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Al congresso Eshre i risultati di uno studio italiano su 6.600 coppie: le 5 strategie vincenti che hanno aumentato i tassi di successo della Pma

In 10 anni +30% bimbi da fecondazione assistita in Italia

Nell'Italia delle culle vuote, sempre più bimbi nascono dalla fecondazione assistita. Si è passati, in media, dal 32% nel 2010 al 42% nel 2020, circa il 30% in più, con picchi fra il 70% e l'80% nelle donne 'under 38'. Questo progressivo aumento è anche il frutto di 5 strategie che hanno migliorato i tassi di successo della Pma in 10 anni, secondo un esteso studio firmato dal gruppo Genera e presentato al 40.esimo congresso della Società europea di Medicina della riproduzione ed embriologia (Eshre), in corso ad Amsterdam.

Le cinque strategie vincenti sono le terapie ormonali personalizzate e mai uguali da donna a donna, mirate a ridurre rischio di complicanze, come l'iperstimolazione ovarica, senza però compromettere il risultato; la coltura a blastocisti, cioè portare gli embrioni prodotti in laboratorio al quinto-settimo giorno di sviluppo, lo stadio più adatto a facilitare poi l'impianto in utero; l'approccio freeze-all, cioè la scelta di congelare i gameti e gli embrioni prima di procedere con il trasferimento, in modo da avere tempo per ottimizzare le condizioni dell’utero materno; il test genetico pre-impianto che consente di conoscere lo stato di salute degli embrioni prima del transfer e, infine, la più recente adozione dell'approccio multiciclo, cioè la sensibilizzazione della coppia a 'non mollare' - spiegano gli esperti - e a considerare la Pma come un percorso, le cui potenzialità spesso non si concretizzano in un solo tentativo ma, in media, in almeno tre.

Dal 2004, quando è entrata in vigore la legge 40 sulla Procreazione medicalmente assistita, a oggi sono nati ben 217.000 bambini con il ricorso alle tecniche di Pma, attualmente il 4% delle nascite che avvengono ogni anno nel nostro Paese (dati Iss). "Nel corso degli ultimi 10 anni, il periodo di tempo che abbiamo preso in considerazione per questo studio - illustra Alberto Vaiarelli, primo autore del paper, ginecologo e coordinatore medico-scientifico del centro Genera di Roma - l'implementazione e la crescente adozione di questi approcci hanno migliorato i risultati della fecondazione in vitro. L'indicatore principale del successo della fecondazione in vitro è il tasso cumulativo di bambini nati, ma ci sono altri risultati da considerare per una valutazione più approfondita dell'efficacia e dell'efficienza del trattamento, compreso il tempo necessario per arrivare ad avere un bambino, il tasso di aborto spontaneo e la prevalenza di gravidanze gemellari. Inoltre, la coppia dovrebbe essere sempre messa nelle migliori condizioni - sottolinea - per pensare a un progetto di family planning, puntando ad avere più di un bambino, quando possibile".

Lo studio si è basato analizzando i dati di 6.600 coppie sottoposte a Pma nel centro Genera di Roma, divise in 11 gruppi in base all'anno del loro primo trattamento (2010-2020) e confrontate per verificare la nascita di un bambino entro 3 anni, la prevalenza di aborto spontaneo e di parto gemellare e la prevalenza di parti singoli di più di 2 bambini entro 6 anni. La stimolazione ormonale è avvenuta con protocolli diversi, tutti i pazienti sono stati sottoposti a Icsi (l'inseminazione intracitoplasmatica, ossia la tecnica di laboratorio che consente l'inserimento di un singolo spermatozoo all'interno dell'ovocita maturo) su ovociti freschi, ma con coltura al secondo-terzo giorno di sviluppo o a blastocisti (5-7 giorni), trasferimento a fresco o con freeze-all di embrioni non testati con Pgt o testati e risultati cromosomicamente sani (euploidi), trasferimenti di embrioni singoli o multipli.

E' emerso che, nel corso degli anni, l'adozione delle strategie ipotizzate dagli esperti come le migliori per ottimizzare i tassi di successo è aumentata progressivamente. Con l'effetto di un continuo miglioramento del tasso cumulativo di bambini nati entro 3 anni: è aumentato in media dal 32% nel 2010 al 42% nel 2020, con picchi fra il 70% e l’80% nelle donne 'under 38' in caso di normale riserva ovarica. Contemporaneamente è dimezzato il numero delle donne che hanno subito un aborto spontaneo (dal 12% a meno del 6%) e sono diminuite le donne con parto gemellare (dal 7,5% allo 0,5%).

"I progressi clinici e di laboratorio - chiosa Vaiarelli - hanno migliorato l'efficacia e l'efficienza della fecondazione in vitro nel tempo, soddisfacendo anche il desiderio di pianificazione familiare. Le tecnologie che abbiamo in serbo per il futuro e il miglioramento dei flussi di lavoro ci serviranno per raggiungere l’obiettivo di una riduzione dell'abbandono del trattamento da parte delle coppie. Questo significa concepire la Pma come un percorso, e non come un singolo tentativo".

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Salute e Benessere

Salute, esperti: “Alimentazione corretta e esercizio...

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Al congresso 'Healthy lifespan' a Milano, 'dieta, movimento e azione creatina aiutano sportivi in caso di sforzi intensi e anziani a prevenire cadute e fratture'

 - (Fotogramma)

Invecchiare in modo sano, prevenire cadute e fratture quando si è anziani e per questo motivo soggetti a fragilità ossea. Questi i temi al centro della seconda giornata del V Congresso internazionale "Healthy lifespan - Positive nutrition, antiinflammation diet, physical activity and sport" organizzato dalla Fondazione Paolo Sorbini, e promosso da Enervit e Technogym a Milano. "Come è stato dimostrato in un recente studio - afferma Asker Jeukendrup, direttore della società di consulenza sulle prestazioni Mysportscience e professore presso la Loughborough università - l’assunzione di glucosio ha migliorato le performance degli sportivi del 9% rispetto al gruppo di confronto che aveva assunto un placebo. L’assunzione di glucosio e fruttosio insieme, poi, ha migliorato ulteriormente di oltre il 7% le performance".

Di attività fisica ha parlato anche Jordan D. Metzl, medico dello Sport: "Oggi se vai da un medico ottieni i parametri vitali, altezza, peso e pressione sanguigna ma non i dati di fitness. La nostra speranza per il futuro è che dati medici e dati fitness siano insieme nella cartella clinica elettronica. Questo – spiega Metzl - renderà più facile il monitoraggio remoto dell'attività e una prescrizione di esercizi".

Fabrizio Angelini, presidente della Società italiana nutrizione dello sport e benessere (Sinseb) ha illustrato il ruolo della creatina in ambito sportivo: "Nella costruzione di un atleta che pratica uno sport di endurance, la creatina può essere utile perché ha un effetto buffer sul muscolo e un’azione sul consumo respiratorio di ossigeno ed antiossidante – evidenzia - Ha un’azione di contrasto sia alla fatica sia al dolore muscolare post allenamento, oltre ad avere un effetto antiossidante: 5 grammi al giorno sono in grado di contrastare i fenomeni ossidativi che si vengono a determinare in caso di sforzo atletico intenso. Molto interessante, l’azione della creatina sulla popolazione anziana che svolge attività fisica, nella quale ha un ruolo protettivo dalle fratture. Una corretta alimentazione, un adeguato esercizio fisico e la giusta supplementazione aiuta la popolazione anziana a prevenire cadute e fratture, e questo è un elemento importante se pensiamo alla grande sfida di sostenibilità a cui deve fronteggiare il nostro Ssn. In soggetti con una funzione renale deficitaria l’assunzione di creatina deve essere attenzionata con cura".

Silvano Zanuso, professore del dipartimento di Tecnologia presso la Ecu university di Perth (Au) e responsabile scientifico e ricerca di Technogym, non ha dubbi: "Vo2max, il massimo consumo di ossigeno che un umano può consumare in un’unità di tempo, è un ottimo predittore di mortalità e può essere migliorato. I parametri aerobici sono infatti predittori dell’età funzionale, lo stesso vale per la forza. Oltre ad essere correlati all'aspettativa di vita – fa notare Zanuso - i parametri aerobici e di forza possono essere allenati e la più grande riduzione del rischio di morte per tutte le cause la si ha passando dalla sedentarietà ad essere moderatamente attivi".

La semplice attività fisica "è correlata con l’aspettativa di vita, la salute e il livello funzionale ed è un fattore protettivo contro gli eventi cardiovascolari - aggiunge Zanuso - mentre l’esercizio fisico, sia la forza che l’attività aerobica, riduce il rischio cardiovascolare, la mortalità per tutte le cause e migliorano la longevità. Per questo forza e l’attività cardiorespiratoria vanno eseguite entrambe almeno 2-3 volte a settimana, oltre alla normale attività fisica quotidiana. L’attività aerobica migliora l’attività mitocondriale modulando positivamente l’infiammazione, l'attività di forza, da un punto di vista metabolico, aiuta il muscolo a captare il glucosio".

L’attività fisica è spesso legata all’alimentazione e in tal senso va tenuta alta l’attenzione quando c’è rischio di sovrappeso che "aumenta le probabilità di quattro malattie cardiovascolari, fegato grasso tipo 2, diabete di tipo 2, almeno 14 tipi di cancro e demenza – sottolinea Dorothy D. Sears, professoressa di Nutrizione e direttrice esecutiva della Clinical and community translational science presso il College of health solutions dell'Arizona State University – È importante allineare l'assunzione di cibo con i ritmi circadiani, gli innati ritmi biologici, durante i quali i livelli di cortisolo e melatonina si alzano e abbassano a ritmo opposto. Il cortisolo è alto durante la mattina e declina con l’avvicinarsi della sera, l’opposto fa la melatonina. I livelli di glucosio nell’organismo umano determinati dallo stesso pasto saranno più alti se il pasto è consumato la sera, piuttosto che la mattina".

Un ritmo circadiano "disallineato - evidenzia Sears - è collegato ad un rischio aumentato di una varietà di cancro, obesità, diabete di tipo 2, disturbi cardiovascolari. Un aiuto per mantenere allineato il nutrimento con il ritmo circadiano può arrivare dal digiuno intermittente, che può essere declinato in modo diverso ed è diverso dalla riduzione calorica. Il digiuno notturno è associato ad un miglioramento del controllo dei livelli di glucosio nel sangue e una diminuzione dell'infiammazione". Di sovrappeso ha parlato anche Hellas Cena, medico chirurgo specialista in scienza dell’alimentazione e professoressa dell’università di Pavia.

"L’obesità è già stata riconosciuta dall’Oms come una patologia cronica degenerativa - ricorda Cena - che favorisce malattie cardiovascolari, malattie metaboliche ed oncologiche e le infezioni. Negli ultimi 20-30 l’obesità è triplicata nel mondo, anche nei Paesi in via di sviluppo. Se i trend attuali non migliorano entro il 2030 una donna su 5 e un uomo su 7 saranno obesi, che a livello globale sono oltre 1 miliardo di persone".

"Attività ed esercizio fisico sono entrambi cruciali nel controllo del peso. Metodo e costanza sono molto importanti quando si parla di esercizio fisico - rimarca Elena Casiraghi, PhD, specialista in alimentazione e integrazione dello sport e docente a contratto di Teoria e metodi di preparazione degli sport individuali presso l'università degli studi di Pavia - L’allenamento è fatto dal volume (quanto tempo o ripetizioni), l’intensità che è strategica e infine la frequenza. Tre fattori che devono funzionare per fare in modo che l’esercizio fisico ci permetta di mantenere la nostra forma fisica anche dopo un periodo di dimagrimento. È importante creare una routine sostenibile da effettuare con metodo nella quotidianità. Ad esempio, fare le scale, invece, di prendere l’ascensore è un’opportunità di movimento, così come non prendere la scala mobile in metropolitana. Si tratta di strategie che aiutano a interrompere quella sedentarietà che nuoce alla nostra salute".

A chiudere la giornata Karin Michels, professoressa di Epidemiologia alla Fielding school of public health presso l'Ucla, Los Angeles: "Il microbiota intestinale è molto importante per la salute, influenza molte funzioni d’organo, è il nostro più grande organo immunitario. I pazienti con obesità - ha concluso - hanno una più limitata varietà di batteri intestinali e la varietà è importante per la salute del microbiota. Ad influenzare il microbiota intestinale sono dieta, genetica, farmaci, stile di vita sedentario, igiene. Per le persone con obesità si può ricorrere alla chirurgia bariatrica. Si tratta di un rimedio permanente, è un’operazione piuttosto invasiva ma è il modo più efficace per cambiare il microbiota in modo duraturo e per perdere peso".

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Salute e Benessere

Microplastiche anche nel cervello, pari a un terzo di...

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Lo studio valuta l'accumulo di questi inquinanti nel corpo umano

Microplastiche sulla spiaggia (Fotogramma/Ipa)

Le microplastiche sono ormai ovunque nel corpo umano. Ovunque i ricercatori le hanno cercate, eccole lì. Le concentrazioni più elevate sono state riscontrate in organi di vitale importanza come il cervello, ma anche la placenta e l'albero cardiovascolare. Per esempio, nel cervello, i livelli di micro e nanoplastiche rilevate in un cervello di peso medio di un adulto corrispondono all'equivalente di un terzo di una bottiglia di plastica da 1,5 litri. Lo evidenzia una ricerca commissionata da Vera Studio a un gruppo di esperti dell'Università degli studi della Campania 'Luigi Vanvitelli'.

La ricerca, condotta da Raffaele Marfella, del dipartimento di Scienze mediche e chirurgiche avanzate; Pasquale Iovino, del dipartimento di Scienze e tecnologie ambientali biologiche e farmaceutiche, e da Francesco Prattichizzo, dell'Irccs MultiMedica, polo scientifico e tecnologico di Milano, sintetizza le fonti di esposizione alle micro e nanoplastiche, le tipologie di queste particelle e le associazioni patologiche connesse. I risultati sono stati presentati al Planetary Health Festival - Il Festival italiano della salute planetaria, che si chiude oggi a Verona.

Negli ultimi anni, ricercatori da tutto il mondo hanno iniziato a esplorare l’accumulo di questi inquinanti nel corpo umano e le loro potenziali conseguenze per la salute. Le micro e nanoplastiche riscontrate più frequentemente provengono da materiali ampiamente utilizzati nella vita quotidiana, come contenitori per bevande e alimenti, tubature per l'acqua e tessuti sintetici come nylon e poliestere. Questi materiali - spiegano i ricercatori - rappresentano fonti difficili da quantificare, poiché sono presenti nell’aria (sia interna che ambientale), nell’acqua (soprattutto in bottiglia), nel cibo confezionato e nei prodotti per la cura della pelle. Fra questi, le bustine di tè in nylon e i biberon che, a seguito dell'esposizione al calore, come nel caso dell’utilizzo del microonde, possono rilasciare grandi quantitativi di particelle potenzialmente dannose per l'organismo.

“Questo rapporto è importante perché racchiude, per la prima volta, i risultati di tutte le ricerche pubblicate a livello internazionale. Nell’indagine emerge con chiarezza che le quantità di micro e nanoplastiche presenti in molti organi del corpo umano sono rilevanti, soprattutto nel cervello - sottolinea Marfella -. In alcuni casi è stata anche dimostrata l'incidenza di queste sostanze nelle cardiopatie, nell’ictus e persino nell’Alzheimer. Come ricercatori continueremo a indagare, ma mi pare necessario che il tema plastica nei prossimi anni diventi centrale anche per il ministero della Salute e non solo per quello dell’Ambiente".

Il messaggio dei ricercatori è chiaro: senza un intervento urgente e globale per ridurre la produzione di plastica e cambiare le abitudini di consumo, l’impatto sulla salute umana - e non solo sull'ambiente - è destinato ad aumentare.

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Salute e Benessere

Salute, cardiologo Righetti: “Importante gestire...

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L'esperto al congresso internazionale su longevità sana organizzato dalla Fondazione Paolo Sorbini a Milano

Stefano Righetti,

Per modulare l’infiammazione determinata dall’attività di endurance è utile "il connubio di maltodestrine e fruttosio in rapporto 2:1, come dimostrato nello studio presentato oggi e condotto dall’Equipe Enervit", che evidenzia "come i livelli di interleuchina-6 e di cortisolo erano nettamente più bassi tra gli atleti coinvolti nello studio che avevano assunto il connubio di maltodestrine e fruttosio rispetto a chi aveva assunto il placebo". Così Stefano Righetti, cardiologo presso l'ospedale S.Gerardo di Monza, in occasione del panel 'Attività fisica ed esercizio per una longevità sana' che oggi ha aperto la seconda giornata del V Congresso internazionale "Healthy lifespan - positive nutrition, antiinflammation diet, physical activity and sport" organizzato da Fondazione Paolo Sorbini, e promosso da Enervit e Technogym, a Palazzo Mezzanotte a Milano.

Al centro dell’intervento di Righetti la gestione dell’infiammazione nell’esercizio fisico di resistenza. "L'attività fisica moderata ha un effetto di riduzione dell'infiammazione rispetto alla sedentarietà - spiega l'esperto - Diverso è però il caso dell’esercizio di endurance ad alta intensità. Lo sport intenso causa un incremento delle cellule dell'infiammazione nel sangue. I fattori che influenzano l’infiammazione nello sport di endurance sono principalmente la durata dell’attività e l’intensità, oltre che il recupero. I meccanismi associati all’infiammazione sono quelli del metabolismo energetico, dell’adattamento muscolare e tissutale, del recupero post esercizio e anche dell'assorbimento del ferro".

"L’interleuchina 6 (Il-6), molecola dell’infiammazione, può aumentare anche di 100 volte dopo uno sforzo fisico estremo - sottolinea il cardiologo - Quando si riducono i livelli di glicogeno a livello muscolare, aumenta la produzione di interleuchina 6, andando a determinare il distacco di acidi grassi liberi che vengono usati per produrre energia. Dopo l’esercizio intenso si ha un danno muscolare che comporta il rilascio di calcio, che a sua volta attiva l’infiammazione. L’infiammazione locale a livello del muscolo diventa con il trascorrere delle ore sistemica e l’atleta sperimenta dolori muscolari, aumento del turnover proteico e aumento del volume muscolare. Dopo l’attivazione dell’infiammazione post esercizio fisico, si attivano anche molecole che modulano l’infiammazione, permettendo così la rigenerazione e riparazione del tessuto". Dopo 12-24 ore di fase acuta dell’infiammazione subentra la fase cronica, "durante la quale se l’interleuchina 6 resta alta si ha una riduzione della forza muscolare e un aumento del dolore muscolare - aggiunge Righetti - Inoltre, un'attività fisica intensa va a determinare una riduzione dell’efficienza del sistema immunitario per qualche ora. L’assorbimento del ferro è intaccato da alti livelli di infiammazione determinata dall’esercizio fisico intenso di endurance." Gli Omega 6 "sono molecole che contribuiscono ad attivare l’infiammazione, al contrario gli Omega 3 la riducono. I fosfolipasi sono in grado di staccare Omega 3 e Omega 6 dalla membrana cellulare e di gestire quindi i meccanismi di attivazione e spegnimento dell’infiammazione", conclude.

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