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La Gen Z si informa su Instagram e considera poco...

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La Gen Z si informa su Instagram e considera poco affidabili TikTok e Telegram

Quanto spazio occupano i social network nella dei giovani? E come si informano Millenials e Gen Z? A rispondere a queste domande è stato il team Public Affairs di Ipsos ha esplorato come le persone utilizzano queste piattaforme per informarsi e come esse abbiano cambiato il panorama dell’informazione, tra benefici e criticità. Vediamo insieme i principali risultati.

Le fonti di informazioni

Il ruolo dei telegiornali occupa sempre un posto di prim’ordine nella dieta mediatica degli italiani. Con questo termine di intende, in senso metaforico, il modo in cui la popolazione assorbe le informazioni e si “ciba” di notizie, alimentando la propria curiosità e il proprio senso civico. Il 60% degli intervistati predilige la televisione, con i telegiornali, e per il 43% ci sono anche programmi tv e approfondimenti. Una percentuale poco più bassa (38%) si informa direttamente dai giornali, sia cartacei che digitali.

In termini generali, questi dati possono essere validi per l’intera popolazione intervistata. Ma se si guarda alle diverse generazioni, la situazione cambia notevolmente. La Generazione Z indica tra le fonti principali di informazione Instagram (42%), siti o app di news/informazione (38%) e YouTube (33%), dimostrandosi la generazione più digitale. Anche i Millennials si distinguono, indicando Facebook (38%) e amici/familiari (33%) tra fonti di informazione rilevanti.

I mezzi di informazione “affidabili”

Ma i social network sono affidabili tanto quanto un telegiornale? La percezione degli intervistati rispetto all’affidabilità delle fonti vede le notizie alla radio come le più affidabili (75%), seguite da telegiornali (72%), giornali (72%) e programmi TV (71%). Le fonti tradizionali sono, quindi, percepite come le più affidabili.

Tik Tok (20%) e i gruppi Telegram (24%) occupano gli ultimi posti in termini di affidabilità, soprattutto per Generazione Z, Boomers e Silent Generation. Contrariamente all’opinione comune, i giovani sembrano consapevoli dell’affidabilità delle fonti, considerando tali– oltre a quelle tradizionali – solo i siti o app di news/informazione e YouTube.

In linea di massima, le informazioni veicolate tramite tv tendono ad essere meno soggette ad attacchi hacker o a diffusione manipolata e involontaria di fake news. Per questo motivo, in linea di massima, si potrebbe considerare vero tale assunto. Ciò non toglie che sui social ci siano le declinazioni dei singoli giornali e telegiornali, per cui non sempre ciò che gira sulle piattaforme deve essere considerato falso. L’importante è fare sempre attenzione alla fonte e consultarne più di una per verificare che ciò che è scritto sia vero e per diversificare i pareri espressi.

L’uso dei social media è un fenomeno positivo?

L’indagine Ipsos ha, infine, esplorato l’impatto emotivo dell’uso dei social media. Per la maggior parte degli intervistati, i social sono principalmente un modo per restare in contatto con amici (61%) e per passare il tempo senza troppi pensieri (58%).

La Generazione Z si distingue nuovamente, affermando che l’uso dei social li rende più consapevoli di ciò che accade intorno a loro (70%). Tuttavia, il pessimismo (47%) e l’ansia (41%) legati all’uso dei social sono più frequenti tra i giovani, probabilmente a causa della maggiore esposizione a canoni sociali, di bellezza e di standard di vita irraggiungibili.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

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Vacanze ‘one child only’, il nuovo trend delle famiglie...

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Negli ultimi anni, un nuovo trend di viaggio ha guadagnato popolarità, vedendo i genitori partire con un solo figlio alla volta. La pratica delle vacanze “one child only“, inizialmente diffusa negli Stati Uniti, sta ora prendendo piede a livello globale, inclusa l’Italia. L’idea alla base è semplice ma profonda: dedicare un viaggio esclusivamente a un solo figlio consente di rafforzare il legame genitore-figlio, offrire attenzioni individuali e creare ricordi indimenticabili.

La crescita del trend in Italia e all’estero

In Italia, la pratica “one child only” sta prendendo piede, con un aumento delle prenotazioni durante i weekend di primavera e l’estate, secondo i dati di BWH Hotels Italia & Malta. I dati indicano un incremento delle prenotazioni nei mesi di aprile e maggio 2024, rispettivamente dell’8% e del 9% rispetto all’anno precedente.

Questa tendenza è confermata anche all’estero, con la compagnia di luxury travel inglese Scott Dunn che ha registrato un incremento dei viaggi genitore-figlio nel 2024. Le madri che viaggiano con le figlie sono in maggioranza, ma c’è una crescente presenza di padri che portano in viaggio i figli maschi.

Il trend del viaggio “one child only” ha visto un aumento significativo, alimentato dal desiderio dei genitori di costruire connessioni più profonde con i propri figli. Secondo Booking.com, questo trend si allinea con una tendenza più ampia tra i viaggiatori a cercare di migliorare le relazioni personali durante i viaggi​. La possibilità di trascorrere tempo di qualità senza la dinamica familiare quotidiana e le rivalità tra fratelli permette ai genitori di concentrarsi esclusivamente sugli interessi e i bisogni di un solo figlio.

I vantaggi dei viaggi “one child only”

Uno dei principali vantaggi di questi viaggi è il rafforzamento del legame tra genitore e figlio. Vittorio Vaccaro, esperto di dinamiche familiari, spiega che questi viaggi possono migliorare significativamente la comunicazione e la comprensione reciproca. “Viaggiare con un figlio alla volta permette ai genitori di soddisfare specificamente gli interessi e le preferenze di quel figlio, favorendo una connessione più forte e personale,” osserva​. Inoltre, meno bagagli, meno capricci e un’atmosfera più rilassata sono solo alcuni dei benefici.

Questi viaggi permettono ai genitori di conoscere meglio i propri figli, dedicando loro tutta l’attenzione che spesso è difficile riservare quando si è in gruppo. Inoltre, viaggiare con un solo figlio consente di adattare il ritmo delle attività e delle visite alle esigenze del bambino, rendendo l’esperienza più piacevole per entrambi. Tuttavia, è importante bilanciare questi momenti speciali con il resto della famiglia, per evitare sentimenti di esclusione o gelosia tra i fratelli.

Considerazioni pratiche

Tuttavia, il viaggio “one child only” presenta anche alcune sfide. Una preoccupazione è la possibilità di gelosia tra i fratelli lasciati a casa. Per mitigare questo rischio, gli esperti consigliano di pianificare viaggi simili per ciascun figlio, garantendo equità e evitando sentimenti di esclusione. Una pianificazione attenta e una comunicazione aperta all’interno della famiglia sono cruciali per assicurarsi che ogni figlio si senta valorizzato e incluso.

Anche i costi sono un aspetto da considerare. Sebbene viaggiare con un solo figlio possa ridurre alcune spese, comporta comunque costi ripetuti per più viaggi. Nonostante i costi possano aumentare viaggiando con un solo figlio alla volta, è possibile contenere le spese pianificando con attenzione e sfruttando offerte riservate alle famiglie. Un weekend può essere sufficiente per creare ricordi indimenticabili, riservando le vacanze più lunghe per la famiglia al completo. Pianificare attività interessanti per il bambino, ma lasciare spazio per l’improvvisazione, può arricchire ulteriormente l’esperienza.

È anche importante coinvolgere tutta la famiglia nell’organizzazione del viaggio. Chi non parte può dare consigli e contribuire alla pianificazione, rendendo il momento speciale per tutti. Inoltre, chi resta a casa può divertirsi con attività altrettanto piacevoli, evitando così di sentirsi escluso. Prestare attenzione ai dettagli organizzativi aiuta a mantenere l’equilibrio familiare e a garantire che tutti i membri si sentano considerati e inclusi.

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Bonus baby sitter, la proposta del PD

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Il Partito Democratico ha presentato una proposta di legge volta a sostenere economicamente le famiglie italiane e a promuovere l’occupazione femminile. Michela De Biase, deputata del PD e prima firmataria della Pdl dem sugli incentivi per il servizio babysitting, ha delineato i dettagli dell’iniziativa, che prevede un contributo fino a 2400 euro annui per le famiglie con un Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE) fino a 25mila euro e figli a carico di età compresa tra i 3 e i 12 anni. Questo importo, pari a circa 200 euro al mese, equivale a circa 20 ore mensili di babysitting.

La necessità della proposta

De Biase ha sottolineato che la misura mira a fornire un supporto reale alle famiglie, riconoscendo l’importanza dell’aiuto esterno nella cura dei figli. Ha espresso la speranza che la proposta ottenga un ampio sostegno parlamentare, diventando una misura condivisa da tutte le parti politiche. “Meloni ha sottolineato in aula quanto sia fondamentale investire sulla natalità e sulla distribuzione dei carichi di lavoro. Siamo pienamente d’accordo,” ha dichiarato De Biase, invitando il governo a trasformare le parole in azioni concrete.

Chiara Braga, capogruppo alla Camera, ha evidenziato l’urgenza della misura, spiegando che “una donna su quattro non lavora, o lavora troppo poco a causa di un part-time involontario; una su cinque lascia il lavoro dopo la maternità e il 40% delle donne lavoratrici non ha richiesto il bonus mamma attuale.” Braga ha spiegato come questa situazione influenzi negativamente la realizzazione personale ed economica delle donne, contribuendo a una società meno competitiva e solidale. Ha ribadito che la proposta non è un semplice bonus temporaneo, ma una misura strutturale pensata per avere un impatto duraturo, criticando il bonus mamma del governo attuale per le difficoltà di accesso e l’inefficacia delle modalità di erogazione. “Le misure bonus lanciano un messaggio di precarietà,” ha affermato, auspicando che le risorse vengano destinate a iniziative più efficaci e realistiche.

La sfida lanciata alla maggioranza è stata formulata da Arturo Scotto, capogruppo in commissione Lavoro, che ha criticato le attuali politiche familiari, definendole retoriche e inefficaci. Ha sottolineato che la proposta non solo supporterebbe le famiglie, ma contribuirebbe anche a far emergere il lavoro nero, vincolando l’assunzione di babysitter a un regolare contratto di lavoro.

Il contesto europeo

Secondo i dati presentati, l’Italia affronta sfide significative in termini di occupazione femminile rispetto al contesto europeo. Attualmente, il tasso di occupazione femminile nel paese è del 56,5% per le donne tra i 20 e i 64 anni, mentre la media europea si attesta al 70,2%. Questo divario del 13,7% posiziona l’Italia tra i paesi con la più bassa partecipazione femminile al mercato del lavoro nel continente.

Inoltre, il gap di occupazione tra uomini e donne in Italia è di 19,5 punti percentuali, il che rappresenta uno dei divari più ampi in Europa, superato solo dalla Grecia. Questa disparità evidenzia una persistente difficoltà nel garantire un’equa partecipazione delle donne al mercato del lavoro, nonostante gli sforzi compiuti negli anni.

La maternità continua a rappresentare un ostacolo significativo per le donne italiane, con una forte perdita salariale, difficoltà di reinserimento nel mercato del lavoro dopo il congedo e minori opportunità di carriera. Questi fattori non solo influenzano negativamente il benessere economico delle donne, ma contribuiscono anche a mantenere un sistema economico meno competitivo e inclusivo.

In questo contesto, la proposta del Partito Democratico di fornire un sostegno economico alle famiglie con bambini in età prescolare e scolare attraverso un bonus per il babysitting mira a rispondere alle esigenze immediate delle famiglie italiane, ma anche a ridurre le disparità di genere nel mercato del lavoro e promuovere una maggiore equità sociale ed economica nel paese.

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In Umbria fondi per le neomamme

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La Regione Umbria ha confermato un significativo aumento dei fondi destinati al supporto economico per le neomamme, trasformando questo contributo in una misura strutturale e permanente. L’obiettivo principale è agevolare le donne nel conciliare le nuove esigenze familiari, derivanti dalla nascita di un figlio, con quelle professionali. Per il 2024, il finanziamento ammonta a 2,059 milioni di euro, rispetto ai 1,14 milioni dell’anno precedente, consentendo l’erogazione di 1716 contributi, 766 in più rispetto al passato.

Dettagli del contributo

I fondi, basati su risorse europee del programma Fse Plus 2021-2027, permetteranno di assegnare un contributo di 1200 euro per bambino. Questo sostegno economico è destinato a coprire gran parte delle richieste delle aventi diritto, che potranno presentare domanda fino alle ore 12 del 26 luglio 2024.

Per poter accedere al contributo, le beneficiarie devono soddisfare i seguenti requisiti:

ISEE non superiore a 30.000 euro;
Residenza in Umbria da almeno due anni;
Occupazione attuale (subordinata, autonoma) o iscrizione al Centro per l’impiego;
Figlio nato tra il 4 giugno 2023 e il 3 giugno 2024.

Inoltre, per garantire l’accesso alla misura anche alle madri che non hanno potuto presentare la domanda nel 2023 a causa della vicinanza della nascita alla scadenza del bando precedente, possono inoltrare la richiesta anche le madri che hanno avuto un bambino tra il 24 maggio 2023 e il 3 giugno 2023, purché non abbiano già beneficiato del contributo lo scorso anno.

Impatto del contributo

Il contributo si distingue dal bonus bebè esistente, concentrandosi specificamente sull’aiuto economico alle neo mamme per facilitare l’equilibrio tra vita familiare e professionale, contribuendo così a evitare che le donne siano costrette a scegliere tra carriera e maternità.

Questo aumento dei fondi e l’ampliamento delle condizioni di accesso rappresentano un passo significativo verso il sostegno delle famiglie umbre. La misura non solo supporta le madri lavoratrici nel difficile equilibrio tra vita familiare e professionale, ma contribuisce anche a promuovere una maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro.

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