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Nato, Meloni punta su fronte sud: Italia vuole nomina Rappresentante

La presidente del Consiglio a Washington per il vertice

Giorgia Meloni

Punta sul fronte sud Giorgia Meloni, a Washington per prendere parte al vertice Nato. In agenda, nella prima giornata di lavori, una cerimonia per celebrare i 75 anni dell'Alleanza, un anniversario che cade in tempi difficili, con una guerra nel cuore dell'Europa e il Medio Oriente tornato a bruciare.

La presidente del Consiglio, a poche ore dall'inizio del summit, si è concessa una mattinata di relax, prima nella palestra dell'hotel dove alloggia con la delegazione italiana e poi in compagnia della figlia Ginevra, a zonzo insieme per le strade di una Washington blindata.

Dove Meloni è arrivata rivendicando la posizione di forza che l'Italia può finalmente vantare in Europa: "Noi eravamo abituati a un tempo in cui l'Italia aveva un governo molto instabile in un'Europa che aveva governi molto solidi, oggi vediamo un'Italia con un governo molto solido in un'Europa in cui ci sono governo molto instabili e questo ci rende orgogliosi".

Il riferimento, affatto velato, è alla Francia di Emmanuel Macron, possibile grande assente al vertice di Washington per via dei grattacapi che l'inquilino dell'Eliseo si trova a gestire in Patria. In quella Francia dove "nessuno ha vinto e può cantare vittoria", la risposta gelida della premier a chi, al suo arrivo negli States, gli chiedeva della bruciante sconfitta di Marine Le Pen.

La partita di Meloni, l'obiettivo della premier

A Washington Meloni giocherà la sua partita, cercando di spuntare la nomina di un italiano come alto rappresentante Nato per il Sud, un ruolo conteso anche da Parigi e Madrid, ma che vedrebbe le quotazioni di Roma in vantaggio, stando a fonti italiane, anche per via dell'impegno del governo Meloni sul Piano Mattei per l'Africa. Su forte spinta di Roma, inoltre, durante il vertice -che entrerà nel vivo da mercoledì- verrà approvato anche un pacchetto di misure centrate sul dialogo politico e la collaborazione pratica con le nazioni del vicinato meridionale.

Al netto del rafforzamento del fronte sud, il vero protagonista del summit sarà naturalmente il conflitto in Ucraina, con la Nato pronta a far valere il suo peso specifico, anche finanziario -leggi i 40 miliardi voluti dall'uscente segretario Jens Stoltenberg- forte anche delle drammatiche immagini arrivate da Kiev che chiedono una risposta.

Il bombardamento dell'ospedale pediatrico, con i "bambini malati costretti a trovare riparo in strada, sono spaventose", il commento di Meloni, che ha rimarcato come un atto simile mostri la "reale volontà" di Vladimir Putin di fare la guerra, smentendo coi fatti la volontà di trovare una soluzione pacifica raccontata dalla propaganda russa.

Sostegno all'Ucraina mai in discussione

A Washington, su questo dossier, la premier arriva forte di una posizione di sostegno a Kiev rispetto alla quale lei non ha mai tentennato, anche quando sedeva sugli scranni dell'opposizione. Distante da quel Viktor Orban -con cui Meloni ha sempre tessuto buoni rapporti, ma di recente un po' 'in freddo', forse complice anche la nascita del gruppo di destra i Patrioti, che conta nelle sue file la Lega di Matteo Salvini - che sta mettendo in imbarazzo le istituzioni europee di cui l'Ungheria ha assunto la guida dal 1 luglio.

La visita di Orban prima a Kiev da Zelensky e poi a Mosca da Putin e in Cina da Xi, senza alcun mandato di Bruxelles, potrebbe planare anche sul tavolo del vertice Nato, mentre in Ue, in queste ore, non si escludono provvedimenti contro il presidente ungherese. A Washington si parlerà, ovviamente, anche dell'impegno degli Alleati sul fronte delle spese per la difesa, che dovrebbe raggiungere il 2% del Pil entro il 2024 come chiesto dalla Nato: due terzi dei 32 paesi taglieranno il traguardo. Non l'Italia, che ha dalla sua uno slittamento al 2028 negoziato dal governo Draghi dopo un duro braccio di ferro con i 5 Stelle che sedevano nell'esecutivo.

Meloni, nonostante le difficoltà dei nostri conti pubblici, ribadirà l'impegno dell'Italia, consapevole che 'freedom is not free' -come rimarcato a Capitol Hill in queste ore dal presidente del Senato Ignazio La Russa- ma anche rivendicando il contributo senza eguali di Roma nelle missioni internazionali.

Il programma dei lavori

Domani i lavori inizieranno alle 9.30 -nella stesse sede che 75 anni fa diede i natali all'Alleanza e che quest'anno celebrerà l'esordio della Svezia come membro effettivo, 32esimo alleato- e si chiuderanno in serata, con la cena di gala offerta dal Presidente statunitense Joe Biden, protagonista suo malgrado di un summit dove tutti, nessuno escluso, si interrogano sul suo futuro e su quel che potrebbe accadere già a chiusura del vertice. Ma quanto ad addi, o meglio a passaggi di consegne, al momento è il nome di Stoltenberg l'unica certezza, il segretario uscente dell'Alleanza che cederà il testimone a Mark Rutte, a capo della Nato dal prossimo primo ottobre.

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Esteri

“Ucraina può sviluppare una bomba nucleare in pochi...

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Secondo un documento di un think tank ucraino presentato al ministero della Difesa di Kiev che però smentisce

Soldati ucraini - (Afp)

Nel giro di "mesi" l'Ucraina potrebbe sviluppare una bomba nucleare rudimentale, da utilizzare in teoria nella guerra contro la Russia, qualora il presidente eletto degli Stati Uniti, Donald Trump, decidesse di sospendere l'assistenza militare a Kiev.

Lo indica un documento pubblicato dal Center for Army, Conversion and Disarmament Studies (Cacds), un influente think tank militare ucraino, secondo cui Kiev sarebbe in grado rapidamente di costruire un ordigno elementare con una tecnologia simile alla 'Fat Man', la bomba sganciata su Nagasaki nel 1945.

Ecco come l'Ucraina potrebbe sviluppare la bomba atomica

"Creare una semplice bomba atomica, come hanno fatto gli Stati Uniti nell'ambito del Progetto Manhattan, non sarebbe un compito difficile 80 anni più tardi", si legge nel documento citato dal Times, mentre martedì prossimo saranno mille giorni dall'inizio dell'invasione. Senza tempo per costruire e gestire le strutture necessarie per arricchire l'uranio, l'Ucraina userebbe il plutonio estratto dalle barre di combustibile esaurito prelevate dai suoi reattori nucleari. L'Ucraina può ancora contare su nove reattori operativi e ha una notevole competenza in ambito nucleare nonostante nel 1996 abbia accettato di disfarsi del terzo arsenale nucleare più grande al mondo.

Secondo il rapporto, l'Ucraina ha plutonio a sufficienza per realizzare "centinaia di testate con una resa tattica di diversi kilotoni". Una bomba del genere avrebbe circa un decimo della potenza di 'Fat Man', concludono gli autori del documento, che è stato condiviso con il vice ministro della Difesa ucraino e verrà presentato mercoledì a una conferenza a cui probabilmente parteciperanno i ministri della Difesa e delle Industrie strategiche.

La smentita di Kiev

Il rapporto del think tank non è avallato dal governo di Kiev, ma stabilisce la base giuridica in base alla quale l'Ucraina potrebbe ritirarsi dal Trattato di non proliferazione nucleare (Tnp), la cui ratifica era subordinata alle garanzie di sicurezza fornite da Stati Uniti, Regno Unito e Russia nel memorandum di Budapest del 1994.

Il mese scorso il presidente Volodymyr Zelensky ha dichiarato di aver detto a Donald Trump che l'Ucraina avrebbe bisogno di armi nucleari per garantire la sua sicurezza se le venisse impedito di entrare nella Nato.

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Esteri

Ucraina-Russia, Trump e il dialogo in salita: le condizioni...

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L'analisi dell'Isw evidenzia che le posizioni della Russia non sono cambiate: Mosca vuole la resa di Kiev

Putin e Trump

Vladimir Putin non ha intenzione di fare alcuna concessione a Donald Trump. La Russia non cambia linea: vuole dettare le condizioni per la conclusione della guerra con l'Ucraina. E' il quadro che l'Institute for the study of war (Isw), think tank che monitora il conflitto quotidianamente, elabora in un momento cruciale nello scacchiere internazionale.

Trump, presidente eletto degli Stati Uniti, si insedierà a gennaio e appena arrivato alla Casa Bianca cercherà di dare seguito agli annunci fatti in campagna elettorale: lavorerà per favorire un rapido accordo tra Mosca e Kiev.

Il piano di Trump

Secondo il Wall Street Journal, i consiglieri di Trump avrebbero tracciato un perimetro del piano da sviluppare per arrivare alla pace: una zona demilitarizzata lungo la linea del fronte, con forze internazionali ma non americane presenti, e l'Ucraina fuori dalla Nato per almeno 20 anni. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha sempre rifiutato l'ipotesi di sacrifici territoriali, ma a Kiev - evidenziano media Usa - la posizione potrebbe mutare parzialmente se un'eventuale intesa prevedesse garanzie di sicurezza blindate per il paese.

La Russia non cambia obiettivo

In realtà, secondo l'Isw, tali ragionamenti non tengono conto di un elemento chiave: la posizione della Russia e quella del suo presidente Vladimir Putin non pare cambiata rispetto all'inizio del conflitto e l'obiettivo ultimo di Mosca rimane sempre lo stesso, "la completa resa dell'Ucraina". "Il Cremlino -osserva il think tank- sembra poco disposto a fare concessioni alla nuova amministrazione Trump, così come non è stato disposto a farne all'attuale amministrazione", si legge nel rapporto.

"Il Cremlino sembra poco disposto a fare concessioni alla nuova amministrazione Trump, così come non è stato disposto a farne all'attuale amministrazione", si legge nel rapporto. Putin si è congratulato con Trump per l'elezione e nelle dichiarazioni pubbliche ha manifestato una generica disponibilità a riprendere il dialogo con Washington. Mosca ha smentito il contatto diretto tra i due presidenti che, secondo il Washington Post, sarebbe avvenuto con una telefonata giovedì 7 novembre.

I messaggi da Mosca

Nelle ultime ore, le posizioni russe sono state illustrate dal ministro degli Esteri Sergei Lavrov e dalla sua portavoce Maria Zakharova. Per Lavrov, l'avvento di Trump non modificherà la situazione e l'ipotesi di congelare il conflitto va scartata. Per Zakharova, c'è solo un modo per arrivare alla pace: "Serve lo stop all'assistenza militare che l'Occidente fornisce all'Ucraina".

Apparentemente, quindi, lo spazio per dialogare è poco. A completare il quadro, le parole di Dmitry Peskov, portavoce del Cremlino: non ci sono stati contatti con la nuova amministrazione americana, gli eventuali piani di Trump in relazione all'Ucraina al momento sono ignoti.

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Esteri

Svezia, la ministra soffre di ‘banana-fobia’:...

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Secondo il tabloid Expressen, il frutto è proibito nelle stanze frequentate da Brandberg, ministra per l'Uguaglianza di genere

Paulina Brandberg

Paulina Brandberg, ministra svedese per l'Uguaglianza di genere, soffrirebbe di una forte fobia delle banane. Lo rivela il tabloid svedese Expressen, che avrebbe ottenuto diverse e-mail in cui lo staff dell'esponente del governo richiede espressamente di rimuovere i frutti gialli da tutti i luoghi visitati in via ufficiale dall’esponente del governo.

In una e-mail scritta al presidente del parlamento svedese Andreas Norlén, lo staff di Brandberg aveva chiesto che non ci fosse "nessuna traccia di banane" negli spazi adibiti a una riunione a cui la ministra avrebbe partecipato. Rispondendo positivamente alla richiesta, lo staff dell'interlocutore aveva ironizzato: "Probabilmente ci sarà una torta per il caffè e ci assicureremo che non contenga banane".

"Paulina Brandberg ha una forte allergia alle banane, quindi sarebbe gradito che non ci fossero banane nelle aree in cui soggiornerà", si legge in una delle e-mail del ministero indirizzate all'Agenzia giudiziaria norvegese in vista di un pranzo di lavoro. "Non sono ammesse banane nei locali", si specifica in un'altra e-mail inviata a un consiglio amministrativo di contea.

La stessa Brandberg aveva già ammesso di avere la fobia delle banane in diversi post su X nel 2020, cancellati dopo l'emergere della notizia ma salvati dagli utenti. "È una specie di allergia, si potrebbe dire", ha dichiarato la ministra a Expressen, spiegando in un messaggio successivo che si fa "aiutare da un professionista".

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