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Cronaca

Serena Mollicone, il procuratore: “Lasciata morire...

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Serena Mollicone, il procuratore: “Lasciata morire come Vannini”

Chiesti 24 anni per l'ex comandante della caserma dei carabinieri, 22 per moglie e figlio. La difesa: "Macchina del fango contro l'intera famiglia"

Serena Mollicone (Fotogramma)

L'omicidio di Serena Mollicone richiama quello di Marco Vannini. A tracciare il parallelo, davanti alla Corte d'Assise d'Appello di Roma, è il sostituto procuratore generale Deborah Landolfi nel corso della requisitoria del processo per l'omicidio della 18enne di Arce uccisa nel 2001 facendo riferimento all'obbligo di "garanzia e di protezione dei titolari dell'abitazione nei confronti di persone da loro ospitate che si trovino in pericolo di vita".

Il pg spiega che nell'omicidio Vannini "il giovane era ospite in casa della fidanzata quando viene ferito da un colpo di arma da fuoco sparato dal padre della ragazza (Antonio Ciontoli, ndr.) e poi lasciato morire senza chiamare adeguati soccorsi".

"L'obbligo di garanzia sorge per il titolare di un'abitazione quando ospita una persona che viene a trovarsi in una situazione di pericolo - chiarisce - proprio perché trovandosi nella sua abitazione era in un posto, dove nessun altro poteva entrare".

"Marco ha messo in pericolo la vita di Serena in un appartamento, dove solo i Mottola potevano accedere e avevano l'obbligo di intervenire - come scrivono i sostituti procuratori generali Deborah Landolfi e Francesco Piantoni nella memoria conclusiva -. Entrambi i genitori e lo stesso Marco avevano l'obbligo di garanzia di prestare soccorso alla ragazza che era entrata nell'abitazione di cui solo essi avevano la disponibilità e ciò non hanno fatto, anzi hanno voluto nascondere quanto era successo per evitare conseguenze penali ai danni del figlio. Ma, in questo caso, hanno anche deciso di soffocare la ragazza e quindi di ucciderla deliberatamente, per poi far sparire il corpo e ogni traccia’’.

Chieste condanne in appello per i Mottola

"Ritengo che la povera Serena sia stata uccisa da tutti e tre i componenti della famiglia Mottola in concorso tra loro, Marco l'ha sbattuta contro la porta e tutti e tre l'hanno soffocata con il nastro adesivo" ha detto il sostituto procuratore generale Deborah Landolfi. La procura generale ha chiesto 24 anni di reclusione per l'ex comandante della caserma dei carabinieri di Arce Franco Mottola, 22 anni per sua moglie Annamaria e per il figlio Marco, l'assoluzione per Vincenzo Quatrale e quattro anni per Francesco Suprano (che ha rinunciato alla prescrizione).

"Abbiamo valutato la possibilità che la condotta sia stata posta in essere solo da due componenti della famiglia e che il terzo si sia limitato ad assistere - ha detto Landolfi - In ogni caso questa persona dovrà rispondere di omicidio con condotta omissiva perché sapeva cosa stava avvenendo e non ha fatto nulla per salvare Serena". Secondo quanto ha ricostruito il sostituto procuratore "alle 11 Serena va in caserma a trovare Marco, c'è anche Franco Mottola, tornato alle 10 dalla festa dell'Arma, e c'è la moglie Annamaria, come risulta da diverse telefonate". "Alle 11.30, dopo una lite con Marco Mottola, la ragazza viene spinta contro la porta e prende il colpo alla testa ma morirà tra le 13 e le 21. Sappiamo che è morta perché è stata soffocata e che è rimasta li' tramortita e non ha più ripreso conoscenza. Quando Marco ha visto la ragazza priva di sensi si sarà spaventato - ha continuato Landolfi - non possiamo escludere che abbia chiesto aiuto ai suoi genitori che si trovavano in caserma".

"Alle 12 Marco Mottola viene visto in piazza da Davide Bove - ha proseguito nella ricostruzione- pur dopo aver spinto Serena lui esce di casa e va in piazza. Conta sul fatto che altre persone assumano l'iniziativa su cosa fare di questa ragazza". "Lui esce e in casa rimangono i genitori sappiamo che la ragazza rimane lì' senza morire per diverse ore - ha detto - ore in cui i presenti hanno meditato su cosa fare". "La giovane muore per asfissia: le vengono avvolti 15 metri di nastro adesivo intorno alla testa che le coprono naso e bocca e ne provocano la morte". "La condotta omicidiaria e' l'imbavagliamento poi è stata legata in modo che potesse essere trasportata fuori dell'alloggio della caserma - ha aggiunto - Per fare queste manovre era necessaria la collaborazione di due persone . Per avvolgere il nastro adesivo di 15 metri attorno alla testa di una persona doveva esserci una persona che aiutava". Franco Mottola è, ha detto il sostituto procuratore Landolfi, "la persona che ha tenuto il comportamento più grave perché era il comandante della stazione dei carabinieri e avrebbe dovuto prendere per primo le iniziative per evitare che questa ragazza morisse".

La difesa: "Contro famiglia Mottola macchina del fango"

"Chiedo che Franco Mottola venga assolto per non aver commesso il fatto" ha detto l'avvocato Enrico Meta, difensore dell'ex comandante della caserma di Arce, Franco Mottola. "Avevo appena 13 anni quando l'omicidio di Serena Mollicone sconvolse non solo tutti i ragazzi della mia età ma tutta la comunità della zona - ha detto il difensore - Cresciuto da avvocato mi sono ritrovato a trattare questo caso. Un aspetto che mi colpì tra il 2017 e il 2018 fu l'atteggiamento della famiglia Mottola che sollecitava l'inizio di un processo perché voleva vedere cambiare la sua posizione ibrida. Erano in un limbo ma in realtà vivevano un inferno da anni. Tutto ciò consapevoli di essere innocenti. Poi c'è stata la sentenza di assoluzione anche se lo stesso giorno sono stati oggetto di una vile aggressione. Un'aggressione frutto della macchina del fango che si era attivata nei loro confronti. Siamo qui per rendere giustizia a Serena ma anche agli imputati che hanno subito la macchina del fango". "Anche io mi ero fatto un'idea diversa ma poi leggendo gli atti ho visto le granitiche certezze contenute nelle informative sgretolarsi", ha aggiunto.

"Per anni si è fatta un'illazione parlando del fatto che Franco Mottola aveva prelevato Guglielmo Mollicone durante la veglia funebre di sua iniziativa. Come è possibile che questa attività posta in essere su indicazione dell'autorità giudiziaria possa essere stata posta a carico del maresciallo Mottola per tutto questo tempo?" ha detto il legale. Per Franco Mottola l'avvocato ha chiesto l'assoluzione per non aver commesso il fatto. L'avvocato del pool della Difesa ha poi ricostruito il 1 giugno del 2001, giorno della scomparsa di Serena. "Tra le 6.50 e le 10 Franco Mottola è stato impegnato con la festa dell'Arma", ha detto, "poi viene visto salire in casa". "La pattuglia con Tuzi e Quatrale rimane in caserma fino alle 11 poi esce e la presenza in ufficio è garantita da Mottola. La pattuglia viene richiamata ed esce di nuovo per fare adempimenti. La caserma e' occupata da Mottola che funge da piantone. Alle 11.07 Franco Mottola chiama Simone Pasquale con la gravità di quello che sta accadendo lui gli dice vieni pure quando vuoi. Poi l'uomo va in caserma ed è certificato che ritira un documento". "Viene, inoltre, chiamato Claudio Lancia a casa e lui richiama. Anche in quel caso gli dicono di andare in caserma. Insomma mentre in caserma al piano di sopra si consumava la tragedia al piano di sotto l'attività si svolgeva normale". "Nel pomeriggio ci sono telefonate che testimoniano le solite attività familiari - spiega - proprio mentre in caserma, secondo l'accusa, ci sarebbe una ragazza agonizzante. E in quei momenti Annamaria Mottola pensa a fare le chiamate alle amiche e ai parenti?". "La sera ci sono continui contatti tra i carabinieri di Ceprano e Pontecorvo. Mottola è in caserma ad Arce. Ad oggi non è dato sapere a che ora avrebbero trasportato questo cadavere. Ci sono tante chiamate e poi c'è Guglielmo Mollicone che va in caserma. Insomma non c'è un momento di discontinuità tra tutte queste attività tale da garantire il caricamento in macchina del corpo. Il percorso dalla caserma al luogo del ritrovamento di Serena è lungo 10 km".

"Non ritengo che si sia raggiunta la benché minima prova della colpevolezza di Suprano" ha detto, inoltre, l'avvocato Emiliano Germani, difensore di Francesco Suprano, al processo di secondo grado. Per lui la procura generale nella memoria conclusiva aveva chiesto il proscioglimento per intervenuta prescrizione ma Suprano ha deciso di rinunciare alla prescrizione. Così la richiesta è una pena di quattro anni per favoreggiamento.

"Francesco Suprano andrebbe assolto perché il fatto non sussiste e non perché il fatto non costituisce reato", ha sottolineato l'avvocato che si è, poi, rivolto alla Corte d'Assise d'Appello di Roma. "Giudici spezzate questa catena - ha detto - e andiamo a cercare i responsabili di questo omicidio evitando di far passare a persone come Francesco Suprano tutto quello che hanno dovuto subire in questi anni". Parlando del brigadiere Santino Tuzi, l'avvocato ha sottolineato che "è stato sottoposto a interrogatorio svolto senza le garanzie di legge. Lui fu sentito nel 2008 ma già nel 2007 gli era stata chiesta una relazione sui fatti. Era già da un anno che Suprano e Tuzi venivano sottoposti a pressioni dal maresciallo Evangelista, novello Sherlock Holmes".

"Quando Tuzi querela il maresciallo Evangelista riporta che il carabiniere gli aveva detto che avrebbe fatto mettere loro le manette". Su Carmine Belli, aggiunge che dovrebbe essere considerato inattendibile dopo 17 mesi di custodia cautelare". Infine concentrandosi sulla porta della caserma, considerata dall'accusa l'arma del delitto dice: "Suprano ha consegnato la porta così come era, avrebbe potuto dargli una martellata e alterarla visto che siamo stati mesi a discutere di centimetri". L'avvocato Francesco Candido difensore di Francesco Quatrale, per cui i sostituti procuratori generali hanno chiesto l'assoluzione, ha invece sollecitato la Corte d'Assise d'Appello di Roma ad andare oltre la sentenza di primo grado. "Ho delle perplessità sull'assoluzione con la motivazione 'perché il fatto non sussiste' ai sensi del secondo comma dell'articolo 530 e richiedo l'assoluzione ai sensi primo comma", quindi, un'assoluzione piena.

Figlia del brigadiere Tuzi:

"Oggi sono state chieste le pene per gli imputati. A me un po' dispiace che siano state chieste le assoluzioni di Suprano e Quatrale. Andavano giudicati anche loro. Anche mio padre ha diritto ad avere giustizia. Mio padre è stato il primo a parlare e a dare con le sue dichiarazioni un'impostazione alle indagini". Lo ha detto al termine dell'udienza del processo per l'omicidio di Serena Mollicone, Maria Tuzi, la figlia del brigadiere Santino Tuzi, morto suicida nel 2008 dopo aver dichiarato di aver visto Serena entrare in caserma. "In aula oggi ha parlato anche la difesa e hanno detto che sono passati tanti anni e che nel frattempo la figlia di uno degli imputati è diventata mamma - ha aggiunto - Mio padre sapeva di essere nonno di un solo nipote. Siamo arrivati ad oggi e mio padre non saprà mai che sarebbe diventato nonno di quattro nipoti. Mio padre ha pagato le sue dichiarazioni con la vita, senza godere di nessuna gioia e limitando anche le nostre".

 

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Cronaca

Giustizia: Pm Bono, “Bene circolare Csm...

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Giustizia: Pm Bono,

“L’indipendenza interna del pubblico ministero è importante quanto quella esterna, per cui ritengo vada nella giusta direzione la nuova circolare del CSM, specialmente nel punto in cui chiarisce le prerogative dei sostituti procuratori rispetto al procuratore della Repubblica. Anche se, a mio avviso, si sarebbe potuto fare di più riguardo alle loro prerogative nella fase delle indagini preliminari. Dopo oltre un anno di approfondimenti e audizioni, la circolare è intervenuta per specificare le previsioni della legge ordinaria, ponendo chiari limiti a quella tendenza alla gerarchizzazione degli uffici di procura che aveva connotato gli interventi normativi dal 2006 al 2022, quando la riforma Cartabia e i successivi decreti delegati hanno imboccato il percorso inverso, che il CSM ha recepito seguendo tre direttrici: nuovo metodo di adozione del progetto organizzativo ricalcato sul modello tabellare previsto per gli uffici giudicanti, con un più significativo coinvolgimento dei sostituti procuratori; standardizzazione dei modelli per la redazione dello stesso; rafforzamento del ruolo del CSM rispetto ai poteri organizzativi del procuratore della Repubblica". Così il sostituto procuratore generale di Caltanissetta Gaetano Bono – autore del libro “Meglio separate, un’inedita prospettiva sulla separazione delle carriere in magistratura”, pubblicato a ottobre 2023 per l’editore Le Lettere, nel quale la questione della gerarchizzazione delle procure viene trattata approfonditamente – nel corso del suo intervento al convegno sulla riforma della giustizia, presso il Museo archeologico di Olbia, promosso dal Procuratore della Repubblica di Tempio Pausania Gregorio Capasso, e dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Tempio Pausania, al quale hanno preso parte Claudio Martelli, già Ministro della Giustizia, il Procuratore Generale di Cagliari Luigi Patronaggio, il Presidente dell’Unione Camere Penali Italiane avvocato Francesco Petrelli, Francesco Zacchè, e Carlo Selis, Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Tempio Pausania.

"In sintesi, e riservandomi un’analisi più approfondita del complesso testo della circolare, oggi si ha un miglior contemperamento tra le contrapposte esigenze di garantire, per un verso, l’autonomia del sostituto procuratore e, per altro verso, la potestà direttiva del procuratore in modo da assicurare il corretto, puntuale e uniforme esercizio dell’azione penale, nell’ottica dei principi generali della leale collaborazione, imparzialità, trasparenza, tempestività ed efficacia”, dice. “Se dunque la circolare – prosegue Bono – non ha fatto altro che adeguarsi alle novità normative introdotte dalla riforma Cartabia e dall’attuale legislatore, mi stupisco dell’intervento polemico del Vicepresidente Pinelli e del voto contrario dei membri laici del CSM, con l’unica eccezione del professor Romboli, a parte l’astensione del consigliere Carbone e l’assenza del consigliere Natoli)”.

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Meloni: “Sicurezza non è un costo, ma diritto di ogni...

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Le parole della premier in occasione di una commemorazione a Montecitorio

"La sicurezza sul lavoro non è un costo, ma un diritto di ogni lavoratore. E il governo continuerà a profondere il suo massimo impegno per garantirlo''. Lo sottolinea la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in un messaggio in occasione della cerimonia di commemorazione delle vittime sul lavoro a Montecitorio.

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Omicidio Mollicone, le difese,: ”Contro i Mottola...

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gli avvocati: ''Caso molto lontano da omicidio Vannini, nel processo nessuna prova è stata dimostrata'

Omicidio Mollicone, le difese,: ''Contro i Mottola caccia alle streghe, vanno assolti''

Contro i Mottola in tutti questi anni c'è stata ''una caccia alle streghe''. Inizia così l'arringa che conclude la giornata delle difese al processo per l'omicidio di Serena Mollicone, la 18enne di Arce uccisa nel 2001. A pronunciarla è l'avvocato Mauro Marsella, uno degli avvocati del pool della difesa dei Mottola, imputati nel processo di secondo grado davanti alla prima Corte d'Assise d'Appello di Roma, ormai giunto alle battute finali. La sentenza è attesa per il 12 luglio, quando dopo eventuali repliche, i giudici entreranno in Camera di Consiglio per poi emettere la sentenza. La procura generale ha chiesto 24 anni per il maresciallo Franco Mottola, ex comandante della caserma di Arce e 22 anni per il figlio Marco e la moglie Annamaria, quattro anni per il carabiniere Francesco Suprano e l'assoluzione per il collega Vincenzo Quatrale. Le difese hanno invece chiesto l'assoluzione piena per tutti gli imputati con la formula per ''non aver commesso il fatto''. Secondo l'accusa Serena Mollicone sarebbe stata uccisa in caserma, sbattuta prima contro una porta durante una lite con Marco Mottola e poi soffocata con il nastro adesivo dai tre componenti della famiglia. Tutti gli imputati nel processo sono stati assolti in primo grado.

Puntando sulla requisitoria l'avvocato Marsella ha sottolineato come "la procura generale'' abbia fatto ''un richiamo all'omicidio Vannini''. ''Ma in quel caso c'è una pistola, che è l'arma del delitto, e persino una chiamata al 118 registrata. Qui invece siamo in presenza di un processo indiziario". "Ci sono delle prove scientifiche insuperabili", dice ancora sottolineando che "sul cadavere di Serena ci sono decine di impronte digitali ma nessuna dei Mottola". "La procura di Cassino non ha saputo spiegare prima e la procura generale non saputo integrare poi per quale motivo sia stato commesso un delitto così grave", ha detto l'avvocato sottolineando poi che Santino Tuzi, il carabiniere morto suicida nel 2008 che dichiarò di aver visto Serena entrare in caserma "è inattendibile: se fosse ancora vivo sarebbe anche lui tra gli imputati''.

Ad aprire l'udienza è stato lo storico difensore dei Mottola, l'avvocato Francesco Germani, che in aula ha ripercorso le fasi del 1 giugno 2001, giorno della scomparsa della giovane, affrontando punto per punto avvistamenti e testimonianze. Nel corso del dibattimento, ha detto, ''non è stata dimostrata nessuna prova che la pubblica accusa vuole dare per acclarata" e poi:"So di aver combattuto una buona battaglia proprio perché sono convinto della completa innocenza dei signori Mottola".

gli avvistamenti e i testimoni

Sulla presenza di Serena e Marco Mottola, quella mattina, al bar Chioppetelle il difensore dice: "Non c'è nessun elemento che possa collocarli in quel posto. Nemmeno Carmine Belli ci dice che quel ragazzo che aveva visto discutere con Serena era Marco Mottola". Concentrandosi sulla ricostruzione del delitto fatta dalla procura generale Germani chiede alla Corte: "Marco uccide Serena e poi si cambia e va in piazza con gli amici. La sua amica Elisa Santopadre ci dice che è tranquillo e sereno come sempre. Un ragazzo di 18 anni ha la durezza d'animo per stare così sereno dopo aver lasciato in casa una ragazza agonizzante?".

Inoltre parlando di Franco Mottola il difensore aggiunge: "Secondo l'accusa nell'arco di un'ora il maresciallo avrebbe coinvolto tre militari integerrimi in un omicidio per coprire il figlio? Quali leve può avere usato per convincerli? Anche di questo manca la prova".

Poi sull'ipotesi che Annamaria e Franco Mottola abbiano trasportato il cadavere di Serena fino al boschetto di Fonte Cupa dice: "Non esiste in tutta la notte un arco utile a compiere questa azione. Mottola non è rimasto mai da solo per più di 30-40 minuti. Lo stesso padre di Serena, Guglielmo Mollicone, è stato circa due ore in caserma con il maresciallo dopo mezzanotte".

l'arma e il luogo del delitto

Infine sull'arma del delitto prosegue: "L'assassino in genere se ne sbarazza e invece in questo caso lasciano la porta li' alla mercé del primo esperto dei Ris che la voglia analizzare: se su quella porta ci fosse stata una sola traccia di Serena il processo sarebbe finito". L'avvocato ricorda anche l'impronta trovata sul nastro adesivo che avvolgeva il capo di Serena, affermando che "non è della famiglia Mottola e che non si sa a chi appartiene".

''La domanda a cui devono rispondere i giudici non è se Serena è entrata in caserma ma se gli imputati l'hanno uccisa - precisa poi l'altro avvocato del pool Piergiorgio Di Giuseppe - Anche volendo considerare attendibile Tuzi e volendo credere che Serena sia entrata in caserma non c'è alcuna prova che l'omicidio sia avvenuto lì".

(di Giorgia Sodaro)

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