurizio de Lucia, la consultazione del cosiddetto “modello 37”, cioè quel registro sul quale vengono annotati tutti i decreti di intercettazione e il divenire del decreto di intercettazione.

'Le intercettazioni non erano mai state smagnetizzate'

E così è emerso “che le intercettazioni non erano mai state smagnetizzate”. Natoli ha anche consegnato alla stessa Commissione “le trascrizioni integrali delle 29 intercettazioni”, ritenute più rilevanti dagli inquirenti. In apertura della audizione la Presidente Colosimo, quel giorno, fece sapere che la Procura di Palermo, in una nota, aveva spiegato che “non è stato possibile reperire tre dei 4 brogliacci riferiti a quelle intercettazioni”. Natoli, quel giorno, disse anche che l'esito delle intercettazioni era stato "assolutamente negativo", tanto che la "Guardia di finanza già in data 2 gennaio 1992 mi comunica che tre utenze telefoniche hanno dato il risultato zero" perché aventi "contenuto esclusivamente familiare, è comunque non inerente al servizio". In altre parole, quelle intercettazioni "non hanno consentito di individuare episodi, circostanze specifiche o altri elementi di fatto tali da chiarire" i rapporti con i fratelli Buscemi (Nino e Salvatore) e la Calcestruzzi”.

L'ex pm del pool antimafia ha poi spiegato all'Antimafia che Trizzino avrebbe messo in atto una operazione di “anticipazione delle conoscenze” poiché in base alla sua ricostruzione “tutte le preziose conoscenze sul sistema mafia appalti, avutesi esclusivamente a partire dalla fondamentale collaborazione di Siino del luglio 1997 e dopo le dichiarazioni di Giovanni Brusca del periodo ’98-’99, cioè quando Brusca comincia a diventare effettivamente attendibile, avrebbero dovuto essere conosciute e valorizzate dai pm della Procura di Palermo, Lo Forte e Scarpinato, in anticipo rispetto alla storia, cioè al momento della richiesta di archiviazione da loro depositata il 13 luglio 1992". Una ricostruzione che avrebbe denotato una "grave capziosità".

Durante l'audizione Natoli ha anche ribadito che le sentenze e le richieste di archiviazione di altri procedimenti spiegano che si tratta di stragi che “hanno una molteplicità di concause all'interno delle quali si iscrivono anche quelle riconducibili al rapporto mafia-appalti. Ma soltanto come concausa e non come causa esclusiva e meno che mai come causa acceleratrice di una determinazione”.

Poi, parlando ancora delle dichiarazioni di Trizzino sulla inchiesta di Massa Carrara, costola dell'indagine Mafia e appalti, ha elencato i principali punti su cui verteva il fascicolo: "La Procura nella persona del sostituto Augusto Lama, a partire dal 1990, stava svolgendo delle indagini sui distretti marmiferi della zona da cui sarebbe emersa la commissione di reati gravissimi da parte, tra gli altri, del noto Antonino Buscemi, già imputato a Palermo" in "una tranche del maxiprocesso, sin dal 1988, in concorso con i vertici della Calcestruzzi S.p.A. di Ravenna, appartenente al gruppo Ferruzzi-Gardini". L'allora pm Augusto Lama aveva chiesto alla procura di Palermo di "espletare opportune indagini al fine di accertare le principali utenze sia private che professionali utilizzate dai fratelli Buscemi, Antonino e Salvatore", ha detto Natoli. Quest'ultimo fece le indagini ma, ha specificato, "a Palermo l'apposito gruppo di lavoro delle misure di prevenzione si occupava di Antonino Buscemi sin dal 1990 e nel 1991 aveva chiesto delle indagini approfondite al gruppo Carabinieri Palermo Uno che poi vengono sollecitate dall'allora pm Roberto Scarpinato il 13 luglio del '92 in contemporanea al deposito dell'archiviazione".

Successivamente le indagini vennero riaperte dai pm Giuseppe Pignatone, Ilda Boccassini, Roberto Saieva e Luigi Patronaggio. Ma anche chiesero l'archiviazione della inchiesta. "Era stato lo stesso giudice Giovanni Falcone ad insegnarlo agli altri magistrati: ci insegnò che 'dovevamo imparare ad utilizzare le indagini preliminari come qualche cosa che veniva utilizzata a tempo', cioè 'se erano ancora buoni i risultati delle indagini al termine delle scadenze, altrimenti archiviate'”, ha detto Natoli.

Al tempo, ha spiegato Natoli “c'era una interpretazione che non fu mai contestata né contrastata da alcuno. Nell'articolo 269.2 del vigente codice di procedura penale, che ancora oggi afferma che ‘la conservazione delle registrazioni va fatta fino a quando le sentenze non passino in cosa giudicata”. Non solo. Sempre Natoli ha detto in antimafia che per dichiarati problemi economici, il governo aveva decretato che, per risparmiare, si dovevano smagnetizzare le bobine per poterle riutilizzare. Domani l'ex om sarà ascoltato dai magistrati nisseni per raccontare quanto accadde in quei giorni di giugno 1992. (di Elvira Terranova)

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Cronaca

Giornata mondiale del bikini. “Zero tabù per chi ha...

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Dopo una ricostruzione mammaria la prova costume si può affrontare (e superare) a testa alta, senza complessi né paure: "Risultati naturali con protesi e tecniche di ultima generazione". I consigli di Babc Italia Onlus

Giornata mondiale del bikini.

Il senso di libertà che esplode quando, via i vestiti, ci si spoglia della fatica di un anno di lavoro e la pelle si accende a contatto con il sole e con il vento. Una gioia appannata solo dal pensiero di non apparire perfette come si vorrebbe. Croce e delizia di ogni inizio d'estate, la prova costume ha un sapore dolceamaro un po' diverso per le donne che ritornano in spiaggia dopo un intervento di ricostruzione mammaria per un cancro al seno. Nessun tabù, via i complessi e le paure: scoprirsi e affrontare a testa alta lo specchio e lo sguardo degli altri si può e si deve. Parola delle esperte di Beautiful After Breast Cancer (Babc) Italia Onlus, che in occasione della Giornata mondiale del bikini in calendario il 5 luglio rassicurano e consigliano chi si prepara a indossarlo dopo l'operazione.

Quando si indossa nuovamente il bikini dopo una ricostruzione al seno, si teme che qualsiasi irregolarità o differenza tra le mammelle possa essere notata", spiega Marzia Salgarello, chirurgo plastico ricostruttivo presso la Fondazione Policlinico universitario Agostino Gemelli Irccs di Roma e presidente di Babc Italia Onlus. "In realtà - precisa - con le nuove tecniche di ricostruzione mammaria protesica prepettorale, mi sento di rassicurare le donne. Queste tecniche, infatti, rendono la ricostruzione più naturale, perché la protesi è posizionata davanti al muscolo e quindi si comporta in modo simile al seno di prima della mastectomia". Non teoria, ma realtà: "In questo periodo dell'anno - racconta la specialista - la mia équipe ed io riceviamo numerose foto di pazienti che sfoggiano orgogliose il costume da bagno. In quelle immagini c'è innanzitutto la gioia di aver superato un periodo difficile, ma anche quella di ritrovare il proprio corpo, in alcuni casi ancor più bello di prima. E' questo soprattutto il caso delle pazienti che hanno ricevuto una ricostruzione bilaterale dopo una mastectomia bilaterale, in cui, quindi, i due seni sono davvero molto simili, poiché è stata posizionata la stessa protesi su entrambi i lati".

Ma anche "in tutti gli altri casi, ovvero quando la mastectomia e la successiva ricostruzione mammaria sono state monolaterali, cioè hanno coinvolto solo un seno - tranquillizza Salgarello - la ricostruzione con la protesi prepettorale garantisce comunque un aspetto e una mobilità che lo fa assomigliare all'altro seno".

"Nel caso la paziente sia stata sottoposta ad una ricostruzione con lembi, ovvero con i propri tessuti e non con la protesi", continua Liliana Barone Adesi, dirigente medico dell'Uoc di Chirurgia plastica della Fondazione Policlinico Gemelli e vicepresidente Babc Italia Onlus, il seno "avrà di certo un aspetto ancora più naturale che le garantirà anche, nell'immediato, una maggiore simmetria rispetto all'altro seno. Inoltre, i risultati della ricostruzione con lembi sono più stabili nel tempo: il seno ricostruito seguirà i cambiamenti fisiologici del corpo, ingrassando se la paziente prende peso e invecchiando con lei. Sarà soggetto alla forza di gravità, come fa il seno originario. Questo tipo di intervento, però, necessita di 'attingere' tessuto principalmente dall'addome, e pertanto non è indicato nelle pazienti particolarmente magre. Le pazienti che presentano invece una pancia un po' più pronunciata possono ricostruire la mammella prelevando il tessuto proprio da quel distretto. L'incisione verrà fatta in una zona che cade sotto lo slip e che pertanto risulterà invisibile anche in costume, analogamente a quanto avviene per un addominoplastica estetica".

"Quel che le pazienti temono di più nell'indossare il costume - riferisce Salgarello - è che nella posizione sdraiata, se la ricostruzione è stata con una protesi monolaterale, il seno con protesi rimarrà più duro e statico, mentre l'altro non ricostruito cambierà di forma poiché più morbido. In realtà, grazie alle nuove tecniche di ricostruzione prepettorale, la mobilità della mammella è molto simile a quella originaria e inoltre con l'uso di costumi ad hoc si può ridurre al minimo questo problema. Grazie alle moderne protesi è possibile ottenere un risultato naturale che uniforma il seno ricostruito a quello sano", ribadisce l'esperta.

Alcune buone abitudini possono aiutare. "Consigliamo alle pazienti di utilizzare una protezione solare 50+ anche sotto il costume, applicata più volte al giorno, e di esporsi al sole solo nelle ore più fresche, evitando quindi le ore centrali della giornata", raccomanda Barone. "Nessun problema - aggiunge - per il bagno al mare. Il consiglio però è di fare una doccia con acqua dolce subito dopo, per evitare irritazioni della pelle che l'acqua salina può comportare. Un altro utile accorgimento in caso di ricostruzione autologa è quello di utilizzare i cerotti al silicone sulla cicatrice. In questo modo si otterrà la protezione completa delle cicatrici, quasi come se fosse uno schermo solare totale applicato in permanenza, e si favorisce anche una migliore cicatrizzazione della pelle".

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Cronaca

Spoleto e la 67esima edizione del Festival dei Due Mondi

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Spoleto è nel pieno della sessantasettesima edizione del Festival dei Due Mondi, che ha alzato il sipario venerdì 28 giugno e che chiuderà domenica 14 luglio.

Grazie al prezioso sostegno di partner come Intesa Sanpaolo, Premium Supporter dell’iniziativa, in 17 giorni e in 20 sedi differenti il Festival presenta più di 60 spettacoli tra Opera, Musica, Danza e Teatro, Performance e installazioni artistiche, coinvolgendo 30 compagnie internazionali per un totale di oltre 600 artisti provenienti da 20 paesi.

Spoleto, inoltre, fa parte della “Fascia olivata Assisi-Spoleto”, un paesaggio pedemontano appenninico di oltre 40 chilometri dove borghi, santuari, basiliche, opere d’arte e monumenti di ogni genere costituiscono un patrimonio unico ed irripetibile che coinvolge i sei comuni della provincia di Perugia: Assisi, Spello, Foligno, Trevi, Campello sul Clitunno e, appunto, Spoleto.

Questo ambiente, così suggestivo, ricco di bellezza e di spiritualità, ha ispirato Francesco Saverio Nardi Regoli nella fondazione della start up “Pacomio", una società benefit costituita per l'ideazione e la produzione di contenuti multimediali per mezzo dei quali si intende raccontare e valorizzare il patrimonio storico artistico e culturale, con l’obiettivo di rigenerare quei luoghi abbandonati o in stato di degrado.

Alle porte del Giubileo 2025 “Pellegrini di speranza”, e nascendo nella città del Festival dei Due Mondi, Pacomio si propone come un ponte tra arte ed impresa, collegando i cuori e le menti nella nuova economia di Papa Francesco.

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